giovedì 27 giugno 2013

Andrea Torrejón: animazione, allegria e... Angry Birds!

Ho scoperto ANDREA TORREJON, artista spagnola, qualche mese fa, in un fortunato giro per la Rete. 
Grande talento del disegno e dell'animazione, attualmente (e non a caso) al lavoro in Finlandia per Rovio e i suoi Angry Birds, Andrea è "anche" un'autentica esplosione d'energia e un concentrato d'ironia, come potrete scoprire leggendo quest'intervista. Buona lettura e... visione!

Intervista a cura di Grover, apparsa sul sito D’Last Frame nel Marzo scorso. Pubblicata su questo blog con l'autorizzazione degli autori.
L'intervista originale, in Spagnolo, può essere letta qui. Traduzione a cura di Annunziata Ugas.

Il blog di Andrea Torrejón: qui. La sua serie In the middle of snowhere: qui.
Ormai tutti conosciamo gli scontrosi uccellini di Angry Birds e il fiorente studio che li ha creati, Rovio. Ma che comporta trovarsi dentro questa tempesta di uccellini colorati? L’artista Andrea Torrejón ci racconta di persona quali sono le sue esperienze prima e dopo essere entrata nella compagnia, e ci aiuta a conoscere un po’ meglio lei e il suo lavoro.

Raccontaci. Chi è Andrea Torrejón e che cosa fa? 
Andrea Torrejón è un androide extraterrestre che vive a Helsinki. Si occupa di disegnare, dai personaggi o illustrazioni di racconti e articoli al creare fumetti stupidi, tra i quali alcuni abbastanza seri. E’ un’idiota professionale, e in quanto essere femminile nel mondo del disegno ha un gatto, cosa che è abbastanza obbligatoria.
Al momento lavora a Rovio, più conosciuta come “l’impresa che fa gli uccellini arrabbiati”, disegnando personaggi ed espressioni per la serie che sarà lanciata il prossimo 17 Marzo [riferimento ad Angry Birds Toons, lanciata nel Marzo scorso, N.d.T.] 
Stai sviluppando qualche progetto personale?
Uuuf! Tipo 7. Ma l’animazione prende molto tempo, sopratutto vicino ad un lancio. Le ore extra non ti permettono di arrivare a casa e di accendere il computer. Né di leggere. Né di vivere. Né di giocare a Zelda Ocarina of time. Ma presto finiranno e potrò tornare al ritmo di lavoro in ufficio e successivamente fare progetti a casa.
Tra questi c’è nella lista un fumetto scritto da mio padre, David Torrejón, che mischia il genere poliziesco e di avventura con la storia e la fantascienza chiamato Le limier; un webcomic intitolato In the middle of snowhere che potete seguire (appena ho tempo) su Facebook e che racconta delle mie disavventure in Finlandia, e per ultimo ma non meno importante, un raccontino per l’editore Dibbuks che deve uscire quest’anno.
Alcuni “mostriciattoli” sono apparsi nel tuo blog, che ci puoi dire di questo?
Quelli sono per il raccontino per Dibbuks. E’ scritto da Josep Busquet, lo sceneggiatore più prolifico (e geniale) che conosco, ed è meraviglioso perché mi permette di fare di tutto coi personaggi. Sono mostriciattoli boy scout, molto goffi, in cammino verso la riunione annuale dei mostri boyscout del loro paese. Inoltre a me e a Josep fanno impazzire gli anni ’80, e posso promettere che ci saranno abbastanza omaggi al cinema dell’epoca. Se devo essere sincera avrei già dovuto finire a Dicembre, ma con la mancanza di tempo non ho potuto. Però manca poco e Ricardo Esteban, il mio editore, ha più pazienza di un santo e dovrebbe essere canonizzato per questo.
E’ raro trovare editori che pubblichino fumetti di diversi generi e per diversi target, tutti di qualità.
Il fatto che mi abbia chiesto di collaborare con loro mi gonfia d’orgoglio come il collo di un pellicano.
Come si può fare in modo che un’impresa come Rovio si accorga di te?
Questa è simpatica. Attraverso Facebook.
Tre anni fa usavo Facebook solo come profilo personale. Però quando chiuse l’ultimo studio dove lavoravo e dovetti tornare a Madrid, decisi di utilizzarlo come una finestra sul mondo. Nel nostro campo, i contatti sono tutto. Anche il duro lavoro. Rimasi senza lavoro alcuni anni, sopravvivendo da free lance come potevo, ma ogni mattina mi alzavo e disegnavo qualcosa. Quando ero soddisfatta lo postavo su Facebook. Mi dedicai ad aggiungere illustratori che mi piacevano, a guardare i loro lavori, a imparare… Conobbi gente incredibile che lavorava dall’altra parte del globo, e in tutto questo qualcuno notò quello che facevo anche io.
Fu tutto molto casuale. Conobbi Miguel Francisco (designer capo per Rovio e disegnatore incredibile) attraverso il suo profilo di illustratore su Facebook RUMBA, e gli piacque il mio lavoro. Due anni dopo, quando Rovio iniziò a crescere vertiginosamente, mi offrì un posto qui, avvertendomi che faceva freddo. Naturalmente gli dissi di sì, e dovetti fare dei colloqui finché non mi accettarono nonostante io faccia molto baccano e parli molto forte. 
Che ruolo svolgi lì?
In quanto designer dei personaggi per la sezione di animazione, mi dedico a disegnare nuove espressioni per i personaggi (che erano già stati creati prima che io arrivassi), e ora forse le cose più importanti sono adattare tutto ciò che c’è già affinché sia animabile e coerente in 2D, supervisionare uno studio esterno che crea modelli dalle espressioni, e in generale riepilogare tutto e creare una buona bibbia (sì, nel mezzo della produzione).
Stiamo aspettando con grande speranza e dita incrociate che arrivi qualche nuovo progetto per disegnare cose da zero, ma in questo momento la serie ci tiene per le… Che bella giornata oggi, no? C’è il sole.
Come si lavora nello studio?
In generale è una meraviglia. Gente di talento, simpatica, creativa… il fatto che i finlandesi siano silenziosi e seri non è del tutto una bugia, ma non è applicabile ad uno studio di animazione. E’ come lavorare in un asilo. Però con internet e video di capre che gridano come esseri umani.
Al momento per il lancio c’è un clima di stress, ma si sta meglio quando si è circondati da una puntina di pazzia surreale. In questo istante è appena passato un elicottero telecomandato sopra la mia testa e c’è un Darth Maul montato dalla principessa Celestia di My little pony tra la mia compagna e me.
Inoltre, l’essere circondati da talenti internazionali ti fa imparare e migliorare tantissimo.
Ho la fortuna di lavorare con persone che sono uscite da Aardman, Disney, Gobelins… e un sacco di talenti anonimi bestiali, francesi, spagnoli, inglesi, russi, finlandesi, americani… Impari sempre di più dalle persone di cui ti circondi. E’una torre di Babele creativa!
Rovio è cresciuta molto in questi ultimi anni e questo le ha permesso di realizzare cose come Angry Birds Toons, ogni genere di merchandising e perfino un parco di divertimenti. Questa espansione che vive l’impresa, riuscite ad apprezzarla dallo studio?
Sì. No. Non so.
Io apprezzo il fatto di avere un lavoro. :D
Lavorare in una grande impresa ha i suoi vantaggi, come un contratto fisso legale e un’assicurazione sanitaria, ADSL in casa e cellulare pagati dall’impresa (sembra fantascienza, vero?)… Però molto spesso ti manca la libertà creativa e l’ambiente familiare degli studi piccoli. Tutto ha i suoi aspetti positivi e negativi, ovviamente.

