giovedì 13 febbraio 2014

Pasquale Frisenda: il western, Tex, le Storie

Dettaglio da "Tex - Last stand", disegno su commissione, 2013.
Eccoci alla prima intervista del 2014 ed è per me un vero onore aver la possibilità di iniziare l'anno "chiacchierando" con un disegnatore e illustratore straordinario, PASQUALE FRISENDA, una delle "matite" più apprezzate in forza alla Bonelli, autore di Patagonia, una delle più acclamate storie di Tex, l'icona del Fumetto italiano.

Nell'augurarvi buona lettura, segnalo il sito di Frisenda - qui - ricchissimo di materiali e novità sulla sua produzione (e non solo).
Un grazie speciale a Pasquale Frisenda per la sua disponibilità e il tempo concessomi. 

L'intervista è stata condotta via email e ultimata nel mese di Febbraio 2014.
Tutte le immagini a corredo sono opera di Pasquale Frisenda e tratte dal suo sito.
Ken Parker - Il manto bianco, cartolina pubblicitaria, 1996.
Ken Parker, Magico Vento, Tex: il western, pur con varianti e contaminazioni da altri generi, sembra una costante nella tua carriera. Cos’è per te il western? Qualche parola sulle differenze tra i tre personaggi sopracitati su cui hai lavorato?
Il western mi appassiona da sempre, e questo interesse credo che nacque proprio grazie ai fumetti che leggevo da bambino (tra cui "Tex" e "Zagor") e anche ai tanti film e telefilm che seguivo in televisione.
Non fu l'unica mia passione, chiaramente, ma di certo una delle più coltivate.
Per me, allora,  fu una grande finestra sul mondo dell'avventura, che presentava così tante situazioni e formato da così tanti ambienti, oltre che personaggi e popoli, da sembrare infinito.
Oggi, e da molto tempo, ormai, il genere vive un periodo di crisi, ma non ha certo smesso di avere cose da dire, e per fortuna suscita ancora interesse per permettere a nuove produzioni, anche pregevoli, di essere realizzate, sia nel mondo del fumetto, che in letteratura e al cinema.
Parlando di fumetti, qui in Italia non si può ovviamente non citare "Tex", che dal 1948  rappresenta una vera bandiera del western.Come detto, "Tex" è stato uno dei primi fumetti da me letti (insieme a "Zagor", molti Disney e molti supereroi, soprattutto quelli della Marvel degli anni '70 e '80), e verso il personaggio di Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini ho conservato un forte affetto e attenzione nel corso degli anni, pur passando attraverso molte altre letture, tra cui molte altre serie della Bonelli, tipo la "Storia del West" di Gino D'Antonio, il "Mister No" di Guido Nolitta e Gallieno Ferri, "Ken Parker" di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, "Martin Mystére" di Alfredo Castelli e Giancarlo Alessandrini, "Dylan Dog" di Tiziano Sclavi, e poi le tante riviste presenti in edicola in quegli anni, come "L'Eternauta", "Comic Art", "Orient Express" (solo per citarne alcune), che presentavano una panoramica molto ampia sulla produzione a fumetti mondiale, ma "Tex" restava (e resta ancora) un personaggio sempre presente tra "le cose da leggere", e dunque, quando nel 2005 mi è stata offerta la possibilità di disegnarlo, per me fu una cosa non da poco accettare di farlo.
"Tex" ha delle caratteristiche (caratteriali ed editoriali) ben delineate, anche se nel corso degli anni, per ovvie ragioni, alcuni suoi aspetti sono stati adattati ai tempi per permettergli di restare sempre fruibile e non perdere il contatto con i lettori.
La serie ha una struttura di stampo classico, che garantisce sempre una grande leggibilità, ma dai confini così ampi che, a distanza di quasi settant'anni, ha ancora cose da dire e raccontare, e questo grazie alla preparazione e alla passione degli autori che si sono succeduti negli anni.
Tex è l'eroe per eccellenza, sempre al centro dell'attenzione (con poche eccezioni) e vero risolutore delle situazioni in cui si imbatte, tanto è capace di giudicare le persone e di individuare il male, in ogni sua forma.
Per quanto alcune storie siano decisamente corali, Tex deve restare sempre visibile, emergere in qualche modo, essere il faro che guida gli eventi (e il lettore) durante le sue avventure mensili.
"Tex Willer", bozzetto, 2009.
Disegnare Tex oggi significa sapere tutto questo, valorizzare le sue particolarità, cercando, quando è possibile, di inserire anche elementi nuovi a livello grafico (ma tenendo presente e facendo tesoro dell'enorme bagaglio di immagini che la sua storia editoriale propone), per farlo restare sempre attuale e cercando di rappresentare al meglio il mondo che lo circonda.
Non è semplice, e non si sa se ci si riesce sempre, ma la sfida è comunque appagante, perché si sta parlando di un vero mito a fumetti (non credo che esistano molti altri personaggi che possano vantare al mondo una così lunga serie di pubblicazioni, e senza mai interruzioni o reboot).
Prima di arrivare a "Tex", ho comunque disegnato altri due personaggi western che a loro modo hanno segnato (e profondamente) la storia di questo genere in Italia: il già citato "Ken Parker" e "Magico Vento".
Senz'altro diversi tra di loro (come anche da "Tex"), ma anche con non poche affinità.
"Ken Parker" fu il primo personaggio di rilievo a cui collaborai, e l'esperienza fatta nello studio di Ivo Milazzo per arrivare a disegnarlo è stata per me determinante, non solo per la serie di "Ken Parker", ma proprio per capire cosa significava essere un disegnatore di fumetti.
La ricerca di documentazione, le continue prove sulle tavole a matita per tentare di trasferire sul foglio delle atmosfere, delle espressioni e di essere il più possibili efficaci dal punto di vista narrativo, furono tutte cose che io appresi li, in quegli anni.
Ho cercato sempre di restare fedele a quell'idea di fumetto, che sento profondamente mia, anche se le influenze, nel corso degli anni, sono state infinite.
"Ken Parker" è un personaggio che ha esigenze diverse da "Tex", che si muove, pensa e agisce in maniera differente, restando spesso in secondo piano e, a volte, anche perdendo la causa per cui si è battuto.
Un disegnatore che affronta un personaggio simile deve essere pronto a lavorare sulle sfumature, sia delle espressioni che dei gesti, senza mai enfatizzarli in maniera innaturale (Ken non è un eroe, e non deve avere pose da eroe), oltre che cercare di rappresentare un ambiente molto realistico, decisamente "epurato" dal mito (che invece in una serie come "Tex" è necessario evidenziare) ma più figlio del revisionismo che il western ha avuto negli anni '70 al cinema, tutte cose che sono fondamentali per far sì che le calibrate sceneggiature di Berardi (spesso di forte impronta letteraria) e dei vari sceneggiatori che hanno collaborato alla serie (gente come come Castelli e Sclavi) possano esprimere tutto il loro valore.
Copertina di Magico Vento N. 64.
Molto di questo tipo di scuola di pensiero si può ritrovare anche in "Magico Vento", la serie horror/western creata da Gianfranco Manfredi nel 1997, che ha avuto un buon riscontro tra i lettori.
In "Magico Vento" si trova la giusta commistione tra le caratteristiche del West di "Tex" e di "Ken Parker", perché è fatto sia di mito che di realtà: il personaggio di Manfredi aveva infatti bisogno di una forte ricerca iconografica sul mondo del West e dell'America dell'800, oltre che sulla storia dei popoli nativi di quelle zone e del loro folklore e leggende, il tutto mescolato sapientemente con la letteratura gotica che in quegli anni stava emergendo negli States.
Una serie dunque molto stimolante dal punto di vista del disegno, che cercava di dare una nuova interpretazione del genere western, cosa che ha poi permesso a molti disegnatori (MV fu la palestra di quasi un'intera e nuova generazione di autori western) di esprimersi con ben poche limitazioni e, di conseguenza, di far acquistare alla collana una sua identità grafica ben precisa e molto moderna.

