In precedenza pubblicato per iPad attraverso la piattaforma Sequential (il tutto ideato da Russell Willis), su cui è anche disponibile la versione originale di Alan Moore: Biographic, Infinity propone nel suo ricco sommario - e mi scuso per l'auto-promozione - diversi contenuti d'interesse per gli appassionati di Moore:
THE QUOTABLE ALAN MOORE Moore expert smoky man selects sixty quotes for Alan’ sixtieth with stunning art by Gary Spencer Millidge who also did the cover.
PAROLA DI MOORE
L'esperto di Moore, smoky man, selezione 60 citazioni in occasione del 60esimo compleanno di Alan, accompagnate dalle splendide illustrazioni di Gary Spencer Millidge, autore anche della copertina. [Le citazioni sono incluse nell'edizione Italiana di AM: Biographic] TEN THINGS WE LEARNED FROM ALAN MOORE Dominic Wells on the latest Moore revelations. DIECI COSE CHE ABBIAMO IMPARATO DA ALAN MOORE
Dominic Wells ci parla delle ultime rivelazioni di Moore.
ALAN MOORE: AN EXTRAORDINARY GENTLEMAN A preview of the acclaimed revised and updated biographic. ALAN MOORE: UNO STRAORDINARIO GENTLEMAN
In anteprima, alcune tavole dall'acclamata "biographic", rivista ed aggiornata, realizzata da Gary Spencer Millidge.
Nel seguito potete leggere un resoconto dell'incontro con IGORTtenutosi lo scorso 23 Novembre nell'ambito
della tre-giorni "Pazza Idea. Pensiero Creativo".
L'incontro, condotto dal regista e documentarista Renato Chiocca, è stato l'occasione per Igort di ricordare - con grande ironia e trasporto - gli anni di Valvoline Motorcomics (e non solo), nel trentennale del gruppo, e presentare la nuova edizione di Sinfonia a Bombay.
Segnalo che al termine è stato proiettato il docufilm Mattotti, opera del 2006 di Chiocca, incentrato sul lavoro di Lorenzo Mattotti: un eccellente medio-metraggio, della durata di 50 minuti, che vi invito a recuperare, se potete. In rete è possibile vedere un trailer: qui.
Foto di gruppo con... Valvolinici!
Eravamo fondamentalmente degli "stronzetti", convinti
d’avere in mano le chiavi per rivoluzionare un po’ tutto quanto.
Igort: Al tempo noi eravamo annoiati da quello che succedeva, anche se c’erano dei grandi talenti che stavano facendo delle storie meravigliose. Ma noi che avevamo poco più di vent’anni - e anche se Mattotti non vuole che lo dica - eravamo fondamentalmente degli "stronzetti", molto presuntuosi e convinti d’avere in mano le chiavi per rivoluzionare un po’ tutto quanto. L’idea quindi fu semplice: andare con faccia di tolla e dire “dateci metà del giornale [Linus, NdR] e la gestiamo noi.”
Progettavamo tutto: dalla grafica agli articoli, alle storie a fumetti… con l’idea un po’ futurista, costruttivista di utilizzare un mezzo potente - ossia una rivista pubblicata mensilmente e con un grande seguito da una casa editrice importante come Rizzoli - per impadronircene e poter parlare di altro, rispetto a quella che era la cultura imperante dei vari mostri sacri del Fumetto dell’epoca che erano Pratt, Crepax, Micheluzzi… anche Magnus. Ma Magnus era un nostro fiancheggiatore: simpatizzò immediatamente con noi e ci appoggiò pubblicamente.
Noi avevamo quel fare un po’ altezzoso dei gruppi d’avanguardia. Non dico che ci fossero delle risse durante gli incontri ma quasi. A Torino ci fu un convegno sulle Avanguardie ed io uscii scortato dal servizio d’ordine perché mi volevano prendere… a calci in culo! [risate] E a noi questo ci divertiva molto perché volevamo ridimensionare e mettere sotto altre coordinante il Racconto, il Grande Racconto. E lo facevamo perché fondamentalmente non avevamo fatto la Guerra, eravamo di una generazione che era cresciuta... io e Carpinteri che avevamo sui vent’anni, Mattotti - che ci tiene a sottolinearlo - era di qualche anno più grande e a quell’età la differenza era sostanziale, lui era più su Nick Drake… noi eravamo cresciuti con i Sex Pistols!
Nel ‘77 li vidi a Giugno e... a Settembre ero a Londra a vedere di persona che cosa fosse davvero il movimento punk.
Per cui la nostra idea era che si dovesse parlare di certe cose con uno spirito più vicino… era anche un qualcosa che sarebbe poi deflagrato nella new wave, nel nuovo cinema tedesco, nel rilancio degli scrittori pop… oggi Pynchon è stato riesumato ma al tempo lo leggevamo soltanto noi in remainder perché i suoi libri erano introvabili. C’era ad esempio L’incanto del lotto 49, che era un piccolo capolavoro, e uno dei personaggi era un certo Baby Igor, e ovviamente io ne ero fierissimo.
Metà delle lettere erano di lettori che ci adoravano, l’altra metà di
persone che ci avrebbero immediatamente fucilato sulla pubblica piazza.
