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mercoledì 4 luglio 2018

Ci vuole Pazienza?

Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Nelle scorse settimane, a trent'anni dalla prematura scomparsa, si è giustamente parlato molto - e si continuerà a parlare - di ANDREA PAZIENZA, della sua Vita & della sua Arte.

Le celebrazioni corrono intrinsecamente sempre il rischio di diventare un rito, un meccanismo che si ripete senza guizzi. L'esatto opposto, credo, di quello che Pazienza ha portato avanti e testimoniato con la sua vicenda artistica e personale.

Così, non senza una certa dose d'incoscienza, nei giorni scorsi ho buttato giù una lista di fumettisti e fumettiste (che volendo, potremmo, nella gran parte dei casi, definire come autori di "graphic novel", se l'etichetta piace), nati a partire dal 1980 in poi - e che quindi hanno "scoperto" Pazienza dopo la sua morte - e li ho contattati via email, curioso di capire quale "lascito" del Paz ci fosse nel loro modo di fare Fumetto.

Si è tratta, ovviamente, di una fumosa investigazione che rimane tuttora aperta e tale, credo, resterà.

Titolo: Ci vuole Pazienza?
Uno sguardo sul presente e sul futuro. Non sullo squisito cadavere gelido dell'Artista.
DOMANDA: In questo anno di commemorazione per i "30 anni senza", cosa è rimasto della magmatica narrazione del Paz? Cosa c'è di lui nel tuo fare fumetti?

Nel seguito potete leggere le risposte inviate da, in ordine alfabetico, Pablo Cammello, Vincenzo Filosa, Francesco Guarnaccia, Lorenzo Palloni, Emanuele Rosso e Alessandro Tota.

Ringrazio di cuore gli autori per il loro contributo e se qualcun altro volesse intervenire... beh, noi siamo qui! ;)
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Pablo Cammello: Pazienza è stato un autore talmente potente che la sua carcassa ce la siamo trascinata dietro per anni. E' stato presente come fantasma dietro ogni fumetto alternativo, o produzione underground, è stato il metro di paragone per ogni opera più radicale. Mi è capitato di vederne moltissimi ispirarsi a lui fino a sconfinare nel plagio. Oggi secondo me il fumetto "underground" o come lo vogliamo chiamare è riuscito ad assimilarlo conquistando una sua identità. Pazienza rimane sempre, ma è più defilato, dietro le quinte.
Per me personalmente è servito durante l'adolescenza per darmi una direzione come una stella cometa e per farmi capire che le cose potevano essere fatte anche così. Cazzo quando ho letto "Perché Pippo sembra uno sballato" su un  vecchio numero di Cannibale volevo essere come lui, una specie di Jim Morrison rockstar che fa i fumetti. Molte cose, delle sue tematiche o intenzioni me le sono portate dietro, ma penso che come autore ho realizzato presto di avere un carattere diversissimo, sia nella narrazione che nel disegno. L'ho sempre vista come una cosa positiva quest'ultima, perché non puoi battere il fuoriclasse giocando nel suo stesso campionato.

Anni fa però finii per partecipare a un concorso dove dovevo rappresentare la vita di Pazienza in una tavola. Ebbi un'idea ispirata dagli Ultimi Giorni di Pompeo e la disegnai. La giuria considerò il disegno come oltraggioso non abbastanza "positivo" come omaggio e venni escluso dalla mostra. In fondo vissi questa cosa come una medaglia al valore, perchè se persino le Istituzioni avevano rifiutato quella tavola dovevo essere su quel percorso che lui prima di me aveva tracciato. Oppure semplicemente facevo schifo io, ma queste sono cose che non potremo sapere mai.
[La tavola in questione è qui sotto, smoky ;)]

[Pablo Cammello, fumettista e illustratore milanese, è autore del webcomic Tumorama, pubblicato in volume nel 2017 da Shockdom, e di Giallo Arcobaleno (2016) edito da Passenger Press.]
Testi e disegni di Pablo Cammello.
Vincenzo Filosa: Alla fine degli anni '90 Pazienza ha cambiato il mio modo di intendere il fumetto. A distanza di vent'anni, continuo ancora a estirpare come erbaccia anche la più piccola influenza che ha sul mio lavoro. Perché Pazienza non avrebbe mai dovuto fare "scuola", soprattutto a quegli autori che come me non hanno ancora la padronanza piena di un linguaggio complesso come il fumetto. Con i suoi lavori Pazienza ti spinge sempre a giocare con il disegno, a sprigionare la creatività e a essere liberi... sono davvero in pochi quelli che davvero possono permettersi di farlo. Io giro sempre al largo quando nei dintorni c'è una ristampa di Zanardi...

