Il prossimo 7 gennaio la Insight Editions pubblicherà negli Stati Uniti una biografia a fumetti dell'indimenticato & indimenticabile DAVID BOWIE; pochi giorni dopo sarà disponibile l'edizione italiana edita da Panini Comics.
Il volume, di 160 pagine, è realizzato da MICHAEL ALLRED (Madman, X-Statix), in collaborazione con la moglie colorista Laura e lo sceneggiatore Steve Horton (Amala’s Blade).
Il volume, di 160 pagine, è realizzato da MICHAEL ALLRED (Madman, X-Statix), in collaborazione con la moglie colorista Laura e lo sceneggiatore Steve Horton (Amala’s Blade).
Nel seguito potete leggere la traduzione di un'intervista a MIKE ALLRED, autore da me amatissimo sin da tempi insospettabili, pubblicata qualche giorno fa su Tripwire e condotta da Andrew Colman. L'intervista appare su questo blog con il permesso di Joel Meadows, editor-in-chief di Tripwire, che sentitamente ringrazio. L'intervista in Inglese può essere letta QUI.
Buona lettura!
Tripwire: Ovviamente si tratta di un lavoro da te fortemente voluto, un "atto d'amore". Artisticamente quanto è stato difficile disegnare le innumerevoli incarnazioni di Bowie & Co.?
Mike Allred: A ripensarci sembra strano ma probabilmente è stata la cosa più semplice che abbia mai fatto. Sì, è stata una bella sfida mettere tutti i dettagli al posto giusto e mantenere l'autenticità ma, da fan di Bowie, era tutto così carico di pura gioia.
Nelle tue ricerche pensi d'aver catturato la Londra dei primi anni '60 - metà anni '70 e le sue atmosfere? Ti ha aiutato qualche film, a parte quelli ovvi come la pellicola del 1973 di Ziggy?
Assolutamente! La cultura pop di quel tempo e, in particolar modo, quella britannica sono pane quotidiano da me! Il mio film preferito in assoluto è Tutti per uno con i Beatles e tutto quello che ne è seguito per me è fonte di una gioia inebriante e senza fine.
Il libro si focalizza più sull'icona Bowie piuttosto che sull'uomo. Si tratta di una decisione consapevole o sentivate che la storia dovesse essere incentrata più su Ziggy?
Bowie era un uomo riservato che preferiva che i suoi pensieri e sentimenti personali restassero privati e misteriosi, lasciando sempre che la sua arte parlasse per lui. Le sue interviste sono raramente rivelatrici di qualcosa di sostanziale su questi aspetti per cui il mio approccio è stato quello di abbracciare questa ambiguità.
Il tuo uso di paesaggi immaginari e onirici per illustrare lo stato mentale di Bowie è fondamentale nel libro seppur intermittente. Ti sarebbe piaciuto utilizzare maggiormente questo meccanismo nella storia?
Assolutamente! Potrei disegnare pagine e pagine per ogni sua canzone. E forse lo farei se ci fosse la fila di persone disposte a pagare per migliaia di pagine oniriche su Bowie. Io sono pronto!
Eri consapevole di quanto fosse importante Bowie in Ighilterra quando hai iniziato a lavorare alla storia? Lì era praticamente l'incarnazione stessa degli anni 70 per tutti i fan della musica rock, come me.
Ne ero consapevole per quanto potesse esserlo un ragazzino dell'Oregon. La stragrande maggioranza delle mie ossessioni è legata alla cultura pop del Regno Unito. Io e mia moglie abbiamo visitato quei luoghi in diverse occasioni. L'ultima volta siamo stati nella "Riff Raff Suite" nel castello del Rocky Horror Picture Show che è ora un hotel e anche al Portmeirion dove è stato girato Il Prigioniero. Siamo anche andati alla ricerca di alcuni luoghi dell'infanzia di Bowie a Brixton, fino al Marquee Club, ai Trident Studios, al vicolo che compare sulla copertina di Ziggy Stardust... sono cose molto importanti ed emozionanti per noi.
Sapevi di quanto la sua influenza sia stata fondamentale, insieme a Lou Reed, per la scena inglese post-punt e indie? Fu responsabile di interi movimenti, come i New Romantic, che non arrivarono però oltreoceano.