La tua opinione sul personaggio Tex e sul suo impatto così duraturo e di successo sul mercato Italiano? Basta vedere i numeri, ad esempio, della recente ristampa a colori allegata a La Repubblica. Come si spiega? O meglio come la spieghi da autore coinvolto in prima persona e conseguentemente da una posizione d'osservazione (forse) privilegiata?
È difficile spiegare il successo di "Tex", che ancora oggi continua ad essere il fumetto più diffuso in Italia, e persino Sergio Bonelli non sapeva come ben descriverlo.
In buona parte credo che Tex sia stato il sinonimo stesso di avventura per diverse generazioni di lettori, e che, a differenza dei tanti eroi a lui seguiti, le sue (granitiche) caratteristiche lo abbiano fatto identificare come l'eroe vero, di un tempo, imbattibile anche se deve a volte soffrire per far emergere la giustizia (e quella di Tex  è sempre la giustizia giusta).
Tex è diventato un qualcosa di particolare per moltissimi dei suoi lettori, e cioè un amico fedele, preciso, onesto e giusto (oltre che puntuale nell'immancabile appuntamento in edicola).
È un aspetto, questo, quasi magico,  che non sempre scatta tra lettori e personaggi, per quanto siano amati.
Con Tex è accaduto, e almeno quattro generazioni di lettori hanno seguito le sue gesta (avute come un’eredità, a volte) , mese dopo mese, albo dopo albo, dal 1948 in poi, arrivando ai nostri giorni.
Come dicevo prima, non ci sono molti personaggi che hanno goduto di una vita editoriale così lunga e florida (ora mi vengono in mente solo "Lucky Luke", Superman" e "Batman"), ma nessuno con i numeri di Tex: una pubblicazione mensile che, ininterrottamente, senza rilanci di nessun tipo, è sempre stata in cima alle vendite della storia del fumetto in questo paese.
Posso dire solo che "Tex" è una "cosa a parte". "Tex" è "Tex".
Tavola da Patagonia.
Patagonia è stato il tuo primo, direi “sontuoso” esordio sul ranger di casa Bonelli. Guardandoti indietro cosa ti è restato di quell’esperienza sul Texone? Qualche aneddoto da raccontarci in merito?
"Patagonia" è stato un vero punto di svolta, per me.
Quando Sergio Bonelli mi affidò il progetto, io fui molto incerto sull'accettarlo o meno: non mi sentivo per niente pronto ad affrontare un impegno simile (per chi conosce la serie dei Texoni, sa che sono di regola affidati ad autori con una consolidata carriera alle spalle).
Fu proprio la passione che Bonelli metteva nelle cose che faceva (e diceva) che mi fece poi accettare di farlo.
Anni prima la proposta di un mio coinvolgimento nella serie dei texoni era già stata fatta da Decio Canzio (lo storico direttore della SBE, scomparso da poco), ma ero troppo preso con la serie di MV e il tutto fu rimandato a data da destinarsi.
È stato sicuramente meglio così, perché ancora dovevo maturare tanti aspetti del mio disegno, ma la cosa mi fece ovviamente piacere (e quella fu solo una delle tante attenzioni che Canzio ebbe nei miei riguardi, e tante di esse le ho scoperte troppo tardi per poterlo ringraziare).
Quando Sergio Bonelli decise di farmi provare, probabilmente era arrivato il momento migliore, anche se ero ancora molto giovane e con una carriera ancora da dimostrare (io e Goran Parlov siamo, per ora, tra i disegnatori più giovani che si sono cimentati con il Texone).
Per iniziare, Bonelli stesso mi fornì della documentazione, tra illustrazioni, disegni a fumetti e anche dei film (che vidi in redazione e da cui trassi non poche suggestioni).
Non volevo in nessun modo deludere la sua fiducia e quella di Canzio, e nella realizzazione delle 240 tavole di "Patagonia" ho cercato di metterci dentro tutto quello che avevo imparato fino ad allora, ma cercando anche di trovare nuove soluzioni grafiche adatte alla storia che mi era stata assegnata e al nuovo impegno professionale, oltre che cercare di non far avere alle tavole nessun cedimento, dalla prima all'ultima, nonostante il lungo tempo impiegato a finirlo (tre anni di lavoro).
L'autore della sceneggiatura, Mauro Boselli, è stato una figura fondamentale per permettermi di realizzare il volume rispettando i canoni di Tex, senza eccessi o sbavature, riportandomi, quando era necessario, nei "binari giusti", ma questo senza limitare le proposte e gli stimoli che gli arrivavano dalle tavole (la ricerca iconografica è stata lunga e impegnativa per entrambi, e Mauro si è rivelato un autore preparatissimo e dalla solida professionalità, ma anche pronto alla discussione, se gli porti degli argomenti validi).
I tanti consigli avuti da Sergio Bonelli e Mauro Boselli durante quel lavoro, mi hanno permesso di capire ed entrare nel mondo di Tex, per arrivare a farlo a modo mio (come voleva Bonelli) ma prendendo coscienza delle esigenze narrative del personaggio (cosa cara a Boselli).
In "Patagonia" si può trovare dunque il risultato del lungo lavoro fatto in quegli anni e la visione del personaggio che ho io, ma anche tutta la maestria narrativa di Boselli (la storia è stata accolta con grande calore dai lettori) e la passione che Sergio Bonelli metteva nel suo lavoro (ogni tavola consegnata in redazione veniva da lui visionata, e anche in quel caso fu così. Per me ogni volta era una grande prova, oltre che emozione, superare il suo giudizio. E l'approvazione che diede al volume alla fine del lavoro, prima della pubblicazione, la ricordo come uno dei momenti più significativi della mia carriera).

È stata annunciata una edizione per Bao. Che cosa conterrà di nuovo? Puoi anticiparci qualcosa?
Sì, uscirà alla fine di quest'anno (credo per Lucca), conterrà molto materiale inedito, tra schizzi, bozzetti, e tavole a matita, e avrà anche una nuova copertina. 
Una tavola da Tex N. 635.
Sono passati quattro anni e sono arrivati i due albi della serie regolare in sequenza, N.635 e 636, sempre su testi dell’instancabile Boselli. Il lettore magari avrà pensato che fine avessi fatto, ma ovviamente… stavi disegnando! Ecco, mi piacerebbe chiederti un po’ del tuo ritmo di lavoro. Hai una “routine” simile ad un lavoro “normale” oppure ti lasci andare all’estemporaneità dell’estro e magari un giorno non lavori e il giorno dopo, in preda all'ispirazione e alle scadenze comunque da rispettare, lavori 16 ore di seguito? Lavori in casa o in uno studio? Che strumenti usi? Tecniche tradizionali o digitale?
Sì, in questi anni ho realizzato la nuova storia di Tex (due albi completi, usciti in edicola tra il settembre e l'ottobre dell'anno scorso), ma ho fatto anche una breve storia di "Dylan Dog", pubblicata nel 2010 nel Color fest n.5 (sono 33 tavole, colorate anche da me), e un'altra storia breve per l'iniziativa "150 anni - Storie d'Italia", pubblicata nel 2011 e ovviamente legata ai 150 anni dell'Unità d'Italia, a cui hanno collaborato anche Sergio Toppi, Corrado Mastantuono, Giorgio Cavazzano, Marco Nizzoli, Carlo Ambrosini, Ivo Milazzo (che è stato anche il coordinatore dei lavori) e Francesco Artibani, l'autore dei testi.
In più ho disegnato illustrazioni varie e per diverse iniziative, tra cui la mostra "Quando il West tornò a Lucca", voluta e organizzata da Angelo Nencetti e a cui hanno collaborato anche Giovanni Ticci, Renzo Calegari e Sergio Tisselli, che è iniziata nell'edizione di Lucca comics del 2013 ma che è ancora in corso (durerà fino alla fine di marzo), divisa fra il MUF, il Museo del fumetto di Lucca e il Palazzo Guinigi.
Per quanto riguarda la gestione del lavoro, invece, cerco di rispettare una routine che mi permette di disciplinarmi e di coordinare abbastanza bene il tutto, ma non sempre riesco a mantenerla, e dunque a volte bisogna recuperare del tempo perso o investito in altre iniziative, e allora le ore di lavoro sul tavolo da disegno non si contano più.
Io lavoro a casa, e uso strumenti esclusivamente tradizionali (matite; pennarelli graduati di varie marche, perlopiù dallo 02 allo 08; un pennello Windsor e Newton n. 4; china, per il fumetto in bianco e nero o in mezza tinta; acquerelli, ecoline, pastelli, matite e tempere, per i disegni a colori; come carta uso Fabriano Tecnico6 o SchoellerHammer).
Tavola da "Dylan Dog Color Fest" N. 5, 2010.
Del tuo stile - evidente ad esempio in Tex specie nelle vignette mute o “panoramiche” - ho sempre apprezzato la potenza evocativa - la resa dell’arsura, del sole a picco, della fatica, della polvere… - dettagli che di fatto, magari passando (apparentemente) inosservati, caratterizzano in maniera essenziale la lettura e rendono “credibile” l’immersione nella fiction. Che cosa puoi dirmi di quest’aspetto del tuo lavoro e, forse, di questa tua “attitudine” di disegnatore?
Ti ringrazio dell'apprezzamento, intanto.
Questo è un aspetto che mi sta molto a cuore, quello cioè di riuscire a trasmettere a chi legge delle sensazioni attraverso il disegno.
Sin dalla prima vignetta della prima tavola (di solito è una quadrupla), cerco di colpire la fantasia del lettore, in modo da farlo immergere all'istante nell'albo che ha deciso di acquistare, di fargli sentire, se è possibile, l'atmosfera della storia e fargli arrivare, nel migliore dei casi, anche delle emozioni.
Cerco di dare l'idea delle cose (sia che si parli di espressioni, di ambienti o oggetti), di rendere realistico o credibile quello che il lettore vedrà, ma senza per questo cercare di voler essere iperrealista, ma anzi muovendomi tra diverse interpretazioni possibili del disegno, tra il puramente realistico e il puramente grafico: a volte mi piace "caricare" le vignette di dettagli (se la situazione che si deve raccontare lo richiede o lo permette), mentre in altri casi preferisco risolvere dei passaggi narrativi con delle vignette assolutamente sintetiche, composte sia da pochi segni che da pochi elementi.