Tutti conosciamo Rovio per il suo videogioco di successo, ma ci sono altri piani oltre a Angry Birds?
Se te lo dicessi dovrei ucciderti. :D
C’è una squadra per i nuovi progetti che si occupa di pensare nuovi videogiochi, disegnarli, montarli, testarli… La maggior parte finisce nel cestino o in un archivio con su scritto TOP SECRET, però ogni tanto uno esce bene e si porta a conclusione…
Però se te ne parlassi mi caccerebbero, e non vogliamo altri spagnoli disoccupati vero? Quindi tutto qua!
Dalla tua prospettiva, come vedi la situazione dell’animazione in Spagna attualmente?
Male. La cosa peggiore di tutte è che abbiamo il potenziale. Però dove si trova quasi tutto? Fuori dal Paese. La gente che ha i soldi è quella che pensa che in Photoshop ci sia un icona con su scritto “animare”, e che un disegno è qualcosa che uno con talento e che disegna da tutta la vita “fa in 5 minuti”. Adesso, con la polemica di Hollywood, su Vita di Pi e gli effetti speciali, vediamo che è una cosa che succede ovunque.
Però nel nostro paese è terribilmente imbarazzante. Perché nessuno è capace di rischiare. E quando si rischia, l'idea iniziale è controllata e corretta da persone che non hanno idea del mestiere o dello stile o dell'humor (cioè quelli che mettono i dindi) e l'idea ne  esce così contaminata e diversa che, ovviamente, non ottiene il successo desiderato. E noi ne portiamo ancora la colpa.
C'è una totale mancanza di fiducia e rispetto verso il mestiere. Si pagano animazioni con disegni sfasati o terrificanti perché il produttore crede di sapere cos'è l'arte. O gli ricorda l'anime Marcelino pan y vino. Mischiato con Stuart Little.
Come è possibile che finché una serie spagnola non trionfa all'estero non si porti in Spagna? Perché non hanno avuto fiducia. E perché è molto più economico così. È il caso di Pocoyo, per esempio. 
E nel caso del cinema... Se abbiamo animatori magistrali, artisti incredibili, sceneggiatori creativissimi... Chiedetevi perché tutto poi ha un aspetto squallido, dozzinale, o qualche personaggio assomiglia sospettosamente a uno di qualche produzione americana, o cade nei cliché più selvaggi delle trame... o lo studio finisce in bancarotta TOTALE. (Ci sono eccezioni a tutto ovviamente).
È colpa degli animatori, disegnatori, del pubblico? Ho i miei forti dubbi.
Sono capaci pure di distruggere buone produzioni straniere mettendo dei CALCIATORI a doppiare i personaggi. Questo, e molte altre cose, mi sembrano una grave mancanza di rispetto verso gli artisti e l'intelligenza del pubblico.

