martedì 31 dicembre 2019

BOWIE è per sempre: intervista a Mike Allred

Il prossimo 7 gennaio la Insight Editions pubblicherà negli Stati Uniti una biografia a fumetti dell'indimenticato & indimenticabile DAVID BOWIE; pochi giorni dopo sarà disponibile l'edizione italiana edita da Panini Comics.
Il volume, di 160 pagine, è realizzato da MICHAEL ALLRED (Madman, X-Statix), in collaborazione con la moglie colorista Laura e lo sceneggiatore Steve Horton (Amala’s Blade).
Nel seguito potete leggere la traduzione di un'intervista a MIKE ALLRED, autore da me amatissimo sin da tempi insospettabili, pubblicata qualche giorno fa su Tripwire e condotta da Andrew Colman. L'intervista appare su questo blog con il permesso di Joel Meadows, editor-in-chief di Tripwire, che sentitamente ringrazio. L'intervista in Inglese può essere letta QUI.
Buona lettura!
Stampa esclusiva realizzata per Gosh!
Tripwire: Ovviamente si tratta di un lavoro da te fortemente voluto, un "atto d'amore". Artisticamente quanto è stato difficile disegnare le innumerevoli incarnazioni di Bowie & Co.?
Mike Allred: A ripensarci sembra strano ma probabilmente è stata la cosa più semplice che abbia mai fatto. Sì, è stata una bella sfida mettere tutti i dettagli al posto giusto e mantenere l'autenticità ma, da fan di Bowie, era tutto così carico di pura gioia.

Nelle tue ricerche pensi d'aver catturato la Londra dei primi anni '60 - metà anni '70 e le sue atmosfere? Ti ha aiutato qualche film, a parte quelli ovvi come la pellicola del 1973 di Ziggy?
Assolutamente! La cultura pop di quel tempo e, in particolar modo, quella britannica sono pane quotidiano da me! Il mio film preferito in assoluto è Tutti per uno con i Beatles e tutto quello che ne è seguito per me è fonte di una gioia inebriante e senza fine.

Il libro si focalizza più sull'icona Bowie piuttosto che sull'uomo. Si tratta di una decisione consapevole o sentivate che la storia dovesse essere incentrata più su Ziggy?
Bowie era un uomo riservato che preferiva che i suoi pensieri e sentimenti personali restassero privati e misteriosi, lasciando sempre che la sua arte parlasse per lui. Le sue interviste sono raramente rivelatrici di qualcosa di sostanziale su questi aspetti per cui il mio approccio è stato quello di abbracciare questa ambiguità. 

Il tuo uso di paesaggi immaginari e onirici per illustrare lo stato mentale di Bowie è fondamentale nel libro seppur intermittente. Ti sarebbe piaciuto utilizzare maggiormente questo meccanismo nella storia?
Assolutamente! Potrei disegnare pagine e pagine per ogni sua canzone. E forse lo farei se ci fosse la fila di persone disposte a pagare per migliaia di pagine oniriche su Bowie. Io sono pronto!

Eri consapevole di quanto fosse importante Bowie in Ighilterra quando hai iniziato a lavorare alla storia? Lì era praticamente l'incarnazione stessa degli anni 70 per tutti i fan della musica rock, come me.
Ne ero consapevole per quanto potesse esserlo un ragazzino dell'Oregon. La stragrande maggioranza delle mie ossessioni è legata alla cultura pop del Regno Unito. Io e mia moglie abbiamo visitato quei luoghi in diverse occasioni. L'ultima volta siamo stati nella "Riff Raff Suite" nel castello del Rocky Horror Picture Show che è ora un hotel e anche al Portmeirion dove è stato girato Il Prigioniero. Siamo anche andati alla ricerca di alcuni luoghi dell'infanzia di Bowie a Brixton, fino al Marquee Club, ai Trident Studios, al vicolo che compare sulla copertina di Ziggy Stardust... sono cose molto importanti ed emozionanti per noi.

