1983
da New Musical Express del 17 Dicembre, pag. 11 (intervista di Don Watson)
Alan Moore: […] Il problema maggiore è che mentre i primi fumetti di Superman, per esempio, erano influenzati da ogni tipo di idea proveniente da un gran numero di fonti, gli autori successivi iniziarono a usare come ispirazione solamente le storie realizzate in precedenza. La conseguenza fu un approccio molto autoreferenziale in cui i cliché venivano enfatizzati e l’effetto diminuiva di volta in volta. Quello che sto cercando di fare è ritornare alle radici, alle influenze originarie e, partendo da quelle, cercare di creare qualcosa di nuovo.
Per questo nei miei fumetti si può trovare un po’ di George Orwell, un po’ del Prigioniero, un po’ di Thomas Pynchon, influenze musicali come Brecht e Weill, un po’ del Dottor Phibes. In V for Vendetta ho cercato di creare qualcosa che avesse la stessa attenzione per l’atmosfera e per i dettagli che si può ritrovare, per esempio, in film come quelli del Dottor Phibes, pieni di riferimenti culturali. Suppongo di voler cercare di evocare lo stesso livello qualitativo delle opere a cui mi ispiro. È davvero un patetico e disperato tentativo finale di trovare qualcosa a cui aggrapparsi.
Ovviamente non voglio scrivere supereroi per tutto il tempo o per il resto della mia vita, ma l’idea del supereroe in sé è ancora molto interessante se la si guarda da un punto di vista inedito. Personaggi come Superman sono una forma di mito moderno; nella cultura contemporanea i supereroi occupano un ruolo simile ai miti greci o norreni. Penso anche ci sia dietro anche molto fascismo. Qualcuno ha detto che la differenza tra Superman e un assassino di massa non è in realtà molto grande: entrambi sono persone che presumono di avere il potere e il diritto per imporre la propria visione di giustizia sul mondo. Ci sono parecchi dilemmi morali davvero molto interessanti da esplorare.
Naturalmente quanto stai lavorando a qualcosa che deve piacere a un tredicenne ci devono essere delle scene di lotta e d'azione per mantenere la loro attenzione, ma cerco sempre di inserire qualcosa di interessante dal punto di vista intellettuale. In Marvelman ci sono riferimenti a Nietzsche... spero soltanto che i ragazzi rimarranno sufficientemente interessati dalle battute e dai tizi che si menano tra loro da sopportare la roba filosofica. [Traduzione: smoky man & O. Martini]
da New Musical Express del 17 Dicembre, pag. 11 (intervista di Don Watson)
Alan Moore: […] Il problema maggiore è che mentre i primi fumetti di Superman, per esempio, erano influenzati da ogni tipo di idea proveniente da un gran numero di fonti, gli autori successivi iniziarono a usare come ispirazione solamente le storie realizzate in precedenza. La conseguenza fu un approccio molto autoreferenziale in cui i cliché venivano enfatizzati e l’effetto diminuiva di volta in volta. Quello che sto cercando di fare è ritornare alle radici, alle influenze originarie e, partendo da quelle, cercare di creare qualcosa di nuovo.
Per questo nei miei fumetti si può trovare un po’ di George Orwell, un po’ del Prigioniero, un po’ di Thomas Pynchon, influenze musicali come Brecht e Weill, un po’ del Dottor Phibes. In V for Vendetta ho cercato di creare qualcosa che avesse la stessa attenzione per l’atmosfera e per i dettagli che si può ritrovare, per esempio, in film come quelli del Dottor Phibes, pieni di riferimenti culturali. Suppongo di voler cercare di evocare lo stesso livello qualitativo delle opere a cui mi ispiro. È davvero un patetico e disperato tentativo finale di trovare qualcosa a cui aggrapparsi.
Ovviamente non voglio scrivere supereroi per tutto il tempo o per il resto della mia vita, ma l’idea del supereroe in sé è ancora molto interessante se la si guarda da un punto di vista inedito. Personaggi come Superman sono una forma di mito moderno; nella cultura contemporanea i supereroi occupano un ruolo simile ai miti greci o norreni. Penso anche ci sia dietro anche molto fascismo. Qualcuno ha detto che la differenza tra Superman e un assassino di massa non è in realtà molto grande: entrambi sono persone che presumono di avere il potere e il diritto per imporre la propria visione di giustizia sul mondo. Ci sono parecchi dilemmi morali davvero molto interessanti da esplorare.
Naturalmente quanto stai lavorando a qualcosa che deve piacere a un tredicenne ci devono essere delle scene di lotta e d'azione per mantenere la loro attenzione, ma cerco sempre di inserire qualcosa di interessante dal punto di vista intellettuale. In Marvelman ci sono riferimenti a Nietzsche... spero soltanto che i ragazzi rimarranno sufficientemente interessati dalle battute e dai tizi che si menano tra loro da sopportare la roba filosofica. [Traduzione: smoky man & O. Martini]
Alan Moore: […] I superpoteri alla fin fine non contano, sono i personaggi a
essere importanti. Così come non conta se io o tu o il lettore
acquistassimo l’abilità di correre più veloce della luce e indossassimo
un bel costume. Non farebbe alcuna differenza per noi. Se sei uno
stronzo ora, sarai uno stronzo con un bel costume che può correre più
veloce della luce. E la cosa non migliorerà per nulla l’universo. La
cosa importante è che le persone ordinarie sono fantastiche. Sono
fantastiche per quello che possono fare e per quello che non possono
essere. Possono fare delle cose fantastiche per il mondo, nel bene e nel
male. Non hanno bisogno di un costume e di un simbolo sul petto. Con
Watchmen e molte delle mie opere successive ho cercato di comunicare
questo messaggio: avere dei superpoteri non ti rende necessariamente una
brava persona e le persone comuni sono quelle con cui abbiamo a che
fare… qui non c’è nessun supereroe.
2017
da la Repubblica (intervista di Luca Valtorta)
da la Repubblica (intervista di Luca Valtorta)
Alan Moore: […] No, non mi piacciono più i supereroi. Credo che oggi la loro funzione principale sia compensare la codardia americana: proprio come l’onnipresente pistola sul comodino accanto al letto. [per la traduzione ha collaborato Massimo Gardella]
1 commento:
Caro Alan, immagino ricorderai - hai la memoria del tizio che lavora nella biblio del Morfeo di Neil -quella sera a Lido degli Estensi di tanti anni fa con tutta quella piada al crudo e Grant , ispirato, che mormorava come il super-eroe fosse tale e quale lo Albatross della poesia che aveva senso e grazia solo in volo. Nessuno dei due allora - la Lezione di Anatomia era già un classico moderno ed il mondo stava reagendo al Vangelo del Coyote - aveva predetto il momento in cui stiamo vivendo: il super-eroe vola al cinema e pochi se lo filano sulla carta dove vende meno mediamente degli albi italiani con un ranger leader dei nativi americani e di un ladro in calzamaglia aderente. La resurrezione del picchiatello in spandex - dopo tutto il tuo lavoro di decustruzione del mito - è dovuta alla CGI del 21mo secolo. Non l'avevi prevista. Grant, Warren e gli altri ne caveranno fama e dindi. Pensaci. Ciao.
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