Questo è stato l’inizio. Il punto fu che ci diedero retta. Perché quando andammo a proporre quest’idea ci dissero “va bene”. E così ci ritrovammo a doverlo fare per davvero. All’inizio c’è la spinta iniziale, il “cambiamo tutto”, ma poi ti dicono “okay” e… ti danno le chiavi e tu dici “merda, e adesso?”
Quindi iniziarono le riunioni a casa mia… c’era Mattotti, che è sempre stato un po’ lo stakanov del gruppo, poi c’ero io che ero l’ingegnere, mi ero auto-definito “l’Ingegnere dei Media”, per far capire quanto ero stronzetto all’epoca [risate]… ero quello che organizzava, architettava, montava il timone del supplemento, faceva i loghi, impaginava…
Per capire anche il livello di consapevolezza di queste persone che ci avevano affidato la rivista, dietro casa mia c’era un garage e io vedevo sempre questo logo Valvoline, che era la Valvoline Motor Oil ed allora proposi “facciamo Valvoline Motorcomics”. E loro, ed erano la Rizzoli, non sapevano minimamente cosa fosse e ci dissero “okay, va bene” [risate]. Poi ad un certo punto la direttrice ci chiamò, dopo che era uscito il primo numero: “ma siete impazziti, quella è una multinazionale… ho visto un tabellone di o-t-t-o metri con la scritta..”, ed io “ma il logo è diverso”, infatti l’avevo ridisegnato… [risate] loro temevano una denuncia, erano molto preoccupati… essendo la Rizzoli potevano essere soggetti a questo genere di cose. Se lavori per un editore piccolo nessuno ci bada, con Rizzoli invece…
C’era una specie di comitato futurista in cui noi facevamo le cose e la redazione che… ci odiava, loro ci odiavano! Noi arrivavamo e… “basta con questa grafica bruttissima, neppure negli anni ’60!!!”… e noi portavamo delle cose tutte storte…
C’era un’atmosfera tremenda… e io mi domandavo “ma sono così tutte le case editrici?”, non rendendomi conto che era il nostro atteggiamento a generare quella profonda antipatia. E poi c’erano le lettere che arrivavano in redazione. Ad esempio nel caso di Breccia: un genio, un autore eccezionale che amavamo, che aveva portato l’astrattismo nel mondo del Fumetto. Il semplice fatto che noi l’ammirassimo causava l’arrivo di lettere di insulti nei suoi confronti. Mi ricordo una lettera che diceva: “Breccia e le sue macchie? Dovrebbe vedere le mattonelle del mio cesso…” E le signore “bonaccione” che dirigevano la rivista nascondevano queste lettere e non le pubblicavano. Quando le lessi, io ero entusiasta e dissi “pubblichiamole subito!” [risate] Metà delle lettere erano di lettori che ci adoravano, l’altra metà di persone che ci avrebbero immediatamente fucilato sulla pubblica piazza. Ed erano proprio questi pareri negativi che mi convincevano del nostro progetto: “se ci vogliono così male”, mi dicevo, “allora dobbiamo andare avanti.”
Così abbiamo continuato a fare danni un po’ dappertutto. Siamo entrati un po’ in televisione, nel mondo della moda con Vanity scombussolando completamente la rivista, nel design…
Era un periodo in cui era possibile fare molte cose… bastava parlare
molto seri con sguardo sgranato alla Baudelaire e… ti prendevano sul
serio!
Ho ritrovato da poco una cassetta musicale che avevo fatto: mi ero finto
russo… ovviamente chiamandomi Igor era normale [risate]… e avevamo
fondato un gruppo, gli Slava Trudu, che in russo significa Gloria al
Lavoro. E avevamo convinto quelli della Phonogram Germany - quindi una
multinazionale, una major - a produrre il nostro disco… in finto-russo,
scritto da me [risate]. Quindi nel 1985 spesero circa 500 milioni di
lire, mezzo miliardo, per questa idea. Fu fatto un disco, girammo due
video… E il disco fu mandato a Gorbaciov dicendogli che noi eravamo dei fuggiaschi russi. Facemmo un finto numero della Pravda che conteneva la “vera” storia degli Slava Trudu, da me totalmente inventata. [risate] E a Berlino, la casa discografica… a ripensarci erano davvero dei deficenti… ci portarono in un ristorante afgano - ve l’immaginate, con l’Afganistan che era stata invasa dai russi? [risate] - con noi con i testa i colbacchi: uscimmo missilisticamente perché ci volevano prendere a colpi di scimitarre che erano appese alle pareti del locale. [risate]
Era un periodo in cui era possibile fare molte cose… bastava parlare molto seri con sguardo sgranato alla Baudelaire e… ti prendevano sul serio! E poi ti davano la possibilità di fare le storie, gli impaginati, gli articoli… C’era Daniele Brolli, un mio amico sceneggiatore, che era figlio di un "esoterista" e aveva letto i libri del padre e scriveva reinventando tutto. Noi non lo sapevamo - me l’ha confessato dopo trent’anni che i suoi saggi erano delle bufale - ma riscriveva inventandosi dei sincretismi [risate], delle scoperte storico-scientifiche sensazionali, prive totalmente di fondamento, che lui collegava tra loro semplicemente facendo arrivare personaggi come Pitagora in luoghi dove non era mai stato in vita e indicandolo come fondatore... dei Rosa Croce, ad esempio. [risate] Dopo questa sua attività di falsario si sviluppò ulteriormente quando per Frigidaire incominciò a pubblicare degli inediti di grandi scrittori come Philip K. Dick, Vonnegut che, casualmente, aveva solo lui nel suo cassetto [risate]… scriveva in stile. E quindi incominciammo a prendere in giro anche quelli di Frigidaire. E questo ci ha portato bene…