C'è visibilità all'estero per le produzioni spagnole?
Se sono di qualità, ovviamente. Non sono riuscite a trionfare anche qui serie giapponesi?
Credo che uno degli studi indipendenti con più qualità e originalità del mondo (sto esagerando gratis! Ma è la mia opinione) è spagnolo, e spero tanto che riescano a trovare un finanziamento per il loro nuovo film. Si chiamano Headless Studio, e hanno sede a Barcellona. Inoltre, non dimentichiamo che studi come Nickelodeon, Cartoon Network o Channel Frederator sono sempre aperti a nuove idee, e a loro non importa se vieni da una città spagnola o dal Nepal.
C'è qualcosa che ti piacerebbe aggiungere o comunicare ai nostri lettori?
PAZIENZA e TANTO LAVORO. Osservate tanto, immergetevi in cose nuove, conoscete persone, non smettete di imparare come si disegna, e soprattutto DIVERTITEVI, qualsiasi cosa facciate. Anche se la produzione è una merda. 
Anche se le date di consegna vi fanno disperare.
Che un “NO” non vi faccia dare per vinti. Neanche 200.
E quando vi scoraggiate, sentitevi THE SHOW MUST GO ON dei Queen a tutto volume e andate avanti! Ma soprattutto, imparate a dire di no. Il nostro paese deve imparare tanto, e se continuiamo a dire di sì a tutto, non avanzeremo mai.
Ricordo la volta in cui feci un preventivo ad un'impresa solo perché si rendessero conto di ciò che stavano chiedendo. In teoria doveva essere uno sfondo fisso con 4 personaggi in cut out. Quando mi inviarono il briefing era un'animazione in 2D completa di circa 10 minuti e 40 sfondi, oggetti di scena, animazioni secondarie, 5 personaggi, un tot di extra e lo volevano in  un mese.
Così dissi loro che lo avrei fatto per 29.000 € e in due mesi senza dormire. Non mi risposero mai.
Rispettate il vostro lavoro, ed avrete clienti che vi rispettano.

E adesso, una foto di un uomo con due polli nelle mani.
L'intervista originale: qui (in Spagnolo).
Traduzione: Annunziata Ugas.

Le interviste precedenti:

martedì 25 giugno 2013

...And zombies for all

Illustrazione di Dale Keown.
Dando per scontato che tutti conoscano The Walking Dead (serie a fumetti e relativa serie tv sono entrambi degli autentici "fenomeni" anche qui da noi), forse non tutti invece hanno sentito nominare o sanno che cosa sia The Hero Initiative.
The Hero Iniative è un'organizzazione statunitense no-profit che si occupa di aiutare gli autori di fumetti in difficoltà, specialmente in caso di problemi di salute o economici. Fondata nel 2000 da un consorzio di case editrici tra cui Marvel, Image e Dark Horse , l' "hero" del nome è l'acronimo di "Helping Comic Book Creators in Need", ossia "a sostegno degli autori di comics in difficoltà".
In questi anni l'associazione ha sponsorizzato diversi eventi per raccoglie fondi da destinare allo scopo, l'ultimo dei quali è The Walking Dead 100 Project: l'Image ha stampato una limitata tiratura di Walking Dead N.100 con una copertina bianca e Hero Initiative ha incaricato 100 disegnatori di personalizzare ogni copia!
In apertura di post e nel seguito potete ammirare alcuni dei risultati, il resto QUI.

Tutti gli albi verranno battuti all'asta su eBay, dieci copertine alla settimana, con le "danze" che sono partite il 4 Giugno scorso.
Illustrazione di Jeff Lemire.
Illustrazione di Ryan Ottley.
Illustrazione di Sean Phillips.
Illustrazione di Paolo Rivera.
Illustrazione di Fiona Staples.
Illustrazione di Gabriel Ba.
Illustrazione di Shawn McManus.
Illustrazione di Ben Templesmith.
In chiusura, mi piace ricordare le parole di Bryan Hitch da lui twittate quale giorno fa: "Walking Dead è l'ideale, una serie regolare che ha creato il proprio mercato e che è cresciuta con esso. 
Un eccezionale esempio di successo che si può solamente invidiare."

Perché ci sia sempre uno zombie per tutti!

lunedì 24 giugno 2013

recensioni in 4 parole [7]

Manga, Italiano, Cyberpunk: possibile!
Milano: arriva il kung-fu!
The Private Eye
Il gioco dell'identità.
I Nuovissimi X-Men N.1
Mutanti come il maiale...
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Abbiamo detto 4 parole su: 
Storia e disegni: Massimo Dall'Oglio
Formato: webcomic (pdf scaricabile)
Anno di pubblicazione: 2012
Per qualche parola in più: QUI

Long Wei N.1
Sceneggiatura: Diego Cajelli
Disegni: Luca Genovese
Editore: Aurea Editoriale
Formato: brossurato, 96 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 3,00
Anno di pubblicazione: 2013 
Per qualche parola in più: QUI 