Oggi il Fumetto affronta la sfida della modernità – con la nota diversificazione dell'offerta di “intrattenimento” - e del digitale. Qual è la tua idea in merito, in relazione al “futuro del Fumetto”?
Questo che stiamo attraversando è un periodo molto particolare e sicuramente difficile. Di transizione, direi. Cosa sarà il fumetto in futuro, come verrà letto e cercato, non so dire, onestamente (ma almeno come fruizione, credo che in buona parte resterà sul supporto cartaceo, ma probabilmente ci sarà un incremento del fumetto letto sullo schermo di un tablet o di un pc).
Alcuni lo danno per finito (ma sono decenni che sento dire queste cose, eppure...), alcuni dicono che diventerà una nicchia per collezionisti, altri ancora che sarà solo un laboratorio di idee da sviluppare in maniera ancora relativamente economica per poi poter essere sfruttato altrove e con altri media (e in effetti questa cosa sta già accadendo in America, con l'enorme sfruttamento cinematografico e televisivo avuto da molte serie)... io non ho idee precise in tal senso, ma se il fumetto avrà la forza di sopravvivere lo dovrà unicamente alle proposte e alle idee che ci verranno investite all'interno, da parte di autori ed editori.
Il resto, la risposta del pubblico, verrà da sé (o me lo auguro).
Io voglio credere che l'identità del fumetto come mezzo di comunicazione sia ancora precisa e identificabile, oltre che preziosa per quello che è, cioè il piacere della lettura abbinato a immagini che possono arrivare a creare e far "vivere" interi mondi, e solo mostrandoli su fogli di carta.
Una cosa apparentemente molto semplice ma così capace di incidere profondamente (e in maniera sana, penso) l'immaginazione, sia di chi lo legge che di chi lo fa.

Segnali di “rinnovamento” si notano di recente, magari in maniera più vivace rispetto al passato, in casa Bonelli: le nuove serie a colori; i monografici; il nuovo sito; il tentativo di “rinnovamento”  di un personaggio iconico come Dylan Dog sotto la direzione di Recchioni; la recente notizia dell’arrivo, sempre sul detective dell’incubo, annunciato più o meno ufficialmente, di autori considerati “lontani” come Ausonia, Akab… che ne pensi?
Vedo che le iniziative in Bonelli si stanno moltiplicando, e questo per tentare, ovviamente, sia di creare curiosità intorno ai vari progetti che di tentare nuove strade. So poco delle iniziative legate a "Dylan Dog", dunque non mi esprimo ma auguro un buon lavoro a chi ne è coinvolto.
"Batman 1939 - Omaggio a Bob Kane e Bill Finger", 2011.
Prossimi impegni? Novità? Qualche incursione al di fuori del western? Desiderio di scrivere o di realizzare qualcosa come “autore completo”? Puoi rivelarci qualcosa?
Ora sto disegnando un albo per "Le Storie" (una delle ultime iniziative della SBE, che si sta rivelando anche tra le più stabili in fatto di vendite), che avrà alcune particolarità grafiche al suo interno.
E' un vecchio progetto che con Tito Faraci (è lui l'autore della sceneggiatura) avevamo sviluppato tanti anni fa per la Francia ma che, per diverse ragioni, legate perlopiù proprio al discorso grafico che accennavo, non si è più realizzato.
Qualche mese fa, invece, ci è stato proposto dalla Bonelli di riprenderlo e adattarlo per "Le Storie", e sia io che Faraci abbiamo accettato.
A parte questo, sto sviluppando un altro lavoro con Francesco Artibani, una storia a cui tengo molto e che spero possa arrivare a concretizzarsi a breve.
Ho anche un altro impegno, preso da poco e che riguarda gli Stati Uniti, ma ora è troppo presto per parlarne.
In ogni caso, tutte queste storie non presenteranno ambienti western.

Per chiudere due domande “curiose”. Sulla voce a te dedicata su Wikipedia si legge: “Nel 1993 avrebbe l'opportunità di esordire come disegnatore di Topolino nel quarto episodio della Saga della Spada di Ghiaccio sceneggiato da Antonio Serra, ma alcuni dissidi causarono la sostituzione del team creativo.” Che cosa puoi dirmi in merito? Ti confesso che la cosa mi ha sorpreso, mentre ricordo bene la tua storia su Cyborg… 
Wikipedia può essere un'ottima fonte di informazione, ma, per come è realizzata, c'è sempre il rischio di trovarci all'interno anche delle vere fesserie, tra cui quella che ti è capitato di leggere.
Tempo fa avevo letto, ad esempio, che l'origine di "Batman" era dovuta al morso di pipistrello radioattivo...
Di burloni in giro ce ne sono a mazzi, come sappiamo, come anche tanta gente che evidentemente ha tempo da buttare, ma spero che, in questo caso, la cosa sia frutto invece di un banale errore.

5 buoni fumetti che hai letto (o riletto) di recente e ti senti di consigliare.
Di recente ho riletto diverse cose che ho qui a casa, tra cui tutta la serie de "La Casta dei Meta-Baroni", di Alejandro
Jodorowsky e  Juan Gimenez, che ho trovato davvero notevole, sia come livello di immaginario proposto che di disegno; poi "Sharaz-de" di Sergio Toppi, che rimane una vera sorpresa ad ogni lettura; un albo della "Storia del West" scritto e disegnato da Gino D'Antonio e intitolato "I mercenari" (uno di quegli albi che non posso iniziare a sfogliare senza rileggermi tutta la storia per l'ennesima volta), e ho cominciato a prendere in edicola le storie Disney realizzate da Romano Scarpa... ho poi letto e apprezzato molto "Yaxin - il fauno Gabriel (canto I)" di Dimitri Vey e Man Arenas , che consiglio caldamente a tutti.

[Il sito di Pasquale Frisenda: qui]
Le interviste precedenti:

lunedì 10 febbraio 2014

Alan Moore: Biographic... in arrivo!