Mattotti invece era più serio, ed era totalmente all’oscuro di queste nostre contro-operazioni. [risate]
Chiocca: È un racconto molto divertente, anche per capire il tipo di operazione editoriale… Sappiamo che ci sono le reunion di tante rock band degli anni ‘70 e ‘80, ci sono le riedizioni di vecchi dischi con inediti e quant’altro. A un certo punto, approfittando della tua attuale figura di editore attraverso la Coconino Press, hai ricontattato tutti i componenti di Valvoline per ripensare un’edizione di quelle passate pubblicazioni. Qual è la necessità, a distanza di 30 anni, di rendere di nuovo pubblica questa parte della tua vita? Qual è l’esigenza di pubblicare quel materiale oggi? Igort: Semplice: per fare il punto. Per capire, visto che noi il Fumetto l’avevamo smontato, che cosa di quell’operazione, dopo 30 anni, fosse rimasto. È anche una questione importante che riguarda la memoria, un esame di che cosa era quella stagione. Per me quell’epoca è stata la fine di una certa Italia: è morta l’ingenuità ed è nato il cinismo. Il cinismo diventa una specie di manifesto teorico del post-punk e poi si trasforma in un abito mentale che è deflagrato ed ha devastato l’Italia fino a oggi. Noi, secondo me, viviamo ancora in una stagione del cinismo ed è anche un atto politico riconsiderare quell’epoca, rileggerla… ed è per questo che ho chiesto a tutti gli autori - se non di mettere le mani nel loro lavoro, perché questo è soggettivo – di scrivere un’introduzione che descrivesse che cosa fu esattamente quel periodo e quell’esperienza.
Noi lavoravamo e vivevamo in un’epoca in cui si credeva nella Cultura, non si facevano battute…. C’era un diverso tipo di nemici, di avversari intellettuali o pseudo-intellettuali… ad esempio c’era Andreotti che pensava che non si potessero lavare i panni sporchi in pubblico, per cui era contrario ai film di Pasolini ed hanno osteggiato moltissima produzione culturale di quell’epoca. Lo stesso Fellini era considerato un “criminale”… a Venezia per la Dolce Vita gli sputarono addosso... Adesso c’è un altro tipo di pericolo e il pericolo è che questo tipo di lavori non arrivi neppure. Ci sono battute del tipo “fatevi un panino con la Cultura”, battute dette da un ministro… questa è veramente una stagione diversamente pericolosa.
Queste riedizioni servono per fare il punto su un’epoca diversa, quando c’erano le riviste, c’era Oreste Del Buono, quando c’era una diversa percezione della Cultura, quando era possibile intervenire... c’era un travaso tra “alto” e “basso”.
Oggi si pensa che non ci sia più differenza tra “alto” e “basso” ma è un’ipocrisia, non è vero. In realtà se Tarkovskij e Pasolini avessero davvero attecchito non sarebbero stati santificati ipocritamente come guru della cultura e così facendo vengono imbalsamati, non ti “attraversano più”. In quel momento invece quel travaso era possibile.
La mia sfida è questa: capire se dopo trent’anni abbiamo ancora delle cose da dirci. Già nel gioco delle copertine delle riedizioni si è scatenata una sorta di sfida tra noi. Il punto era che i miei “amichetti” erano bravissimi, erano dei mostri di bravura. Mentre realizzavamo quelle storie sono successe delle cose pazzeschi: Art Spiegelman ci ha invitati in America, eravamo la Nazionale Italiana del Fumetto… quando la Swatch ha fatto Swatch Street Art Painting ed ha chiamato i più grandi autori europei l’Italia... è stata rappresentata dagli autori di Fumetto!
Per cui al di là del fatto che fossimo smargiassi, in quel periodo veniva registrato un certo tipo d’interesse per noi… fu anche pubblicato un libro sul nostro lavoro, Valvoforme e Valvocolori, - in italiano, inglese e francese - a cura di Daniele Barbieri.
E in qualche modo tutto questo stava scomparendo in questa specie di calderone di nuovi media. Per questo stiamo progettando cose nuove, usando i nuovi media. Ora ad esempio puoi inserire la musica, prima io facevo i dischi - mi chiamavo Igor Gagarin - e poi facevo i fumetti, ed erano due cose separate. Adesso è possibile arrivare direttamente, è una stagione che è più "teatro". Prima noi stavamo chiusi in studio a produrre poi quando il lavoro era finito non sapevi mai come fosse accolto, c’erano le lettere ma arrivavano in redazione e a volte non te le facevano leggere. Adesso c’è Internet, c’è Facebook: fai una cosa e… ti insultano in diretta! È incredibile…[risate]
Noi stiamo per fare Abracadabra Motorcomics, ve lo dico in anteprima!
