mercoledì 18 marzo 2020

[Oldies but goldies] 1999: Ricominciamo dall'ABC

Nel seguito un articolo che scrissi (ahimè!) nello scorso Millennio, pubblicato sulla "rivista" Clark’s Bar nel Dicembre 1999. Il pezzo, postato successivamente anche su Ultrazine.org, era ovviamente incentrato sull'America's Best Comics, la linea di fumetti lanciata quell'anno da Moore per la Wildstorm.
Il consiglio, in queste giornate anomale, è di recuperare e rileggere queste meravigliose storie.
Read the Best comics!
RICOMINCIAMO DALL’ABC
America’s Best Comics: la nuova avventura di Alan Moore

America’s Best Comics, ovvero “I Migliori Fumetti d’America”, è l’autocelebrativo nome della nuova linea di comics creata da ALAN MOORE, uno dei più influenti ed originali autori del fumetto mondiale. Con l’ABC il geniale sceneggiatore inglese (autore di opere fondamentali come Watchmen, Swamp Thing, V for Vendetta, From Hell) ha potuto dispiegare, senza alcuna restrizione, la propria creatività, fornendo una personale formula per il fumetto mainstream del prossimo millennio. La nuova etichetta, edita dalla Wildstorm/DC, ha fatto il suo esordio negli States nell’Aprile di quest’anno con Tom Strong, ed è stata subito accolta dal plauso unanime della critica e da lusinghieri dati di vendita. Attualmente il parco testate è composto da quattro serie regolari: il già citato Tom Strong, Promethea, Top Ten, Tomorrow Stories e una miniserie (di 6), The League of Extraordinary Gentlemen. Tutti gli albi sono, ovviamente, scritti da Alan Moore, oggi come non mai in un fecondo e felice periodo creativo.
Nel presente articolo ci concentreremo principalmente su una valutazione complessiva del progetto ABC basata sulle collane regolari.

Ma addentriamoci nel Mooreverso, incominciando, naturalmente, dalle presentazioni di rito.
EROI, SUPEREROI, DIVINITÀ E PICCOLI INVENTORI

Ecco i protagonisti:

TOM STRONG. Nato nel 1900 nella misteriosa isola di Attabar Teru, Tom viene allevato con metodi non convenzionali che l’hanno reso fortissimo, intelligentissimo e dall’invecchiamento estremamente lento. Il nostro eroe attraversa così il secolo diventando il protettore di Millennium City e vivendo mille avventure assistito da un cast di comprimari di grande impatto: l’amorevole moglie Dhalua, figlia del capo degli Ozu, tribù di Attabar Teru; la figlia Tesla; il domestico-robot Pneuman e il gorilla parlante King Solomon.

PROMETHEA. In una futuristica New York, la giovane studentessa Sophie Bangs si imbatte, completando la propria tesi su folklore e leggende urbane, in uno sconosciuto personaggio letterario: Promethea Incomincia così a mettere insieme una serie di indizi su questo mito che la porteranno a diventarne l’incarnazione nel suo tempo e le daranno accesso allo stupefacente luogo-non-luogo d’Immateria.

TOP TEN. Top Ten è il soprannome del Distretto 10, stazione della polizia interdimensionale di Neopolis, strabiliante metropoli dal design iperfuturistico. Tutti nella città sono dotati di superpoteri, dai tassisti ai barboni, ed in più scienziati pazzi, cyborg, androidi, cani parlanti e mille altre meraviglie. In un posto così, solo gli eccezionali poliziotti di Top Ten possono garantire la sicurezza. Tra i primi casi, un misterioso serial killer di prostitute, che agisce decapitandole, e la minaccia di un super-padre deciso a liberare il proprio figliolo finito in gattabuia.

TOMORROW STORIES. Albo antologico che ospita quattro storie dedicate ad altrettanti personaggi: Jack B. Quick, vivacissimo bambino inventore capace di creare sistemi solari in miniatura o di dare la caccia a fotoni ubriachi (!); Greyshirt, enigmatico detective di Indigo City, omaggio allo Spirit di Will Eisner; The Cobweb, conturbante aristocratica avventuriera e The First American, chiaramente debitore del Fighting American di Kirby, in cui classiche vicende di supereroi servono da spunto per una satira sugli anni ’90 e sulla società americana contemporanea.