Ne avevo già parlato in passato, qui e qui, ma sono lieto d'annunciare che Alan Moore: Biographic, "biografia per immagini" dello scrittore britannico realizzata da Gary Spencer Millidge è finalmente stampato e disponibile (se non lo è ancora, lo sarà a brevissimo; tempi della distribuzione permettendo) in tutte le Italiche fumetterie (e non solo, visto che il volume è stato prodotto in contemporanea anche in lingua Spagnola).
Il volumetto, edito da 001 Edizioni, da me curato e tradotto, arricchito da una selezione di 60 estratti ("ragionati") da interviste al Barbuto di Northampton, doveva uscire originariamente per Lucca dello scorso anno, in occasione del 60esimo compleanno di Moore, ma qualche problema nella lavorazione ha causato lo slittamento dell'uscita al 2014. Insomma, tutto bene quel che finisce bene!!!

Quindi buona lettura a tutti e... se passate da queste parti, lasciate pure un parere sull'edizione!

giovedì 6 febbraio 2014

SEMPRE IL RE!!!

Illustrazione di Jack Kirby!
20 anni dalla scomparsa di Jack Kirby. Lunga vita al Re!
Sempre Re, sempre con noi, amanti della Nona Arte.

5 anni fa, postai questo, sempre "valido", credo.
E qualche anno fa questo.

"Jack Kirby è stato l'autore più grande e luminoso di una generazione che ha messo così tanto amore nei fumetti che la nostra intera industria è stata costruita su di esso." [Frank Miller, 1994]

E visitate il Jack Kirby Museum!!!
Tavola da The Demon N. 3, 1972.
Segnalo anche il bel contributo firmato da Mario Atzori su Lo Spazio Bianco: qui.

mercoledì 5 febbraio 2014

recensioni in 4 parole [11]

Imperfetta autobiografia d'artista.
Scontri. Generazioni. Natura. Modernità.
Battling Boy Vol. 1
Grandi e piccini: avventura!
Geniale. Imperdibile. Potente. Intreccio.

*********

Abbiamo detto 4 parole su:
Graphic novel is dead
Storia e disegni: Davide Toffolo
Editore: Rizzoli Lizard
Formato: brossura, 144 pagine, colore
Prezzo: € 16
Anno di pubblicazione: 2014
Per qualche parola in più: QUI.

The Park (Inglese)
Storia e disegni: Oscar Zarate
Editore: SelfMadeHero
Formato: cartonato, 160 pagine, colore
Prezzo: £15.99
Anno di pubblicazione: 2013
Per qualche parola in più: QUI. (in Inglese)

Battling Boy Vol. 1 
Storia e disegni: Paul Pope
Editore: Bao Publishing
Formato: cartonato, 208 pagine, colore
Prezzo: € 19
Anno di pubblicazione: 2013
Per qualche parola in più: QUI

unastoria
Storia e disegni: Gipi
Editore: Coconino Press/Fandango
Formato: brossura, 128 pagine, colore
Prezzo: € 18
Anno di pubblicazione: 2013
Per qualche parola in più: QUI.

lunedì 3 febbraio 2014

opinioni sul fare fumetti... [3]

Nel seguito le parole (tutte datate 2013, ma sempre valide direi) di un disegnatore (e non solo), Joe Madureira, di uno sceneggiatore, Charles Soule, e di... beh, una leggenda del Fumetto, Jim Steranko. Buona lettura!
Joe Madureira: sketck preparatorio per copertina di Savage Wolverine N.7.
Joe Madureira è autore e illustratore che non necessita di particolari presentazioni, amatissimo dal pubblico, ha saputo coniugare supereroi e manga con un segno fresco e riconoscibilissimo che ha fatto "tendenza" in USA (e non solo). Dopo aver "abbandonato" i fumetti per i videogame è tornato da qualche anno a collaborare con la Marvel. Nel seguito trovate un estratto dal suo "Art advice", "consigli per gli artisti", pubblicato nel mese di Aprile 2013 sul suo profilo Facebook. Potete leggerlo integralmente qui.

5) Ecco la COSA IMPORTANTE. L’ostacolo più grande che dovrai superate è TE STESSO. E la Paura che stai creando nella tua testa. Pensa positivo. Smettila di ostacolarti. Ci sono disegnatori che conosco che sono così dannatamente bravi che mi fanno pisciare nei pantaloni. Guardo questi bastardi. Studio la loro roba e voglio disegnare come loro. E quasi sempre loro NON stanno lavorando a progetti PERSONALI. E… sorpresa, non sono felici del loro lavoro. “Perché NO?! Che c@$$o c’è che NON VA IN TE?!” è di solito la mia reazione. E la risposta è quasi sempre: “Al momento il mercato non va bene.” “Altre storie/videogiochi/fumetti simili ai miei non stanno andando molto bene.” “La roba che va per la maggiore ora non è come la mia, sarebbe un fallimento.” “Non sono sicuro di essere bravo abbastanza.” “Ho bisogno dei soldi.” “É troppo rischioso.” “Ci ho provato in passato e ho fallito.” Non importa quello che dicono, sono impauriti, per un motivo o per un altro. Lo so. Ci sono passato anche io.

Ma ecco come vanno le cose. DEVI PRENDERTI DEI RISCHI. E sai come finirà? È MOLTO PROBABILE CHE FALLIRAI. Ma se lo vuoi, se DAVVERO vuoi, questo non ti fermerà. Imparerai TANTISSIMO. Il mio caro amico Tim
[Townsend, N.d.T.] mi prende sempre in giro perché mi butto giù dagli aerei senza paracadute e mi preoccupo dell’atterraggio nel mezzo della caduta. Potrai pensare che sono fortunato, che per me sia facile perché ho già avuto successo, che io mi trovi in una situazione diversa dalla tua. Ma non è vero. Un rischio è un rischio, non importa quale sia la tua condizione. Se hai già avuto successo, semplicemente prenderai rischi ancora maggiori. Ma il rischio rimane. Ogni cosa nella vita è Rischio contro Ricompensa. Non solo nella carriera. Nella VITA. Faresti meglio ad abituartici.
[Il resto qui]
Copertina di Swamp Thing N.30 di Jesus Saiz.
Charles Soule, sceneggiatore al momento impegnato a scrivere ben sette (!) serie mensili per le principali case editrici di comics - Superman / Wonder Woman, Swamp Thing e Red Lanterns per la DC; Thunderbolts, She-Hulk e Inhuman per la Marvel, e la serie creator-owned Letter 44 per la Oni Press (qui è possibile leggere l'interno primo numero, in Inglese, of course) - spiega, sul suo blog, come riesca a tenere un simile ritmo. Ah, nel tempo "libero" lavora anche per uno studio legale. Trovate tutti i dettagli del modus operandi di Soule qui; nel seguito potete leggere la traduzione di due degli otto punti da lui elencanti.
1. DECIDI. Questa è, in fin dei conti, la cosa più importante. Ho pensato a questo percorso con attenzione, ho deciso che ero in grado di gestirlo e farò tutto quello che è necessario per realizzare la frase precedente. Abbiamo tutti molto più tempo e capacità di concentrazione di quello che pensiamo. Siamo in grado di fare cose incredibili. Dobbiamo solo decidere di farle.

7. STAI SEDUTO E NON ALZARTI. Quando è il momento di scrivere, siediti e non alzarti fino a che non hai finito. Di solito scrivo una sceneggiatura completa in un giorno, più spesso in 3-5 ore. Spesso vado da qualche parte che non sia il mio solito ambiente, spesso uno tra diversi coffee shop e bar locali (penso che i bar siano meglio in fase di pre-scrittura mentre i coffee shop siano meglio per stendere la sceneggiatura, ma a ognuno il suo), ma il tuo chilometraggio potrà essere diverso. Il punto è che cerco di mettermi in una situazione in cui posso soltanto scrivere: spengo il telefono, spengo internet, etc.. Potrà non funzionare per chiunque - alcuni scrivono “a pezzi” e funziona perfettamente - ma qui non si parla di come loro scrivono, ma di come io scrivo.
[Il resto qui
Alcune vignette tratte da Frogs di Jim Steranko.
In occasione della ristampa di "Frogs", storia sperimentale edita nel 1973 su Comixscene e ora inclusa nell'annual del rinato antologico A1, pubblicato sul finire del 2013 da Titan Comics, il leggendario  Jim Steranko ha dichiarato: 

Nei comics attuali non c'è alcuna sperimentazione; riciclano essenzialmente gli stessi processi e gli stessi elementi narrativi che sono andati per la maggiore nei passati 80 anni. Da un punto di vista pratico, i fumetti odierni e quelli di ieri generalmente ripetono un defunto, retorico rituale che mette in scena lo spettacolo dell'irrilevanza.
[Il resto dell'intervista può essere letto qui]

E dato che sono buono e Steranko non è mai abbastanza rimando a questo sito dove potrete ammirare l'adattamento, realizzato a suo tempo dal maestro americano, del film Outland. Buona visione!
Una tavola tratta da Outland di Jim Steranko.

giovedì 23 gennaio 2014

[SPOT 01] Veins and Skulls di Daniele Serra

Rieccoci con una nuova rubrica aperiodica dedicata alle "segnalazioni pubblicitarie" di opere a fumetti, art book, sketchbook - e simili - degni, a mio modestissimo parere, d'attenzione.

