mercoledì 11 dicembre 2019

CATACCHIO CONFIDENTIAL: Raccontare Pollock

A distanza di diversi mesi dall'ultima intervista "originale", si ritorna con una chiacchierata con un autore che stimo e che seguo ormai da più di due decenni: un artista dal segno raffinato e leggibile, un narratore di storie intriganti, un amico che è sempre un piacere incontrare, un gentiluomo autentico...
Ladies and gentlemen... Sir ONOFRIO CATACCHIO!
L'occasione è la recente uscita del suo Pollock Confidential, volume dedicato all'artista americano tra i principali esponenti dell'Espressionismo astratto. Il libro è edito da Centauria nella collana Graphic biographies, di cui mi piacerebbe, prima o poi, tornare a parlare (chi vivrà, vedrà!).
Buona lettura. E grazie, Onofrio! :)
Una prima domanda, spontanea. Come è stato, da fumettista, confrontarti con un gigante della Storia dell'Arte, come si direbbe? Intendo sia in termini di "preoccupazione" per il racconto in sé sia per il confronto tra il tuo segno e quello originale, nella inevitabile riproduzione delle opere dell'artista in questione sulle pagine del fumetto…
Quali riflessioni hai fatto o hai dovuto fare? Quali soluzioni tecniche hai dovuto "escogitare"?
ONOFRIO CATACCHIO: In realtà Pollock Confidential mi si è profilata subito e già completa dall’inizio alla fine. Avevo tutti gli elementi pronti: la CIA, Pollock, la cornice storica, e la parte ambientata nella Galleria d’Arte Moderna di Roma nel 1974. Si è trattato solo di assemblarli in modo da dare origine a un lavoro organico in termini narrativi. Ricordo di aver inviato il soggetto e la scaletta del libro a Balthazar Pagani – l’editor della collana – un paio di giorni dopo avergli parlato al telefono della mia idea.
La parte più impegnativa e stata cercare di far convivere la struttura narrativa da “fumetto” con l’aspetto “pittorico” di ciò che raccontavo. Il fumetto è rigore e regola mentre Pollock è -apparentemente - un artista molto fisico, che si basa sul gesto, che aggredisce la tela con la sua tecnica. Ho lavorato su immagini grandi e su un’impaginazione libera nelle sequenze in cui appare Pollock perché non volevo rinchiuderlo in vignette filateliche. Tutto naturalmente ricade nella regola e nel rigore perché lo stesso Pollock affermava: no chaos, damn it!
Un passo indietro. Come è nato il tuo coinvolgimento su questa collana Centauria? Hai proposto tu l'artista o la casa editrice oppure era in un ventaglio di ipotesi?          
La collana, dedicata alle biografie degli artisti, aveva già due titoli pubblicati: Schiele di Otto Gabos e Basquiat di Paolo Parisi più altri in preparazione. Io ero orientato su artisti americani, soprattutto Pollock, perché ne conoscevo la biografia e, in qualche modo, il percorso artistico. Poi, visto che per mestiere racconto storie, sapevo dell’intreccio CIA/Espressionismo Astratto perché lo avevo scoperto durante ricerche che avevo fatto per altri lavori in passato.
La tua è una biografia un po' particolare, rispetto anche alle altre della collana che hanno un impianto più canonico. Direi che la tua è una docu-fiction, infatti mescola fiction e realtà attraverso la figura fittizia di Dan Adkins, un giovane agente della CIA. Sono curioso di sapere come è nata questa chiave di lettura e perché hai utilizzato il nome di un noto inchiostratore di comics…
Mi interessava una visione “esterna” ma analitica dell’uomo e dell’artista Pollock. Un agente della CIA con il compito di raccogliere un dossier confidenziale mi è sembrato plausibile e funzionale al racconto. Mi piaceva l’idea del giovane patriota che, per gradi, muta il suo giudizio e il suo rapporto con Pollock. E quest’ultimo che, chiuso e introspettivo, si racconta a Dan Adkins. Una parentesi, un avvicinamento, tra due personalità opposte sotto tutti gli aspetti.