Come si può facilmente notare, da questa rapida carrellata, ci troviamo di fronte a un cosmo narrativo variegato ed eterogeneo. L’obiettivo consapevole è quello di creare un “nuovo” fumetto supereroistico - di fatto l’unica realtà commercialmente proponibile nel mercato U.S.A. - che vada al di là di abusati cliché e consuetudini. L’ABC è quindi un territorio vergine in cui, senza alcuna interferenza esterna, l’autore può liberare la propria visionaria immaginazione creando nuovi personaggi e trame con quel tocco di letterarietà tipico di tutti i suoi lavori. Dall’altra parte è chiarificatrice la consapevolezza che «le idee non invecchiano, siamo noi che ci logoriamo. Basta introdurre un paio di sorprese perché quelle stesse idee che si pensano vecchie vengano guardate con occhi nuovi». Nell’ideazione della linea ABC, pensata come un corpus organico, hanno inoltre pesato - come vedremo - alcune riflessioni di Moore sulla Storia del Fumetto, sul modo di produrlo e sulla necessità di rinnovarlo facendo magari un passo indietro, un passo verso le origini.
IL TEMPO DELL’OROLOGIAIO

«Non so se sia possibile invertire la tendenza per cui le cose vanno male. Ci sono molte ragioni, anche complesse, per cui il mercato del Fumetto si trova in questo stato di crisi… Ma non sono un economista, sono uno scrittore di fumetti. Penso che se i fumetti fossero migliori, se producessimo i fumetti che la gente vorrebbe leggere, se stessimo creando un prodotto di cui i lettori non potessero fare a meno, allora molti problemi sarebbero risolti. Quello che so è che come artista la sola parte dell’equazione su cui ho controllo è la qualità del mio lavoro

Ecco quindi che, ad un’analisi iniziale, l’ABC rappresenta per Moore un personale contributo per dare nuova linfa ad un medium che ama e che non vuole vedere crollare senza aver lottato per risollevarlo.

Ma quali sono le cause della crisi? Moore individua principalmente due fattori. Il primo è la mancanza di varietà nelle proposte e per questo l’ABC si pone l’obiettivo di “ricatturare l’originaria “biodiversità” dei fumetti“, il secondo fattore è l’eccessivo insistere in un approccio de-costruttivista, eredità distorta di Watchmen. Infatti sull’onda di Watchmen e del contemporaneo Dark Knight di Frank Miller, che a metà degli anni ’80 svelarono il lato oscuro dei supereroi, si sono imposti tutta una serie di eroi cupi e travagliati, di tematiche notturne e ferocemente cruente, capaci di mimare una realtà sociale violenta e caotica. Lo stesso Spawn, il personaggio simbolo di questi anni ’90, rappresenta l’evoluzione estrema di quelle intuizioni. Ma ora per Moore è giunto tempo di girare pagina e di trovare una nuova via. Un ulteriore passo avanti rispetto ai già indicativi segnali di 1963, divertita riscrittura del cosmo Marvel delle origini, e Supreme, un moderno calco delle vicende di Superman, che si soffermavano a guardare con nostalgia alla Golden Age. Ma lasciamo che sia lo Moore stesso a svelarci il suo intento con le illuminanti parole tratte dalla presentazione della nuova linea (apparsa su tutti gli albi Wildstorm a Maggio, mese precedente all’uscita del primo albo dell’etichetta):

«Quando avevo otto anni, smontare orologi da polso era divertente e facile. Rimetterli insieme, al contrario, era quasi impossibile. Tuttora si tratta di un consolidato e onorato metodo per il lavoro creativo: ridurre tutto in piccole porzioni, per poi ricomporle. I primi scienziati, gli alchimisti, descrivevano questo processo con la formula “solve et coagula”, dissolvi e riassembla. Tempi più moderni preferiscono termini come “analisi” e “sintesi”, ma l’idea di fondo è la stessa. […]
Da anni i fumetti sono stati analizzati e decostruiti; smontati e studiati da ogni possibile angolazione. […]

Molto “solve” e poco “coagula”. Gli ingranaggi dell’orologio sono tutti sparpagliati sul tavolo.
Ora viene il difficile.