Si parte (ancora una volta) con Daniele Serra - illustratore e fumettista, vincitore nel 2012 del British Fantasy Award - e con il suo Veins & Skulls, art book pubblicato nel Dicembre scorso dall'editore inglese Short, Scary Tales Publications: un cartonato di 64 pagine a colori che propone le evocative immagini di Serra - sempre in bilico tra orrore e sentimento - in un confronto serrato, enigmatico e seducente, tra la vita (le "vene" del titolo) e la morte ("i teschi"). 
Visioni in cui perdersi, tra i segni di una pennellata e una macchia di colore, immaginando storie e situazioni in cui la vita scorre come impetuoso rosso sangue e la morte è una fermata inevitabile e... i teschi hanno un fascino irresistibile!
Introduzione a cura di Jeff Mariotte, scrittore e sceneggiatore di fumetti, con cui Serra ha collaborato per la miniserie Fade to Black edita dalla Image nel 2010.
Per ulteriori informazioni sul libro, leggete qui.

Ma se non volete dare ascolto alle mie fumose parole...
...state a sentire quello che hanno da dire di Serra scrittori del calibro di Joe R. Lansdale e Ramsey Campbell.

"Unico e sbalorditivo. Daniele è un artista fantastico." [Joe R. Lansdale]

"Daniele Serra crea Arte di grande sensibilità e raffinatezza: è in grado di comunicare con la forma di una linea o con la sfumatura di un colore molto di più di quanto la maggior parte dei pittori riescano a fare con un'intera tela. Guarda i suoi lavori e loro ti scrutano nel profondo." [Ramsey Campbell]
Tutte le informazioni sul libro potete trovarle QUI.

lunedì 13 gennaio 2014

recensioni in 4 parole [10]

Grandi Maestri insegnano Fumetto.
Metallo Urlante per supereroi.
 L'umano avventuroso passato.
Buon trash non mente.
*********

Abbiamo detto 4 parole su:
DKW 
Storia e disegni: Sergio Ponchione
Editore: Comma 22
Formato: spillato, 32 pagine, colore
Prezzo: € 3,50
Anno di pubblicazione: 2013
Per qualche parola in più: QUI.

Prophet Vol. 1: Remission
Storia: Brandon Graham
Disegni: Simon Roy, Farel Dalrymple, Giannis Milonogiannis, Brandon Graham
Copertina: Simon Roy
Editore: Image Comics
Formato: brossurato, 136 pagine, colore
Prezzo: $ 9.99
Anno di pubblicazione: 2012
Per qualche parola in più: QUI.

Tuki 
Storia e disegni: Jeff Smith
Formato: webcomic, colore
Anno di pubblicazione: 2013
Per qualche parola in più: QUI.  

Dylan Dog N. 328 - Trash Island
Soggetto e sceneggiatura: Luigi Mignacco
Disegni: Nicola Mari
Copertina: Angelo Stano
Editore: Sergio Bonelli
Formato: brossurato, 98 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 2,90
Anno di pubblicazione: 2013
Per qualche parola in più: QUI.

sabato 4 gennaio 2014

The Smoky Man sul Pianeta proibito

Una tavola da L'Intervista di Manuele Fior.
Grazie all'invito di Joe Gordon, "anima" di Forbidden Planet Blog, ho dato il mio piccolo contribuito al loro "Best of the Year 2013", ospitato sul sito con decine di interventi di autori e addetti ai lavori, stilando la mia personalissima fumosa selezione. Potete leggerla - in Inglese of course - QUI.

Ovviamente ho colto l'occasione per segnalare alcuni autori italiani che apprezzo e che magari susciteranno interesse - nel caso non li conoscessero già - nei lettori anglofoni: Manuele Fior (e il suo splendido L'Intervista), l'amico Daniele Serra e il "mostruoso" talento di LRNZ.

Per tutti i dettagli del mio "sproloquio": qui
(E... Buon 2014!)
Illustrazione di LRNZ.

martedì 31 dicembre 2013

Infinity Moore

Illustrazione di Gary Spencer Millidge.
Nell'attesa che l'edizione italiana di Alan Moore: Biographic venga pubblicata da 001 Edizioni, segnalo che da qualche giorno è scaricabile, in formato pdf, in Inglese, il quinto numero di Infinity, free magazine dedicato al mondo del Fumetto: QUI.

In precedenza pubblicato per iPad attraverso la piattaforma Sequential (il tutto ideato da Russell Willis), su cui è anche disponibile la versione originale di Alan Moore: Biographic, Infinity propone nel suo ricco sommario - e mi scuso per l'auto-promozione - diversi contenuti d'interesse per gli appassionati di Moore:
Infinity N. 5
THE QUOTABLE ALAN MOORE
Moore expert smoky man selects sixty quotes for Alan’ sixtieth with stunning art by Gary Spencer Millidge who also did the cover.

PAROLA DI MOORE
L'esperto di Moore, smoky man, selezione 60 citazioni in occasione del 60esimo compleanno di Alan, accompagnate dalle splendide illustrazioni di Gary Spencer Millidge, autore anche della copertina. [Le citazioni sono incluse nell'edizione Italiana di AM: Biographic]
 
TEN THINGS WE LEARNED FROM ALAN MOORE
Dominic Wells on the latest Moore revelations. 

DIECI COSE CHE ABBIAMO IMPARATO DA ALAN MOORE
Dominic Wells ci parla delle ultime rivelazioni di Moore. 

ALAN MOORE: AN EXTRAORDINARY GENTLEMAN
A preview of the acclaimed revised and updated biographic.

ALAN MOORE: UNO STRAORDINARIO GENTLEMAN
In anteprima, alcune tavole dall'acclamata "biographic", rivista ed aggiornata, realizzata da Gary Spencer Millidge. 
Infinity N.5
Allora... correte qui e scaricate il pdf!!!

sabato 28 dicembre 2013

Igort e i tempi di Valvoline Motorcomics

Igort negli anni '80.
Nel seguito potete leggere un resoconto dell'incontro con IGORT tenutosi lo scorso 23 Novembre nell'ambito della tre-giorni "Pazza Idea. Pensiero Creativo".
L'incontro, condotto dal regista e documentarista Renato Chiocca, è stato l'occasione per Igort di ricordare - con grande ironia e trasporto - gli anni di Valvoline Motorcomics (e non solo), nel trentennale del gruppo, e presentare la nuova edizione di Sinfonia a Bombay.

Segnalo che al termine è stato proiettato il docufilm Mattotti, opera del 2006 di Chiocca, incentrato sul lavoro di Lorenzo Mattotti: un eccellente medio-metraggio, della durata di 50 minuti, che vi invito a recuperare, se potete. In rete è possibile vedere un trailer: qui.
Foto di gruppo con... Valvolinici!
Eravamo fondamentalmente degli "stronzetti", convinti d’avere in mano le chiavi per rivoluzionare un po’ tutto quanto.