Storia: Brian K. Vaughan
Disegni: Marcos Martin
Prezzo: "name your pice"
Anno di pubblicazione: 2013
Per qualche parola in più: QUI 

I Nuovissimi X-Men N.1 
Contiene All-New X-Men N.1-2 (storia: B.M. Bendis; disegni: Stuart Immonen)
e X-Men Legacy N.1 (storia: Simon Spurrier; disegni: Tan Eng Huat)
Editore: Panini Comics
Formato: spillato, 80 pagine, colore
Prezzo: € 3,50
Anno di pubblicazione: 2013  
Per qualche parola in più: QUI

giovedì 20 giugno 2013

Manuele Fior: un'intervista su... L'Intervista

Nuovo appuntamento con le interviste e altra chiacchierata, dopo Franco Brambilla (e l'incursione nel mondo dell'Illustrazione e della fantascienza), con un artista Italiano, un autore di Fumetti che in questi anni si è meritatamente imposto, grazie al suo talento cristallino e alla sua voce originale, all'attenzione del pubblico e della critica nazionale ed internazionale: MANUELE FIOR.

Da qualche settimana è uscito il suo nuovo lavoro, L'Intervista, presentato così dall'editore Coconino Press: "L'Intervista: un graphic novel racconta l'Italia del futuro prossimo.
Anno 2048: in un paese “dis-unificato” e stanco avanza un movimento di giovani in cerca di un nuovo modello di società. e nel cielo appaiono segnali alieni...
Il nuovo libro di Manuele Fior, l'autore di
Cinquemila chilometri al secondo, premiato con l'Oscar internazionale del fumetto ad Angouleme.
Un romanzo di fantascienza che non esplora le stelle, ma il passare del tempo, il conflitto/confronto tra vecchie e nuove generazioni, la nostra società che sta cambiando.
"

E proprio in occasione della pubblicazione de L'Intervista abbiamo contattato l'autore per parlare con lui di questo suo ultimo lavoro, delle scelte ed influenze alla base dell'opera e per avere qualche "rivelazione" su questa sua visione dell' "Italia di domani".
L'intervista è stata realizzata con la preziosa collaborazione dell'amica ed esperta di Fumetto Daniela Odri Mazza
Un grazie particolare a Manuele Fior per la disponibilità e la consueta gentilezza. E per i suoi splendidi fumetti.

