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domenica 7 febbraio 2021

Laura & Dino Battaglia: conversazioni

A seguire due preziose conversazioni con LAURA BATTAGLIA, collaboratrice come sceneggiatrice e colorista del marito DINO BATTAGLIA. Le due testimonianze sono state raccolte e proposte dall'amico Fabrizio Lo Bianco, rispettivamente, nel 2001 per il canale Tiscali Art (non più online) e nel 2004 per il catalogo della mostra cagliaritana Storie di uomini in armi nei disegni di Dino Battaglia.
Un grazie particolare a Fabrizio per il permesso alla pubblicazione su questo blog.
 
Relativamente alla conversazione del 2001, ho ritrovato avventurosamente tra i miei archivi i file audio che erano stati originariamente inclusi con le risposte di Laura Battaglia: in quest'occasione presento la trascrizione da me curata, un piccolo contributo alla memoria di due straordinari artisti. 
Buona lettura!
 
Rimando, per approfondimenti, inoltre a un bell'articolo di Vittoria Ceriani apparso sul blog di Luca Boschi, qui.
Tavola da Till Ulenspiegel. Disegni di Dino Battaglia, colori di Laura Battaglia.
Intervista a Laura Battaglia, 2001 (Tiscali Art)
a cura di Fabrizio Lo Bianco

Laura Battaglia, moglie e compagna di lavoro di Dino Battaglia, si è sempre occupata della colorazione delle tavole del marito. Da alcuni anni è tra le curatrici della collana "Letteratura Illustrata per l'Europa" dello Studio Michelangelo di Milano.
È in corso a Bruxelles una personale su Dino Battaglia dal titolo "Sotto il sole nero della malinconia". A proposito di Rimbaud e Baudelaire, Dino Battaglia una volta disse: "È una lettura obbligatoria, come è obbligatorio avere un'impermeabile". Quanto ha inciso lo spleen nell'opera di suo marito? 
Laura Battaglia: Il titolo della mostra è assolutamente appropriato, luce ed ombra... e descrive molto compiutamente il suo carattere che era molto complesso. Battaglia era un uomo spiritosissimo, ironico, a volte sarcastico e la malinconia traspariva a volte nel suo modo di essere. Traspariva soltanto poiché trasferiva quasi tutto nei suoi disegni, nei personaggi che raramente  erano protagonisti di lunghe storie. Non amava il personaggio piuttosto amava le cosiddette "spalle", o protagonisti di storie molto brevi di otto o dieci tavole al massimo. Dava però ai suoi personaggi delle espressioni molto intense, a volte malinconiche...

Tra i suoi punti di riferimento artistici, Battaglia citava pittori come Piero della Francesca e Vermeer, due cantori della ieraticità e della sospensione del tempo. Qual è il valore del silenzio nella poetica di questo artista?
Mio marito avrebbe desiderato disegnare le sue storie senza parole. Era appassionato e innamorato dei film muti e probabilmente voleva trasferire questo nel disegno. Sperava di poter raccontare soltanto con la forza dell'immagine, credo. Ogni tanto ci riusciva, certamente... Pensava che le parole tante volte potessero anche distrarre dalla concentrazione per leggere l'immagine. Lui voleva dare all'immagine il vero valore...

La mostra di Bruxelles sottolinea l'importanza di Battaglia nel mondo dell'illustrazione e del fumetto e quanto debbano al suo segno anche altri maestri come Pratt e Moebius: quali ritiene siano oggi, se ci sono, gli eredi del suo stile?
Sinceramente non lo so e non saprei dire, ma sono sicura di una cosa che dopo i disegni di mio marito gli altri autori, sia italiani che stranieri, hanno cambiato il modo di disegnare, non imitandolo ma cercando di disegnare al meglio, ognuno col proprio stile.
Però so, di persone che hanno cambiato attività vedendo in Battaglia delle capacità espressive che si potevano ottenere disegnando dei fumetti che erano sempre stati molto disprezzati...
Imitatori o discepoli? Non credo che sia possibile definirli...
Per disegnare come Dino io credo che bisognerebbe avere le sue doti di sensibilità, una ferma caparbietà, la ricerca del bello, la sua cultura...
Ognuno ha le sue doti, indubbiamente, che cerca di esprimere al meglio.
Imitare Dino credo sia difficile... vale per tutti, anche imitare un altro disegnatore...
 
Lei è stata al fianco di suo marito anche professionalmente, occupandosi della colorazione delle tavole: di quanta autonomia poteva giovarsi in questo ruolo?
[Ridendo] Questa domanda è divertente perché io ho avuto piena autonomia, nessuna interferenza... Naturalmente sono autodidatta... È divertente perché l'unico insegnamento di Dino si è ridotto a questo: "Prendi un pennello", mi diceva, "Spremi in un piattino un po' di colori, teniti vicino una bacinella d'acqua... intingi il pennello nell'acqua, poi nel colore che preferisci e poi dopo lo stendi come e dove vuoi.." Questo era tutto.

Con lo Studio Michelangelo state portando avanti la collana "Letteratura Illustrata per l'Europa". Ritiene che i tempi possano essere maturi perché la cultura "ufficiale" possa accettare il fumetto non solo come fenomeno sociologico ma anche come "forma d'arte" tout-court, alla stregua delle arti tradizionali?
Sì credo che i tempi siano proprio maturi e noi, con questa collana, abbiamo voluto dimostrarlo anche a livello europeo. Io penso che sarebbe ora che la cultura ufficiale si occupasse dei fumetti e non soltanto come cultura popolare. Credo che stia avvenendo per diversi disegnatori anche se molto più spesso all'esterno che da noi. Posso però testimoniare che negli ultimi tre o quattro anni sono state fatte almeno sei tesi di laurea su Dino Battaglia. Una in particolare, una laurea in Storia dell'Arte Moderna dell'Università di Napoli, è stata poi edita dalla editrice Electa; si tratta di Dino Battaglia: L'immagine narrante, tesi di Mariadelaide Cuozzo. Sono anche certa che aumenterà sempre più l'interesse verso questa forma d'arte che, come avviene per tutte le altre arti, ha i suoi picchi e le sue cadute.
Dal catalogo  Storie di uomini in armi nei disegni di Dino Battaglia, 2004
 
Ciò che segue è la sintesi di una chiacchierata con LAURA BATTAGLIA davanti alle opere del marito che, inevitabilmente, suscitavano ricordi ed emozioni legate ai momenti in cui sono state realizzate. Laura Battaglia racconta in queste pagine alcuni aneddoti che aiutano a comprendere meglio l’autore come uomo, oltre che come artista.
Dino Battaglia, l'arte di non accettare compromessi
La libertà espressiva assoluta per Dino arrivò su Linus. Successivamente anche Il Messaggero dei Ragazzi gli lasciò campo libero, attraverso il suo direttore, Padre Giovanni Colasanti.
Fu allora che il Corriere dei Ragazzi lo richiamò per continuare a collaborare con loro. Dino propose la versione a fumetti di Moby Dick, ma ottenne un rifiuto motivato dalla presunta difficoltà dei lettori nel leggere un fumetto del genere.
Dino aveva già iniziato a lavorare al capolavoro di Melville contenendo il proprio stile, almeno nelle tavole iniziali, in previsione di una pubblicazione con il Corriere dei Ragazzi. Quando il settimanale decise di non pubblicare l’opera, Dino volle comunque terminare il lavoro per conto proprio; fu l'editore lvaldi a volere acquistare le tavole per poi pubblicarle, lasciando totale libertà espressiva, con il risultato che conosciamo...