L'ho vissuto in tempo reale. Da ragazzino consegnavo i giornali a domicilio e spendevo tutti i miei soldi in dischi e riviste musicali. I Beatles sono stati sempre presenti sin dalla mia nascita ma, dopo aver scoperto Bowie, tutte le notizie che leggevo sui giornali e le note inserite nei dischi hanno iniziato a collegarsi tra loro visto che gli artisti e i produttori erano intrecciati tra loro... per cui sono sempre stato attratto da quello che veniva dall'Inghilterra.
Ad esempio Bowie mi ha fatto scoprire i Mott The Hoople che, più tardi, mi hanno fatto scoprire i Clash perché i Clash erano fan dei Mott.
Nel libro vengono minimizzati alcuni rapporti controversi, in particolar modo quello tra Bowie e Angie, tra Bowie e Reed, con Pitt e con alcuni dei membri della band. È dovuto alla necessità di idealizzare la vita di Bowie oppure non c'era abbastanza spazio, nella storia, per questi aspetti?
Si è trattato di una questione di equilibrio stante le pagine che avevamo a disposizione. Se avessi avuto più spazio avrei inserito tutto il possibile. Ma, tra la scelta di usare le pagine per celebrare Bowie oppure inserire delle circostanze meno celebrative che richiedevano ancor più contesto per essere raccontate, ho optato per la celebrazione.
Se non altro, voglio che questo libro sia una sorta di fondamentale introduzione a Bowie. Chiunque vorrà approfondire altri elementi sono sicuro che lo farà. Non mi sono assolutamente prefissato di idealizzarlo. Credo che quello che c'è nel volume, relativamente alle sue mutevoli relazioni, sia accurato e onesto. La parte con Bolan penso sia il miglior esempio di come ho utilizzato il loro rapporto per raccontare quegli aspetti.
Molte delle vignette sono prese o richiamano foto o immagini classiche di Bowie. Eri preoccupato di non lasciare nulla fuori e di inserire tutto? Ti do atto che personalmente mi pare che non manchi nulla!
Era semplicemente il fan di Bowie che è in me che andava in estasi! Questo libro è la mia occasione per scatenarmi e fare, da autore professionista, quello che facevo da ragazzino quando disegnavo quelle immagini bellissime che trovavo nelle mie riviste rock preferite o sulle copertine dei dischi. Quello, insieme all'amore per i comics, mi ha spinto a disegnare tutti quei dettagli, così come i corsi d'arte che ho fatto o i fumetti che ho realizzato personalmente.
Pensi che YouTube sia stato di grande importanza per le tue ricerche? C'erano spettacoli come The 1980 Floor Show che forse furono girati in Inghilterra ma non furono mai trasmessi qui e che sono stati scoperti da fan come me solo quando sono stati caricati sul sito (la televisione inglese non ha mai trasmesso l'apparizione al Saturday Night Show con Klaus Nomi e neppure quella all'OGWT).
Stampa esclusiva realizzata per Gosh! |
Mike Allred: A ripensarci sembra strano ma probabilmente è stata la cosa più semplice che abbia mai fatto. Sì, è stata una bella sfida mettere tutti i dettagli al posto giusto e mantenere l'autenticità ma, da fan di Bowie, era tutto così carico di pura gioia.
Nelle tue ricerche pensi d'aver catturato la Londra dei primi anni '60 - metà anni '70 e le sue atmosfere? Ti ha aiutato qualche film, a parte quelli ovvi come la pellicola del 1973 di Ziggy?
Assolutamente! La cultura pop di quel tempo e, in particolar modo, quella britannica sono pane quotidiano da me! Il mio film preferito in assoluto è Tutti per uno con i Beatles e tutto quello che ne è seguito per me è fonte di una gioia inebriante e senza fine.
Il libro si focalizza più sull'icona Bowie piuttosto che sull'uomo. Si tratta di una decisione consapevole o sentivate che la storia dovesse essere incentrata più su Ziggy?
Bowie era un uomo riservato che preferiva che i suoi pensieri e sentimenti personali restassero privati e misteriosi, lasciando sempre che la sua arte parlasse per lui. Le sue interviste sono raramente rivelatrici di qualcosa di sostanziale su questi aspetti per cui il mio approccio è stato quello di abbracciare questa ambiguità.
