The Saga of the Swamp Thing N. 24, pag. 23: matite di Stephen Bissette, chine di John Totleben. |
Nel seguito, estratto (pag. 183-184) da Alan Moore: Ritratto di Uno Straordinario Gentleman edito da Black Velvet Editrice nel 2003 (e da tempo esaurito).
Si tratta di un breve stralcio dal lungo e toccante testo scritto da STEVE BISSETTE, intitolato Mr. Moore & Io (nel volume occupa le pagine dalla 182 alla 197). Bissette, per quei pochi che non lo sapessero, è stato tra i disegnatori e principali artefici del rilancio e del successo di Swamp Thing scritto da Moore negli anni '80.
Steve Bissette: [...] Nell’universo di John [Totleben], seppie bulbose e veloci si accoppiavano con stupende e devastanti donne per generare esseri lovecraftiani e le sue poesie d’amore cantavano di gabbiani con le orbite vuote gettati a riva dal mare. E sotto sotto, quello che John voleva era la possibilità di disegnare il suo personaggio dei fumetti preferito, Swamp Thing. Aveva già sviluppato una sua versione del mostro concimato, in cui un'emozionante interpretazione a colpi di pennello e china delineava uno Swampy dagli occhi tristi che guardava in su dalla melma. La spiegava in dettaglio, ubriaco, nel corso di lunghe conversazioni durante le fantastiche feste organizzate dai suoi compagni di corso Tim e Beth Truman nel loro appartamento sul lago Hopatcong. Fu lì che John illustrò il concetto secondo cui Swamp Thing poteva far crescere tuberi commestibili dal proprio corpo e fu lì che Rick Veitch, se la memoria non m’inganna, suggerì argutamente che potessero essere allucinogeni. Sì, delle feste davvero fantastiche.
Naturalmente la DC Comics non avrebbe mai lasciato pubblicare simili deliri, ma John comunque poteva sempre sognare e dare corpo ad alcune delle sue idee quando la musa lo ispirava.
Qualche anno più tardi, dopo esserci diplomati alla Kubert School, aver diviso una casa alla periferia di Dover con gli amici e colleghi Rick Veitch e Tom Yeates ed essere tornato nel Vermont, il mio stato di origine, John ed io potemmo finalmente misurarci con Swamp Thing, subentrando alle matite (io) e alle chine (John) quando il nostro amigo Tom Yeats se ne andò da Saga of the Swamp Thing. Dirò solo che iniziammo con il sedicesimo numero di una serie già molto in ritardo con le uscite e in costante calo di vendite. Nonostante il titolo stesse scivolando verso il lago come la casa degli Usher, quella fu la nostra grande opportunità e ci impegnammo al massimo.
Una sera all’inizio del 1983, nel corso di una conversazione telefonica in cui ci lamentavamo della piega sbagliata che il nostro lavoro su Saga of the Swamp Thing sembrava avere preso, John ed io immaginammo come sarebbe stato interessante se avessimo potuto lavorare con quel nuovo scrittore britannico di nome Alan Moore. Sia lui che io avevamo letto fino a consumarlo ogni numero di Warrior che sgattaiolava attraverso l’Atlantico a un ritmo sempre più irregolare; io avevo persino
iniziato a cercare le rarissime (almeno in America) copie di 2000AD nella speranza di trovare altro materiale di Moore. Immaginammo di avere molto in comune con lui e subito dopo ridemmo della nostra presunzione.
Un paio di mesi dopo ricevemmo entrambi una telefonata dal nostro agitatissimo supervisore Len Wein, colui che aveva co-creato Swamp Thing quando John e io eravamo ancora alle superiori a scarabocchiare mostri con la biro sui nostri libri di algebra.
Naturalmente la DC Comics non avrebbe mai lasciato pubblicare simili deliri, ma John comunque poteva sempre sognare e dare corpo ad alcune delle sue idee quando la musa lo ispirava.
Qualche anno più tardi, dopo esserci diplomati alla Kubert School, aver diviso una casa alla periferia di Dover con gli amici e colleghi Rick Veitch e Tom Yeates ed essere tornato nel Vermont, il mio stato di origine, John ed io potemmo finalmente misurarci con Swamp Thing, subentrando alle matite (io) e alle chine (John) quando il nostro amigo Tom Yeats se ne andò da Saga of the Swamp Thing. Dirò solo che iniziammo con il sedicesimo numero di una serie già molto in ritardo con le uscite e in costante calo di vendite. Nonostante il titolo stesse scivolando verso il lago come la casa degli Usher, quella fu la nostra grande opportunità e ci impegnammo al massimo.
Una sera all’inizio del 1983, nel corso di una conversazione telefonica in cui ci lamentavamo della piega sbagliata che il nostro lavoro su Saga of the Swamp Thing sembrava avere preso, John ed io immaginammo come sarebbe stato interessante se avessimo potuto lavorare con quel nuovo scrittore britannico di nome Alan Moore. Sia lui che io avevamo letto fino a consumarlo ogni numero di Warrior che sgattaiolava attraverso l’Atlantico a un ritmo sempre più irregolare; io avevo persino
iniziato a cercare le rarissime (almeno in America) copie di 2000AD nella speranza di trovare altro materiale di Moore. Immaginammo di avere molto in comune con lui e subito dopo ridemmo della nostra presunzione.
Un paio di mesi dopo ricevemmo entrambi una telefonata dal nostro agitatissimo supervisore Len Wein, colui che aveva co-creato Swamp Thing quando John e io eravamo ancora alle superiori a scarabocchiare mostri con la biro sui nostri libri di algebra.
Sebbene John vivesse a Erie, in Pennsylvania, ben lontano dalla mia casa sulle montagne del Vermont, sentimmo la stessa onda sismica di gioia: Alan era diventato il nuovo sceneggiatore di Swamp Thing e c’era un grande cambiamento nell’aria.
La nostra meraviglia crebbe ulteriormente quando i primi esitanti contatti rivelarono che Alan aveva effettivamente molto in comune con noi e sotto molti più aspetti di quanto avremmo anche solo osato immaginare. [...]
La nostra meraviglia crebbe ulteriormente quando i primi esitanti contatti rivelarono che Alan aveva effettivamente molto in comune con noi e sotto molti più aspetti di quanto avremmo anche solo osato immaginare. [...]
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