A presentare Dino ai tipi di Linus fu Sergio Bonelli. Visti i suoi fumetti, vollero che lui collaborasse con la loro testata. Ricordo che quando Dino chiese quali margini di libertà gli sarebbero stati concessi, il direttone Gandini rispose «Guardi Battaglia, se in una tavola lei fa anche solo un punto e quello è funzionale al racconto, per noi va benissimo». Questa era la libertà assoluta che trovò con Linus. Dopo aver visto queste sue nuove pubblicazioni, il Corrierino lo richiamò, questa volta lasciandogli fare ciò che più desiderava...

Il fatto della libertà espressiva era un punto fondamentale per Dino, e per questo abbiamo attraversato periodi molto difficili dal punto di vista economico. Lui lavorava ogni giorno, ma molto spesso i lavori che realizzava Ii teneva per sé piuttosto che accettare compromessi stilistici. Oltre tutto non era una persona che andasse a chiedere di pater lavorare, dovevano essere gli altri a cercarlo... [sorride]

Un caso emblematico, oltre a quello del Corriere dei Piccoli e del rifiuto di Moby Dick, fu quello della collaborazione con Il Vittorioso. Un giorno gli dissero che i suoi disegni andavano benissimo e che loro erano felici di averlo come collaboratore, ma che per evitare problemi nella qualità della stampa, avrebbe dovuto abbandonare il pennino per usare esclusivamente il pennello, altrimenti il loro rapporto professionale si sarebbe chiuso lì. Per tutta risposta, Dino disse: «Va bene, allora salutiamoci»... E un’altra storia simile accadde con Il Giornalino.

Dopo aver pubblicato la Storia meravigliosa di Peter Schlemihl, il direttore lo chiamò e gli disse che lui era un disegnatore bravissimo, straordinario, ma... fin troppo bravo per loro! Anche in quell'occasione Dino girò i tacchi e se ne andò...

Il distacco da Linus avvenne lentamente. In redazione non arrivavano molte lettere che parlassero dei lavori di Battaglia. Di tanto in tanto qualcuno si dichiarava entusiasta per le tavole di Dino, ma le lettere dei lettori erano per lo più per Andrea Pazienza, che era amatissimo dai giovani. Allora Dino mi disse che gli sembrava quasi di essere un autore vecchio e sorpassato, e che prima che fossero gli altri a dirgli che oramai aveva fatto il suo tempo, preferiva essere lui a lasciare il giornale...

Una volta accettò di fare un lavoro pubblicitario dove doveva comparire una bottiglia. Alla seconda volta in cui gli chiesero di modificare il disegno per esigenze dell'agenzia, rispose che, se lo volevano, il disegno era quello, altrimenti potevano anche arrangiarsi. Alla fine accettarono il disegno cosi com’era, ma quando successivamente gli proposero altri lavoro lui rifiutò ogni offerta.

Sì, indubbiamente Dino non ha avuto una carriera semplice, anche perché io sono convinta che lui fosse in anticipo di decenni sugli altri disegnatori e questo faceva sì che non sempre e non da tutti ne fosse compreso il talento. «Finché mi pagano, riusciamo a vivere, e mi fanno fare quello che voglio io, mi va bene» diceva «altrimenti continuerò a disegnare per conto mio». Per esempio, con Padre Colasanti guadagnava un po’ meno, ma non gliene importava niente perché era un direttore che gli lasciava fare tutto quello che voleva, e ne comprendeva bene il talento.
Tavola dall'adattamento di Moby Dick.
Un uomo e la sua 3/4*
La collaborazione professionale tra me e mio marito inizio con Moby Dick anche se in precedenza con Dino avevo scritto un paio di storie per il Corriere dei Piccoli, per esempio La pista dei quattro, un racconto western, e poi I cinque su Marte, sul genere umoristico. Dino mi propose di fare un lavoro divertente, del quale mi sarei occupata per la sceneggiatura, che inizialmente doveva essere ambientato sulla luna; in quel tempo sulla luna l'uomo ci arrivò davvero, così l'azione venne spostata su Marte...

Per dire quanto vivessimo a contatto e con quale corrispondenza di idee, le posso dire che ci capitava di sapere ciò che l'altro pensava ancor prima che parlasse. Un giorno Dino aveva deciso di realizzare il fumetto de La scommessa; pur piacendogli molto il racconto originale, non apprezzava molto l'ambientazione nella campagna americana prevista dall'autore. Ne parlammo un giorno che si andava verso Venezia. A Dino poi sarebbe piaciuto inserire il diavolo, una figura che lo affascinava. Pur parlando d‘altro, mentre proseguivamo il nostro viaggio spesso si tornava su questo discorso dell'ambientazione.
Arrivati presso il ponte all'ingresso della città, Dino disse che gli era venuta un‘idea per la storia: «Forse è la stessa che è venuta in mente a me» gli dissi. In effetti Venezia. con certe sue atmosfere, era il luogo ideale per ambientare un fumetto del genere...

Dino non era un tipo molto regolare nel suo lavoro. Prima di cominciare a disegnare una storia, io gliela leggevo. Poi mi chiedeva di rileggergli solo poche pagine, tanto per decidere in che modo trasporre l'opera in fumetto; ci pensava a lungo, capacissimo di iniziare dall'ultima vignetta perché magari gli piaceva particolarmente quella scena, e poi da lì ricostruire l‘intero fumetto. Nella sua testa però sapeva già come si sarebbero composte le tavole.

Ricordo che una volta, per L'Uomo del New England, aveva quasi terminato una tavola e io, che amavo guardare ciò che faceva, gli chiesi come poteva pensare di inserire un disegno dentro uno spazio piccolissimo che era rimasto vuoto, ma lui mi disse di non preoccuparmi perché al momento giusto avrebbe saputo esattamente come completare la tavola. E infatti così fece, con un minuscolo paesaggio e una nave in arrivo.
* Ranieri Carano, per sottolineare il particolare legame, non solo coniugale, tra l'artista e sua moglie (cfr. a cura di Vincenzo Mollica, AA.VV., Dino Battaglia, Edizioni del Grifo, 1981) definì così Laura Battaglia non come l'altra "metà" dell'artista, ma come la sua 3/4.
Tavola da Il Golem.
L'influsso del cinema
Non usava mai le foto come modelli. In un‘unica occasione ne usò una, trovata sulle bancarelle che vendevano riviste americane, per una scena di Mamma Sauvage. Per il resto, Dino aveva una memoria formidabile. Ricordava benissimo, per esempio, i film visti quando aveva dodici anni: il Golem era uno di quelli. Gli erano rimasti impressi i tetti delle case, la folla e ― pur non ricordando molte altre cose - l'atmosfera di quella pellicola. Per tanto tempo mi disse che prima o poi avrebbe voluto rivedere quel film; allora gli proposi di fare comunque il fumetto, anche senza aver rivisto il lavoro di Wegener. Così io scrissi la sceneggiatura, che poi lui sistemò con modifiche - nella prima tavola, per esempio, lui voile inserire un testo del Faust di Goethe e il finale della bellissima poesia di Borges.