Nonostante differenti gusti personali sia i lettori che gli autori avrebbero non poche difficoltà nell’identificare le componenti che amano nei fumetti. Amiamo fumetti capaci di spaventarci, di sorprenderci, di farci ridere o di raccontarci qualcosa che non sappiamo. Li amiamo per la loro sensualità e fascino, per la loro innocenza e magia. Amiamo i bei disegni, le storie ben raccontate e le belle copertine. Amiamo i fumetti per adulti e i fumetti per ragazzi. Amiamo cowboy, cavalieri e supereroi; amiamo mostri, innamorati, pirati, dei e animali con i guanti. Amiamo le figure e le parole.

America’s Best Comics rappresenta un sincero tentativo di coagulare e sintetizzare gli elementi di cui sopra; per sistemare gli ingranaggi al loro posto non solo perché funzionino ma, si spera, perché funzionino meglio. Vogliamo che commedia, romance, suspense, intelligenza e bellezza si intreccino insieme in qualcosa d’irresistibile. Vogliamo che l’immaginazione non sia incatenata da categorie, o da preconcette idee su quale particolare moda il “pubblico” seguirà quel mese. Vogliamo che il nostro lavoro abbia la più alta qualità possibile e che questa sia mantenuta costante. Vogliamo rappresentare quanto c’è di il meglio nel Fumetto...

Abbiamo rimesso insieme l’orologio. Ora tocca a voi dirci se funziona.»

E le cose funzionano, gli ingranaggi sono tutti al loro posto potete starne certi. Ma qual è l’energia che alimenta l’orologio, che fa battere i giusti tempi?
ALLA RICERCA DEL FUMETTO PERDUTO

«L’ABC trae ispirazione non tanto dai fumetti ma dai pulp magazines, dalle riviste di fantascienza degli anni ’30-’40 e dalle strisce pubblicate sui quotidiani, in pratica, quelle stesse cose che hanno dato origine al medium fumetto».

Sia ben chiaro però che l’ABC non è un’operazione nostalgica: piuttosto è un tentativo (riuscito) di recuperare, da quei riferimenti d’inizio secolo, lo slancio visionario capace di incidere profondamente sull’immaginario dei lettori. In tempi di bombardamento mediatico la cosa non è certo delle più facili ma Moore ha successo nell’impresa combinando un maestoso e potente sense of wonder fatto di creature e mondi fantastici, con gli stimoli del mondo contemporaneo. Come un moderno alchimista della parola, lo sceneggiatore inglese dosa fantasia e tecnologia regalando al lettore un’esplosione di invenzioni: bizzarre divinità che hanno la consistenza virtuale dei bit e popolano strane dimensioni telematiche, divertite incursioni nel mondo della fisica quantistica, intelligenze artificiali immortali, un’invasiva rete di comunicazione televisiva, serial killer, incursioni in reami psichedelici e new age.

Con le quattro testate regolari Moore affronta, all’insegna del moto “back to the origins”, le tipologie principali della produzione supereroistica: il supereroe e la supereroina archetipi (Tom Strong e Promethea), il supergruppo (Top Ten) e l’albo antologico (Tomorrow Stories). È bene sottolineare che nessuno di questi albi è legato da una continuity, ossia le vicende dei protagonisti non avvengono nello stesso Universo e non capiterà mai di vedere Tom Strong incontrare Promethea (anche se mai dire mai): Moore ritiene infatti che un’esasperata necessità di continuity sia una delle concause della crisi dei comics e una delle attuali convenzioni da osteggiare.

In Tom Strong è evidente l’ispirazione primaria dell’eroe pulp Doc Savage: infatti Tom è sostanzialmente un avventuriero e, seppur dotato di straordinari poteri che lo possono rendere simile a un supereroe, la sua vera arma è l’ingegno e la scienza, ed in questo è vicino all’indole da inventore di Mr. Fantastic. Le storie hanno un’atmosfera lieve e giocosa: sappiamo bene che Tom risolverà tutto e senza mai fare troppo male ai suoi avversari con la classe di un vero gentleman con superpoteri.