Per maggior informazioni e news sull'autore consiglio di visitare il suo sito personale: www.manuelefior.com.
Buona lettura!
Schizzi preparatori per L'Intervista.
Mi interessa sempre molto sapere quale è stato "il processo" creativo dietro la nascita di un'opera. Nel caso de L'Intervista, considerando il grande successo, di pubblico e critica, del tuo precedente lavoro Cinquemila chilometri al secondo, come è nata l'idea? Lo spunto?
Manuele Fior: Lo spunto è stato un fake sugli UFO che avevo visto su Youtube. Mi ha fatto prendere uno spavento tanto era fatto bene. Pur non credendo alle teorie del contatto e compagnia bella sono sempre affascinato dal tema, in un certo senso lo si può leggere in chiave di mitologia contemporanea, pensa infatti che pure Jung ci scrisse un saggio, sugli UFO intendo. Ci sono anche i racconti di mia mamma e mia nonna, che videro un oggetto luminoso nel cielo di Udine negli anni '60, ne parlò pure il giornale.
Poi c'era questo incidente d'auto che era successo ad un mio amico: me l'ero fatto raccontare nei particolari, mi aveva descritto il parabrezza che si schiantava, l'airbag esploso. Ho voluto cominciare così, combinando le due cose, mano a mano è arrivato il resto.
Hai sentito, in qualche modo, il “peso” di realizzare un nuovo libro dopo l'accoglienza riservata e il riscontro di pubblico e critica di Cinquemila chilometri al secondo? Ti sei sentito in qualche modo “pressato”?
No, L'Intervista è un libro molto diverso, graficamente e concettualmente perché è il mio primo fumetto che flirta col genere. Dopo Angoulême molti editori mi contattavano perché proseguissi con i colori e quando sentivano “fantascienza” alzavano il sopracciglio, ma io avevo già una quindicina di pagine in bianco e nero e il progetto mi appassionava. Cinquemila... ha ricevuto un riconoscimento enorme e per me rimarrà sempre un libro speciale, ma è anche un capitolo chiuso ormai.
Con ancora negli occhi i colori di Cinquemila chilometri, ho trovato inizialmente un po’ spiazzante il “bianco e nero” de L'Intervista. Però dopo poche pagine mi sono reso conto che era una soluzione azzeccata. Come sei arrivato a questa scelta? Immagino che, come per altri tuoi libri, in un certo qual modo siano le storie stesse a “scegliere” il modo, la forma in cui essere raccontate. In questo caso, trattandosi di una storia di fantascienza, il bianco e nero rimanda alle atmosfere di certi, gloriosi, film di genere del passato (anche se è strano, a ripensarci, raccontare il futuro con… il bianco e nero)… Che cosa puoi dirmi circa questa scelta stilistica?
Non posso dire molto, l'aspetto grafico è la decisione che arriva prima di tutto. Le immagini in testa erano in bianco e nero, bisognava trovare la maniera di tradurle con una tecnica efficace. Ho comprato un po' di materiali finché ho trovato quelli che andavano bene.
Un fotogramma da L'Eclisse di Antonioni.
Mi sembra ci siano anche dei rimandi cinematografici evidenti, delle suggestioni… mi è sembrato di cogliere qualcosa di Incontri ravvicinati del Terzo tipo, la sequenza dell’aggressione mi ha fatto venire in mente Arancia meccanica, così come il design delle macchine… ma mi è sembrato di ritrovare anche un po’ delle atmosfere di Fellini (il titolo poi rimanda ad un suo noto film), di Antonioni, Bertolucci, i ritmi della Nouvelle Vague… Ti sei ispirato a qualcuno di questi? Oppure quali sono state le “opere” che ti hanno, in qualche modo, “accompagnato” nella realizzazione de L'Intervista? Lo so che alla fine si tratta di un “gioco”… quello dei rimandi, a volte anche “fuorviante” e potenzialmente “fastidioso” per l’autore. È umana debolezza il tentativo di classificare il nuovo utilizzando come riferimento il “già visto”… Tra i fumetti, in qualche occasione, nel tuo strepitoso segno mi è “parso” di scorgere, d’intravedere un po’ di… De Luca
Michelangelo Antonioni è un punto fermo nella lista delle cose da vedere e rivedere. Per questo fumetto ho guardato con attenzione La Notte, L'Avventura e soprattutto L'Eclisse. Mi piacciono tantissime cose dei suoi film: le trame, i dialoghi, le sue donne, l'architettura, la composizione e la fotografia … E' un universo che mi corrisponde, quello dell'inazione, la lentezza contemplativa. Il suo sguardo sull'interiorità e al contempo la drammaturgia che prende derive cosmiche (penso all'Eclissi) sono un punto di partenza per le mie storie. De Luca non lo conosco molto, posso dirti che durante il lavoro a L'Intervista ho soprattutto guardato Tezuka, La Fenice in particolare. E poi ci sono le foto di Francesca Woodman e Cindy Sherman.
Francesca Woodman, Untitled, 1977-78
La storia è ambientata nel futuro, in Italia. È un legame affettivo che ti ha portato a scegliere come location la terra delle tue origini? Sai alla fine ci lasci anche un segno di speranza che questo paese ce l'avrà un futuro… Anche se, addirittura, ci vorrebbero gli alieni per migliorare un po’!
Ho pensato che ambientare la storia a Udine, la città meno fantascientifica che conosco, avrebbe da un lato sdrammatizzato e aggiunto ironia alla storia, dall'altro mi avrebbe permesso di lavorare con paesaggi urbani e naturali che conosco molto bene. L'Italia, da laboratorio costante dei più improbabili scenari politici si presta bene alla fantascienza, non fai in tempo ad inventare un'assurdità che la vedi quasi diventare realtà.
Durante la realizzazione del fumetto è caduto un governo, sono nati i Cinque Stelle, c'era stata quell'occupazione a Milano della torre Galfa, tutte cose che mi facevano cambiare percorso di volta in volta.
Un'opera di Anne-Lise Vernejoul.
Per lo meno, tecnicamente, è una storia di fantascienza. È un po’ un “kolossal” su carta, e infatti ci sono… gli effetti speciali! Puoi spiegarci cosa sono, come sono stati realizzati e il motivo per cui li hai inseriti nella storia?
Gli effetti speciali sono le apparizioni extraterrestri, ideate e realizzate da Anne-Lise Vernejoul. Immaginando il contatto non avevo voglia di rifarmi a forme già viste nel cinema, volevo inventare la mia propria iconografia aliena. Ammiro molto chi si è spinto oltre con la fantasia per immaginare il contatto extraterrestre, come Steven Spielberg che in Incontri ravvicinati del Terzo tipo ha avuto l'idea geniale di smaterializzare le navi extraterrestri, rappresentandole attraverso le lucine colorate. Anne-Lise li ha realizzati con materiali semplicissimi, fogli di carta ritagliati a triangolo, sovrapposti in più strati e fotografati con una luce che li attraversa. Il tutto è poi stato montato sul disegno. Meraviglioso.
Ho notato un uso ridotto all’essenziale delle onomatopee, solo quando sono davvero funzionali alla storia e in molte circostanze decidi di non inserire alcun “suono”. Mi è parso un accorgimento che potenzia la necessaria attenzione e tensione nella lettura… si chiede al lettore di stare immerso in quel mondo, di guardare le vignette, di impegnarsi a decifrare e spendere del tempo nella visione, di perdersi dentro l’opera di finzione, col privilegio di poter, magari, tornare sulla pagina per rileggere, di rivedere una sequenza… Quanto hai lavorato sullo storytelling, sul ritmo della storia? Ad esempio la sequenza di vignette nere, che poi in parte ritorna nel finale…
Cerco di usare le onomatopee con parsimonia, per diverso tempo il mio modello è stato Fuochi di Mattotti, nessuna onomatopea e i tuoni delle cannonate che si sentono ancora più forti. Come hai infatti sottolineato, è una questione di ritmo, è quello che fa sentire i suoni. Anche alla base della suspence c'è il ritmo, ingrediente che io trovo molto sottovalutato nel fumetto. Per me è essenziale, alla pari del disegno e forse ancora più importante della trama. Se prendi il primo Arzak, per esempio, più che la storia è il ritmo e il disegno che ti catturano: la sorpresa finale della donna mostro, senza la buona scansione, non direbbe niente.