Sapevi di quanto la sua influenza sia stata fondamentale, insieme a Lou Reed, per la scena inglese post-punt e indie? Fu responsabile di interi movimenti, come i New Romantic, che non arrivarono però oltreoceano.
L'ho vissuto in tempo reale. Da ragazzino consegnavo i giornali a domicilio e spendevo tutti i miei soldi in dischi e riviste musicali. I Beatles sono stati sempre presenti sin dalla mia nascita ma, dopo aver scoperto Bowie, tutte le notizie che leggevo sui giornali e le note inserite nei dischi hanno iniziato a collegarsi tra loro visto che gli artisti e i produttori erano intrecciati tra loro... per cui sono sempre stato attratto da quello che veniva dall'Inghilterra.
Ad esempio Bowie mi ha fatto scoprire i Mott The Hoople che, più tardi, mi hanno fatto scoprire i Clash perché i Clash erano fan dei Mott.
Nel libro vengono minimizzati alcuni rapporti controversi, in particolar modo quello tra Bowie e Angie, tra Bowie e Reed, con Pitt e con alcuni dei membri della band. È dovuto alla necessità di idealizzare la vita di Bowie oppure non c'era abbastanza spazio, nella storia, per questi aspetti?
Si è trattato di una questione di equilibrio stante le pagine che avevamo a disposizione. Se avessi avuto più spazio avrei inserito tutto il possibile. Ma, tra la scelta di usare le pagine per celebrare Bowie oppure inserire delle circostanze meno celebrative che richiedevano ancor più contesto per essere raccontate, ho optato per la celebrazione.
Se non altro, voglio che questo libro sia una sorta di fondamentale introduzione a Bowie. Chiunque vorrà approfondire altri elementi sono sicuro che lo farà. Non mi sono assolutamente prefissato di idealizzarlo. Credo che quello che c'è nel volume, relativamente alle sue mutevoli relazioni, sia accurato e onesto. La parte con Bolan penso sia il miglior esempio di come ho utilizzato il loro rapporto per raccontare quegli aspetti. 

Molte delle vignette sono prese o richiamano foto o immagini classiche di Bowie. Eri preoccupato di non lasciare nulla fuori e di inserire tutto? Ti do atto che personalmente mi pare che non manchi nulla!
Era semplicemente il fan di Bowie che è in me che andava in estasi! Questo libro è la mia occasione per scatenarmi e fare, da autore professionista, quello che facevo da ragazzino quando disegnavo quelle immagini bellissime che trovavo nelle mie riviste rock preferite o sulle copertine dei dischi. Quello, insieme all'amore per i comics, mi ha spinto a disegnare tutti quei dettagli, così come i corsi d'arte che ho fatto o i fumetti che ho realizzato personalmente. 

Pensi che YouTube sia stato di grande importanza per le tue ricerche? C'erano spettacoli come The 1980 Floor Show che forse furono girati in Inghilterra ma non furono mai trasmessi qui e che sono stati scoperti da fan come me solo quando sono stati caricati sul sito (la televisione inglese non ha mai trasmesso l'apparizione al Saturday Night Show con Klaus Nomi e neppure quella all'OGWT).
L'aiuto di YouTube è stato... inestimabile! È incredibile quello che è saltato fuori! The 1980 Floor Show è stato come... la grande balena bianca! Ora ho quasi otto ore di girato tra prove e varie versioni. Chi avrebbe mai immaginato che avremmo avuto accesso a tutta quella roba? A proposito, la performance di Bowie al SNL è, di sicuro, nella mia top ten di tutti i tempi.
Sei diventato fan di Bowie dopo che lui aveva abbandonato l'incarnazione di Ziggy: pensi che questo lavoro sia stato un modo per riconciliarti con quello che ti eri perso? Pensi che la carriera di Bowie non sia stata più così vitale dopo quel periodo?
No. Quando ho scoperto Bowie, per quello che sapevo, lui era ancora Ziggy. Ho conosciuto Bowie andando indietro da Diamond Dogs in poi, persino con le ristampe di Space Oddity e The Man Who Sold The World con le nuove copertine in stile Ziggy.
Un po' come oggi accadrebbe ad un preadolescente che scoprisse Star Wars e potrebbe vedere tutti e nove i film in un'unica ondata gigantesca. BAM! 
È stato solo durante la promozione per l'uscita di Young Americans e con Fame che raggiunse il numero uno in classifica  che notai che stava cambiando presentandosi con una nuova immagine. Ma poi mio cugino mi portò a vedere il mio primo film vietato ai minori, The Man Who Fell to Earth: era il 1976 e Bowie mi faceva vedere che era vero che lui veniva dallo spazio. Per cui non ho mai perso questo elemento, fino alla sua morte. Non importa quale nuovo stile o look provasse, quella specie di enigma alieno è sempre rimasto una sua costante.