[Vincenzo Filosa (Crotone, 1980) è autore di Viaggio a Tokyo (2015) e Figlio unico (2017), entrambi editi da Canicola. Tra i maggiori esperti in Italia di manga, è curatore per Coconino della collana Gegika e traduttore di maestri come Shigeru Mizuki, Yoshiharu Tsuge, Jiro Taniguchi, Tadao Tsuge. Vive e lavora a Milano.] 
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Francesco Guarnaccia: Quest'anno all'Arf Festival a Roma c'era una mostra di Andrea Pazienza, in occasione del trentennale della sua morte.
Una mostra di originali, una roba da farti venire la tremarella alle ginocchia.
All'ingresso della mostra di Andrea Pazienza c'è un'altra mostra, più piccola.
È proprio tra la biglietteria e la porta oltre la quale ci sono parecchie stanze piene di originali di Paz, quindi ci passi per forza.
Quella è la mia mostra. È come se avessi fatto da "gruppo spalla" ad un concerto di Andrea Pazienza, una roba da farmi venire la tremarella a tutte quante le membra.
Quello che Andrea Pazienza ha lasciato agli autori di fumetti italiani, il macigno della sua eredità, è una cosa che funziona al contrario. Per ogni autore, se sei un autore c'è una soglia che quando la  oltrepassi c'è una serie di stanze con appesi al muro tutte le opere che fanno di te un autore maturo. Per arrivare lì c'è un'anticamera. È proprio tra la biglietteria e la porta quindi ci passi per forza. Lì c'è la mostra dei tuoi gruppi spalla, quelli a cui ti sei appoggiato e da cui hai imparato per diventare l'artista che sei, e in quella stanza, per tutti quanti, ci sono un sacco di originali di Pazienza.

[Francesco Guarnaccia (Pisa, 1994), membro di Mammaiuto, ha pubblicato From Here To Eternity per Shockdom (2016), precedentemente serializzato sul sito del collettivo, e il recente Iperurania (2018) con BAO Publishing. Attualmente abita a Milano.]
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Lorenzo Palloni: Pazienza non è parte del mio passato, né della mia formazione.
Ho una certa fascinazione per l’estero che tengo a bada da quando ho cominciato a studiare veramente il Fumetto, ma per il me ragazzino/lettore di comics americani “Italia” voleva dire “noia”. E così anche le sue emanazioni autoriali. Semplicemente le ignoravo.
L’aver scoperto Pazienza da post-studente, pochissimi anni fa, con già in mano qualche strumento per poterlo decodificare, è stato un colpo al basso ventre: come si poteva essere così feroci e aggraziati, così spietati e profondi, tutto al tempo stesso? Come si potevano avere quelle intuizioni accecanti che ti portano ad esplodere le tavole con vignette e testi solidi come marmo? Come fottersene amabilmente di tutto ciò che ci rende civili per sfornare proiettili narrativi che frantumano borghesia e comparti sociali?
E quindi perché non poteva insegnarmi come si fa?
Negli occhi e nello stomaco mi rimangono soprattutto le storie nere di Zanardi, e quelle paradossali di Stella. Uber alles: “Giallo Scolastico”, “Cenerentola 1987” e ovviamente “Notte di carnevale”.
Leggerlo, immagino, mi ha insegnato più di quello che avrebbe potuto fare in carne ed ossa: una dose di steroidi a piena vena per qualcuno che vuole farsi i muscoli.
Se c’è qualcosa di Pazienza nel mio raccontare sono la ricerca della ferocia (ineguagliabile, la sua) l’andare oltre il limite (irraggiungibile, il suo) e l’invidia (inestinguibile, la mia).

[Lorenzo Palloni (Arezzo, 1987), membro del collettivo Mammaiuto, prolifico autore completo, disegnatore e sceneggiatore ha pubblicato diversi graphic novel e webcomics. Tra questi citiamo Mooned, Esatto e i più recenti Scary Allan Crow (insieme a Dj Aladyn; Edizioni Inkiostro, 2017) e 365 (per i disegni Paolo Castaldi; Shockdom, 2018).]
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Emanuele Rosso: Per me Pazienza è sempre stata una strana "bestia": ho iniziato a leggerlo tardi, negli anni dell'università, una volta sbarcato a Bologna, la "sua" città, recuperando qualche vecchio volume delle edizioni Primo Carnera nelle bancarelle dell'usato, e le prime raccolte abbinate ai quotidiani. Non posso dire che abbia influenzato in maniera diretta il mio approccio ai fumetti, ma non ho poi mai smesso, a fasi alterne, di tornarci sopra e studiarmelo con la consapevolezza maturata nel frattempo.

Ci sono almeno due cose che lo rendono "eterno", o comunque fuori dal tempo e dalle mode.