Il tuo uso di paesaggi immaginari e onirici per illustrare lo stato mentale di Bowie è fondamentale nel libro seppur intermittente. Ti sarebbe piaciuto utilizzare maggiormente questo meccanismo nella storia?
Assolutamente! Potrei disegnare pagine e pagine per ogni sua canzone. E forse lo farei se ci fosse la fila di persone disposte a pagare per migliaia di pagine oniriche su Bowie. Io sono pronto!
Eri consapevole di quanto fosse importante Bowie in Ighilterra quando hai iniziato a lavorare alla storia? Lì era praticamente l'incarnazione stessa degli anni 70 per tutti i fan della musica rock, come me.
Ne ero consapevole per quanto potesse esserlo un ragazzino dell'Oregon. La stragrande maggioranza delle mie ossessioni è legata alla cultura pop del Regno Unito. Io e mia moglie abbiamo visitato quei luoghi in diverse occasioni. L'ultima volta siamo stati nella "Riff Raff Suite" nel castello del Rocky Horror Picture Show che è ora un hotel e anche al Portmeirion dove è stato girato Il Prigioniero. Siamo anche andati alla ricerca di alcuni luoghi dell'infanzia di Bowie a Brixton, fino al Marquee Club, ai Trident Studios, al vicolo che compare sulla copertina di Ziggy Stardust... sono cose molto importanti ed emozionanti per noi.
Sapevi di quanto la sua influenza sia stata fondamentale, insieme a Lou Reed, per la scena inglese post-punt e indie? Fu responsabile di interi movimenti, come i New Romantic, che non arrivarono però oltreoceano.
L'ho vissuto in tempo reale. Da ragazzino consegnavo i giornali a domicilio e spendevo tutti i miei soldi in dischi e riviste musicali. I Beatles sono stati sempre presenti sin dalla mia nascita ma, dopo aver scoperto Bowie, tutte le notizie che leggevo sui giornali e le note inserite nei dischi hanno iniziato a collegarsi tra loro visto che gli artisti e i produttori erano intrecciati tra loro... per cui sono sempre stato attratto da quello che veniva dall'Inghilterra.
Ad esempio Bowie mi ha fatto scoprire i Mott The Hoople che, più tardi, mi hanno fatto scoprire i Clash perché i Clash erano fan dei Mott.
Nel libro vengono minimizzati alcuni rapporti controversi, in particolar modo quello tra Bowie e Angie, tra Bowie e Reed, con Pitt e con alcuni dei membri della band. È dovuto alla necessità di idealizzare la vita di Bowie oppure non c'era abbastanza spazio, nella storia, per questi aspetti?
Si è trattato di una questione di equilibrio stante le pagine che avevamo a disposizione. Se avessi avuto più spazio avrei inserito tutto il possibile. Ma, tra la scelta di usare le pagine per celebrare Bowie oppure inserire delle circostanze meno celebrative che richiedevano ancor più contesto per essere raccontate, ho optato per la celebrazione.
Se non altro, voglio che questo libro sia una sorta di fondamentale introduzione a Bowie. Chiunque vorrà approfondire altri elementi sono sicuro che lo farà. Non mi sono assolutamente prefissato di idealizzarlo. Credo che quello che c'è nel volume, relativamente alle sue mutevoli relazioni, sia accurato e onesto. La parte con Bolan penso sia il miglior esempio di come ho utilizzato il loro rapporto per raccontare quegli aspetti.
Molte delle vignette sono prese o richiamano foto o immagini classiche di Bowie. Eri preoccupato di non lasciare nulla fuori e di inserire tutto? Ti do atto che personalmente mi pare che non manchi nulla!
Era semplicemente il fan di Bowie che è in me che andava in estasi! Questo libro è la mia occasione per scatenarmi e fare, da autore professionista, quello che facevo da ragazzino quando disegnavo quelle immagini bellissime che trovavo nelle mie riviste rock preferite o sulle copertine dei dischi. Quello, insieme all'amore per i comics, mi ha spinto a disegnare tutti quei dettagli, così come i corsi d'arte che ho fatto o i fumetti che ho realizzato personalmente.
Pensi che YouTube sia stato di grande importanza per le tue ricerche? C'erano spettacoli come The 1980 Floor Show che forse furono girati in Inghilterra ma non furono mai trasmessi qui e che sono stati scoperti da fan come me solo quando sono stati caricati sul sito (la televisione inglese non ha mai trasmesso l'apparizione al Saturday Night Show con Klaus Nomi e neppure quella all'OGWT).