Chiocca: In Valvoline c’era anche una dimensione collettiva, uno stimolarsi reciprocamente… Igort: Sì, fu un incontro molto fortunato. A dieci anni incontro Carpinteri, sta nella mia stessa scuola, nel banco davanti a me… e incominciamo a disegnare. A volte, ripensandoci, un po’ la cosa mi preoccupa perché per me lui è davvero è come un fratello, siamo cresciuti insieme… Lui a Lucca, nel ’78 mi disse: “ ce n’è un altro bravo”, perché eravamo convinti di essere noi gli unici due. “E chi è?”, “Mattotti, si chiama Mattotti”. E allora andai a vedere e mi sembrò bravo. Ma non mi fidavo. Così mi avvicinai e gli dissi: “Ciao Mattotti, ce lo fai un disegno?”, e gli stesi subito un foglio davanti. Lui mi fece un disegno in diretta ed io: “merda, è bravo davvero.” [risate] E così abbiamo iniziato a frequentarci e c’era uno scambio molto forte nei confronti di alcuni autori, eravamo “attraversati” dalle loro opere. Vedevi Herzog ed era uno di noi, era lì. Non lo guardavamo come un mito… lo stesso per Wenders. Ci telefonavamo, andavamo a vedere i film e quegli autori entravano direttamente nelle nostre tavole. Per me il riferimento era Kluge perché ero il teorico del gruppo… “griglia a sei” e noi dovevamo avere sei vignette a tavola perché era il metodo… Mondrian! C’era uno scambio fortissimo tra noi: vedevo le tavole realizzate dagli altri che erano mostruosi e mi spaventavo… c’era una competizione pazzesca tra di noi. C’era la triade - io, Mattotti e Carpinteri - che eravamo quelli con lo stile più sparato in assoluto. Per Carpinteri arrivò una critica incredibile che definiva il suo stile “cubo-futurista”. Ed io non sapevo neppure cosa fosse, e andavo a studiare. L’aveva fatto Carpinteri… ed io? Di conseguenza alzavo il tiro… Fu un momento credo irripetibile.
Avevamo un editore d’arte che poteva farci la rivista come un libro d’Arte appunto, con copertine in plexiglass… io avevo l’idea di fare dei pop-up, non per bambini ma per adulti, che dovevano creare una sorta di città futurista… poi invece si decise: “niente Arte, ma Pop!” E finimmo in Rizzoli. Ci dettero l’ok e “tra due mesi dobbiamo avere il primo numero.” A me dopo il primo mi venne la tachicardia. Non potevamo certo sbagliarci, ci eravamo presentati lì come degli gradassi, non potevamo fallire. Era un po’ come essere i Sex Pistols e poi esce il disco ed è una cosettina sgonfia… sarebbero stati rovinati per tutta la vita. In quel periodo poi era una stagione pazzesca…. Brian Eno stava producendo il mondo, con dischi uno più bello dell’altro. In Italia c’era Battiato che fece una rivoluzione totale. Quando uscì L’era del cinghiale bianco io caddi dalla sedia… C’erano i Devo, i Talking Heads, i Contortions… Eno produsse No New York con quattro gruppi diversi: un disco pazzesco, rivoluzionario. I D.N.A, Arto Linsday che faceva praticamente rumore con la chitarra… I Residents: un gruppo di cui non si conoscono i componenti, hanno inventato la cryptic corporation, il gioco nella maschera…
Era una stagione meravigliosa, pazzesca per l’intero pianeta che io non vivo con nostalgia ma… dobbiamo riprendercela, riportarla qui… quell’intelligenza, quella curiosità, quella voglia.
Vivere con nostalgia non ha sento e per questo che l’idea di una reunion è orribile. Io voglio fare delle cose nuove, non ristampare cose vecchi… Noi stiamo per fare Abracadabra Motorcomics, ve lo dico in anteprima! [applausi]
Chiocca: Parlano dei tuoi ultimi lavori, iQuaderni ucraini e i Quaderni russi, devo dire che mi sono trovato di fronte un Igort diverso, nonostante ti seguissi da tempo. Una immersione profonda di un artista in una realtà spinto anche delle proprie emozioni e trasformarla grazie alla riflessioni ed a un lavoro molto preciso e attento al linguaggio. Credo che sia una grande lezione di verità nella… creatività. Verità sia in quelli che sono gli artifici dell’Arte, attraverso le tecniche grafiche… come il segno che si spoglia per servire il racconto. Nel corso della sua carriera Igort è riuscito a far convivere le sue due anime: quella più pirotecnica, più squisitamente grafica e quella più sintetica che riesce a raccontare la vita in punta di penna. La domanda è… è indispensabile vivere certe esperienze in prima persona per poterle raccontare con “qualità”? È indispensabile? Igort: Assolutamente. Se vogliamo darci, bisogna essere onesti… e può essere doloroso. Occorre mettersi in pericolo, mettere in pericolo il proprio linguaggio, la propria conoscenza… e non è mai una questione tecnica ma di onestà. Tra la prima storia e le ultime sono passati trentacinque anni della mia vita. I quaderni sono tra le mie pubblicazioni più recenti. Spogliarsi è un qualcosa che si può fare quando già possiedi qualcosa. Sono due aspetti differenti: i primi sono lavori di narrativa, i quaderni sono dei documentari. Come ispirazione sono come i documentari di Herzog o di Wnders, sono un altro tipo di osservazione, due sguardi compatibili. In un caso vieni visitato dalla storie: è la tua memoria che lavora, filtra, rilegge delle cose che hai amato, visto, vissuto. Nell’altro caso vai on the road, come gli Impressionisti: esci e non hai più protezione, esci e incontri delle persone, non sai cosa succederà… sono le storie che ti vengono addosso, in qualche modo. Io questo lo dico, in modo forse smargiasso - dopo tanti anni - anche agli autori: siamo pieni di storie, è impossibile non avere delle storie da raccontare ma, in questo momento storico, in questa stagione, è importante riprendersi l’impegno. È importante non soltanto capire lo spessore della Cultura e della stratificazione del reale perché spesso ci troviamo di fronte ad una sua lettura semplifica, ma è anche importante l’impegno… quindi anche il “che cosa” raccontiamo. In questo momento storico credo sia molto importante. Anche i Quaderni mistici, a cui sto lavorando, sono un documentario incentrato su tre figure. Uno di questi è Pavel Florenskij, una delle figure più importanti della mistica del ‘900, un monaco russo che era anche un fisico e un matematico, ucciso con un colpo alla nuca nel 1937, durante le famigerate purghe staliniane. Viene chiamato il Leonardo da Vinci russo, in realtà secondo me era piuttosto il Pitagora russo perché credeva in una mistica matematica e in una matematica spirituale. Un uomo di un talento e di una umanità impressionanti, che scriveva di musica, letteratura. Era un fisico straordinario, del livello di Einstein, ed è stato ucciso perché non ha mai voluto rinunciare all’abito talare. Sempre parlando del “fetente”, Stalin diceva che “milioni di morti sono una statistica, ma un morto visto da vicino è una tragedia.” Questo è un qualcosa che io ho scolpito nella mia testa.