La scelta di focalizzarci in particolar modo sul "periodo Ziggy" per questo primo libro, dico così perché mi piacerebbe farne altri, è stata semplicemente ovvia. Potrò aver vissuto l'esperienza-Bowie in maniera retroattiva ma non mi viene in mente un'opzione migliore di quella di conoscere tutto insieme il suo lavoro fino al 1974, un'esperienza il cui eco arriva fino ad oggi per me. Ha avuto un'influenza sulla mia creatività tale che non è possibile per me misurarla.

Per gli inglesi, l'esibizione di Starman a TOTP (come racconti nel libro) è stato il momento in cui Bowie è diventato finalmente una star. C'è stato qualcosa di analogo per gli americani?
Non credo. Il singolo Fame mi sembra sia stata la vera svolta e la collaborazione con John Lennon ha quasi giustificato la mia ossessione per Bowie. Fino ad allora non avevo alcun amico che condividesse con me la mia passione. In realtà, dovevo letteralmente lottare per potermi godere Bowie. E mi rendeva anche un bersaglio facile per i bulli. Mi riesce difficile pensare a quanta paura abbia avuto in certi momenti. Ora sembra tutto così innocuo. Almeno le ragazze seguivano Bowie e mi hanno aiutato a seguirlo. Ma questo mi ha reso un bersaglio ancora più grande per quegli stronzi della scuola.
Poi finalmente, con Let's dance, ha raggiunto il successo commerciale e incarnato un personaggio meno controverso che l'ha reso un nome noto e famoso per tutti.

Nella postfazione indichi Bowie tra gli autori che ti hanno più influenzato dal punto di vista artistico. Intendevi in modo diretto oppure di una influenza più sottile sul tuo lavoro?
In modo assolutamente diretto. Non solo le immagini che disegnavo costantemente copiando le sue foto o le copertine dei suoi album, ma anche l'immaginario che disegnavo ispirato dalle sue canzoni. Tuttora la sua musica accende la mia creatività.

Hai un disco preferito di Bowie di quel periodo? E successivamente? Se dovessi sceglierne soltanto uno quale sarebbe e perché? 
Cambia sempre. Oggi ti direi Low oppure Black Star ma se dovessi sceglierne solo uno probabilmente prenderei Hunky Dory. È un capolavoro! E include Life on Mars che probabilmente sceglierei come la mia canzone preferita di tutti i tempi. È anche il primo regalo che ho fatto a Laura ed è anche il suo preferito.
Pensi che Bowie sia sottovalutato rispetto alla sua rilevanza culturale (rispetto ad esempio a Sinatra, Elvis, Beatles, Stones) e che questo libro sia il tuo tentativo per rimediare?
In un certo senso, sì. Se si considerano le reazioni che abbiamo ricevuto da quando il volume è stato annunciato, tenderei a credere che Bowie sia davvero lassù in alto, tra le icone più riconoscibili della cultura pop. Ma da fan accanito, mi viene da dire che non è minimamente vicino al livello di apprezzamento di massa che dovrebbe avere.

Concordi che i suoi lavori degli anni '70 siano quelli più "senza tempo", all'interno della sua produzione?
Hmmm, sì. E probabilmente Heroes è la sua canzone più immortale. Scary Monsters chiudeva il decennio e Let’s Dance è il suo pezzo più commerciale e senza dubbio più riconoscibile che l'ha traghettato negli anni '80. E l'impatto sulla cultura pop con l'apparizione in Labyrinth. Ma poi la musica si è fatta meno avventurosa fino a Earthling che è una sorta di nuova immissione di energia e poi fino alla fine con Black Star, un altro capolavoro.
Ma dovendo tirare le somme, sì, direi di sì. 
Presumo che abbia setacciato il Web in lungo e in largo per le tue ricerche su Bowie: qual è il tuo sito preferito a lui dedicato? Da parte mia sceglierei Pushing Ahead of The Dame.
Gran sito! Ma non ho dei preferiti. Per me sono un tutt'uno, si trovano tesori piccoli e grandi un po' dappertutto.