Igort: Al tempo noi eravamo annoiati da quello che succedeva, anche se c’erano dei grandi talenti che stavano facendo delle storie meravigliose. Ma noi che avevamo poco più di vent’anni - e anche se Mattotti non vuole che lo dica - eravamo fondamentalmente degli "stronzetti", molto presuntuosi e convinti d’avere in mano le chiavi per rivoluzionare un po’ tutto quanto. L’idea quindi fu semplice: andare con faccia di tolla e dire “dateci metà del giornale [Linus, NdR] e la gestiamo noi.”
Progettavamo tutto: dalla grafica agli articoli, alle storie a fumetti… con l’idea un po’ futurista, costruttivista di utilizzare un mezzo potente - ossia una rivista pubblicata mensilmente e con un grande seguito da una casa editrice importante come Rizzoli  - per impadronircene e poter parlare di altro, rispetto a quella che era la cultura imperante dei vari mostri sacri del Fumetto dell’epoca che erano Pratt, Crepax, Micheluzzi… anche Magnus. Ma Magnus era un nostro fiancheggiatore: simpatizzò immediatamente con noi e ci appoggiò pubblicamente.
Noi avevamo quel fare un po’ altezzoso dei gruppi d’avanguardia. Non dico che ci fossero delle risse durante gli incontri ma quasi. A Torino ci fu un convegno sulle Avanguardie ed io uscii scortato dal servizio d’ordine perché mi volevano prendere… a calci in culo! [risate] E a noi questo ci divertiva molto perché volevamo ridimensionare e mettere sotto altre coordinante il Racconto, il Grande Racconto. E lo facevamo perché fondamentalmente non avevamo fatto la Guerra, eravamo di una generazione che era cresciuta... io e Carpinteri che avevamo sui vent’anni, Mattotti - che ci tiene a sottolinearlo - era di qualche anno più grande e a quell’età la differenza era sostanziale, lui era più su Nick Drake… noi eravamo cresciuti con i Sex Pistols!
Nel ‘77 li vidi a Giugno e... a Settembre ero a Londra a vedere di persona che cosa fosse davvero il movimento punk.
Per cui la nostra idea era che si dovesse parlare di certe cose con uno spirito più vicino… era anche un qualcosa che sarebbe poi deflagrato nella new wave, nel nuovo cinema tedesco, nel rilancio degli scrittori pop… oggi Pynchon è stato riesumato ma al tempo lo leggevamo soltanto noi in remainder perché i suoi libri erano introvabili. C’era ad esempio L’incanto del lotto 49, che era un piccolo capolavoro, e uno dei personaggi era un certo Baby Igor, e ovviamente io ne ero fierissimo.
Metà delle lettere erano di lettori che ci adoravano, l’altra metà di persone che ci avrebbero immediatamente fucilato sulla pubblica piazza.

Questo è stato l’inizio. Il punto fu che ci diedero retta. Perché quando andammo a proporre quest’idea ci dissero “va bene”. E così ci ritrovammo a doverlo fare per davvero. All’inizio c’è la spinta iniziale, il “cambiamo tutto”, ma poi ti dicono “okay” e… ti danno le chiavi e tu dici “merda, e adesso?”
Quindi iniziarono le riunioni a casa mia… c’era Mattotti, che è sempre stato un po’ lo stakanov del gruppo, poi c’ero io che ero l’ingegnere, mi ero auto-definito “l’Ingegnere dei Media”, per far capire quanto ero stronzetto all’epoca [risate]… ero quello che organizzava, architettava, montava il timone del supplemento, faceva i loghi, impaginava…
Per capire anche il livello di consapevolezza di queste persone che ci avevano affidato la rivista, dietro casa mia c’era un garage e io vedevo sempre questo logo Valvoline, che era la Valvoline Motor Oil ed allora proposi “facciamo Valvoline Motorcomics”. E loro, ed erano la Rizzoli, non sapevano minimamente cosa fosse e ci dissero “okay, va bene” [risate]. Poi ad un certo punto la direttrice ci chiamò, dopo che era uscito il primo numero: “ma siete impazziti, quella è una multinazionale… ho visto un tabellone di o-t-t-o metri con la scritta..”, ed io “ma il logo è diverso”, infatti l’avevo ridisegnato… [risate] loro temevano una denuncia, erano molto preoccupati… essendo la Rizzoli potevano essere soggetti a questo genere di cose. Se lavori per un editore piccolo nessuno ci bada, con Rizzoli invece…
C’era una specie di comitato futurista in cui noi facevamo le cose e la redazione che… ci odiava, loro ci odiavano! Noi arrivavamo e… “basta con questa grafica bruttissima, neppure negli anni ’60!!!”… e noi portavamo delle cose tutte storte…
C’era un’atmosfera tremenda… e io mi domandavo “ma sono così tutte le case editrici?”, non rendendomi conto che era il nostro atteggiamento a generare quella profonda antipatia. E poi c’erano le lettere che arrivavano in redazione. Ad esempio nel caso di Breccia: un genio, un autore eccezionale che amavamo, che aveva portato l’astrattismo nel mondo del Fumetto. Il semplice fatto che noi l’ammirassimo causava l’arrivo di lettere di insulti nei suoi confronti. Mi ricordo una lettera che diceva: “Breccia e le sue macchie? Dovrebbe vedere le mattonelle del mio cesso…” E le signore “bonaccione” che dirigevano la rivista nascondevano queste lettere e non le pubblicavano. Quando le lessi, io ero entusiasta e dissi “pubblichiamole subito!” [risate] Metà delle lettere erano di lettori che ci adoravano, l’altra metà di persone che ci avrebbero immediatamente fucilato sulla pubblica piazza. Ed erano proprio questi pareri negativi che mi convincevano del nostro progetto: “se ci vogliono così male”, mi dicevo, “allora dobbiamo andare avanti.”
Così abbiamo continuato a fare danni un po’ dappertutto. Siamo entrati un po’ in televisione, nel mondo della moda con Vanity scombussolando completamente la rivista, nel design…
Era un periodo in cui era possibile fare molte cose… bastava parlare molto seri con sguardo sgranato alla Baudelaire e… ti prendevano sul serio!

Ho ritrovato da poco una cassetta musicale che avevo fatto: mi ero finto russo… ovviamente chiamandomi Igor era normale [risate]… e avevamo fondato un gruppo, gli Slava Trudu, che in russo significa Gloria al Lavoro. E avevamo convinto quelli della Phonogram Germany - quindi una multinazionale, una major - a produrre il nostro disco… in finto-russo, scritto da me [risate]. Quindi nel 1985 spesero circa 500 milioni di lire, mezzo miliardo, per questa idea. Fu fatto un disco, girammo due video… E il disco fu mandato a Gorbaciov dicendogli che noi eravamo dei fuggiaschi russi. Facemmo un finto numero della Pravda che conteneva la “vera” storia degli Slava Trudu, da me totalmente inventata. [risate] E a Berlino, la casa discografica… a ripensarci erano davvero dei deficenti… ci portarono in un ristorante afgano - ve l’immaginate, con l’Afganistan che era stata invasa dai russi? [risate] -  con noi con i testa i colbacchi: uscimmo missilisticamente perché ci volevano prendere a colpi di scimitarre che erano appese alle pareti del locale. [risate]
Era un periodo in cui era possibile fare molte cose… bastava parlare molto seri con sguardo sgranato alla Baudelaire e… ti prendevano sul serio! E poi ti davano la possibilità di fare le storie, gli impaginati, gli articoli… C’era Daniele Brolli, un mio amico sceneggiatore, che era figlio di un "esoterista" e aveva letto i libri del padre e scriveva reinventando tutto. Noi non lo sapevamo - me l’ha confessato dopo trent’anni che i suoi saggi erano delle bufale - ma riscriveva inventandosi dei sincretismi [risate], delle scoperte storico-scientifiche sensazionali, prive totalmente di fondamento, che lui collegava tra loro semplicemente facendo arrivare personaggi come Pitagora in luoghi dove non era mai stato in vita e indicandolo come fondatore... dei Rosa Croce, ad esempio. [risate] Dopo questa sua attività di falsario si sviluppò ulteriormente quando per Frigidaire incominciò a pubblicare degli inediti di grandi scrittori come Philip K. Dick, Vonnegut che, casualmente, aveva solo lui nel suo cassetto [risate]… scriveva in stile. E quindi incominciammo a prendere in giro anche quelli di Frigidaire. E questo ci ha portato bene…
Mattotti invece era più serio, ed era totalmente all’oscuro di queste nostre contro-operazioni. [risate]