Il nome è venuto casualmente. Pensavo al nome che rendesse l’epoca e che non avesse come Pollock derivazioni e origini particolari. E poi perché il Dan Adkins illustratore e inchiostratore è stato attivo più o meno nello stesso periodo del Dan Adkins della CIA.
Il tuo segno è molto morbido e pulito e, al contempo, i tuoi personaggi hanno una aggraziata solidità fisica. Credo sia piuttosto adatto a rendere la forza di Pollock. Ho notato inoltre che ci sono diverse vignette e costruzioni della tavola ampie, come a far respirare il disegno e richiamare le grandi tele del pittore americano. Come è stato disegnare Pollock persona/personaggio, la sua postura, l'irruenza nel gesto pittorico? Quanto ti sei documentato in merito? Hai modificato il tuo approccio rispetto al modus operandi di un tuo fumetto standard?
La parte più impegnativa del lavoro è stata la documentazione. Proprio perché si tratta di una biografia, tutto doveva essere verificato e tutto doveva incastrarsi con la parte “fiction” del lavoro. Poi ho cercato di riproporre lo stesso equilibrio nella parte visiva: i materiali di documentazione fotografica cui ho fatto ricorso dovevano rientrare senza stacchi nel flusso delle immagini. Inoltre, non potevo - per motivi di copyright e perché non avrebbe avuto senso - riprodurre le opere di Pollock per cui ho cercato di replicare la sua energia e i suoi dripping lavorando sul contrasto tra il mio modo di impostare le tavole, la caratterizzazione dei personaggi e le soluzioni grafiche che ho adottato per evocare i suoi dipinti. Questa è stata una delle sfide più grosse di Pollock Confidential. In più, avevo un limite di quattromila parole, dovuto alle necessità delle traduzioni estere, a cui attenermi per raccontare tutto.
Che cosa ti ha lasciato questa esperienza? Qual è l'aspetto di Pollock che più ti ha colpito?
L’idea di Pollock che mi sono fatto dopo aver approfondito la sua biografia è quella di un uomo alla spasmodica ricerca del proprio talento che ha pagato un costo umano altissimo per scoprirlo. Raccontare la sua vicenda è raccontare una storia già nota, quella di un personaggio destinato a un appuntamento col suo destino. Un uomo che però è stato anche determinante nel cambio di scena dell’arte moderna, un artista controverso che si staglia sullo scenario storico, drammatico e complicato della Guerra Fredda e inconsapevolmente diventa una pedina nel grande gioco delle Intelligence.
Tutto il libro si dipana su queste tre direttrici, su cui ho lavorato in modo libero e non consequenziale. Solo alla fine ho messo assieme i vari blocchi e fluidificato la narrazione lavorando ai testi definitivi. Mi sono mosso in ordine sparso e senza una sceneggiatura.  Mettendo tutto a posto solo alla fine. Un modo di procedere “a vista” parecchio differente da quello che ho adottato in altri miei lavori.            
Un'ultima domanda. Spesso l'Arte moderna e contemporanea si è appropriata indebitamente, direi, del Fumetto, pensiamo a Lichtenstein e ai suoi vari "furti", ma non solo. Forse, alla fin fine, c'è stata una sorta di reciproca ibridazione. Qual è il tuo pensiero al riguardo?
Sono molto d’accordo sul concetto di ibridazione. Credo che il rimpallo sia continuo e auspicabile a patto che ciascuno sia consapevole del perimetro entro cui sta adoperando materiali provenienti da contesti diversi. Jack Kirby ha fatto fumetti supereroistici infilandoci dentro suggestioni che vanno dalla Pop all’Optical Art. Le sue tavole restituiscono una visione perfettamente sintonica con lo spirito del tempo in cui sono state realizzate e a loro volta influenzano anche la nostra contemporaneità, sconfinando dai territori del fumetto. E, dall’altra parte, basti pensare a Keith Haring o a Basquiat per capire come, a sua volta, un certo immaginario abbia influenzato una certa visione dell’arte.

Tutte le immagini a corredo di questo articolo sono state concesse dall'autore che ringrazio.

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