L'aiuto di YouTube è stato... inestimabile! È incredibile quello che è saltato fuori! The 1980 Floor Show è stato come... la grande balena bianca! Ora ho quasi otto ore di girato tra prove e varie versioni. Chi avrebbe mai immaginato che avremmo avuto accesso a tutta quella roba? A proposito, la performance di Bowie al SNL è, di sicuro, nella mia top ten di tutti i tempi.
Sei diventato fan di Bowie dopo che lui aveva abbandonato l'incarnazione di Ziggy: pensi che questo lavoro sia stato un modo per riconciliarti con quello che ti eri perso? Pensi che la carriera di Bowie non sia stata più così vitale dopo quel periodo?
No. Quando ho scoperto Bowie, per quello che sapevo, lui era ancora Ziggy. Ho conosciuto Bowie andando indietro da Diamond Dogs in poi, persino con le ristampe di Space Oddity e The Man Who Sold The World con le nuove copertine in stile Ziggy.
Un po' come oggi accadrebbe ad un preadolescente che scoprisse Star Wars e potrebbe vedere tutti e nove i film in un'unica ondata gigantesca. BAM!
È stato solo durante la promozione per l'uscita di Young Americans e con Fame che raggiunse il numero uno in classifica che notai che stava cambiando presentandosi con una nuova immagine. Ma poi mio cugino mi portò a vedere il mio primo film vietato ai minori, The Man Who Fell to Earth: era il 1976 e Bowie mi faceva vedere che era vero che lui veniva dallo spazio. Per cui non ho mai perso questo elemento, fino alla sua morte. Non importa quale nuovo stile o look provasse, quella specie di enigma alieno è sempre rimasto una sua costante.
La scelta di focalizzarci in particolar modo sul "periodo Ziggy" per questo primo libro, dico così perché mi piacerebbe farne altri, è stata semplicemente ovvia. Potrò aver vissuto l'esperienza-Bowie in maniera retroattiva ma non mi viene in mente un'opzione migliore di quella di conoscere tutto insieme il suo lavoro fino al 1974, un'esperienza il cui eco arriva fino ad oggi per me. Ha avuto un'influenza sulla mia creatività tale che non è possibile per me misurarla.
Per gli inglesi, l'esibizione di Starman a TOTP (come racconti nel libro) è stato il momento in cui Bowie è diventato finalmente una star. C'è stato qualcosa di analogo per gli americani?
Non credo. Il singolo Fame mi sembra sia stata la vera svolta e la collaborazione con John Lennon ha quasi giustificato la mia ossessione per Bowie. Fino ad allora non avevo alcun amico che condividesse con me la mia passione. In realtà, dovevo letteralmente lottare per potermi godere Bowie. E mi rendeva anche un bersaglio facile per i bulli. Mi riesce difficile pensare a quanta paura abbia avuto in certi momenti. Ora sembra tutto così innocuo. Almeno le ragazze seguivano Bowie e mi hanno aiutato a seguirlo. Ma questo mi ha reso un bersaglio ancora più grande per quegli stronzi della scuola.
Poi finalmente, con Let's dance, ha raggiunto il successo commerciale e incarnato un personaggio meno controverso che l'ha reso un nome noto e famoso per tutti.
Nella postfazione indichi Bowie tra gli autori che ti hanno più influenzato dal punto di vista artistico. Intendevi in modo diretto oppure di una influenza più sottile sul tuo lavoro?
In modo assolutamente diretto. Non solo le immagini che disegnavo costantemente copiando le sue foto o le copertine dei suoi album, ma anche l'immaginario che disegnavo ispirato dalle sue canzoni. Tuttora la sua musica accende la mia creatività.
Hai un disco preferito di Bowie di quel periodo? E successivamente? Se dovessi sceglierne soltanto uno quale sarebbe e perché?
Cambia sempre. Oggi ti direi Low oppure Black Star ma se dovessi sceglierne solo uno probabilmente prenderei Hunky Dory. È un capolavoro! E include Life on Mars che probabilmente sceglierei come la mia canzone preferita di tutti i tempi. È anche il primo regalo che ho fatto a Laura ed è anche il suo preferito.