E sempre restando nell’ambito del discorso delle storie che ti vengono addosso quando sei on the road per documentarti, sono stato convocato a Parigi da Galia Ackerman, l’amica di Anna Politkovskaja, con cui sono stato in contatto per via dei Quaderni russi e che mi ha affiancato in diverse occasioni in incontri pubblici, e mi ha detto: “ho un libro per lei.” E mi ha consegnato un volume sui dossier dei servizi segreti sugli intellettuali e gli scrittori russi, che adesso sono stati nuovamente secretati da Putin. Io l’ho letto e davvero non è pensabile, non è concepibile quello che è stato fatto a questi intellettuali… quando leggo orrori simili perdo fiducia nell’umanità, non riesco a pensare che l’uomo sia questo arco splendido verso il sublime.
Azioni di una ferocia spaventosa però… il risultato che ottengono in uno che ha la testa dura come la mia è che mi caricano e vado da Gallimard a dire “io faccio i Quaderni mistici” e mi guardano terrorizzati...
Io non lo so perché. Sto lavorando per cercare di capirlo.
Chiocca: Dopo però te li fanno fare... Igort: Sì, me li fanno fare. Ma anche se non me li facessero fare li pubblicherei lo stesso. È su questo che non bisogna cedere. Nella mia vita ho lavato i camion, ho fatto il cameriere per mantenermi… non c’è nessun problema. Ho imparato delle cose importanti da questo: si possono fare anche dei lavori umili, ma non si può cedere su quest’altra cosa. È su questo che non si può cedere, non sul tipo di lavoro.
Se leggerete gli scritti di Florenskij… lui scriveva alla famiglia dal gulag in cui era prigioniero e nelle sue lettere sembrava che fosse in vacanza alle Bahamas… e riusciva a confortare la moglie ed i figli e ad occuparsi della loro educazione, quando anche loro erano puniti perché familiari di un deportato, non potevano studiare, non erano ammessi nelle scuole…
Questo è importante perché anche la lastra di marmo che ti arriva sopra, che ti polverizza gli ideali… se la sai usare diventa una piattaforma per rilanciare… Ecco questo certo di fare, nel mio piccolo…
Noi dobbiamo far bene quello che facciamo, qualunque cosa. Io non credo alla A maiuscola dell’Arte contrapposta all’artigiano, non mi porta. Mi importa poter seguire le cose che ritengo corrette, giuste. Si può vendere palloncini in modo sublime. Io racconto, ho avuto fortuna, ho sempre raccontato e ho sempre saputo di volere raccontare… non lo so perché. È una domanda che ci siamo fatti quando ci siamo rincontrati dopo vent’anni, nel caso specifico di Carpinteri che non vedeva Mattotti da 20 anni. “Perché noi?” “Perché noi ci siamo trovati e abbiamo deciso di crescere insieme?” Anche se non ci sentiamo, con Brolli, Carpinteri, Mattotti… loro sono stati dei compagni di strada, c’è stato un misurarsi forte.
Io non lo so perché. Sto lavorando per cercare di capirlo.
In un recente post sul suo blog il regista e fotografo Mitch Jenkins ha diffuso un divertente e, per certi versi, illuminante video con la partecipazione di Alan Moore in cui il duo, all'opera insieme su diversi progetti, elenca le "10 regole d'oro" della (loro) collaborazione.
Tra i passaggi del filmato mi ha particolarmente colpito l'affermazione seguente, che (in parte) riassume e chiarisce la carriera di Moore:
"Se stai facendo qualcosa e ti trovi perfettamente a tuo agio è probabile che questo sia dovuto al fatto che l'hai già fatto in passato, o che qualcun altro l'ha già fatto prima di te. Per cui ha poco senso rifarlo di nuovo. Affronta sempre progetti incredibilmente difficili e complessi che probabilmente saranno la tua rovina." [Alan Moore]
Ah... "la prima regola è: Non parlare mai del Fight Club."