Una, più ovvia, è il segno: la naturalezza con cui traccia le linee di pennarello raccontano di un talento naturale, di un autore che non ha bisogno di abbellire, di riempire la tavola di dettagli, perché nel segno, anche in quello più "minimal", c'è già tutto quello che serve. Il segno di Pazienza è generativo, crea mondi dal nulla (come ogni segno, in realtà, ma certi segni lo sanno fare più di altri). Credo che sia uno degli obiettivi a cui tutti gli autori di fumetto dovrebbero tendere.

La seconda è la parola: non so se naturale quanto il segno, o studiata (ma conoscendo il soggetto immagino più la prima opzione), resta il fatto che ogni grande autore crea mondi anche con la parola, disegna linguaggio, grazie a neologismi, recupero di arcaismi, dialettalismi, slang giovanile, tenendo insieme lessico alto e basso, pop e trash. In questo Pazienza ha sempre avuto una marcia in più rispetto a qualsiasi altro autore italiano (l'unico che sembra portare avanti un discorso simile di questi tempi è Gipi). Pazienza è stato imitatissimo, ma se copiare il segno può essere facile, copiare la parola è difficilissimo (e forse inutile, perché niente è più personale della lingua, più ancora del segno).

Pur non essendo quindi ispirazione evidente rispetto al mio lavoro, il suo percorso artistico rimane un "exemplum". Anche perchè, parafrasando il titolo del libro-intervista che il giornalista David Lipsky ha realizzato con David Foster Wallace, non si può non finire per diventare se stessi.

[Emanuele Rosso (Udine, 1982) è autore dei graphic novel Passato, prossimo (Tunué, 2013) e Limoni. Cronache di quotidiane resistenze sentimentali (Coconino Press/Fandango, 2017). Scrive per Fumettologica e Banana Oil. Inoltre, si occupa professionalmente di fotografia e, dal 2007 al 2016, ha collaborato con Radio Città del Capo (Popolare Network) conducendo diversi programmi. Vive e lavora a Bologna.] 
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Alessandro Tota: Ho provato a scrivere qualcosa, ma non mi viene niente, ne ho parlato troppo in troppe sedi. L'unica cosa che davvero mi viene in mente quando penso a Pazienza è questa canzone di Lucio Battisti [link qui]. 

[Alessandro Tota (Bari, 1982), tra i fondatori della rivista Canicola, ha pubblicato Yeti (2010), Fratelli (2011), Il ladro di libri (in collaborazione con Pierre Van Hove, 2015), Charles (2016) per Coconino Press e il recente Estate per Oblomov. Vive e lavora a Parigi.]


Se ne vuoi ancora: 

sabato 16 giugno 2018

Cos'e PAZ!

Trent'anni senza ANDREA PAZIENZA, che ci lasciava nella notte tra il 15 e il 16 luglio del 1988.
Trent'anni senza il suo segno, le sue parole, il suo genio inarrestabile.
Trent'anni sono tanti ma il ricordo e l'ammirazione per un Artista d'immenso talento permane e, se possibile, si rafforza.

Innumerevoli quindi, di questi tempi, le "iniziative" dedicate a Pazienza e non potrebbe andare diversamente. Segnalo tra le tante: la Mostra romana organizzata nell'ambito dell'Arf! visitabile fino al 15 Luglio; i nuovi volumi di "Extra Pazienza" in uscita dal 22 giugno a cadenza settimanale (info qui); il numero di giugno di Linus con la mirabile copertina-omaggio di Paolo Bacilieri, l'intervista in video a Marina Comandini apparsa su Republica unitamente a un tris di articoli (qui, qui e qui); l'interessante pezzo di Vincenzo Sparagna e, ovviamente, molto altro a cercare sul Web.

Colgo inoltre l'occasione per riproporre l'UltraSpeciale dedicato a PAZIENZA che apparve su Ultrazine: pensato come ongoing, andò avanti per (sole) sei puntate (tra Aprile 2002 e Febbraio 2003) con i contributi, in ordine di apparizione, di: Davide Toffolo, Mauro Balloni, Daniela Amenta, Luca Genovese, Luca Enoch, Emanuele Di Giorgi, Claudio Parentela, Marcello Albano
Trovate il tutto QUI!

Un pensiero all'amico Marcello (I miss you): sono sicuro che con Paz starete architettando meraviglie!

mercoledì 9 maggio 2018

Faccio delle cose...

Fotogramma da Ecce bombo.
Mentre il Napoli Comicon, giunto meritoriamente al ventennale, si è concluso da qualche giorno con l'assegnazione d'intriganti premi Micheluzzi, la quarta edizione Arf! incombe con le sue romane meraviglie e il fumetto italiano assiste al "rilancio" di una storica rivista, nel mio piccolo, nonostante l'assenza da queste pagine da qualche tempo (comprensibilmente passata inosservata, ipotizzo), sono al lavoro su un tris di progetti che dovrebbero vedere la luce entro l'anno. 