Ciò che più colpisce è che l'editore tedesco del Golem nell'introduzione al volume ha pubblicato i fotogrammi del paesaggio nel film per sottolineare l’attenzione di Battaglia nel riprodurli, ma Dino in realtà non aveva più visto quel film da quando era bambino!

Non erano solo le ombre dell’espressionismo tedesco ad ispirarlo. C'è una scena, per esempio, dall’Aleksandr Nevskij di Ejzenstejn con l’arrivo dei cavalieri con le lance in resta che Dino ha rielaborato tante volte a suo modo.
A lui piaceva molto anche Dreyer e Bergman, almeno fino a La fontana della vergine, poi i suoi film divennero troppo dialogati per i suoi gusti...  
L’uomo della Legione

Gli uomini in armi
A dispetto di tanti fumetti a sfondo bellico disegnati, Dino era un pacifista. Durante la guerra, era militare nella contraerea. Quando arrivò l’8 settembre, avrebbe dovuto scegliere tra aderire alla Repubblica Sociale oppure essere mandato in un campo di concentramento. Senza alcun dubbio scelse la seconda soluzione, poi con tre amici decisero di scappare durante un trasferimento. Gli altri, al momento stabilito per la fuga, ebbero paura e rinunciarono, lui invece salto giù dal treno e raggiunse una chiesa, vicino Padova.
Qui un parroco lo aiuto a raggiungere suo padre a Venezia. Quando si accorsero della sua fuga per un po' gli diedero la caccia, e qualche volta gli capitò anche di dover scappare sui tetti, ma tutto sommato non si accanirono più di tanto. Si unì poi a un gruppo di giovani partigiani veneziani. Gli diedero un fucile ma, sono convinta, conoscendo bene Dino, che fosse sempre scarico...

Il mondo delle divise, con la loro eleganza, lo affascinava perché i suoi giocattoli da bambino erano sempre stati i soldatini. E quando è cresciuto ha conservato questa passione realizzando egli stesso i soldatini in legno, curando in modo particolare proprio le divise. Fu una passione nata quando da bambino una zia gli portò dalla Francia una scatola con dei bellissimi soldatini: subito riempì d’acqua la vasca da bagno, preparò una barchetta di carta e su di essa mandò i suoi soldatini ad affrontare l’esercitò nemico. Purtroppo non sapeva che quei bei soldatini erano fatti di carta pesta e che, a contatto con l'acqua, avrebbero fatto una brutta fine! Da allora gli rimase questa passione per cui capitava anche a me di fare con lui giri per negozi apposta per cercare soldatini di ogni materiale possibile, di latta, di ferro, di carta...

I suoi colleghi
Nel dopoguerra, Dino comincio a lavorare come illustratore. Conobbe subito Hugo Pratt, Ongaro e poi Faustinelli, il direttone dell’Asso di Picche, attraverso Basaglia (un amico psichiatra il cui nome divenne poi famoso per la legge sui manicomi che da lui prese il nome).

Con Hugo Pratt erano cresciuti insieme ed erano molto legati, anche se litigavano continuamente! Erano due caratteri molto forti e ognuno voleva prevalere. Anzi, Dino non era uno che volesse prevalere, però nemmeno sopportava la prevalenza di un altro!
Così capitava che con Hugo per alcuni giorni non si rivolgessero più la parola; poi si incontravano a qualche festival o altro, si guardavano da lontano, dapprima seri, poi cominciavano a ridere e si riabbracciavano. Per magari ricominciare tutto da capo di lì a poco...

Con Sergio Toppi aveva un rapporto particolare e su di lui diceva «è talmente bravo che fa paura» e aggiungeva «ma non a me perché io ormai ho finito», questo perché lui voleva sempre avere l’ultima parola...

Guardava i fumetti di Crepax, proprio nel periodo in cui tutti ne parlavano male. Ne apprezzava lo stile e soprattutto il contributo generale che aveva dato all’affermazione del fumetto come medium. Poi aveva un rapporto d’affetto e stima anche con altri autori come Gavioli, Piffarerio, Tacconi e altri... 
San Francesco, colori di Laura Battaglia.
San Francesco
Nel caso del suo San Francesco le tavole furono ben novantasei, una fatica notevole,tuttavia lavorò disegnando un fioretto alla volta, con episodi di quattro o cinque pagine; solo da un certo punto in poi il direttore del Messaggero, Padre Colasanti, gli propose di raccontare a fumetti la vita del santo. Fu cosi, con un lavoro lento e saltuario, senza limiti di tempo, che Dino arrivò a realizzane una storia tanto lunga. La storia nacque con alcune difficoltà. Per Il Messaggero dei Ragazzi Dino aveva in mente alcune leggende e favole da disegnare, ma padre Colasanti continuava a proporgli la vita del santo di Assisi. Era una cosa che non si sentiva in grado di fare, e il direttore del settimanale riuscì solo a strappargli la promessa di fare almeno qualche tavola di prova. Fu così che realizzò l'episodio della Perfetta letizia: il direttore rimase colpito e disse: «Senta Battaglia, adesso non può più tirarsi indietro, dobbiamo continuare!» e infatti così fu.

L’amico Sergio Bonelli
Tra le storie che ho scritto per Dino c'è L’Uomo del New England. Invece L’Uomo della Legione nacque da uno spunto di Bonelli, sul quale mi cimentai aggiungendo poi alcune parti, tipo quella della donna nel buio che cade, quella dell’aereo che sorvola il deserto e altre ancora, oltre ai dialoghi. Poi Dino mi correggeva tutto.

A proposito della collana Un Uomo, un'Avventura, devo fare per forza una premessa. Tra Sergio Bonelli e Dino c'è sempre stata una grande amicizia e una profonda stima reciproca per il modo di essere nella vita e credo che ci fosse qualcosa di più, un affetto del quale per quanto riguarda Dino sono stata testimone e che, do parte di Sergio, sono convinta e so che dura tuttora.

Quando Bonelli gli propose di prender parte alla nuova collana, in principio Dino fece qualche difficoltà, spaventato dall’idea di dover disegnare una storia di quarantotto tavole; al massimo gli andava bene un testo che non superasse le venti tavole, ma poi  - solo perché era Bonelli a chiederglielo - si mise all'opera per realizzare le due storie in un modo che piacessero all’amico. Era contento soltanto quando aveva raggiunto la ventiquattresima tavola: «Ora posso continuare in discesa» mi diceva sospirando e ridendo divertito per la metà dell’impresa compiuta.
a cura di Fabrizio Lo Bianco
Milano, aprile 2004

[-3]

domenica 17 marzo 2019

recensioni in 4 parole [63]

Di dolenti umani orrori.
Insuperabile dio del manga.
Immutato fascino del vampiro.
E la cavalcata continua!
********
Abbiamo detto 4 parole su: 
Come un insetto
di Paolo Massagli
Editore: Hollow Press
Formato: brossurato, 96 pagine, b/n
Prezzo: € 16
Anno di pubblicazione: 2018
Per qualche parola in più: QUI

I.L - La ragazza dai mille volti
di Osamu Tezuka
Editore: Hazard Edizioni, J-Pop, 2018
Formato: brossurato, 332 pagine, b/n
Prezzo: €12
Anno di pubblicazione: 2018
Per qualche parola in più: QUI