Quale aspetto di Bowie ha mantenuto vivo il tuo interesse per lui in tutti questi anni?
Forse realizzare questo libro è stato una sorta di esercizio per trovare una risposta a questa domanda. Ma non ne sono ancora sicuro. Probabilmente è qualcosa legato a quanto fosse enigmatico. Un mistero per cui si cercano ancora indizi.

Se dovessi scegliere un contributo tra quelli portati al progetto dallo scrittore/collaboratore/catalizzatore Steve Horton quale sarebbe?
Ovviamente, il progetto stesso. Ha fatto sì che diventasse reale. E ha portato anche un punto di vista nuovo. Ha fatto sì che fossi meno egoista, che guardassi e apprezzassi anche quello che altri potevano amare o trovare interessante su Bowie.

venerdì 20 dicembre 2019

recensioni in 4 parole [74]

Orrori, dolori del fumettista.
Stuzzicante avvio d'avventura.
Trilogia Shakespeariana
Il capolavoro è servito!
Dylan Dog - Batman n.0
Nel frullatore dell'immaginario.
********
Abbiamo detto 4 parole su:
Italo. Educazione di un reazionario.
di Vincenzo Filosa (testi e disegni)
Editore: Rizzoli Lizard
Formato: cartonato, 192 pagine, b/n
Prezzo: € 20
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI e QUI

Tesla and The Secret Lodge - Guerra Segreta n.0
di Alberto Conte (testi) e Cecilia Formicola (disegni)
Formato: rilegato, 28 pagine, colore
Prezzo: € 4
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Trilogia Shakespeariana
di Gianni De Luca
Editore: NPE
Formato: cartonato, 168 pagine,  b/n
Prezzo: € 22,90
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Dylan Dog - Batman n.0
di R. Recchioni (soggetto e sceneggiatura), Werther Dell'Edera e Gigi Cavenago (disegni)
Editore: SBE
Formato: brossurato, 32 pagine, colore
Prezzo: € 3,50
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

martedì 17 dicembre 2019

Parola di Moore... dal 1997!

Art by Spugna.
Estratto da un'intervista apparsa nel 1997 sul Feature Magazine Volume 3, Number 2.

FEATURE: Dove stai andando come artista? Che tipo di lascito stai cercando di costruire? Che genere di opere stai cercando di creare?
Alan Moore: Non ho mai davvero pensato a quale eredità lasciare. Suppongo di non saperlo, mi fido di quello che faccio. Guardo indietro ai miei lavori precedenti. Se ripenso a Watchmen devo ammettere di sentire un qualche immeritato disagio. Non dovrei provarlo ma... è solo il fatto che si trattava di un fumetto di supereroi. Stavo cercando di dire qualcosa di serio in un modo abbastanza leggero. Come detto, oggi non lo farei. Sono ancora molto orgoglioso di Watchmen ma lo sono ancora di più di lavori che non rientrano nel genere supereroistico come From Hell e Lost Girls. Si tratta di uno sviluppo, di una semplice progressione di idee nella mia testa ma stanno seguendo una sorta di percorso. Io mi trovo su quella strada ma non so dove porta e non ho in mente una destinazione vera e propria. Non c'è un piano, c'è solo una strada che cerco di scoprire e interpretare mentre la percorro. I miei lavori, suppongo, siano una sorta di comunicati ufficiali che vengono rilasciati durante questo viaggio; diranno più o meno dove mi trovo, in un determinato momento, lungo il cammino. Riguardo cosa mi aspetti... voglio dire, la lista delle cose che ho intenzione di fare in futuro, suppongo debbano essere considerate come delle direzioni che mi sembrano promettenti da investigare. Non so che cosa accadrà quando ci arriverò, non so quale altra strada si aprirà a quel punto. Non so poi cosa farò.
Ho anche io le mie fissazioni che tendono a riguardare il voler approfondire sempre di più le cose.  Lavorando con i fumetti mainstream, ho provato a guardare agli aspetti politici e morali che stanno dietro alle altre situazioni in quel genere di storie, cercando di andare oltre la superficie. Una volta iniziato ho cercato di scavare ulteriormente. In modo da parlare di politica in senso più generale in relazione al mondo colorato dei comics. C'è un momento in cui vuoi andare ulteriormente oltre. È come scavare un tunnel, suppongo. È il modo migliore che riesco a trovare per descrivere questo processo. Voglio cercare di decifrare i vari livelli di significato che ci sono nel mondo quanto più in profondità. Qualsiasi sia lo strumento o la strada che mi pare più produttiva per raggiungere questo scopo allora li utilizzerò. Ma è un approccio del tutto soggettivo. Ed è un processo completamente impredicibile dentro la mia testa. Dovrò semplicemente vedere dove mi condurrà. Non cerco di indovinare cosa accadrà.
Credo che quando, alla fine, schiatterò sulla macchina da scrivere, allora e soltanto allora, sarò in grado di capire l'insieme di opere che ho realizzato. Sono sicuro che l'ottanta per cento sarà merda ma probabilmente ci saranno un paio di buone cose che resteranno ed è possibile che saranno quelle che mai avrei pensato che l'avrebbero fatto.