In una delle “rubriche” del mio blog – “critica omeopatica”, come la definisco io, in cui in quattro parole definisco, con sprezzo del pericolo, quattro fumetti - ho recensito L'Intervista come “La fantascienza dei sentimenti”. Qualcun altro ha parlato di “Futuro interiore”. Mi pare che ci sia un equilibrio tra l’elemento straniante della fantascienza e la grande attenzione alla dinamica delle relazioni tra i personaggi, con l’aspetto del futuro e la tensione emotiva dei rapporti.
"Futuro interiore" è una bella definizione, cambi una lettera e diventa futuro "anteriore".
Schizzi preparatori per L'Intervista.
A ripensarci… “alieni e sentimenti”, in un fumetto Italiano recente… mi viene in mente Giacomo Monti e il suo Nessuno mi farà del male, uno degli episodi… con l’aliena che piomba nella vita di un uomo di provincia… ma nel caso di Monti, differenze di segno a parte, prevale uno sguardo disperato e un senso di straniamento, mentre il tuo approccio mi pare più leggero, più intimo, più aperto ad una trasformazione che possiede anche tangibili elementi di speranza…
Quando ti occupi di una cosa succede che poi ti sembra che tutti parlino di quella cosa. Allora non so se è una sensazione mia, ma mi sembra che la fantascienza stia tornando in voga. Chiaramente ci sono molte maniere di farla, Giacomo ha scelta una via grottesca ma anche molto disincantata, che ho apprezzato. Io non sono riuscito a evitare un taglio quasi misticheggiante, perché il tema del contatto è in fondo un tema mistico, sacro. La distanza che ci separa da un'intelligenza aliena è la stessa che attribuiamo al divino, in un certo senso, per cui ho immaginato il manifestarsi extraterrestre come un'apparizione sacra, una lux eterna che scende sul nostro pianeta.
Dora è un’altra figura di donna “forte” - pur nella sua giovane età - , autentica che compare nelle tue storie, con una “bellezza” anomala, effervescente e attraente perché illuminata dal contatto alieno. Come l’hai tratteggiata, ideata? Da quali osservazioni della vita è nata questa “nuova” donna? Che in parte riecheggia i figli dei fiori e le atmosfere new age anni ’60 e ’70…
Dora è nata da un furto a Leji Matsumoto, di cui ho sempre ammirato i profili lungiformi delle eroine come Queen Emeraldas e compagnia, d'altronde le disegna un po' tutte uguali. Era strano che una ragazza avesse questo naso quasi ridicolo che la rende, almeno ai miei occhi, bellissima. Volevo che esprimesse un canone di bellezza nuovo, del futuro. È l'unico personaggio che mi sento di aver veramente inventato, tant'è che vorrei farle fare qualcos'altro. Così alla fine quando mi chiederanno “ma che personaggio disegni” potrò finalmente rispondere – Dora.
Schizzi preparatori per L'Intervista.
Tornando al segno e ai personaggi, spesso disegni i corpi sensuali di protagonisti e protagoniste non più giovanissimi. È una questione di bellezza universale dell'umano, di non essere schiavi del modello del corpo giovane e perfetto... oppure è semplicemente capitato perché la narrazione lo richiedeva e non ti sei posto “tabù”?
Tabù in genere cerco di non averne, disegno corpi adulti perché mi piacciono quanto quelli giovani. Mi piacciono le irregolarità, quando disegnavo La Signorina Else mi piacevano i suoi fianchi larghi, le sue gambe non perfette. Mi sembra una cosa naturale, ma in effetti siamo così abituati a vedere nei fumetti o nei film corpi di atleti che disegnare una grossa pancia o un seno cadente in maniera non caricaturale sembra strano. 

Questo tuo “graphic novel” è uscito, praticamente in contemporanea, in mezza Europa: Italia, Francia, Germania. Nel frattempo, in America, la Fantagraphics Books annuncia Cinquemila chilometri al secondo. Cosa significa per te essere un artista internazionale?
Eheh, non lo so, è una cosa strana. Quello di diventare un disegnatore di fumetti è sempre stato un sogno di bambino e ragazzo; in casa l'arte e il disegno non erano ben visti e la via per arrivarci è stata abbastanza tortuosa. Ora in realtà le cose sono andate meglio del previsto, ogni tanto mi fermo, ci penso, mi fa sorridere. Mi sarebbe bastato anche essere solo disegnatore, poi tutto - forse il fumetto stesso - ha preso un'altra piega.
Hai pubblicato per le più prestigiose case editrici, collaborato con le più interessanti riviste internazionali, hai ancora un "progetto nel cassetto", un sogno mai realizzato?
Sì, mi piacerebbe lavorare a un lungometraggio animato. In realtà vorrei metterne in piedi uno tutto mio, magari la trasposizione de L'Intervista. Conosco tante persone che lavorano nell'animazione, chissà che un giorno non ci riesca.