Uno degli aspetti per me più stimolanti e positivi del Fumetto è la possibilità continua di scoprire e/o riscoprire autori e serie, amplificata ancor di più dalle attuali, sterminate opzioni di scelta e investigazione (più o meno causale, più o meno consapevole) offerte dal Web e dai supporti digitali.
È con questo approccio avventuroso che mi sono inizialmente imbattuto in Rete in JESSE JACOBS, giovane artista canadese con già all'attivo diverse pubblicazioni e la collaborazione con Cartoon Network
su Adventure Time. Jacobs ha uno stile inconfondibile, oserei dire lisergico, con un uso del colore assolutamente ipnotico e la costruzione di storie altamente immaginifiche. Insomma, un talento da tenere d'occhio.
E siccome le coincidenze non esistono, di recente (con colpevole
ritardo) mi sono regalato alcuni volumi della splendida collana The Best American Comics, che di anno in anno raccoglie il meglio della produzione nord-americana. Il volume 2013 vede Jeff Smith come editor ospite (non credo che Smith necessiti di presentazioni, vero?), affiancato ai curatori della serie Jessica Abel e Matt Madden.
I criteri di scelta adottati da Smith sono esposti chiaramente nella
sua introduzione, in una sorta di minimale manifesto programmatico:
"Originalità, padronanza degli strumenti e della sintassi per far
progredire il racconto vignetta dopo vignetta, e - aspetto più
importante - se il fumetto mi ha sorpreso, allora è stato inserito."
Naturalmente nell'ottima selezione di storie (o estratti di storie), operata da Smith, era presente anche JACOBS col suo The Divine Manifestation of a Singular Impulse tratto dal volume "By This Shall You Know Him"
pubblicato da Koyama Press: un racconto che vede protagonisti
degli esseri divini alle prese con i problemi della creazione della
vita, il tutto reso nello stile irresistibile e "sfrontato" di Jacobs.
"Il
mio obiettivo era quello di creare una storia che mi permettesse la
libertà di esplorare nuove trovate grafiche. Usare questi esseri
celestiali e la loro abilità nel manipolare le molecole mi dava la possibilità di disegnare praticamente qualsiasi stramberia mi
venisse in mente, potendola inserire nel libro mantenendo una certa coesione narrativa. È divertente disegnare cose strambe.", ha dichiarato JACOBS in appendice al volume.
Ed è piuttosto evidente - come si può constatare guardando le immagini a corredo di questo stesso articolo - che disegnare "cose strambe" sia un'attività che a Jacobs riesce particolarmente bene, no?
Il prossimo libro del talentuoso canadese, annunciato per Maggio 2014 da Koyama Press, si intitolerà Safari Honeymoon epromette altre stramberie ed eye candy.
Ecco cosa rivela la breve presentazione del volume sul sito dell'editore: "Unisciti a una coppia di novelli sposi mentre si inoltrano in una misteriosa foresta, incontrano creature sconosciute e visitano territori inimmaginabili. Nel mezzo di una flora e una fauna incredibile, i due scoprono dentro di loro stessi qualcosa di ancora più strano e terribile che nessun avvistamento durante il safari potrà offrire. Safari Honeymoon è un racconto, immerso nella giungla, d'amore e follia."
Copertina per il primo volume dell'edizione francese di Strangehaven.
Il 3 Dicembre scorso, quando davvero non me l'aspettavo più, l'amico Gary Spencer Millidge ha finalmente dato l'annuncio che attendevo - e non solo io, credo e spero - da taaaantooo, taaantissimooo tempo: Strangehaven, la serie culto creata, scritta e disegnata da Millidge, ritorna nel 2014!!! Ed è inevitabile pensare che di certo l'anno nuovo sarà un anno migliore!
Ho tradotto e curato, insieme a Omar Martini,l'edizione italiana di Strangehaven pubblicata da Black Velvet dal 2003 al 2006.
Mi ero innamorato della serie qualche anno prima (era forse l'altro millennio?), scoperta non mi ricordo più come (forse Gary e il fumetto erano stati segnalati sulla rivista Wizard? O mi confondo?). Mi avevano intrigato l'atmosfera estremamente british, i personaggi e la narrazione corale, le piccole cose che nascondono chissà quali segreti e... il richiamo a una certa misteriosa e morbosa atmosfera alla Twin Peaks. Insomma... un vero cult a fumetti!
Per Black Velvet uscirono in tutto 6 albi, che raccoglievano i primi 12 numeri auto-prodotti da Gary tramite la sua Abiogenesis Press. Il numero 7 - che avrebbe dovuto contenere gli albi inglesi N. 13 e 14 più una manciata di short collegate - per vari motivi subì dei ritardi, ma pareva pronto per essere presentato nel 2008 a Lucca (qui un post del periodo, i link all'intervista e preview sembra non siano più attivi): non uscì mai, ahimè.
Il N. 18 della serie originale, l'ultimo uscito, fece la sua comparsa nel lontanissimo Settembre 2005! Poi più nulla... sì, di tanto in tanto, nelle email più o meno regolari che scambiavo con Gary, lui mi rassicurava, "lo finirò, prima o poi... è la mia storia, la devo raccontare"; ed io replicavo, "ma quando?", e lui: “non preoccuparti, leggerai la fine… prima che arrivi il tempo dell’Apocalisse!”
Una evocativa tavola da Strangehaven N. 13.