mercoledì 11 dicembre 2019

CATACCHIO CONFIDENTIAL: Raccontare Pollock

A distanza di diversi mesi dall'ultima intervista "originale", si ritorna con una chiacchierata con un autore che stimo e che seguo ormai da più di due decenni: un artista dal segno raffinato e leggibile, un narratore di storie intriganti, un amico che è sempre un piacere incontrare, un gentiluomo autentico...
Ladies and gentlemen... Sir ONOFRIO CATACCHIO!
L'occasione è la recente uscita del suo Pollock Confidential, volume dedicato all'artista americano tra i principali esponenti dell'Espressionismo astratto. Il libro è edito da Centauria nella collana Graphic biographies, di cui mi piacerebbe, prima o poi, tornare a parlare (chi vivrà, vedrà!).
Buona lettura. E grazie, Onofrio! :)
Una prima domanda, spontanea. Come è stato, da fumettista, confrontarti con un gigante della Storia dell'Arte, come si direbbe? Intendo sia in termini di "preoccupazione" per il racconto in sé sia per il confronto tra il tuo segno e quello originale, nella inevitabile riproduzione delle opere dell'artista in questione sulle pagine del fumetto…
Quali riflessioni hai fatto o hai dovuto fare? Quali soluzioni tecniche hai dovuto "escogitare"?
ONOFRIO CATACCHIO: In realtà Pollock Confidential mi si è profilata subito e già completa dall’inizio alla fine. Avevo tutti gli elementi pronti: la CIA, Pollock, la cornice storica, e la parte ambientata nella Galleria d’Arte Moderna di Roma nel 1974. Si è trattato solo di assemblarli in modo da dare origine a un lavoro organico in termini narrativi. Ricordo di aver inviato il soggetto e la scaletta del libro a Balthazar Pagani – l’editor della collana – un paio di giorni dopo avergli parlato al telefono della mia idea.
La parte più impegnativa e stata cercare di far convivere la struttura narrativa da “fumetto” con l’aspetto “pittorico” di ciò che raccontavo. Il fumetto è rigore e regola mentre Pollock è -apparentemente - un artista molto fisico, che si basa sul gesto, che aggredisce la tela con la sua tecnica. Ho lavorato su immagini grandi e su un’impaginazione libera nelle sequenze in cui appare Pollock perché non volevo rinchiuderlo in vignette filateliche. Tutto naturalmente ricade nella regola e nel rigore perché lo stesso Pollock affermava: no chaos, damn it!
Un passo indietro. Come è nato il tuo coinvolgimento su questa collana Centauria? Hai proposto tu l'artista o la casa editrice oppure era in un ventaglio di ipotesi?          
La collana, dedicata alle biografie degli artisti, aveva già due titoli pubblicati: Schiele di Otto Gabos e Basquiat di Paolo Parisi più altri in preparazione. Io ero orientato su artisti americani, soprattutto Pollock, perché ne conoscevo la biografia e, in qualche modo, il percorso artistico. Poi, visto che per mestiere racconto storie, sapevo dell’intreccio CIA/Espressionismo Astratto perché lo avevo scoperto durante ricerche che avevo fatto per altri lavori in passato.
La tua è una biografia un po' particolare, rispetto anche alle altre della collana che hanno un impianto più canonico. Direi che la tua è una docu-fiction, infatti mescola fiction e realtà attraverso la figura fittizia di Dan Adkins, un giovane agente della CIA. Sono curioso di sapere come è nata questa chiave di lettura e perché hai utilizzato il nome di un noto inchiostratore di comics…
Mi interessava una visione “esterna” ma analitica dell’uomo e dell’artista Pollock. Un agente della CIA con il compito di raccogliere un dossier confidenziale mi è sembrato plausibile e funzionale al racconto. Mi piaceva l’idea del giovane patriota che, per gradi, muta il suo giudizio e il suo rapporto con Pollock. E quest’ultimo che, chiuso e introspettivo, si racconta a Dan Adkins. Una parentesi, un avvicinamento, tra due personalità opposte sotto tutti gli aspetti.