Dylan Dog Color Fest N. 28 - Gotico inglese
di G. A. Gualtieri (testi), Stefano Landini (disegni) / F. Accatino (testi), F. Des Dorides (disegni)
Colori: Alessia Pastorello
Copertina: Nicola Mari
Editore: Sergio Bonelli Editore
Formato: brossurato, 96 pagine, colore
Prezzo: € 4,90
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Tex N. 700
di M. Boselli (testi), F. Civitelli (disegni)
Colori: Oscar Celestini
Copertina: Claudio Villa
Editore: Sergio Bonelli Editore
Formato: brossurato, 112 pagine, colore
Prezzo: € 3,50
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

mercoledì 23 maggio 2018

recensioni in 4 parole [55]

La morte dei cartoon.
L'apocalisse di vivere.
La rivista: il ritorno!
I sogni. Il denaro.
********
Abbiamo detto 4 parole su:
Dylan Dog Color Fest N. 25 - I conigli rosa muoiono
di  Luigi Mignacco (soggetto e sceneggiatura), Cesare Valeri (disegni), S. Algozzino (colore)
Copertina:  Lorenzo De Felici
Editore: Sergio Bonelli Editore
Formato: brossurato, 96 pagine, colore
Prezzo: € 4,90
Anno di pubblicazione: 2018
Per qualche parola in più: QUI

Èpos
di Marco Galli (testi & disegni)
Editore: Stigma
Formato: brossurato, 130 pagine, b/n + colore
Prezzo: € 17
Anno di pubblicazione: 2018
Per qualche parola in più: QUI

Linus - Anno LIV - N.5

di AA.VV.
Copertina: Art Spiegelman
Editore: Baldini & Castoldi
Formato: brossurato, 120 pagine, colore
Prezzo: € 6
Anno di pubblicazione: 2018
Per qualche parola in più: QUI
 
Joe Shuster
di Julian Voloj (testi) e Thomas Campi (disegni)
Editore: Bao Publishing
Formato: cartonato, 168, colore
Prezzo: € 21
Anno di pubblicazione: 2018
Per qualche parola in più: QUI

martedì 31 maggio 2016

[Oldies but goldies] SERGIO BONELLI 2001

Continua la "riscoperta" degli articoli, interviste e materiali vari apparsi su Ultrazine.org ora che il sito non è più online. 
Questa volta si tratta di un recupero davvero importante: riproponiamo infatti un'intervista a SERGIO BONELLI (non credo sia necessario presentare una delle figure cardine, sia dal punto di vista creativo che da quello editoriale, della Storia del Fumetto italiano), raccolta dall'amico scrittore Fabrizio Lo Bianco e pubblicata su Ultrazine nel lontano 2001. Buona lettura!
Intervista a SERGIO BONELLI
Di Dino Battaglia, dell'editoria italiana e d'altro...
   
Abbiamo intervistato SERGIO BONELLI in occasione di un'importante mostra della scorsa primavera su Dino Battaglia a Bruxelles intitolata "Sotto il sole nero della malinconia", di cui l'editore milanese è stato uno dei promotori. [smoky nota: la mostra fu ospitata al Centre belge de la bande dessinée di Bruxelles dal 09/01 al 01/04/2001]. In questa chiacchierata abbiamo parlato dello stesso Battaglia, di editoria e di fumetto in genere.

Ci può parlare del connubio Bonelli Editore - Dino Battaglia?
In realtà più che parlare di Sergio Bonelli editore di Dino Battaglia amo parlare di Sergio Bonelli "con" Dino Battaglia. Quando l'ho conosciuto era il lontanissimo 1949, 1950 e la casa editrice era composta da due, tre persone. In quel momento è nata un'amicizia che si è protratta per anni ed è continuata anche quando Battaglia ha smesso di lavorare per la nostra piccola casa editrice e ha iniziato a collaborare con case editrici più importanti, inglesi come la Amalgamated Press, per il Vittorioso, per il Messaggero dei Ragazzi. Queste gli fornivano un tipo di lavoro più gratificante per lui, che soffriva, ed era un po' sprecato secondo me, a disegnare serie con sequenze ripetitive d'inseguimenti, d'azione. Per cui credo che le sue cose più importanti le abbia fatte per loro ma nonostante questo la nostra grande amicizia è continuata, fatta di consuetudini, di serate trascorse insieme, di piccoli viaggi.

Quale delle vostre nuove serie affiderebbe oggi a Battaglia?
Teoricamente, per quanto riguarda l'atmosfera gotica di cui era un maestro e uno dei più importanti interpreti a livello europeo, la tentazione sarebbe quella di proporgli Dampyr, una serie basata sui vampiri, un po' cupa che avrebbe bisogno del suo bianco e nero. Pensandoci bene ci sarebbe un'altra serie, Napoleone, che ha un aspetto molto poetico. Una serie che pur essendo il tipico giallo, con delle vicende poliziesche, ha un aspetto più delicato grazie ad alcuni personaggi molto particolari, surreali che Dino avrebbe reso in maniera perfetta.

Si dice che la Bonelli agli esordi fosse, ricorrendo a un termine talvolta abusato, l'etichetta "indipendente" degli anni '40: con quale atteggiamento guarda alle piccole case editrici di fumetto, in un periodo come questo di crisi del settore?
Guardando alla storia del Fumetto italiano, che magari pochi conoscono, in realtà negli anni del dopoguerra la maggior parte delle case editrici poteva essere considerata indipendente. I grandi colossi dell'editoria come Mondatori o Rizzoli snobbavano molto il medium Fumetto e così facendo hanno permesso la nascita di piccole case editrici come la nostra e tante altre, alcune ancora presenti in edicola, altre che purtroppo sono sparite. Il fenomeno della casa editrice indipendente e, come dico io volentieri, "superartigianale", è stato un fenomeno generale.
Noi siamo cresciuti molto, penso anche troppo, per una sorta di passione e di curiosità che mi ha spinto ad avere intorno a me un numero sempre maggiore di disegnatori. Tutto questo non per ragioni commerciali ma per quella passione che mi spingeva ad arruolare un bravissimo disegnatore che scoprivo in Inghilterra, un altro che vedevo in Spagna, un argentino che mi piaceva - e quindi oggi ci troviamo con dimensioni totalmente diverse da altri. Però la cosa non mi piace. Guardo con molta simpatia chi ha delle piccole dimensioni e ogni tanto affronta il mercato e ci prova. Il problema vero è che purtroppo oggi, per chi comincia con pochi mezzi, è molto più difficile. Intanto il mercato richiede un'organizzazione distributiva con molte più copie di quelle che occorrevano al tempo in cui abbiamo iniziato noi.
In Italia ci sono 35 mila edicole e se si vuole avere la sensazione di aver fatto un vero tentativo con una buona distribuzione occorre mettere in circolo 60, 70, 80 mila copie, con grandi spese. Mentre prima per un test credibile erano sufficienti 15 mila copie. Quindi guardo con simpatia chi oggi è come ero io 40, 50 anni fa e mi manca l'apporto di quei giovani editori che hanno incominciato e che poi hanno smesso.
Sento molto la responsabilità di rappresentare, purtroppo, l'ultima spiaggia per tutti quegli sceneggiatori e disegnatori che volessero intraprendere questa professione perché con la scomparsa di tanti editori tanti che cercano lavoro fanno fatica a trovarlo. Io stesso, per quanto abbia tanti collaboratori, ma proprio tanti, tanti, non posso certo trasformarmi in un ente assistenziale. Questo è un senso di responsabilità molto grave che prima non sentivo perché c'erano dei piccoli editori che facevano anche un po' da palestra per chi cominciava. Questa situazione di monopolio che si è in pratica creata adesso non è un privilegio ma anzi mi dà l'ansia di non poter dare lavoro a tutti quelli che me lo chiedono.

Ritiene che il fumetto possa ricoprire un ruolo rilevante nella cultura e nell'arte contemporanea?
Personalmente non ho mai pronunciato la parola Arte perché è una definizione difficile. Mi è capitato di leggerla, questo sì. Mi accontento di poter pensare che il Fumetto è un'espressione d'alto artigianato che rappresenta spesso anche il frutto dell'incontro di più persone perché non sempre il soggetto è fatto dalla stessa persona che fa i disegni. Sinceramente mi accontento di molto meno. È molto difficile stabilire cosa sia Arte e cosa non lo sia, e quindi esito a pronunciare questa parola. Mi accontento di stabilire che come altri media - cinema, teatro, canzone, qualunque mezzo d'espressione - può essere usato bene o male e dare risultati nobili o ignobili. La parola Arte non mi sento proprio di pronunciarla, e nessuno di noi che lavora in questo campo, in fondo, ha mai avuto queste pretese. Può anche diventarlo, però - una cosa che può anche essere discussa è che quando si avvicina troppo all'Arte o intende diventare Arte è facile che perda quelle caratteristiche di immediatezza che sono proprie del Fumetto in genere.
È una domanda che sicuramente richiederebbe un paio d'ore di conversazione seduti tranquillamente in poltrona.
Torpedo
Quale fumetto o quale autore non-Bonelli le sarebbe piaciuto editare?
Mi sarebbe piaciuto editare Torpedo, scritto da Abuli e disegnato dallo spagnolo Bernet, che è un amico e ha anche disegnato un Texone per noi. È una serie pubblicata sia in Spagna che in Francia, su un gangster violento ma ironico. E poi, mi sarebbe piaciuto editare, ma è solo colpa mia se non è successo, Corto Maltese perché Hugo Pratt, in una nostra gita in macchina, l'aveva offerto in prima visione a me. Ma con Hugo avevo una tale amicizia che cercavamo di limitare al massimo i nostri rapporti di lavoro perché stavamo molto bene andato a spasso, andando al cinema - mentre magari sul lavoro, non dico che avremmo potuto guastare tutto, ma magari ci sarebbe stato qualche momento un po' più nervoso.

giovedì 13 febbraio 2014

Pasquale Frisenda: il western, Tex, le Storie

Dettaglio da "Tex - Last stand", disegno su commissione, 2013.
Eccoci alla prima intervista del 2014 ed è per me un vero onore aver la possibilità di iniziare l'anno "chiacchierando" con un disegnatore e illustratore straordinario, PASQUALE FRISENDA, una delle "matite" più apprezzate in forza alla Bonelli, autore di Patagonia, una delle più acclamate storie di Tex, l'icona del Fumetto italiano.

Nell'augurarvi buona lettura, segnalo il sito di Frisenda - qui - ricchissimo di materiali e novità sulla sua produzione (e non solo).
Un grazie speciale a Pasquale Frisenda per la sua disponibilità e il tempo concessomi. 

L'intervista è stata condotta via email e ultimata nel mese di Febbraio 2014.
Tutte le immagini a corredo sono opera di Pasquale Frisenda e tratte dal suo sito.
Ken Parker - Il manto bianco, cartolina pubblicitaria, 1996.
Ken Parker, Magico Vento, Tex: il western, pur con varianti e contaminazioni da altri generi, sembra una costante nella tua carriera. Cos’è per te il western? Qualche parola sulle differenze tra i tre personaggi sopracitati su cui hai lavorato?
Il western mi appassiona da sempre, e questo interesse credo che nacque proprio grazie ai fumetti che leggevo da bambino (tra cui "Tex" e "Zagor") e anche ai tanti film e telefilm che seguivo in televisione.
Non fu l'unica mia passione, chiaramente, ma di certo una delle più coltivate.
Per me, allora,  fu una grande finestra sul mondo dell'avventura, che presentava così tante situazioni e formato da così tanti ambienti, oltre che personaggi e popoli, da sembrare infinito.
Oggi, e da molto tempo, ormai, il genere vive un periodo di crisi, ma non ha certo smesso di avere cose da dire, e per fortuna suscita ancora interesse per permettere a nuove produzioni, anche pregevoli, di essere realizzate, sia nel mondo del fumetto, che in letteratura e al cinema.
Parlando di fumetti, qui in Italia non si può ovviamente non citare "Tex", che dal 1948  rappresenta una vera bandiera del western.Come detto, "Tex" è stato uno dei primi fumetti da me letti (insieme a "Zagor", molti Disney e molti supereroi, soprattutto quelli della Marvel degli anni '70 e '80), e verso il personaggio di Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini ho conservato un forte affetto e attenzione nel corso degli anni, pur passando attraverso molte altre letture, tra cui molte altre serie della Bonelli, tipo la "Storia del West" di Gino D'Antonio, il "Mister No" di Guido Nolitta e Gallieno Ferri, "Ken Parker" di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, "Martin Mystére" di Alfredo Castelli e Giancarlo Alessandrini, "Dylan Dog" di Tiziano Sclavi, e poi le tante riviste presenti in edicola in quegli anni, come "L'Eternauta", "Comic Art", "Orient Express" (solo per citarne alcune), che presentavano una panoramica molto ampia sulla produzione a fumetti mondiale, ma "Tex" restava (e resta ancora) un personaggio sempre presente tra "le cose da leggere", e dunque, quando nel 2005 mi è stata offerta la possibilità di disegnarlo, per me fu una cosa non da poco accettare di farlo.
"Tex" ha delle caratteristiche (caratteriali ed editoriali) ben delineate, anche se nel corso degli anni, per ovvie ragioni, alcuni suoi aspetti sono stati adattati ai tempi per permettergli di restare sempre fruibile e non perdere il contatto con i lettori.
La serie ha una struttura di stampo classico, che garantisce sempre una grande leggibilità, ma dai confini così ampi che, a distanza di quasi settant'anni, ha ancora cose da dire e raccontare, e questo grazie alla preparazione e alla passione degli autori che si sono succeduti negli anni.
Tex è l'eroe per eccellenza, sempre al centro dell'attenzione (con poche eccezioni) e vero risolutore delle situazioni in cui si imbatte, tanto è capace di giudicare le persone e di individuare il male, in ogni sua forma.
Per quanto alcune storie siano decisamente corali, Tex deve restare sempre visibile, emergere in qualche modo, essere il faro che guida gli eventi (e il lettore) durante le sue avventure mensili.
"Tex Willer", bozzetto, 2009.
Disegnare Tex oggi significa sapere tutto questo, valorizzare le sue particolarità, cercando, quando è possibile, di inserire anche elementi nuovi a livello grafico (ma tenendo presente e facendo tesoro dell'enorme bagaglio di immagini che la sua storia editoriale propone), per farlo restare sempre attuale e cercando di rappresentare al meglio il mondo che lo circonda.
Non è semplice, e non si sa se ci si riesce sempre, ma la sfida è comunque appagante, perché si sta parlando di un vero mito a fumetti (non credo che esistano molti altri personaggi che possano vantare al mondo una così lunga serie di pubblicazioni, e senza mai interruzioni o reboot).
Prima di arrivare a "Tex", ho comunque disegnato altri due personaggi western che a loro modo hanno segnato (e profondamente) la storia di questo genere in Italia: il già citato "Ken Parker" e "Magico Vento".
Senz'altro diversi tra di loro (come anche da "Tex"), ma anche con non poche affinità.
"Ken Parker" fu il primo personaggio di rilievo a cui collaborai, e l'esperienza fatta nello studio di Ivo Milazzo per arrivare a disegnarlo è stata per me determinante, non solo per la serie di "Ken Parker", ma proprio per capire cosa significava essere un disegnatore di fumetti.
La ricerca di documentazione, le continue prove sulle tavole a matita per tentare di trasferire sul foglio delle atmosfere, delle espressioni e di essere il più possibili efficaci dal punto di vista narrativo, furono tutte cose che io appresi li, in quegli anni.
Ho cercato sempre di restare fedele a quell'idea di fumetto, che sento profondamente mia, anche se le influenze, nel corso degli anni, sono state infinite.
"Ken Parker" è un personaggio che ha esigenze diverse da "Tex", che si muove, pensa e agisce in maniera differente, restando spesso in secondo piano e, a volte, anche perdendo la causa per cui si è battuto.
Un disegnatore che affronta un personaggio simile deve essere pronto a lavorare sulle sfumature, sia delle espressioni che dei gesti, senza mai enfatizzarli in maniera innaturale (Ken non è un eroe, e non deve avere pose da eroe), oltre che cercare di rappresentare un ambiente molto realistico, decisamente "epurato" dal mito (che invece in una serie come "Tex" è necessario evidenziare) ma più figlio del revisionismo che il western ha avuto negli anni '70 al cinema, tutte cose che sono fondamentali per far sì che le calibrate sceneggiature di Berardi (spesso di forte impronta letteraria) e dei vari sceneggiatori che hanno collaborato alla serie (gente come come Castelli e Sclavi) possano esprimere tutto il loro valore.
Copertina di Magico Vento N. 64.
Molto di questo tipo di scuola di pensiero si può ritrovare anche in "Magico Vento", la serie horror/western creata da Gianfranco Manfredi nel 1997, che ha avuto un buon riscontro tra i lettori.
In "Magico Vento" si trova la giusta commistione tra le caratteristiche del West di "Tex" e di "Ken Parker", perché è fatto sia di mito che di realtà: il personaggio di Manfredi aveva infatti bisogno di una forte ricerca iconografica sul mondo del West e dell'America dell'800, oltre che sulla storia dei popoli nativi di quelle zone e del loro folklore e leggende, il tutto mescolato sapientemente con la letteratura gotica che in quegli anni stava emergendo negli States.
Una serie dunque molto stimolante dal punto di vista del disegno, che cercava di dare una nuova interpretazione del genere western, cosa che ha poi permesso a molti disegnatori (MV fu la palestra di quasi un'intera e nuova generazione di autori western) di esprimersi con ben poche limitazioni e, di conseguenza, di far acquistare alla collana una sua identità grafica ben precisa e molto moderna.

La tua opinione sul personaggio Tex e sul suo impatto così duraturo e di successo sul mercato Italiano? Basta vedere i numeri, ad esempio, della recente ristampa a colori allegata a La Repubblica. Come si spiega? O meglio come la spieghi da autore coinvolto in prima persona e conseguentemente da una posizione d'osservazione (forse) privilegiata?
È difficile spiegare il successo di "Tex", che ancora oggi continua ad essere il fumetto più diffuso in Italia, e persino Sergio Bonelli non sapeva come ben descriverlo.
In buona parte credo che Tex sia stato il sinonimo stesso di avventura per diverse generazioni di lettori, e che, a differenza dei tanti eroi a lui seguiti, le sue (granitiche) caratteristiche lo abbiano fatto identificare come l'eroe vero, di un tempo, imbattibile anche se deve a volte soffrire per far emergere la giustizia (e quella di Tex  è sempre la giustizia giusta).
Tex è diventato un qualcosa di particolare per moltissimi dei suoi lettori, e cioè un amico fedele, preciso, onesto e giusto (oltre che puntuale nell'immancabile appuntamento in edicola).
È un aspetto, questo, quasi magico,  che non sempre scatta tra lettori e personaggi, per quanto siano amati.
Con Tex è accaduto, e almeno quattro generazioni di lettori hanno seguito le sue gesta (avute come un’eredità, a volte) , mese dopo mese, albo dopo albo, dal 1948 in poi, arrivando ai nostri giorni.
Come dicevo prima, non ci sono molti personaggi che hanno goduto di una vita editoriale così lunga e florida (ora mi vengono in mente solo "Lucky Luke", Superman" e "Batman"), ma nessuno con i numeri di Tex: una pubblicazione mensile che, ininterrottamente, senza rilanci di nessun tipo, è sempre stata in cima alle vendite della storia del fumetto in questo paese.
Posso dire solo che "Tex" è una "cosa a parte". "Tex" è "Tex".
Tavola da Patagonia.
Patagonia è stato il tuo primo, direi “sontuoso” esordio sul ranger di casa Bonelli. Guardandoti indietro cosa ti è restato di quell’esperienza sul Texone? Qualche aneddoto da raccontarci in merito?
"Patagonia" è stato un vero punto di svolta, per me.
Quando Sergio Bonelli mi affidò il progetto, io fui molto incerto sull'accettarlo o meno: non mi sentivo per niente pronto ad affrontare un impegno simile (per chi conosce la serie dei Texoni, sa che sono di regola affidati ad autori con una consolidata carriera alle spalle).
Fu proprio la passione che Bonelli metteva nelle cose che faceva (e diceva) che mi fece poi accettare di farlo.
Anni prima la proposta di un mio coinvolgimento nella serie dei texoni era già stata fatta da Decio Canzio (lo storico direttore della SBE, scomparso da poco), ma ero troppo preso con la serie di MV e il tutto fu rimandato a data da destinarsi.
È stato sicuramente meglio così, perché ancora dovevo maturare tanti aspetti del mio disegno, ma la cosa mi fece ovviamente piacere (e quella fu solo una delle tante attenzioni che Canzio ebbe nei miei riguardi, e tante di esse le ho scoperte troppo tardi per poterlo ringraziare).
Quando Sergio Bonelli decise di farmi provare, probabilmente era arrivato il momento migliore, anche se ero ancora molto giovane e con una carriera ancora da dimostrare (io e Goran Parlov siamo, per ora, tra i disegnatori più giovani che si sono cimentati con il Texone).
Per iniziare, Bonelli stesso mi fornì della documentazione, tra illustrazioni, disegni a fumetti e anche dei film (che vidi in redazione e da cui trassi non poche suggestioni).
Non volevo in nessun modo deludere la sua fiducia e quella di Canzio, e nella realizzazione delle 240 tavole di "Patagonia" ho cercato di metterci dentro tutto quello che avevo imparato fino ad allora, ma cercando anche di trovare nuove soluzioni grafiche adatte alla storia che mi era stata assegnata e al nuovo impegno professionale, oltre che cercare di non far avere alle tavole nessun cedimento, dalla prima all'ultima, nonostante il lungo tempo impiegato a finirlo (tre anni di lavoro).
L'autore della sceneggiatura, Mauro Boselli, è stato una figura fondamentale per permettermi di realizzare il volume rispettando i canoni di Tex, senza eccessi o sbavature, riportandomi, quando era necessario, nei "binari giusti", ma questo senza limitare le proposte e gli stimoli che gli arrivavano dalle tavole (la ricerca iconografica è stata lunga e impegnativa per entrambi, e Mauro si è rivelato un autore preparatissimo e dalla solida professionalità, ma anche pronto alla discussione, se gli porti degli argomenti validi).
I tanti consigli avuti da Sergio Bonelli e Mauro Boselli durante quel lavoro, mi hanno permesso di capire ed entrare nel mondo di Tex, per arrivare a farlo a modo mio (come voleva Bonelli) ma prendendo coscienza delle esigenze narrative del personaggio (cosa cara a Boselli).
In "Patagonia" si può trovare dunque il risultato del lungo lavoro fatto in quegli anni e la visione del personaggio che ho io, ma anche tutta la maestria narrativa di Boselli (la storia è stata accolta con grande calore dai lettori) e la passione che Sergio Bonelli metteva nel suo lavoro (ogni tavola consegnata in redazione veniva da lui visionata, e anche in quel caso fu così. Per me ogni volta era una grande prova, oltre che emozione, superare il suo giudizio. E l'approvazione che diede al volume alla fine del lavoro, prima della pubblicazione, la ricordo come uno dei momenti più significativi della mia carriera).