E poi, ecco la buona novella: nel 2014 Strangehaven sarà serializzato su Meanwhile... una nuova rivista pubblicata da Soaring Penguin. Meanwhile... avrà una cadenza bimestrale e Strangehaven comparirà con 13-14 pagine in ogni numero. In questo modo il quarto e conclusivo volume della serie (6 numeri, dal 19 al 24 originariamente previsti) verrà completato nel 2016. Ma non corriamo troppo.
Per poter ultimare la sua storia Gary ha messo da parte l'intransigenza del self-publishing e ha accettato l'offerta dell'editore Soaring Penguin che lo pagherà per la realizzazione delle tavole ma gli garantirà il mantenimento dei diritti della serie. Un ottimo compromesso, dal mio interessato punto di vista, per "tutelare" sia l'autore che i lettori.
Insomma, l'attesa è quasi finita: anche se al momento non sono stati rivelati gli altri autori e fumetti coinvolti, a Maggio 2014 uscirà il primo numero di Meanwhile...e scopriremo finalmente che cosa è successo ad Alex Hunter e alla variegata umanità di Strangehaven.
Finalmente, con un po' di ritardo, sono riuscito a leggere il primo numero dell'attesissimo Sandman: Overture (mentre il secondo albo è stato rinviato di qualche
mese. La miniserie in sei albi, avrebbe dovuto avere cadenza bimestrale col N. 1 pubblicato alla fine dell'ottobre scorso. Il N. 2 sarebbe quindi dovuto
uscire per la fine dell'anno ma è stato rinviato a Febbraio 2014).
Senza rivelare dettagli della trama, mi limito a dire che ci troviamo di fronte a un interessante prologo che mette in scena alcuni elementi e personaggi e si chiude sul più
bello, lasciandoti con un lieve senso di insoddisfazione o con l'acquolina in bocca. La scrittura di Gaiman è... beh, puro Gaiman, i disegni di JH Williams sono
semplicemente spettacolari, con la sensazione che siano un gradino sopra alla storia raccontata (per lo meno, in questo N. 1).
Non resta che aspettare
l'evolversi degli eventi. Da stigmatizzare nell'albo l'inopportuna e disturbante presenza delle numerose pagine pubblicitarie che interrompono l'esperienza di lettura e
la sospensione dell'incredulità. Segnalo un paio di recensioni, per i più curiosi: alcune molto positive (qui e qui), alcune più critiche (qui e qui)
Sempre parlando di Sandman, e del suo 25esimo anniversario, da segnalare la mostra che si sta tenendo in questi giorni alla galleria Nucleus, con la partecipazioni di artisti come Jason Shawn Alexander, Yoshitaka Amano, Scott Hampton, Sam Kieth, Dave McKean, Greg Ruth, John Watkiss, J.H. Williams III e altri. Tutti in pezzi esposti sono in vendita: se volete fare o farvi un (costoso) regalo di Natale potrebbe essere un'idea. Magari...
Nel frattempo... in Italia, crescono le attese per la\il "rivoluzione\rilancio\rinnovamento", in atto, intorno al personaggio di Dylan Dog e alle serie a lui legate, sotto la nuova direzione di Roberto Recchioni.
In questi giorni si è diffusa la voce - confermata - che alcuni artisti la cui estetica e produzione in questi anni è stata, di certo, lontana da quella Bonelli sono al lavoro sull'Indagatore dell'Incubo: Ausonia ed AKAb. Questi sono solo i primi nomi di una lista ben più nutrita che non mancherà di destare interesse, aspettative e, forse, qualche polemica. Le indiscrezioni sui nomi avevano anche tirato in ballo il coinvolgimento di Gipi, ma l'artista toscano ha prontamente smentito: "La cosa che disegnerò un DD, almeno al momento, non è vera. Per la cronaca." (Gipi, 28 Nov 2013). Peccato, aggiungo io.
Al momento non sono noti tempi e modalità di questa collaborazione ma pare probabile che si tratterà di un albo\volume "speciale".
Sogni e incubi, almeno nei fumetti, non sono mai abbastanza!
In attesa di un dettagliato report dell'evento (prossimamente su queste stesse pagine digitali), mi affretto a informarvi che durante l'incontro tenutosi ieri nell'ambito della tre-giorni "Pazza Idea. Pensiero Creativo", IGORTha dichiarato che le "celebrazioni" legate al 30ennale di Valvoline Motorcomics non sono un' "operazione-nostalgia" e anzi, presto, lo stesso gruppo tornerà con nuovi esperimenti e lavori (anche usando i "nuovi" media). L'autore ha anche rivelato in anteprima che il progetto si chiamerà... Abracadabra Motorcomics! Inutile dire che il sottoscritto non vede l'ora.
L'incontro, ottimamente condotto dal regista e documentaristaRenato Chiocca, è stato l'occasione per parlare della nuova, eccellente edizione di Sinfonia a Bombay, appena stampato e disponibile in anteprima per l'acquisto. Ovviamente non me ne sono fatto scappare una copia.
E non poteva certo mancare lo sketch a impreziosire il volume!
A proposito di incontri con gli autori di Fumetto e di sketch, NICK BRADSHAW, l'apprezzato disegnatore di Wolverine and the X-Men (Marvel Comics), ha scritto oggi sulla propria pagina Facebook... svelando un'autentica trovata!