Con Promethea i toni diventano un po’ più tenebrosi portando il lettore in territori magici: è forse questo il tentativo di Moore di creare un albo che attinga alle sue conoscenze esoteriche. Sophie Bangs diventa infatti Promethea dopo aver letto un poema ed aver creduto al potere vivificatore della parola: un tema tipico di una concezione magica della scrittura che dall’alba dei tempi affascina l’uomo. Ma ovviamente non è una serie intellettualoide: abbiamo infatti demoni, concerti di strampalate rockband, amiche imbranate, incursioni nella fiaba. La straordinaria abilità di Moore sta nel rendere la sua scrittura trasparente a più livelli di lettura inserendo, sotto l’azione classica di un fumetto d’evasione, riferimenti, riflessioni e citazioni colte. Non a caso il nome dell’eroina della serie ricalca al femminile quello di Prometeo, il titanide che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini.

Top Ten è la personale visione dell’autore inglese su come debba essere un albo corale, in barba ai vari X-Men e J.L.A. Il difetto di albi simili è che inevitabilmente vi sono alcuni personaggi che prendono il sopravvento e questo è una contraddizione rispetto alla necessità di fare un albo “di gruppo”. Per risolvere il problema Moore, ispirandosi a serial televisivi come NYPD Blue e Hill Street Blue, rende protagonisti delle vicende tutti i (super) poliziotti del Distretto 10 seguendo contemporaneamente i singoli casi in cui sono impegnati e mostrando al lettore la vita nella stazione di polizia e le relazioni che intercorrono tra i vari agenti. La maestria di Moore consiste nel tenere tutto sotto controllo rendendo l’albo leggibile ma al contempo intricato, con tutti gli incroci narrativi che sfrecciano davanti agli occhi del lettore. Il fatto più incredibile è che alla fine i superpoteri dei personaggi passano in secondo piano, diventano un accessorio, seppur spettacolare, di fronte all’incedere delle indagini.

L’antologico Tomorrow Stories rappresenta la scommessa di riportare in auge un formato che in passato aveva goduto di grande successo. Certo giudicare dopo l’uscita di soli tre numeri potrebbe essere un po’ azzardato ma si può certo dire che l’albo offre spazio per la sperimentazione sia grafica che di scrittura e quindi anche un certo rischio nel trovare la giusta misura. Paiono riuscite le storie fantascientifico-surreali di Jack B. Quick, quelle “Eisneriane” di Greyshirt e le avventure al femminile di Cobweb, un po’ meno la satira sociale veicolata attraverso i supereroi in The First American. L’antologico però regala ai lettori la storia più bella dell’intera ABC: Greyshirt #2, un autentico miracolo di tecnica e amore per il Fumetto in otto tavole. La storia intitolata “How things work out” vede la tavola organizzata in quattro strisce che ad una visione d’insieme compongono i quattro piani dell’edificio in cui si svolge la vicenda ma ciascuna è ambientata a vent’anni di distanza l’una dall’altra e caratterizzata da un lettering e da una forma dei balloon nello stile dell’epoca. La storia è leggibile in modo classico passando da una tavola all’altra seguendo la scansione delle vignette dall’alto verso il basso, ma può anche essere  letta seguendo le singole strisce oppure leggendola passando dal primo piano all’ultimo: assolutamente mirabile, considerando che il protagonista della serie, Greyshirt, compare solo di sfuggita!
UNA QUESTIONE DI QUALITÀ