Chiocca: È un racconto molto divertente, anche per capire il tipo di operazione editoriale… Sappiamo che ci sono le reunion di tante rock band degli anni ‘70 e ‘80, ci sono le riedizioni di vecchi dischi con inediti e quant’altro. A un certo punto, approfittando della tua attuale figura di editore attraverso la Coconino Press, hai ricontattato tutti i componenti di Valvoline per ripensare un’edizione di quelle passate pubblicazioni. Qual è la necessità, a distanza di 30 anni, di rendere di nuovo pubblica questa parte della tua vita? Qual è l’esigenza di pubblicare quel materiale oggi?
Igort: Semplice: per fare il punto. Per capire, visto che noi il Fumetto l’avevamo smontato, che cosa di quell’operazione, dopo 30 anni, fosse rimasto. È anche una questione importante che riguarda la memoria, un esame di che cosa era quella stagione. Per me quell’epoca è stata la fine di una certa Italia: è morta l’ingenuità ed è nato il cinismo. Il cinismo diventa una specie di manifesto teorico del post-punk e poi si trasforma in un abito mentale che è deflagrato ed ha devastato l’Italia fino a oggi. Noi, secondo me, viviamo ancora in una stagione del cinismo ed è anche un atto politico riconsiderare quell’epoca, rileggerla… ed è per questo che ho chiesto a tutti gli autori - se non di mettere le mani nel loro lavoro, perché questo è soggettivo – di scrivere un’introduzione che descrivesse che cosa fu esattamente quel periodo e quell’esperienza.
Noi lavoravamo e vivevamo in un’epoca in cui si credeva nella Cultura, non si facevano battute…. C’era un diverso tipo di nemici, di avversari intellettuali o pseudo-intellettuali… ad esempio c’era Andreotti che pensava che non si potessero lavare i panni sporchi in pubblico, per cui era contrario ai film di Pasolini ed hanno osteggiato moltissima produzione culturale di quell’epoca. Lo stesso Fellini era considerato un “criminale”… a Venezia per la Dolce Vita gli sputarono addosso... Adesso c’è un altro tipo di pericolo e il pericolo è che questo tipo di lavori non arrivi neppure. Ci sono battute del tipo “fatevi un panino con la Cultura”, battute dette da un ministro… questa è veramente una stagione diversamente pericolosa.
Queste riedizioni servono per fare il punto su un’epoca diversa, quando c’erano le riviste, c’era Oreste Del Buono, quando c’era una diversa percezione della Cultura, quando era possibile intervenire... c’era un travaso tra “alto” e “basso”.
Oggi si pensa che non ci sia più differenza tra “alto” e “basso” ma è un’ipocrisia, non è vero. In realtà se Tarkovskij e Pasolini avessero davvero attecchito non sarebbero stati santificati ipocritamente come guru della cultura e così facendo vengono imbalsamati, non ti “attraversano più”. In quel momento invece quel travaso era possibile.
La mia sfida è questa: capire se dopo trent’anni abbiamo ancora delle cose da dirci. Già nel gioco delle copertine delle riedizioni si è scatenata una sorta di sfida tra noi. Il punto era che i miei “amichetti” erano bravissimi, erano dei mostri di bravura. Mentre realizzavamo quelle storie sono successe delle cose pazzeschi: Art Spiegelman ci ha invitati in America, eravamo la Nazionale Italiana del Fumetto… quando la Swatch ha fatto Swatch Street Art Painting ed ha chiamato i più grandi autori europei l’Italia... è stata rappresentata dagli autori di Fumetto!
Per cui al di là del fatto che fossimo smargiassi, in quel periodo veniva registrato un certo tipo d’interesse per noi… fu anche pubblicato un libro sul nostro lavoro, Valvoforme e Valvocolori, - in italiano, inglese e francese - a cura di Daniele Barbieri.
E in qualche modo tutto questo stava scomparendo in questa specie di calderone di nuovi media. Per questo stiamo progettando cose nuove, usando i nuovi media. Ora ad esempio puoi inserire la musica, prima io facevo i dischi - mi chiamavo Igor Gagarin - e poi facevo i fumetti, ed erano due cose separate. Adesso è possibile arrivare direttamente, è una stagione che è più "teatro". Prima noi stavamo chiusi in studio a produrre poi quando il lavoro era finito non sapevi mai come fosse accolto, c’erano le lettere ma arrivavano in redazione e a volte non te le facevano leggere. Adesso c’è Internet, c’è Facebook: fai una cosa e… ti insultano in diretta! È incredibile…[risate]
Noi stiamo per fare Abracadabra Motorcomics, ve lo dico in anteprima!