"Ho deciso di provare qualcosa di nuovo per le prossime convention. Per le persone che acquistano i miei cartonati, avrò a disposizione una varietà di sketch, realizzati precedentemente a mano su dei fogli adesivi, da attaccare sulla pagina interna della copertina (gratis: acquistate un volume e avrete uno sketch in omaggio). Il motivo di realizzarli prima è per non tirar via i disegni, non avere delle lunghe code e, aspetto più importante, per ringraziarvi per supportarmi con l'acquisto dei miei fumetti. Ho davvero apprezzato questo suggerimento da parte di un amico e voglio provare a vedere come funziona. Tutti gli sticker verranno ovviamente personalizzati."
Considerata la qualità di questi "sticker" direi che si tratta di un'ideona, no?
Bradshaw ha comunque precisato: "Per essere chiari: mi piace ancora fare sketch alle convention. Questi sticker sono solo per i momenti particolarmente concitati in cui devo iniziare a mandar via la gente. E non è per per fare dei soldi, è solo un ringraziamento. Per cui non sto pensando di vendere questi fogli adesivi, ne voglio avere solo qualcuno pronto come back-up quando le cose si fanno un po' folli."
Il meraviglioso mondo del Fumetto... degli autori e... dei fan!
Oggi il Bardo di Northampton compie... 60 anni! E mentre i festeggiamenti sono già iniziati e proseguono su Fumettologica, a cui ho contribuito in qualche misura, mi piace pensare di festeggiare tutti insieme (perché Moore è un po' l'"amato parente" di ogni appassionato della Nona Arte, no?) con un' "iniziativa", un "regalo" per i lettori amanti del Barbuto scrittore britannico.
Si tratta di un'ipotesi di antologico di storie brevi scritte da Moore nel corso della sua pluridecennale carriera, (a memoria direi) del tutto inedite in Italia: non sarebbe male averle tutte in un unico libro (con qualche aggiunta di altre short edite ma ormai introvabili come, ad esempio, la storia di Dame Darcy apparsa sull'Alan Moore: Ritratto), magari con delle note introduttive che dessero qualche coordinata storica o commento "critico". Un'idea questa che proposi in passato, senza successo, considerata anche la complessità di un volume simile, a qualche editore italiano. Chissà che magari, un giorno... ma questa sarà tutta un'altra storia.
Nel seguito troverete una vignetta introduttiva, il titolo e un link a sito o blog dove qualche "volenteroso" ha postato le scansioni delle storie in esame (hurm... in Inglese, sorry).
Buona visione (e lettura)!
E... TANTI TANTI AUGURI al Barbuto per altri 60 anni di storie e racconti!!! :)
E visto che stiamo "sognando", non sarebbe male vedere realizzata la sceneggiatura de Il ventre di una nuvola, tradotta da L. Rizzi e inclusa nel 2011 nel volume Le Straordinarie opere di Alan Moore (di George Khoury, Black Velvet Editrice). Magari illustrata da un disegnatore Italiano.
Si tratta di una imperdibile (e corposa) biografia dello scrittore di Watchmen e V for Vendetta, destinata a diventare un classico e un riferimento imprescindibile.
Il 22 Ottobre scorso è "apparso" in Rete un nuovo sito italiano dedicato al mondo della Nona Arte: FUMETTOLOGICA. Nato su "spinta" di Matteo Stefanelli (nota personalità e apprezzato studioso di Fumetto ed, in tempi recenti, animatore di Fumettologicamente) e con il contributo essenziale della "banda" di Conversazioni sul Fumetto, primo tra tutti Andrea Queirolo (ma anche di altre autorevoli firme), dopo pochi giorni di vita online è già un punto di riferimento imprescindibile - forse "agognato" da tempo - e di evidente qualità per tutti coloro - appassionati, addetti ai lavori, curiosi o "semplici" navigatori della Rete - con un qualche interesse per il Fumetto e le sue mille influenze e relazioni con le altre Arti.
Certo dispiace che Fumettologicamente e sopratutto Conversazioni sul Fumettoabbiano entrambi interrotto i loro aggiornamenti e restino in Rete "solamente" a testimoniare l'egregio lavoro svolto in passato, ma FUMETTOLOGICA(esprimo qualche personale perplessità sulla scelta del nome, scusate) rappresenta di sicuro un passo avanti, una scelta nuova e (forse) più "professionale", con un (ipotizzo) "modello" di business che va oltre il "generoso" volontariato di qualità.
Di sicuro io lo seguirò con attenzione, non escludendo la possibilità, prima o poi, di una collaborazione. Forse servirebbero altri "esperimenti" dello stesso tipo, animati da una analoga progettualità e "compostezza" nel trattare la materia... Chissà.
Da parte mia, non preoccupatevi, questo piccolo blog continuerà a stare online. Fino a che non mi stancherò.
"Ci siamo dati due anni di tempo, destinando le risorse necessarie per far navigare sereno il nostro battello, non grandissimo, ma solido. Poi c’è il fatto che sbaglieremo forte, sbaglieremo duro. Lo sappiamo, e speriamo vorrete un po’ capirci, e un po’ aiutarci, come abbiamo fatto qui, in rete. L’obiettivo, a noi, pare molto chiaro: fare qualcosa di nuovo e di utile (speriamo anche di bello), facendo una cosa piccola ma ambiziosa, e vedere cosa diventa."