Trattasi di "classici", direi, sia in senso letterale che in senso personale.

Ecco volevo informarvi di tutto questo visto che, non sia mai, magari stavate preoccupandovi per me... magari!

See you later, alligators!

martedì 21 giugno 2016

recensioni in 4 parole [41]

A me gli occhi!
E zombie a Barcellona.
I dolori delle storie.
Tutto Pazienza Vol. 2: Zanardi 1981-1984
Zanna: innocente letale cinismo.
*********
Abbiamo detto 4 parole su:
di Jason Aaron (testi), Chris Bachalo (disegni), Kevin Nowlan (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: spillato, 64 pagine, colore
Prezzo: € 3.30
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

di Brian K. Vaughan (testi) e Marcos Martin (disegni)
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Sputa tre volte
di Davide Reviati
Editore: Coconino Press/Fandango
Formato: brossurato, 560 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 25
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Tutto Pazienza Vol. 2: Zanardi 1981-1984
di Andrea Pazienza
Editore: Gruppo Editoriale L'Espresso
Formato: cartonato, bianco e nero e colore
Prezzo: € 10
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI 

mercoledì 1 luglio 2015

UltraSpeciale ANDREA PAZIENZA

Dal 2000 al 2006 il sito Ultrazine.org è restato online e, fatto più importante, è stato aggiornato con una qualche continuità, grazie al mio lavoro & al contributo inestimabile di diversi amici, addetti ai lavori ed appassionati di Fumetto (sentitamente li ringrazio tutti ma evito di fare un elenco perché di sicuro dimenticherei qualcuno).

In quel lontano e "pionieristico" periodo della Rete, il sito si meritò persino una menzione su Il Venerdì di Repubblica e di fatto chiuse le sue attività nel 2006 in occasione dell'uscita del volume Watchmen 20 anni dopo.
Dal 2006 fino ad oggi il sito è rimasto fermo: dai primi di Giugno 2015 tutti i contenuti sono stati rimossi anche se il dominio rimane ancora attivo.

L'intento attuale è quello di riproporre qui, su questo blog, una selezione dei contenuti più interessanti apparsi su Ultrazine durante il suo settennato di vita online: un piccolo tentativo di "conservazione della memoria" nell'eterogeneo e mutevole mare digitale di questi tempi moderni.

Partiamo subito con l'UltraSpeciale dedicato ad ANDREA PAZIENZA, autore seminale e dirompente per il Fumetto Italiano ma non credo serva dilungarsi su questo.
Lo speciale, pensato come ongoing, andò avanti per (sole) sei puntate, apparse tra Aprile 2002 e Febbraio 2003, con i contributi, in ordine di apparizione, di: Davide Toffolo, Mauro Balloni, Daniela Amenta, Luca Genovese, Luca Enoch, Emanuele Di Giorgi, Claudio Parentela, Marcello Albano.
Buona visione.

E... grazie di tutto, Paz!
"Padri e figli", illustrazione di Davide Toffolo (Ultrazine, Aprile 2002).
L'INTRADUCIBILE PAZIENZA
di Davide Toffolo
[Articolo apparso sulla rivista Rumore n. 121, febbraio 2002. Pubblicato su Ultrazine nell'Aprile 2002 con l'autorizzazione dell'autore.]
   
PADRI E FIGLI
Chi ha ricevuto l'eredità del "meridionale più alto d'Italia" come lui stesso si definiva? No, non parlo dei diritti di pubblicazione, per quelli basta leggere le diciture in calce alle innumerevoli pubblicazioni postume. Parlo dell'eredità artistica. Che cos'è rimasto alle generazioni di autori successive a Paz del suo modo di pensare il fumetto?
Alcuni dei nuovi autori italiani sono suoi figli riconosciuti. Se Andrea è il padre naturale, Bologna è certo la madre. La fecondazione avvenne attorno alla metà degli anni '80 quando Pazienza ancora stava a Bologna e assieme a Igort e Daniele Brolli, i valvolinici, immaginò una "scuola di fumetto".
       