Pensi che Bowie sia sottovalutato rispetto alla sua rilevanza culturale (rispetto ad esempio a Sinatra, Elvis, Beatles, Stones) e che questo libro sia il tuo tentativo per rimediare?
In un certo senso, sì. Se si considerano le reazioni che abbiamo ricevuto da quando il volume è stato annunciato, tenderei a credere che Bowie sia davvero lassù in alto, tra le icone più riconoscibili della cultura pop. Ma da fan accanito, mi viene da dire che non è minimamente vicino al livello di apprezzamento di massa che dovrebbe avere.
Concordi che i suoi lavori degli anni '70 siano quelli più "senza tempo", all'interno della sua produzione?
Hmmm, sì. E probabilmente Heroes è la sua canzone più immortale. Scary Monsters chiudeva il decennio e Let’s Dance è il suo pezzo più commerciale e senza dubbio più riconoscibile che l'ha traghettato negli anni '80. E l'impatto sulla cultura pop con l'apparizione in Labyrinth. Ma poi la musica si è fatta meno avventurosa fino a Earthling che è una sorta di nuova immissione di energia e poi fino alla fine con Black Star, un altro capolavoro.
Ma dovendo tirare le somme, sì, direi di sì.
Presumo che abbia setacciato il Web in lungo e in largo per le tue ricerche su Bowie: qual è il tuo sito preferito a lui dedicato? Da parte mia sceglierei Pushing Ahead of The Dame.
Gran sito! Ma non ho dei preferiti. Per me sono un tutt'uno, si trovano tesori piccoli e grandi un po' dappertutto.
Quale aspetto di Bowie ha mantenuto vivo il tuo interesse per lui in tutti questi anni?
Forse realizzare questo libro è stato una sorta di esercizio per trovare una risposta a questa domanda. Ma non ne sono ancora sicuro. Probabilmente è qualcosa legato a quanto fosse enigmatico. Un mistero per cui si cercano ancora indizi.
Se dovessi scegliere un contributo tra quelli portati al progetto dallo scrittore/collaboratore/catalizzatore Steve Horton quale sarebbe?
Ovviamente, il progetto stesso. Ha fatto sì che diventasse reale. E ha portato anche un punto di vista nuovo. Ha fatto sì che fossi meno egoista, che guardassi e apprezzassi anche quello che altri potevano amare o trovare interessante su Bowie.
Sei diventato fan di Bowie dopo che lui aveva abbandonato l'incarnazione di Ziggy: pensi che questo lavoro sia stato un modo per riconciliarti con quello che ti eri perso? Pensi che la carriera di Bowie non sia stata più così vitale dopo quel periodo?
No. Quando ho scoperto Bowie, per quello che sapevo, lui era ancora Ziggy. Ho conosciuto Bowie andando indietro da Diamond Dogs in poi, persino con le ristampe di Space Oddity e The Man Who Sold The World con le nuove copertine in stile Ziggy.
Un po' come oggi accadrebbe ad un preadolescente che scoprisse Star Wars e potrebbe vedere tutti e nove i film in un'unica ondata gigantesca. BAM!
È stato solo durante la promozione per l'uscita di Young Americans e con Fame che raggiunse il numero uno in classifica che notai che stava cambiando presentandosi con una nuova immagine. Ma poi mio cugino mi portò a vedere il mio primo film vietato ai minori, The Man Who Fell to Earth: era il 1976 e Bowie mi faceva vedere che era vero che lui veniva dallo spazio. Per cui non ho mai perso questo elemento, fino alla sua morte. Non importa quale nuovo stile o look provasse, quella specie di enigma alieno è sempre rimasto una sua costante.
La scelta di focalizzarci in particolar modo sul "periodo Ziggy" per questo primo libro, dico così perché mi piacerebbe farne altri, è stata semplicemente ovvia. Potrò aver vissuto l'esperienza-Bowie in maniera retroattiva ma non mi viene in mente un'opzione migliore di quella di conoscere tutto insieme il suo lavoro fino al 1974, un'esperienza il cui eco arriva fino ad oggi per me. Ha avuto un'influenza sulla mia creatività tale che non è possibile per me misurarla.