Chiocca: In Valvoline c’era anche una dimensione collettiva, uno stimolarsi reciprocamente…
Igort: Sì, fu un incontro molto fortunato. A dieci anni incontro Carpinteri, sta nella mia stessa scuola, nel banco davanti a me… e incominciamo a disegnare. A volte, ripensandoci, un po’ la cosa mi preoccupa perché per me lui è davvero è come un fratello, siamo cresciuti insieme… Lui a Lucca, nel ’78 mi disse: “ ce n’è un altro bravo”, perché eravamo convinti di essere noi gli unici due. “E chi è?”, “Mattotti, si chiama Mattotti”. E allora andai a vedere e mi sembrò bravo. Ma non mi fidavo. Così mi avvicinai e gli dissi: “Ciao Mattotti, ce lo fai un disegno?”, e gli stesi subito un foglio davanti. Lui mi fece un disegno in diretta ed io: “merda, è bravo davvero.” [risate] E così abbiamo iniziato a frequentarci e c’era uno scambio molto forte nei confronti di alcuni autori, eravamo “attraversati” dalle loro opere. Vedevi Herzog ed era uno di noi, era lì. Non lo guardavamo come un mito… lo stesso per Wenders. Ci telefonavamo, andavamo a vedere i film e quegli autori entravano direttamente nelle nostre tavole. Per me il riferimento era Kluge perché ero il teorico del gruppo… “griglia a sei” e noi dovevamo avere sei vignette a tavola perché era il metodo… Mondrian! C’era uno scambio fortissimo tra noi: vedevo le tavole realizzate dagli altri che erano mostruosi e mi spaventavo… c’era una competizione pazzesca tra di noi. C’era la triade - io, Mattotti e Carpinteri - che eravamo quelli con lo stile più sparato in assoluto. Per Carpinteri arrivò una critica incredibile che definiva il suo stile “cubo-futurista”. Ed io non sapevo neppure cosa fosse, e andavo a studiare. L’aveva fatto Carpinteri… ed io? Di conseguenza alzavo il tiro… Fu un momento credo irripetibile.
Avevamo un editore d’arte che poteva farci la rivista come un libro d’Arte appunto, con copertine in plexiglass… io avevo l’idea di fare dei pop-up, non per bambini ma per adulti, che dovevano creare una sorta di città futurista… poi invece si decise: “niente Arte, ma Pop!” E finimmo in Rizzoli. Ci dettero l’ok e “tra due mesi dobbiamo avere il primo numero.” A me dopo il primo mi venne la tachicardia. Non potevamo certo sbagliarci, ci eravamo presentati lì come degli gradassi, non potevamo fallire. Era un po’ come essere i Sex Pistols e poi esce il disco ed è una cosettina sgonfia… sarebbero stati rovinati per tutta la vita. In quel periodo poi era una stagione pazzesca…. Brian Eno stava producendo il mondo, con dischi uno più bello dell’altro. In Italia c’era Battiato che fece una rivoluzione totale. Quando uscì L’era del cinghiale bianco io caddi dalla sedia… C’erano i Devo, i Talking Heads, i Contortions… Eno produsse No New York con quattro gruppi diversi: un disco pazzesco, rivoluzionario. I D.N.A, Arto Linsday che faceva praticamente rumore con la chitarra… I Residents: un gruppo di cui non si conoscono i componenti, hanno inventato la cryptic corporation, il gioco nella maschera…
Era una stagione meravigliosa, pazzesca per l’intero pianeta che io non vivo con nostalgia ma… dobbiamo riprendercela, riportarla qui… quell’intelligenza, quella curiosità, quella voglia.
Vivere con nostalgia non ha sento e per questo che l’idea di una reunion è orribile. Io voglio fare delle cose nuove, non ristampare cose vecchi… Noi stiamo per fare Abracadabra Motorcomics, ve lo dico in anteprima! [applausi]
Chiocca: Parlano dei tuoi ultimi lavori, i Quaderni ucraini e i Quaderni russi, devo dire che mi sono trovato di fronte un Igort diverso, nonostante ti seguissi da tempo. Una immersione profonda di un artista in una realtà spinto anche delle proprie emozioni e trasformarla grazie alla riflessioni ed a un lavoro molto preciso e attento al linguaggio. Credo che sia una grande lezione di verità nella… creatività. Verità sia in quelli che sono gli artifici dell’Arte, attraverso le tecniche grafiche… come il segno che si spoglia per servire il racconto. Nel corso della sua carriera Igort è riuscito a far convivere le sue due anime: quella più pirotecnica, più squisitamente grafica e quella più sintetica che riesce a raccontare la vita in punta di penna. La domanda è… è indispensabile vivere certe esperienze in prima persona per poterle raccontare con “qualità”? È indispensabile?
Igort: Assolutamente. Se vogliamo darci, bisogna essere onesti… e può essere doloroso. Occorre mettersi in pericolo, mettere in pericolo il proprio linguaggio, la propria conoscenza… e non è mai una questione tecnica ma di onestà. Tra la prima storia e le ultime sono passati trentacinque anni della mia vita. I quaderni sono tra le mie pubblicazioni più recenti. Spogliarsi è un qualcosa che si può fare quando già possiedi qualcosa. Sono due aspetti differenti: i primi sono lavori di narrativa, i quaderni sono dei documentari. Come ispirazione sono come i documentari di Herzog o di Wnders, sono un altro tipo di osservazione, due sguardi compatibili. In un caso vieni visitato dalla storie: è la tua memoria che lavora, filtra, rilegge delle cose che hai amato, visto, vissuto. Nell’altro caso vai on the road, come gli Impressionisti: esci e non hai più protezione, esci e incontri delle persone, non sai cosa succederà… sono le storie che ti vengono addosso, in qualche modo. Io questo lo dico, in modo forse smargiasso - dopo tanti anni - anche agli autori: siamo pieni di storie, è impossibile non avere delle storie da raccontare ma, in questo momento storico, in questa stagione, è importante riprendersi l’impegno. È importante non soltanto capire lo spessore della Cultura e della stratificazione del reale perché spesso ci troviamo di fronte ad una sua lettura semplifica, ma è anche importante l’impegno… quindi anche il “che cosa” raccontiamo. In questo momento storico credo sia molto importante. Anche i Quaderni mistici, a cui sto lavorando, sono un documentario incentrato su tre figure. Uno di questi è Pavel Florenskij, una delle figure più importanti della mistica del ‘900, un monaco russo che era anche un fisico e un matematico, ucciso con un colpo alla nuca nel 1937, durante le famigerate purghe staliniane. Viene chiamato il Leonardo da Vinci russo, in realtà secondo me era piuttosto il Pitagora russo perché credeva in una mistica matematica e in una matematica spirituale. Un uomo di un talento e di una umanità impressionanti, che scriveva di musica, letteratura. Era un fisico straordinario, del livello di Einstein, ed è stato ucciso perché non ha mai voluto rinunciare all’abito talare. Sempre parlando del “fetente”, Stalin diceva che “milioni di morti sono una statistica, ma un morto visto da vicino è una tragedia.” Questo è un qualcosa che io ho scolpito nella mia testa.
E sempre restando nell’ambito del discorso delle storie che ti vengono addosso quando sei on the road per documentarti, sono stato convocato a Parigi da Galia Ackerman, l’amica di Anna Politkovskaja, con cui sono stato in contatto per via dei Quaderni russi e che mi ha affiancato in diverse occasioni in incontri pubblici, e mi ha detto: “ho un libro per lei.” E mi ha consegnato un volume sui dossier dei servizi segreti sugli intellettuali e gli scrittori russi, che adesso sono stati nuovamente secretati da Putin. Io l’ho letto e davvero non è pensabile, non è concepibile quello che è stato fatto a questi intellettuali… quando leggo orrori simili perdo fiducia nell’umanità, non riesco a pensare che l’uomo sia questo arco splendido verso il sublime.
Azioni di una ferocia spaventosa però… il risultato che ottengono in uno che ha la testa dura come la mia è che mi caricano e vado da Gallimard a dire “io faccio i Quaderni mistici” e mi guardano terrorizzati...
Io non lo so perché. Sto lavorando per cercare di capirlo. 

Chiocca: Dopo però te li fanno fare...
Igort: Sì, me li fanno fare. Ma anche se non me li facessero fare li pubblicherei lo stesso. È su questo che non bisogna cedere. Nella mia vita ho lavato i camion, ho fatto il cameriere per mantenermi… non c’è nessun problema. Ho imparato delle cose importanti da questo: si possono fare anche dei lavori umili, ma non si può cedere su quest’altra cosa. È su questo che non si può cedere, non sul tipo di lavoro.
Se leggerete gli scritti di Florenskij… lui scriveva alla famiglia dal gulag in cui era prigioniero e nelle sue lettere sembrava che fosse in vacanza alle Bahamas… e riusciva a confortare la moglie ed i figli e ad occuparsi della loro educazione, quando anche loro erano puniti perché familiari di un deportato, non potevano studiare, non erano ammessi nelle scuole…
Questo è importante perché anche la lastra di marmo che ti arriva sopra, che ti polverizza gli ideali… se la sai usare diventa una piattaforma per rilanciare… Ecco questo certo di fare, nel mio piccolo…

Noi dobbiamo far bene quello che facciamo, qualunque cosa. Io non credo alla A maiuscola dell’Arte contrapposta all’artigiano, non mi porta. Mi importa poter seguire le cose che ritengo corrette, giuste. Si può vendere palloncini in modo sublime. Io racconto, ho avuto fortuna, ho sempre raccontato e ho sempre saputo di volere raccontare… non lo so perché. È una domanda che ci siamo fatti quando ci siamo rincontrati dopo vent’anni, nel caso specifico di Carpinteri che non vedeva Mattotti da 20 anni. “Perché noi?” “Perché noi ci siamo trovati e abbiamo deciso di crescere insieme?” Anche se non ci sentiamo, con Brolli, Carpinteri, Mattotti… loro sono stati dei compagni di strada, c’è stato un misurarsi forte.
Io non lo so perché. Sto lavorando per cercare di capirlo.

lunedì 16 dicembre 2013

Alan & Kev: consigli e proposte indecenti

In un recente post sul suo blog il regista e fotografo Mitch Jenkins ha diffuso un divertente e, per certi versi, illuminante video con la partecipazione di Alan Moore in cui il duo, all'opera insieme su diversi progetti, elenca le "10 regole d'oro" della (loro) collaborazione.
Tra i passaggi del filmato mi ha particolarmente colpito l'affermazione seguente, che (in parte) riassume e chiarisce la carriera di Moore:
"Se stai facendo qualcosa e ti trovi perfettamente a tuo agio è probabile che questo sia dovuto al fatto che l'hai già fatto in passato, o che qualcun altro l'ha già fatto prima di te. Per cui ha poco senso rifarlo di nuovo. 
Affronta sempre progetti incredibilmente difficili e complessi che probabilmente saranno la tua rovina." [Alan Moore]

Ah... "la prima regola è: Non parlare mai del Fight Club."
Se Moore ci regala dei consigli, il suo "compare" d'avventura su La Lega degli Straordinari Gentlemen, Kevin O'Neill, invece osa fare una proposta... indecente.
Presso la galleria Champaka, fino al 7 gennaio prossimo, è infatti  visitabile la mostra virtuale delle sue tavole realizzate per Nemo: Cuore di Ghiaccio ed è possibile... acquistarle! Prezzi a partire da 1500 euro, a salire! Insomma, rompete i vostri salvadanai di terracotta! Se potete... 
Sarebbe un regalo di Natale piuttosto apprezzato, immagino. 
 
Illustrazioni di Kevin O'Neill.
Tutto questo mentre si attende l'uscita del nuovo episodio de La Lega, The Roses of Berlin, prevista per Marzo 2014.
See you later alligator!