L'Intervista è anche un fumetto in un certo qual modo “aperto”, che si presta a riletture… a riscoperte. Penso sia un pregio. Mi pare un libro in cui l’aspetto del mistero, del non comprendere tutto, del lasciare in sospeso, non detto… sia una parte importante del gioco narrativo che hai realizzato…. Forse non sarebbe male se prima o poi potessimo tornare a dare una sbirciata al mondo del 2048…
Mi fa piacere se un libro rimane aperto ad altre letture. Il mio lavoro è quello alludere a una complessità inesplorata, se lo rileggi vuol dire che ci sono riuscito un pochino.
Tutte le immagini, se non diversamente indicato, sono © Manuele Fior.

Le interviste precedenti:

martedì 18 giugno 2013

Alan Moore, l'Italia e... Astro Dick, il cazzetto spaziale

Qualche giorno fa, l'11 Giugno, tra gli appassionati nostrani di Fumetto si è improvvisamente diffusa un'autentica (ehmm, autentica?) "notizia-bomba": "Alan Moore a Lucca 2013!". Un po' come dire che Pynchon avrebbe partecipato ad un qualche prossimo evento letterario!!! Sì, non siamo a quei livelli di "incredibile", poiché Moore, anche di recente, ha presenziato a degli incontri in terra d'Albione, e non è poi quel "recluso inarrivabile" di cui si parla, anzi probabilmente il contrario... raccogliere tutte le sue interviste, per dire, è un'autentica impresa. Però, la "notizia" sarebbe stata, se confermata, un vero scoop!
Tutto è partito da Comix Factory, aggiornatissimo blog curato da Stefano Perullo, che "riportava" quando detto da Antonio Scuzzarella, editore di 001 Edizioni, durante una conferenza tenutasi alla recente Etna Comics. Da buon conoscitore di Moore, personalmente la ritenevo - e continuo a ritenerla - con altissima probabilità, inverosimile: Moore non esce dall'Inghilterra da quasi trent'anni, non vedo il motivo per cui lo debba fare per... Lucca Comics! E poi m'immagino la folla immane che accorrerebbe per incontrare il Barbuto Bardo di Northampton. Non solo dall'Italia... roba da mettere a rischio le mura stesse di Lucca!
Così, poco tempo dopo la pubblicazione del post su Comix Factory, non tardava ad arrivare la smentita, via Facebook: "E' apparso un post del buon Stefano Perullo che aveva sentito de relato un rumor sul fatto che Moore fosse ospite 001 alla prossima Lucca. In realtà alla conferenza stampa a Etna Comics abbiamo solo detto che ci piacerebbe averlo con noi. Quindi né conferma né smentita. La missione è complessa e molti prima di noi ci hanno provato, ma dopotutto non siamo quelli che hanno portato L'Eternauta in Italia?" [001 Edizioni]
Ma a chi non piacerebbe avere Moore come ospite? Ovviamente, la "speranza" è l'ultima a morire, però... ritengo più probabile la mia partecipazione alla prossima Lucca, nelle vesti di puro visitatore, piuttosto che quella del Magus! Ha ha haaa!

Ma se Moore difficilmente si manifesterà in carne ed ossa nella ridente città toscana, l'acclamato sceneggiatore britannico sarà presente con maggiore probabilità (direi in questo caso, quasi certezza) su un nuovo volume targato 001 Edizioni: The best of Dodgem Logic, una selezione ragionata dei materiali pubblicati su Dodgem Logic.
Cos'è Dodgem Logic? Si tratta di una "rivista" (idealmente, un bimestrale), fortemente British e tenacemente legata a Northampton, città natale di Moore, il cui primo numero è stato pubblicato alla fine del 2009. L'esperimento, promosso e coordinato da Moore, è andato avanti per 8 numeri (l'ultimo numero è uscito nel 2011) ospitando diversi mini-saggi, articoli e (brevi) fumetti firmati dal Nostro e numerosi altri contributi realizzati appositamente per il magazine (tra cui si segnalano, tra gli altri, gli articoli di Melinda Gebbie, le illustrazioni di Kevin O'Neill e un intenso intervento di Michael Moorcock).
Illustrazione di copertina realizzata da Moore per il N.3 di Dodgem Logic.
Potrebbe essere la cover anche del volume edito da 001.
Wired.com: Nel primo numero di Dodgem Logic hai spiegato che la rivista non è né globale né locale, ma “lobale”.
Alan Moore: Ogni luogo è sia locale che globale. Siamo collegati in un modo che non era mai accaduto prima. Il mondo è cambiato. Ora tutti viviamo in un quartiere e siamo locali, ma siamo anche bombardati da informazioni da ogni altro quartiere e luogo del mondo. Siamo connessi in un modo diverso. Volevo fondamentalmente occuparmi del mio quartiere, l’area in cui vivo, e trattarla esattamente come se fosse il quartiere di qualcun altro. Sì, il quartiere in cui sono cresciuto è ancora una zona particolarmente problematica, ma ce n’è una in ogni città di ogni Paese, ne sono sicuro. C’è sempre un quartiere povero in ogni città.