Per gli inglesi, l'esibizione di Starman a TOTP (come racconti nel libro) è stato il momento in cui Bowie è diventato finalmente una star. C'è stato qualcosa di analogo per gli americani?
Non credo. Il singolo Fame mi sembra sia stata la vera svolta e la collaborazione con John Lennon ha quasi giustificato la mia ossessione per Bowie. Fino ad allora non avevo alcun amico che condividesse con me la mia passione. In realtà, dovevo letteralmente lottare per potermi godere Bowie. E mi rendeva anche un bersaglio facile per i bulli. Mi riesce difficile pensare a quanta paura abbia avuto in certi momenti. Ora sembra tutto così innocuo. Almeno le ragazze seguivano Bowie e mi hanno aiutato a seguirlo. Ma questo mi ha reso un bersaglio ancora più grande per quegli stronzi della scuola.
Poi finalmente, con Let's dance, ha raggiunto il successo commerciale e incarnato un personaggio meno controverso che l'ha reso un nome noto e famoso per tutti.
Nella postfazione indichi Bowie tra gli autori che ti hanno più influenzato dal punto di vista artistico. Intendevi in modo diretto oppure di una influenza più sottile sul tuo lavoro?
In modo assolutamente diretto. Non solo le immagini che disegnavo costantemente copiando le sue foto o le copertine dei suoi album, ma anche l'immaginario che disegnavo ispirato dalle sue canzoni. Tuttora la sua musica accende la mia creatività.
Hai un disco preferito di Bowie di quel periodo? E successivamente? Se dovessi sceglierne soltanto uno quale sarebbe e perché?
Cambia sempre. Oggi ti direi Low oppure Black Star ma se dovessi sceglierne solo uno probabilmente prenderei Hunky Dory. È un capolavoro! E include Life on Mars che probabilmente sceglierei come la mia canzone preferita di tutti i tempi. È anche il primo regalo che ho fatto a Laura ed è anche il suo preferito.
Pensi che Bowie sia sottovalutato rispetto alla sua rilevanza culturale (rispetto ad esempio a Sinatra, Elvis, Beatles, Stones) e che questo libro sia il tuo tentativo per rimediare?
In un certo senso, sì. Se si considerano le reazioni che abbiamo ricevuto da quando il volume è stato annunciato, tenderei a credere che Bowie sia davvero lassù in alto, tra le icone più riconoscibili della cultura pop. Ma da fan accanito, mi viene da dire che non è minimamente vicino al livello di apprezzamento di massa che dovrebbe avere.
Concordi che i suoi lavori degli anni '70 siano quelli più "senza tempo", all'interno della sua produzione?
Hmmm, sì. E probabilmente Heroes è la sua canzone più immortale. Scary Monsters chiudeva il decennio e Let’s Dance è il suo pezzo più commerciale e senza dubbio più riconoscibile che l'ha traghettato negli anni '80. E l'impatto sulla cultura pop con l'apparizione in Labyrinth. Ma poi la musica si è fatta meno avventurosa fino a Earthling che è una sorta di nuova immissione di energia e poi fino alla fine con Black Star, un altro capolavoro.
Ma dovendo tirare le somme, sì, direi di sì.
Presumo che abbia setacciato il Web in lungo e in largo per le tue ricerche su Bowie: qual è il tuo sito preferito a lui dedicato? Da parte mia sceglierei Pushing Ahead of The Dame.
Gran sito! Ma non ho dei preferiti. Per me sono un tutt'uno, si trovano tesori piccoli e grandi un po' dappertutto.
Quale aspetto di Bowie ha mantenuto vivo il tuo interesse per lui in tutti questi anni?
Forse realizzare questo libro è stato una sorta di esercizio per trovare una risposta a questa domanda. Ma non ne sono ancora sicuro. Probabilmente è qualcosa legato a quanto fosse enigmatico. Un mistero per cui si cercano ancora indizi.
Se dovessi scegliere un contributo tra quelli portati al progetto dallo scrittore/collaboratore/catalizzatore Steve Horton quale sarebbe?
Ovviamente, il progetto stesso. Ha fatto sì che diventasse reale. E ha portato anche un punto di vista nuovo. Ha fatto sì che fossi meno egoista, che guardassi e apprezzassi anche quello che altri potevano amare o trovare interessante su Bowie.
L'intervista in Inglese può essere letta su Tripwire, QUI.