Il nome è venuto casualmente. Pensavo al nome che rendesse l’epoca e che non avesse come Pollock derivazioni e origini particolari. E poi perché il Dan Adkins illustratore e inchiostratore è stato attivo più o meno nello stesso periodo del Dan Adkins della CIA.
Il tuo segno è molto morbido e pulito e, al contempo, i tuoi personaggi hanno una aggraziata solidità fisica. Credo sia piuttosto adatto a rendere la forza di Pollock. Ho notato inoltre che ci sono diverse vignette e costruzioni della tavola ampie, come a far respirare il disegno e richiamare le grandi tele del pittore americano. Come è stato disegnare Pollock persona/personaggio, la sua postura, l'irruenza nel gesto pittorico? Quanto ti sei documentato in merito? Hai modificato il tuo approccio rispetto al modus operandi di un tuo fumetto standard?
La parte più impegnativa del lavoro è stata la documentazione. Proprio perché si tratta di una biografia, tutto doveva essere verificato e tutto doveva incastrarsi con la parte “fiction” del lavoro. Poi ho cercato di riproporre lo stesso equilibrio nella parte visiva: i materiali di documentazione fotografica cui ho fatto ricorso dovevano rientrare senza stacchi nel flusso delle immagini. Inoltre, non potevo - per motivi di copyright e perché non avrebbe avuto senso - riprodurre le opere di Pollock per cui ho cercato di replicare la sua energia e i suoi dripping lavorando sul contrasto tra il mio modo di impostare le tavole, la caratterizzazione dei personaggi e le soluzioni grafiche che ho adottato per evocare i suoi dipinti. Questa è stata una delle sfide più grosse di Pollock Confidential. In più, avevo un limite di quattromila parole, dovuto alle necessità delle traduzioni estere, a cui attenermi per raccontare tutto.
Che cosa ti ha lasciato questa esperienza? Qual è l'aspetto di Pollock che più ti ha colpito?
L’idea di Pollock che mi sono fatto dopo aver approfondito la sua biografia è quella di un uomo alla spasmodica ricerca del proprio talento che ha pagato un costo umano altissimo per scoprirlo. Raccontare la sua vicenda è raccontare una storia già nota, quella di un personaggio destinato a un appuntamento col suo destino. Un uomo che però è stato anche determinante nel cambio di scena dell’arte moderna, un artista controverso che si staglia sullo scenario storico, drammatico e complicato della Guerra Fredda e inconsapevolmente diventa una pedina nel grande gioco delle Intelligence.
Tutto il libro si dipana su queste tre direttrici, su cui ho lavorato in modo libero e non consequenziale. Solo alla fine ho messo assieme i vari blocchi e fluidificato la narrazione lavorando ai testi definitivi. Mi sono mosso in ordine sparso e senza una sceneggiatura.  Mettendo tutto a posto solo alla fine. Un modo di procedere “a vista” parecchio differente da quello che ho adottato in altri miei lavori.            
Un'ultima domanda. Spesso l'Arte moderna e contemporanea si è appropriata indebitamente, direi, del Fumetto, pensiamo a Lichtenstein e ai suoi vari "furti", ma non solo. Forse, alla fin fine, c'è stata una sorta di reciproca ibridazione. Qual è il tuo pensiero al riguardo?
Sono molto d’accordo sul concetto di ibridazione. Credo che il rimpallo sia continuo e auspicabile a patto che ciascuno sia consapevole del perimetro entro cui sta adoperando materiali provenienti da contesti diversi. Jack Kirby ha fatto fumetti supereroistici infilandoci dentro suggestioni che vanno dalla Pop all’Optical Art. Le sue tavole restituiscono una visione perfettamente sintonica con lo spirito del tempo in cui sono state realizzate e a loro volta influenzano anche la nostra contemporaneità, sconfinando dai territori del fumetto. E, dall’altra parte, basti pensare a Keith Haring o a Basquiat per capire come, a sua volta, un certo immaginario abbia influenzato una certa visione dell’arte.