È stata annunciata una edizione per Bao. Che cosa conterrà di nuovo? Puoi anticiparci qualcosa?
Sì, uscirà alla fine di quest'anno (credo per Lucca), conterrà molto materiale inedito, tra schizzi, bozzetti, e tavole a matita, e avrà anche una nuova copertina. 
Una tavola da Tex N. 635.
Sono passati quattro anni e sono arrivati i due albi della serie regolare in sequenza, N.635 e 636, sempre su testi dell’instancabile Boselli. Il lettore magari avrà pensato che fine avessi fatto, ma ovviamente… stavi disegnando! Ecco, mi piacerebbe chiederti un po’ del tuo ritmo di lavoro. Hai una “routine” simile ad un lavoro “normale” oppure ti lasci andare all’estemporaneità dell’estro e magari un giorno non lavori e il giorno dopo, in preda all'ispirazione e alle scadenze comunque da rispettare, lavori 16 ore di seguito? Lavori in casa o in uno studio? Che strumenti usi? Tecniche tradizionali o digitale?
Sì, in questi anni ho realizzato la nuova storia di Tex (due albi completi, usciti in edicola tra il settembre e l'ottobre dell'anno scorso), ma ho fatto anche una breve storia di "Dylan Dog", pubblicata nel 2010 nel Color fest n.5 (sono 33 tavole, colorate anche da me), e un'altra storia breve per l'iniziativa "150 anni - Storie d'Italia", pubblicata nel 2011 e ovviamente legata ai 150 anni dell'Unità d'Italia, a cui hanno collaborato anche Sergio Toppi, Corrado Mastantuono, Giorgio Cavazzano, Marco Nizzoli, Carlo Ambrosini, Ivo Milazzo (che è stato anche il coordinatore dei lavori) e Francesco Artibani, l'autore dei testi.
In più ho disegnato illustrazioni varie e per diverse iniziative, tra cui la mostra "Quando il West tornò a Lucca", voluta e organizzata da Angelo Nencetti e a cui hanno collaborato anche Giovanni Ticci, Renzo Calegari e Sergio Tisselli, che è iniziata nell'edizione di Lucca comics del 2013 ma che è ancora in corso (durerà fino alla fine di marzo), divisa fra il MUF, il Museo del fumetto di Lucca e il Palazzo Guinigi.
Per quanto riguarda la gestione del lavoro, invece, cerco di rispettare una routine che mi permette di disciplinarmi e di coordinare abbastanza bene il tutto, ma non sempre riesco a mantenerla, e dunque a volte bisogna recuperare del tempo perso o investito in altre iniziative, e allora le ore di lavoro sul tavolo da disegno non si contano più.
Io lavoro a casa, e uso strumenti esclusivamente tradizionali (matite; pennarelli graduati di varie marche, perlopiù dallo 02 allo 08; un pennello Windsor e Newton n. 4; china, per il fumetto in bianco e nero o in mezza tinta; acquerelli, ecoline, pastelli, matite e tempere, per i disegni a colori; come carta uso Fabriano Tecnico6 o SchoellerHammer).
Tavola da "Dylan Dog Color Fest" N. 5, 2010.
Del tuo stile - evidente ad esempio in Tex specie nelle vignette mute o “panoramiche” - ho sempre apprezzato la potenza evocativa - la resa dell’arsura, del sole a picco, della fatica, della polvere… - dettagli che di fatto, magari passando (apparentemente) inosservati, caratterizzano in maniera essenziale la lettura e rendono “credibile” l’immersione nella fiction. Che cosa puoi dirmi di quest’aspetto del tuo lavoro e, forse, di questa tua “attitudine” di disegnatore?
Ti ringrazio dell'apprezzamento, intanto.
Questo è un aspetto che mi sta molto a cuore, quello cioè di riuscire a trasmettere a chi legge delle sensazioni attraverso il disegno.
Sin dalla prima vignetta della prima tavola (di solito è una quadrupla), cerco di colpire la fantasia del lettore, in modo da farlo immergere all'istante nell'albo che ha deciso di acquistare, di fargli sentire, se è possibile, l'atmosfera della storia e fargli arrivare, nel migliore dei casi, anche delle emozioni.
Cerco di dare l'idea delle cose (sia che si parli di espressioni, di ambienti o oggetti), di rendere realistico o credibile quello che il lettore vedrà, ma senza per questo cercare di voler essere iperrealista, ma anzi muovendomi tra diverse interpretazioni possibili del disegno, tra il puramente realistico e il puramente grafico: a volte mi piace "caricare" le vignette di dettagli (se la situazione che si deve raccontare lo richiede o lo permette), mentre in altri casi preferisco risolvere dei passaggi narrativi con delle vignette assolutamente sintetiche, composte sia da pochi segni che da pochi elementi.

Oggi il Fumetto affronta la sfida della modernità – con la nota diversificazione dell'offerta di “intrattenimento” - e del digitale. Qual è la tua idea in merito, in relazione al “futuro del Fumetto”?
Questo che stiamo attraversando è un periodo molto particolare e sicuramente difficile. Di transizione, direi. Cosa sarà il fumetto in futuro, come verrà letto e cercato, non so dire, onestamente (ma almeno come fruizione, credo che in buona parte resterà sul supporto cartaceo, ma probabilmente ci sarà un incremento del fumetto letto sullo schermo di un tablet o di un pc).
Alcuni lo danno per finito (ma sono decenni che sento dire queste cose, eppure...), alcuni dicono che diventerà una nicchia per collezionisti, altri ancora che sarà solo un laboratorio di idee da sviluppare in maniera ancora relativamente economica per poi poter essere sfruttato altrove e con altri media (e in effetti questa cosa sta già accadendo in America, con l'enorme sfruttamento cinematografico e televisivo avuto da molte serie)... io non ho idee precise in tal senso, ma se il fumetto avrà la forza di sopravvivere lo dovrà unicamente alle proposte e alle idee che ci verranno investite all'interno, da parte di autori ed editori.
Il resto, la risposta del pubblico, verrà da sé (o me lo auguro).
Io voglio credere che l'identità del fumetto come mezzo di comunicazione sia ancora precisa e identificabile, oltre che preziosa per quello che è, cioè il piacere della lettura abbinato a immagini che possono arrivare a creare e far "vivere" interi mondi, e solo mostrandoli su fogli di carta.
Una cosa apparentemente molto semplice ma così capace di incidere profondamente (e in maniera sana, penso) l'immaginazione, sia di chi lo legge che di chi lo fa.

Segnali di “rinnovamento” si notano di recente, magari in maniera più vivace rispetto al passato, in casa Bonelli: le nuove serie a colori; i monografici; il nuovo sito; il tentativo di “rinnovamento”  di un personaggio iconico come Dylan Dog sotto la direzione di Recchioni; la recente notizia dell’arrivo, sempre sul detective dell’incubo, annunciato più o meno ufficialmente, di autori considerati “lontani” come Ausonia, Akab… che ne pensi?
Vedo che le iniziative in Bonelli si stanno moltiplicando, e questo per tentare, ovviamente, sia di creare curiosità intorno ai vari progetti che di tentare nuove strade. So poco delle iniziative legate a "Dylan Dog", dunque non mi esprimo ma auguro un buon lavoro a chi ne è coinvolto.
"Batman 1939 - Omaggio a Bob Kane e Bill Finger", 2011.
Prossimi impegni? Novità? Qualche incursione al di fuori del western? Desiderio di scrivere o di realizzare qualcosa come “autore completo”? Puoi rivelarci qualcosa?
Ora sto disegnando un albo per "Le Storie" (una delle ultime iniziative della SBE, che si sta rivelando anche tra le più stabili in fatto di vendite), che avrà alcune particolarità grafiche al suo interno.
E' un vecchio progetto che con Tito Faraci (è lui l'autore della sceneggiatura) avevamo sviluppato tanti anni fa per la Francia ma che, per diverse ragioni, legate perlopiù proprio al discorso grafico che accennavo, non si è più realizzato.
Qualche mese fa, invece, ci è stato proposto dalla Bonelli di riprenderlo e adattarlo per "Le Storie", e sia io che Faraci abbiamo accettato.
A parte questo, sto sviluppando un altro lavoro con Francesco Artibani, una storia a cui tengo molto e che spero possa arrivare a concretizzarsi a breve.
Ho anche un altro impegno, preso da poco e che riguarda gli Stati Uniti, ma ora è troppo presto per parlarne.
In ogni caso, tutte queste storie non presenteranno ambienti western.

Per chiudere due domande “curiose”. Sulla voce a te dedicata su Wikipedia si legge: “Nel 1993 avrebbe l'opportunità di esordire come disegnatore di Topolino nel quarto episodio della Saga della Spada di Ghiaccio sceneggiato da Antonio Serra, ma alcuni dissidi causarono la sostituzione del team creativo.” Che cosa puoi dirmi in merito? Ti confesso che la cosa mi ha sorpreso, mentre ricordo bene la tua storia su Cyborg… 
Wikipedia può essere un'ottima fonte di informazione, ma, per come è realizzata, c'è sempre il rischio di trovarci all'interno anche delle vere fesserie, tra cui quella che ti è capitato di leggere.
Tempo fa avevo letto, ad esempio, che l'origine di "Batman" era dovuta al morso di pipistrello radioattivo...
Di burloni in giro ce ne sono a mazzi, come sappiamo, come anche tanta gente che evidentemente ha tempo da buttare, ma spero che, in questo caso, la cosa sia frutto invece di un banale errore.

5 buoni fumetti che hai letto (o riletto) di recente e ti senti di consigliare.
Di recente ho riletto diverse cose che ho qui a casa, tra cui tutta la serie de "La Casta dei Meta-Baroni", di Alejandro
Jodorowsky e  Juan Gimenez, che ho trovato davvero notevole, sia come livello di immaginario proposto che di disegno; poi "Sharaz-de" di Sergio Toppi, che rimane una vera sorpresa ad ogni lettura; un albo della "Storia del West" scritto e disegnato da Gino D'Antonio e intitolato "I mercenari" (uno di quegli albi che non posso iniziare a sfogliare senza rileggermi tutta la storia per l'ennesima volta), e ho cominciato a prendere in edicola le storie Disney realizzate da Romano Scarpa... ho poi letto e apprezzato molto "Yaxin - il fauno Gabriel (canto I)" di Dimitri Vey e Man Arenas , che consiglio caldamente a tutti.

[Il sito di Pasquale Frisenda: qui]
Le interviste precedenti:

lunedì 11 novembre 2013

recensioni in 4 parole [9]

La vera Grande Avventura.
Piccolo Hellboy incontra Pinocchio.
Dall'oscurità creature. Vita.
Purgatorio. Spiriti. Fight Club.
*********

Abbiamo detto 4 parole su: 
Soggetto: Decio Canzio e Sergio Toppi
Sceneggiatura: Decio Canzio e Sergio Toppi
Disegni: Sergio Toppi
Copertina: Sergio Toppi
Editore: Sergio Bonelli
Formato: brossurato, 240 pagine, colore
Prezzo: € 6
Anno di pubblicazione: 2013  
Per qualche parola in più: QUI

Storia e copertina: Mike Mignola
Disegni: Duncan Fegredo
Editore: Dark Horse Comics
Formato: cartonato, 56 pagine, colore
Prezzo: $14.99
Anno di pubblicazione: 2013
Per qualche parola in più: QUI (in Inglese)

Va tutto bene
Storia e disegni: Giusy Gallizia
Formato: webcomic, colore
Anno di pubblicazione: 2013 

Sbadiglio nero
Storia e disegni: Ratigher
Editore: Retina
Formato: pdf, 15 pagine, b/n
Prezzo: gratis

giovedì 29 settembre 2011

Lucca is coming!

Il manifesto di Lucca Comics & Games 2011 opera di Don Maitz.
Il mondo del fumetto italico è ancora profondamente scosso dall'improvvisa scomparsa - vero fulmine a ciel sereno - del Grande SERGIO BONELLI, ma come si dice... the show must go on. E credo che anche Bonelli - gentleman, editore intelligente e lungimirante, sceneggiatore innovativo, autentico Signore di quelli che ormai scarseggiano in quest'Italia spesso desolante - avrebbe voluto così.

E per NPE il Vostro umile fumoso ha messo le mani su un volumetto del duo Neil Gaiman & P. Craig Russell e su un intrigante antologico di storie brevi firmato David Lloyd
Maggiori dettagli as soon as possible! :)
da Mega N. 171, Settembre 2011