La chiamarono "Scuola di Fumetto Zio Feininger", prendendo il nome del pittore tedesco che all'inizio del '900, si dedicò ai fumetti con l'energia di un pioniere.
Un corso regionale, serale, che si svolgeva alle Aldine Valeriane, un Istituto Tecnico sul lato nord di Bologna (anche se ancora prima, la scuola aveva sede in Via del Cane, una traversa della famosa Via Clavature nel centro di Bologna). In quei corsi, oltre agli iconoclasti valvolinici Igort e Brolli si alternarono all'insegnamento gli autori più importanti della allora emergente generazione del fumetto italiano, per capirsi Mattotti, Jori e Carpinteri per i Valvolinici oltre a qualche maestro indiscusso: Muñoz, Sampajo, Scozzari e Magnus.
Sui banchi della scuola dello "Zio Feininger" possiamo ricordare Francesca Ghermandi e Massimo Semerano, Leila Marzocchi e successivamente una schiera di "provinciali" affascinati dal fumetto provenienti da tutta Italia e raccolti attorno alla città che, comunque, sarà per la presenza del DAMS, sarà per inclinazione genetica si è dimostrata la più accogliente e adatta a raccogliere un gruppo di promettenti disegnatori. Insomma quei banchi, descritti senza pietà in alcune pagine di POMPEO si trovarono giovanissimi, Stefano Ricci, Giuseppe Palumbo, Davide Catenacci, Otto Gabos, Gibertini, Menotti e, incosciente ma felice anche il sottoscritto Toffolo. Ci giravano attorno Enrico Fornaroli, Beppe Chia e servirono da nucleo aggregante in un periodo nel quale Frigidaire agonizzava in slogan come "Miriam maffai schifo" e quando la lucida demolizione Tamburiniana,  dissolta nella morte dello stesso Tamburini, risultava sempre più sbiadita e fuori tempo massimo. L'avventura umana di Andrea, lo portò presto lontano da Bologna l'attività didattica diretta si concluse con quella stagione, lasciò i suoi "figli" orfani di padre, in affidamento però ad una città, Bologna, capace di dare stimoli e occasioni praticamente a tutti.

L'eredità più grande lasciata da Andrea e dal "corpo docenti" di quella scuola è un'eredità di grande dignità. I concetti di fumetto come "linguaggio totale", e di autore di fumetti come "portatore di mondi". Concetti che sicuramente prima di lui altri avevano introdotto, ma come lui, in Italia nessuno.
Centrale in questo senso la sua volontà di autorappresentazione. Il dato autobiografico riaffiora nelle sue storie a fumetti, come nelle vignette, spietato e assoluto. Nessuno come i giovani autori del "dopo Frigidaire" hanno sentito questa eredità così viva, e così pesante come i succitati, anche se le forme del loro raccontare hanno preso strade lontane dal modo pazienziano di fare fumetti. Forse proprio a partire da questa esperienza le forme del fumetto, dalla metà degli anni '80 e per tutti i '90 si sono attorcigliate su se stesse, riducendo spazi e sovvertendo modi e regole della produzione del fumetto d'autore, diventando spesso autoreferenziali. Ma l'eredità era chiara. Se sei un autore ti devi assumere le tue responsabilità. Almeno con te stesso.
       
L'eredità di Paz non è arrivata solo attraverso la scuola, perché quello che pubblichi, quello che disegni, diventa di per sé una "scuola". Così oltre a produrre tonnellate di emuli ed epigoni, Pazienza ha suggestionato tanti ragazzi che sono diventati autori di rilievo grazie delle sue pubblicazioni. Tracce del suo insegnamento si leggono chiaramente dentro il segno di Frezzato, di Baccilieri e sicuramente di Gipi, per fare solo alcuni nomi in ordine sparso. Uscendo dall'Italia, andando per esempio in Grecia, ricordiamo in particolare un autore, che ha un'influenza pazienziana forte Leandro Kokkoris (lo si può trovare nella nuova rivista Black edita da Coconino Press).

PAZIENZA PROVINCIALE
Non si può dire che Paz abbia avuto particolare fortuna all'estero. Per i suoi detrattori, questo è un punto a suo sfavore, ma di questo non sono convinto e queste sono le mie spiegazioni. Un problema è quello del formato di stampa. Pazienza, surfista dell'editoria, spesso insultato dai suoi compagni di percorso per essere stato poco "militante" nelle scelte di campo, passò, cavalcando con la leggerezza di un surfista appunto, molte situazioni editoriali differenti: Linus, Frigidaire, molti quotidiani, per poi ritornare su Linus e muoversi poi in Corto Maltese e anche in Comic Art. Quasi tutte voci morte, oggi. Anzi direi tutte. Mitologico rimane il suo incontro con Hugo Pratt che, vuole la leggenda sia stato il primo a dire, in redazione di un Linus d'oro: "facciamolo provare il 'bocia', vediamo se ha cose da dire". Così nacque Penthotal.
E citando questo episodio non vorrei sembrare retorico e reazionario. Non voglio dire che allora fosse meglio di oggi, eppure in quel momento questo era possibile, oggi direi di no. Le riviste non ci sono più. Il fumetto più di altri media sembra mostrare la corda di un equilibrio impossibile fra mercato e fantasia e in questo gioco perverso si mostra perfetto a raccontare la decadenza che viviamo. Il fumetto è morto come il rock & roll, come il cinema, come la letteratura... ma forse per la sua dimensione produttiva, più personale e individualista degli altri linguaggi comunicativi, è più pronto a saltare le regole del mercato. Il Fumetto è l'unico media che prevede un investimento anche nullo per esser prodotto. Solo inchiostro e fantasia (almeno per i minicomics!).
Ma tornando al perché della difficoltà per un Paz da esportazione: i formati delle sue narrazioni non erano rigorosi e tagliati sul formato appunto "internazionale" come erano quelli di altri autori italiani: Manara, Serpieri, lo stesso Tamburini con Liberatore.
Le forme del raccontare di Andrea Pazienza si ritagliavano in piccoli spazi, anche della dimensione del frammento, dando un impressione di percorso più esistenziale che professionale. Anche i cambi di registro del suo segno, a volte realistico, a volte infantile e stilizzatissimo non rispettano ragioni editoriali, ma esclusivamente ragioni esistenziali che diventano poi narrative. Ricordo a casa di Silvano Mezzavilla a Treviso, l'organizzatore di Treviso Comics, una casa dove si  parlava di fumetti, attorno al 1983, l'invettiva di un piccolo grafico che imputava a Pazienza una "non professionalità" nell'uso, per esempio, del lettering.
Perché Pazienza non pensava alle difficoltà che poteva incontrare un editore straniero a sostituire il suo lettering e continuava a farlo correre senza regole nella pagina? Perché non separava i disegni dalle parole, come fanno i francesi, per rendere la vita più facile a chi doveva organizzare editorialmente il suo lavoro, o per una sua eventuale pubblicazione all'estero? Perché non voleva fare i conti con il mercato, o almeno con le redazioni?
Perché Paz, questo lo dico io, non ha mai pensato di parlare a nessuno diverso da se stesso. Tanto meno a un francese o un americano. La sua lingua era il "fumetto italiano". La sua pancia era la padrona del suo talento. "Mai pensare ai soldi durante il lavoro. O prima o dopo". Io, questa massima pazienziana, recitata con la solita enfasi del capiscione pugliese, ma con lo sberleffo ironico del talento che vive anche il dramma di una sensibilità enorme, con la leggerezza della farfalla, l'ho vissuta come testamento. Insomma, tralasciando il divario enorme che possiamo rilevare tra l'editoria a cavallo degli '80 e l'attuale panorama, Paz sembra avere dimostrato la leggerezza e la libertà di un vero "poeta". E la poesia è ritmo, segno, parola, lingua.
Cosa resta infine della poesia tradotta? Poco. Se il mondo dei formati ha vinto sul mondo della passione, che ci possiamo fare? Se il mondo oggi sembra assomigliare di più alla logica burattina di quel piccolo grafico di Treviso più che alle intuizioni di farfalla di Pazienza, possiamo solo prenderne atto e disperarci. Giusto il tempo di un'emozione da consumare e poi via, subito un'altra. [Davide Toffolo]


Illustrazione di Mauro Balloni (Ultrazine, Maggio 2002).
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PAZ, INEFFABILE AMORE
di Daniela Amenta
[Articolo originariamente apparso su TRIBÙ ASTRATTE - settimanale di interferenze culturali. Pubblicato su Ultrazine nel Maggio 2002 con il permesso dell'autore.]
   
Caro Paz, che anno era quando te ne sei andato? Il '98, l'88, il '78? Boh, buio profondo o desiderio di buio, che poi è lo stesso. Il giorno però me lo ricordo. Un giorno di giugno. Il 14 giugno. "Noto fumettista stroncato da collasso". Tre righe lette su un quotidiano mentre un treno in corsa fischiava verso il mare. E d'improvviso il viaggio trascolorava. Senso di nausea. Paura. Vuoto. Ti ho pianto come un fratello. Il fratello fantastico e maledetto che noi, le donnine sopravvissute alla non-rivoluzione del post femminismo, post punk, post comunismo e post macedonia mista, sognavamo a fianco. Fratello eh, mica amante.
       
Troppo fico il Paz, troppo bello per sposarsi ai nostri giubbotti alla Fonzie, troppo geniale il Paz per camminare in sincrono coi nostri zoccoli e le gonne a fiori. Troppo audace da sostenere. Te ne sei andato come una canzone degli Who, immortale oramai. Te ne sei andato tra gli accordi di Strummer Joe e lì esisti, resisti. Come quel pezzo di Fossati che amavi: "Per niente facili, uomini sempre poco allineati". Solo che più ti cerco, meno ti trovo. E adesso, in questo millennio, mi sfuggono i tuoi Natta, i tuoi Pertini, i tuoi Craxi. Non ti capirebbero oggi Andrenza. Abbisognano di altro, io stessa abbisogno di nuovi tratti, altre passioni. Ora gli eroi hanno profili tecnologici, volti cellulari, arti digitali, visi tirati dalle frequentazioni in rete. Che ne sai Spaz? Che vuoi saperne: il Papa seppellirà Zanardi e tutti i cattivi del globo in una maestosa cerimonia, il Pci non esiste più e vien da pensare che non sia mai esistito se non come allucinazione collettiva e perfino la Lazio ha vinto uno scudetto. Qui gira tutto in fretta.

Anche la roba ha nomi di cocktail. Solo il prezzo resta invariato. Così come il costo del dolore. Ma non ti capirebbero Paz. Non capirebbero Pluto, le "vighnette", il "prima pagare poi disegno", quell'ansia di massacrarci e poi far pace con noi stessi. Gioventù bruciacchiata che "aveva 20 anni nel '77 e ora ne ha 18" e non cresce, non dimentica, conta i lutti e ti racconta come un nonno. Ma io più ti cerco e meno ti trovo in quest'epoca di Aids e giubilei, di Sms e cronaca mondana. Mi sfuggi super Apaz che ci facevi morir dal ridere con la Prolisseide ("ovvero tutte le persone famose che ho conosciuto") e piangere di sconforto con Pompeo. Nel frattempo ho conosciuto tua moglie, Marina. Bella come te, un po' meno sfolgorante. C'è l'idea di una Fondazione Pazienza. Storia vagamente tristanzuola. Chi ne usufruirebbe?

Già mi vedo, li vedo. La fila di reduci a pagare il biglietto in quel di Montalcino pur di sentirsi "forever young", a fare a gara a chi ricorda di più le battute, le matite, le citazioni. Caro Paz, ora appartieni a tutti, anche a coloro che non c'erano. Fa male. Fanno male le ristampe inutili, certe pubblicazioni all'odor di squalo, la suddivisione in parti eque del caro estinto. Fa male sentirsi tesserati di un movimento che non esiste più, analizzati come bestiole da stabulario, giudicati solo per la sequela di cazzate che abbiamo inanellato. Quelli di oggi, gagliardi e palestrati, non ti capirebbero.
       
Non ci capiscono. Al fornaio mi danno del lei e mi chiedono se il tatuaggio sul braccio è opera dell'estetista. Cose d'Apaz, Andrea. Qui gira tutto in fretta. Non ti trovo ma mi manchi. Mi mancano le "sturiellet", i bestioni da cavalcare, le strisce acide in acido, le tristezze velenose, le fini irreversibili, irreversibili, irreversibili. 
Mi manchi, mi manco. Forse era amore.

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SFOGO
Un omaggio a Pazienza
di Luca Genovese
[Pubblicato su Ultrazine a Giugno 2002 con l'autorizzazione dell'autore.]

Un personaggio dei fumetti è reale.
Certo è sulla carta, è mutabile, e il più delle volte parla per conto dell'autore.
Ma trasmette emozioni, prima al disegnatore che l'ha creato, poi anche a chi lo legge, e quelle non sono fasulle.
       
Quindi bisogna rispettarlo, un personaggio... e il primo a mancare a questa buona regola di solito è proprio il suo autore. Solo che di rado si permette di chiedere che ne pensa il suo "figliuolo".
Una delle storie di Pazienza che più mi ha coinvolto è stata "La prima delle tre". Una scena in particolare: la scazzottata tra l'autore e Zanardi, il suo personaggio.
       
Perché mi sono immedesimato sia nell'uno che nell'altro.
Tutta quella rabbia con cui si battevano, il tutto nato da una cazzata, però sviluppato con una foga liberatoria, per poi offrirsi una sigaretta, e condividere un'avventura. Secondo me gli ci voleva proprio, a tutti e due, un bello sfogo.
 
 
 
 
 
 
"Sfogo" di Luca Genovese (Ultrazine, Giugno 2002).
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PAZ
di Luca Enoch
[Pubblicato su Ultrazine a Luglio 2002 con l'autorizzazione dell'autore.]

Da dove comincio? Comincio dalla fine. Comincio da Astarte.
Astarte, terribile molosso da guerra africano, che visita nel sogno uno spaurito Paz per narrargli le sue gesta belliche in terra italica, al seguito della potente armata cartaginese, guidata da un segaligno e ardente Annibale, suo signore e padrone.
Con questa storia fenomenale il vecchio Paz tornava più in forma che mai, dopo un periodo oscuro, disordinato, un po' svogliato, in cui sembrava aver perso interesse nel disegno - ma non nel raccontare storie.
Con il primo capitolo di Astarte, ecco di nuovo il vecchio Paz, a deliziarci con una storia sorprendente e un personaggio assolutamente inedito. Pensate, Astarte ci porta nientedimenoche nella tenda del grande Annibale Barca, dove il generale africano si confida con lui, anticipandogli strategie e tattiche militari della campagna italiana. Quali segreti ci rivelerà? Che retroscena sconosciuti? Annibale che perde un occhio valicando gli Appennini. Che sconfigge a Canne, con la "tattica dell'avvolgimento", un esercito doppio del suo. Che attende invano i rinforzi da Cartagine. Che viene richiamato in patria ed è sconfitto da un altro grande generale, Scipione l'Africano. E di fianco a lui, il fedele e micidiale Astarte, testimone dei momenti più intimi del condottiero.

Che acquolina! Che dico? Che feroce appetito!!! Che storia ci aspetta? Che epilogo? Quando le vicende del cane e dell'uomo si separeranno? Annibale si darà la morte col veleno, profugo in oriente, braccato dai Romani. E Astarte? Fino a quando lo seguirà? Il vecchio Paz, dopo averci tenuto a stecchetto per un po', ci prepara ora una tavola imbandita con piatti a sorpresa, celati da sfavillanti coperchi che lasciano passare irresistibili aromi. E poi?
Niente, ci saluta. Prende e se ne va. Impegni improrogabili. Ordini dall'alto. Non prendetevela.
E noi, lì, col tovagliolo al collo, un'espressione da veri pirla, a sperare in una boutade: "Scusate, ho scherzato. Allora... dov'ero rimasto?"

Gea, il personaggio che scrivo e disegno per Bonelli, studia al Liceo PAZ.
Questo basta per dare un'idea del debito che ho nei confronti di questo geniale artista.
      
Ma non gli perdonerò mai di avermi privato dell'epilogo di Astarte. [Luca Enoch]
"Zanardi e il kendo", illustrazione di Luca Enoch.
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OMAGGIO AD ANDREA PAZIENZA
di Emanuele Di Giorgi
[Pubblicato su Ultrazine a Luglio 2002 con l'autorizzazione dell'autore.]

Quando ho preso in mano un suo fumetto per la prima volta Andrea Pazienza non c'era già più. Purtroppo all'inizio non è stato facile avvicinarsi alle sue storie complice la mia giovane età, all'epoca avevo 15 anni, e il volume che tra i tanti scelsi fu Zuttango, raccolta di sue vignette apparse sulle riviste Zut e Tango. Il tema era la satira politica e abituato alle mille avventure di Mister No e agli incubi di Dylan Dog trovai molto ostica la lettura del libro, così per circa un anno seppellii nella mia mente Andrea Pazienza.
Tuttavia la mia curiosità era tanta e nel frattempo avevo cominciato a conoscere alcuni maestri del fumetto tra tutti Bilal e Moebius.
Tali letture e i consigli di amici e riviste specializzate, in particolar modo Fumo di China, mi spinsero a riprovare ad accostarmi ad Andrea Pazienza.
Fu la volta del Libro Rosso del Male e di Perché Pippo sembra uno sballato, da lì in poi cominciai a divorare qualsiasi cosa fosse targato Pazienza fino a perdere la pazienza quando non riuscivo a trovare i suoi volumi.
Perché ha appassionato me e altre migliaia di lettori Andrea Pazienza è presto detto: il suo modo di raccontare era fresco, innovativo e sempre in bilico tra fiction e realtà.

Le avventure di Zanardi, Colasanti e Petra sono reali ma allo stesso tempo surreali, crude e umoristiche, ciniche, provate a leggere Cenerentola 87, pubblicata su Comic Art.
Riassumere in poche parole l'opera di Pazienza è impossibile, ma una cosa si può sostenere senza nessuna possibilità di essere controbattuti: era cangevole e mai banale nelle forme espressive, sia artistiche che comportamentali. 
"Pazienza & Parentela in love", illustrazioni di Claudio Parentela (Ultrazine, Luglio 2002)
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UN RICORDO PAZ
di Marcello Albano
[Pubblicato su Ultrazine nel Febbraio 2003 con l'autorizzazione dell'autore.]
  
Quando ho conosciuto Andrea era l'83.
I tempi di Via Clavature e del DAMS occupato erano finiti da un pezzo, più o meno con la strage della stazione. Aveva un'Alfa 33 e andava a palla.
Abbiamo disegnato assieme un pezzo del "Pasto Nudo"; i miei bacelloni erano venuti particolarmente bene, così lui ha fatto, nella pagina dopo, un mostro particolareggiatissimo, che però sembrava Paperino in acido... credo che ci sia ancora qualche tavola che non ho perduto...
      
La scena del disegno è (più o meno) realistica. Era l'84 o giù di lì, Paz abitava vicino all'ospedale maggiore, cosa che provocava battute sul suo stato di salute. Una sera era particolarmente infoiato e spariva in bagno in continuazione. La battuta (e la risposta) sono vere.
      
"Yet, in this perfect place, somethin's missed..."
Illustrazione di Marcello Albano (Ultrazine, Luglio 2003).