Wired.com: Come sta andando finora?
Moore: Una delle cose migliori di Dodgem Logic è che per Natale, grazie alle vendite del primo numero, abbiamo potuto donare dei pacchi di alimenti alle persone anziane che vivono in case protette nel mio quartiere. Stiamo anche sponsorizzando una squadra locale di basket, in modo che possano avere delle splendide canotte alla moda che li vestano per bene.   

Moore a Northampton, nel 2010.
Wired.com: Mi sembra un bel modo per “incidere” a livello locale.
Moore:
Questo è il genere di cose in cui siamo interessati. Non abbiamo bisogno di fare dei grossi profitti dalla rivista, non è questo il nostro obbiettivo. Cerchiamo di farne abbastanza per reinvestirli nella nostra zona, e se magari qualcun altro riprenderà la stessa idea, potrebbero fare lo stesso per la loro zona. Non è un qualcosa di particolarmente sofisticato, ma sembra che stia funzionando finora.

Wired.com: Lanciare una nuova rivista cartacea in un periodo di crisi economica globale sembra una follia, ma ha anche senso unire insieme una comunità intorno a degli obiettivi artistici e sociali condivisi e metterli su carta.
Moore:
Assolutamente. Sono sicuro ci siano un sacco di riviste underground e cose simili in Rete. Ma penso ci sia molto che possa essere detto avendo un oggetto che puoi stringere tra le mani. Forse è il marchio della mia generazione, ma credo sia vero. In un mondo che diventa sempre più virtuale, i manufatti, gli oggetti belli, sono un extra. Volevamo essere capaci di realizzare una rivista che non fosse effimera e passeggera, ma fosse qualcosa che la gente volesse conservare.

Ci è piaciuta l’idea di inserire dei piccoli omaggi in ogni numero. Nel primo numero c’era il CD e ne sono stato molto contento. E nel secondo numero c’è un mini-fumetto di otto pagine, che è il primo fumetto che ho realizzato tutto completamente da solo… il primo in assoluto. Per cui dovrebbe avere un certo valore per i collezionisti, ne sono sicuro. E tutto questo per solo 2 sterline e 50. Ma sta andando tutto bene, fintanto che non rincorriamo assurdi profitti, possiamo pagare gli autori coinvolti, reinvestire i guadagni nella comunità e divertirci facendo la rivista. Mi sembrano degli obiettivi ragionevoli.

[Estratto da un'intervista apparsa sul sito di Wired nel Dicembre 2012. Qui l'articolo completo, in Inglese]
Frank Metterton in Jimmy's End. (c) Kristian Hammerstad 2013
Come i più attenti sapranno, già nel Novembre dello scorso anno, sulla pagina Facebook di 001 Edizioni, si poteva leggere: "Alan Moore ci ha dato il via libera per produrre The best of Dodgem Logic. Un volume straordinario che conterrà il meglio della rivista Dodgem Logic. Curatori del volume Antonio Scuzzarella e smoky man. Conoscendoli siamo certi che il volume che ne verrà fuori sarà straordinario."
Ecco svelato l'arcano: dietro questo tomo su Moore ci sarà (ancora!) il mio (ennesimo) fumoso zampino! In pratica è dal 2010 che "sponsorizzo" in giro l'idea balzana di un'edizione Italiana di Dodgme Logic e alla fine 001 si è lasciata "convincere". Così, dopo aver contribuito all'iniziale selezione dei materiali (praticamente quasi tutto quello firmato Moore), al momento sono concentrato su una manciata di traduzioni (il resto di queste è affidato al rodato e dotato staff della 001): il fumetto Astounding Weird Penises (tratto dal già menzionato secondo numero di Dodgem Logic: una divertente e divertita incursione spaziale di Astro Dick, molto fricchettona e in puro Crumb style, con omaggi anche a Winsor McCay; si veda l'immagine in apertura di post ), le mini-biografie sui Grandi Hipster della Storia e un minisaggio sulla Magia. Poi si vedrà... Certo non sarà un libro per tutti i palati, ma di sicuro intrigherà i veri appassionati e gli studiosi di Moore, personalità ed autore davvero ricco di spunti e d'interesse. Per cui, direi... stay tuned!!!

E... nel frattempo Moore, giusto ieri, ha lanciato la campagna Kickstarter per finanziare His Heavy Heart, il quinto film della serie di corti realizzata insieme a Mitch Jenkins. Al momento la raccolta fondi viaggia già verso le 8mila sterline sulle 45mila fissate come obbiettivo da raggiungere entro un mese (scadenza fissata al 17 Luglio). Che fate? Siete ancora qui???
In chiusura, in modo circolare, ritorno all'inizio, ossia al post di Comix Factory. Per segnalare un, direi, hurm... "controverso" commento di tale Erich: "Non sono un estimatore di Alan Moore. Fatta eccezione per i soliti forumisti di sinistra, credo che la sua rilevanza finisca lì. Le sue opere offrono una valvola di sfogo ai lettori di sinistra incapaci di accettare un mondo in cui il socialismo si è rivelato il mostro che è sempre stato." Che dire? Che Glicone sia misericordioso! Ha ha haaa!