Se la ricerca di un sense of wonder perduto è quindi l’ingrediente base di tutte le serie ABC ed uno dei cardini su cui l’intera linea in fase di progettazione è stata basata, Moore individua però diversi altri elementi di riflessione legati soprattutto alla storia dell’industria del fumetto. Innanzitutto l’osservazione che «nel momenti più splendenti per il mondo del fumetti ci fosse un'unica situazione di base. Quando la Marvel era al suo massimo splendore c’era il solo Stan Lee che scriveva praticamente tutto e poi Don Heck, Steve Ditko o Jack Kirby come disegnatori e lo stesso accadde con la EC Comics di Harvey Kutzman, Al Feldstein e Bill Gaines». Ecco quindi tracciato un legame diretto e legittimo tra qualità e direzione unitaria, in cui lo sceneggiatore è il responsabile principe della coesione strutturale dell’intera linea. Questo però non significa avere una scarsa considerazione per l’apporto dei disegnatori, al contrario. Nella linea ABC, come c’era d’aspettarsi da un paladino dei diritti degli autori, tutti i pencilers sono accreditati come co-creatori. Diciamo che facendo l’esempio della Marvel degli esordi con Stan Lee, Moore recupera la figura dello sceneggiatore factotum che non si limita solamente a scrivere ma sceglie i propri collaboratori e ha la parola decisiva su tutte le questioni creative. Riguardo l’aspetto grafico la scelta è consapevolmente caduta su artisti «con stili ben distinti, personali, così da ottenere l’esatto opposto di un house style». 

Un’altra posizione in controtendenza rispetto alle proposte di maggior impatto U.S.A, basti pensare alla Top Cow o alla McFarlane Productions, uniformate non solo nelle tematiche e nel tono narrativo, ma persino nello stile di disegno e nella colorazione. Per questo nell’ABC troviamo disegnatori con caratteristiche molto differenti: il segno elegante e solare di Chris Sprouse (Tom Strong), la linea scura e art deco di J. H. Williams (Promethea), il tratto dettagliato e incisivo di Gene Ha (Top Ten), la raffinata composizione di Kevin Nowlan (Jack B. Quick), la vecchia scuola di Jim Baike (The First American) e l’underground di Rick Veitch e Melinda Gebbie (rispettivamente, Greyshirt e The Cobweb). La colorazione è discreta, curata ad hoc per ogni testata cercando di adattarsi al clima delle storie evitando inutili effettacci. Un discorso a parte merita il lettering e il packaging generale di tutti gli albi curato dal formidabile Todd Klein, vincitore di numerosi premi Eisner (l’Oscar del fumetto U.S.A) come Miglior Letterista. Klein è da considerarsi a tutti gli effetti uno dei co-creatori delle serie, tanto da essere stato il primo ad essere contatto da Moore prima di qualsiasi disegnatore. Klein ha il compito di comporre la grafica di copertina, i logo e le scritte prima che il disegnatore realizzi la copertina vera e propria, tutto questo per dare agli albi ABC quel inconfondibile look retro e al contempo moderno. Inoltre Klein si sbizzarrisce a creare caratteri tipografici e forme per i balloon che aggiungono dettagli e spessore alla caratterizzazione dei personaggi o al tono generale dell’albo. Un esempio può essere dato da una delle supereroine di Top Ten i cui balloons sono evanescenti, come il personaggio che è praticamente un fantasma, con i caratteri che partono sbiaditi per raggiungere via via piena nitidezza.

Una cura quasi maniacale per i particolari per rendere veramente l’ABC i migliori fumetti d’America. Un ultimo esempio, pensate che Moore è riuscito a far spostare la pubblicità alla fine degli albi in modo da non interrompere l’incantesimo del lettore!
CONCLUSIONI

In definitiva quello che più colpisce dell’ABC è la stupefacente qualità media degli albi: forse lo studio della magia che Moore porta avanti da diversi anni l’ha dotato di qualche potere straordinario? Di certo possiamo dire che la scrittura dell’autore inglese è ispirata e magica come deve essere nei migliori fumetti. Nonostante sia puro entertainment ci troviamo di fronte ad autentici gioielli: un continuo ed inarrestabile torrente d’idee, trame avvincenti ed originali con quell’inconfondibile tocco di letterarietà, un profondo amore per il Fumetto ed un divertimento nello scrivere che traspare in ogni pagina, sono solo alcuni dei motivi per avventurarsi nel Mooreverso. Con L’ABC Alan Moore porge ai lettori del nuovo millennio la possibilità di abbandonarsi e perdersi senza esitazioni nel labirinto infinito della Fantasia.

A volte conviene ricominciare dall’ABC: non perdete neppure una lezione!

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