Tutte le immagini a corredo di questo articolo sono state concesse dall'autore che ringrazio.

mercoledì 4 dicembre 2019

Autoregali & Apparizioni

Art by Jesse Jacobs.
In questi tempi di varie turbolenze, ogni tanto mi concedo un autoregalo e questa volta è toccato a... un originale di JESSE JACOBS, artista che amo sin da quando l'ho fortunosamente scoperto qualche anno fa. La tavola in questione è tratta da Baby in the Boneyard (che spero finalmente di riuscire a leggere nel weekend!), edito di recente dalla mai troppo lodata Hollow Press. Sopra, si può ammirare l'originale... affiancato alla pagina stampata e colorata con un ipnotico verde radioattivo. :)
Segnalo inoltre una intervista con l'autore canadese pubblicata su Lo Spazio Bianco: qui.

Intanto, The D'oh is out there... il numero di Dicembre di Linus, a breve disponibile in edicola e fumetteria, proporrà uno speciale dedicato ad Alan Moore con articoli e fumetti incentrati sullo scrittore di Northampton. Tra questi ci sarà anche un "mio" piccolo contributo, ossia una raccolta ragionata di estratti da interviste nel tentativo, di sicuro vano, di tratteggiare un ritratto dell'artista britannico investigando aspetti, forse, meno noti della sua visione artistica e personale. Dicevo "mio", tra virgolette, poiché l'articolo è un pezzo corale, realizzato con il supporto dei "friends" Koom Kankesan, George Khoury, Omar Martini, Raphael Sassaki, Antonio Solinas e DeZ Vylenz! Grazie ancora a voi.
Sul fronte dei fumetti sono molto fiero d'aver dato supporto nella gestione dei contatti che hanno portato alla pubblicazione della storia Se Einstein ha ragione (titolo originale If Einstein’s right). Si tratta di un poetico fumetto breve, scritto da Alan Moore per i disegni di Melinda Gebbie, apparso nel 2018 sul volume antologico 24 Panels per raccogliere fondi a favore dei sopravvissuti del terribile incendio della Grenfell Tower.
In accordo con le indicazioni di Moore e Gebbie, Linus ha provveduto ad una donazione al fondo 24Stories, legato all'iniziativa, a cui mi sono sentito di aggiungere il mio compenso.

Chiosa personale: in totale sincerità, avrei preferito e optato per un disegno di copertina differente, ossia evitando l'associazione tra il volto di Moore e i "cloni" di Rorschach che, ipotizzo, provengano dal serial di Lindelof (da cui mi tengo a debita distanza di non-visione!) Felicissima invece la mano di Ponchione, as usual.
Ovviamente tutti gli onori e gli oneri per lo speciale vanno allo staff di Linus.

Maggiori informazioni sul contenuto del numero qui.

lunedì 2 dicembre 2019

recensioni in 4 parole [73]

Indeciso sull'applaudire, fingo.
Keller n.1
Semplicemente, una buona storia.
Mutevoli futuri mutanti: ordinali!
Una stanca novità. Ahimè.
********
Abbiamo detto 4 parole su:
Momenti straordinari con applausi finti
di Gipi (testi e disegni)
Editore: Coconino Press
Formato: cartonato, 176 pagine, colore
Prezzo: € 24
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI 

Keller n.1
di Luigi Mignacco (testi) e Paolo Raffaelli (disegni)
Editore: SBE (collana "Le Storie" n.86)
Formato: brossurato, 96 pagine, b/n
Prezzo: € 4,50
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Powers of X n.1
di Jonathan Hickman (testi), R.B. Silva (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: spillato, 56 pagine, colore
Prezzo: € 3,90
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Samuel Stern n.1
di Gianmarco Fumasoli, Massimiliano Filadoro (testi), Luigi Formisano (disegni)
Editore: Bug Comics
Formato: brossurato, 96 pagine, b/n
Prezzo: € 3,50
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI