mercoledì 4 luglio 2018

Ci vuole Pazienza?

Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Nelle scorse settimane, a trent'anni dalla prematura scomparsa, si è giustamente parlato molto - e si continuerà a parlare - di ANDREA PAZIENZA, della sua Vita & della sua Arte.

Le celebrazioni corrono intrinsecamente sempre il rischio di diventare un rito, un meccanismo che si ripete senza guizzi. L'esatto opposto, credo, di quello che Pazienza ha portato avanti e testimoniato con la sua vicenda artistica e personale.

Così, non senza una certa dose d'incoscienza, nei giorni scorsi ho buttato giù una lista di fumettisti e fumettiste (che volendo, potremmo, nella gran parte dei casi, definire come autori di "graphic novel", se l'etichetta piace), nati a partire dal 1980 in poi - e che quindi hanno "scoperto" Pazienza dopo la sua morte - e li ho contattati via email, curioso di capire quale "lascito" del Paz ci fosse nel loro modo di fare Fumetto.

Si è tratta, ovviamente, di una fumosa investigazione che rimane tuttora aperta e tale, credo, resterà.

Titolo: Ci vuole Pazienza?
Uno sguardo sul presente e sul futuro. Non sullo squisito cadavere gelido dell'Artista.
DOMANDA: In questo anno di commemorazione per i "30 anni senza", cosa è rimasto della magmatica narrazione del Paz? Cosa c'è di lui nel tuo fare fumetti?

Nel seguito potete leggere le risposte inviate da, in ordine alfabetico, Pablo Cammello, Vincenzo Filosa, Francesco Guarnaccia, Lorenzo Palloni, Emanuele Rosso e Alessandro Tota.

Ringrazio di cuore gli autori per il loro contributo e se qualcun altro volesse intervenire... beh, noi siamo qui! ;)
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Pablo Cammello: Pazienza è stato un autore talmente potente che la sua carcassa ce la siamo trascinata dietro per anni. E' stato presente come fantasma dietro ogni fumetto alternativo, o produzione underground, è stato il metro di paragone per ogni opera più radicale. Mi è capitato di vederne moltissimi ispirarsi a lui fino a sconfinare nel plagio. Oggi secondo me il fumetto "underground" o come lo vogliamo chiamare è riuscito ad assimilarlo conquistando una sua identità. Pazienza rimane sempre, ma è più defilato, dietro le quinte.
Per me personalmente è servito durante l'adolescenza per darmi una direzione come una stella cometa e per farmi capire che le cose potevano essere fatte anche così. Cazzo quando ho letto "Perché Pippo sembra uno sballato" su un  vecchio numero di Cannibale volevo essere come lui, una specie di Jim Morrison rockstar che fa i fumetti. Molte cose, delle sue tematiche o intenzioni me le sono portate dietro, ma penso che come autore ho realizzato presto di avere un carattere diversissimo, sia nella narrazione che nel disegno. L'ho sempre vista come una cosa positiva quest'ultima, perché non puoi battere il fuoriclasse giocando nel suo stesso campionato.

Anni fa però finii per partecipare a un concorso dove dovevo rappresentare la vita di Pazienza in una tavola. Ebbi un'idea ispirata dagli Ultimi Giorni di Pompeo e la disegnai. La giuria considerò il disegno come oltraggioso non abbastanza "positivo" come omaggio e venni escluso dalla mostra. In fondo vissi questa cosa come una medaglia al valore, perchè se persino le Istituzioni avevano rifiutato quella tavola dovevo essere su quel percorso che lui prima di me aveva tracciato. Oppure semplicemente facevo schifo io, ma queste sono cose che non potremo sapere mai.
[La tavola in questione è qui sotto, smoky ;)]

[Pablo Cammello, fumettista e illustratore milanese, è autore del webcomic Tumorama, pubblicato in volume nel 2017 da Shockdom, e di Giallo Arcobaleno (2016) edito da Passenger Press.]
Testi e disegni di Pablo Cammello.
Vincenzo Filosa: Alla fine degli anni '90 Pazienza ha cambiato il mio modo di intendere il fumetto. A distanza di vent'anni, continuo ancora a estirpare come erbaccia anche la più piccola influenza che ha sul mio lavoro. Perché Pazienza non avrebbe mai dovuto fare "scuola", soprattutto a quegli autori che come me non hanno ancora la padronanza piena di un linguaggio complesso come il fumetto. Con i suoi lavori Pazienza ti spinge sempre a giocare con il disegno, a sprigionare la creatività e a essere liberi... sono davvero in pochi quelli che davvero possono permettersi di farlo. Io giro sempre al largo quando nei dintorni c'è una ristampa di Zanardi...

[Vincenzo Filosa (Crotone, 1980) è autore di Viaggio a Tokyo (2015) e Figlio unico (2017), entrambi editi da Canicola. Tra i maggiori esperti in Italia di manga, è curatore per Coconino della collana Gegika e traduttore di maestri come Shigeru Mizuki, Yoshiharu Tsuge, Jiro Taniguchi, Tadao Tsuge. Vive e lavora a Milano.] 
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Francesco Guarnaccia: Quest'anno all'Arf Festival a Roma c'era una mostra di Andrea Pazienza, in occasione del trentennale della sua morte.
Una mostra di originali, una roba da farti venire la tremarella alle ginocchia.
All'ingresso della mostra di Andrea Pazienza c'è un'altra mostra, più piccola.
È proprio tra la biglietteria e la porta oltre la quale ci sono parecchie stanze piene di originali di Paz, quindi ci passi per forza.
Quella è la mia mostra. È come se avessi fatto da "gruppo spalla" ad un concerto di Andrea Pazienza, una roba da farmi venire la tremarella a tutte quante le membra.
Quello che Andrea Pazienza ha lasciato agli autori di fumetti italiani, il macigno della sua eredità, è una cosa che funziona al contrario. Per ogni autore, se sei un autore c'è una soglia che quando la  oltrepassi c'è una serie di stanze con appesi al muro tutte le opere che fanno di te un autore maturo. Per arrivare lì c'è un'anticamera. È proprio tra la biglietteria e la porta quindi ci passi per forza. Lì c'è la mostra dei tuoi gruppi spalla, quelli a cui ti sei appoggiato e da cui hai imparato per diventare l'artista che sei, e in quella stanza, per tutti quanti, ci sono un sacco di originali di Pazienza.

[Francesco Guarnaccia (Pisa, 1994), membro di Mammaiuto, ha pubblicato From Here To Eternity per Shockdom (2016), precedentemente serializzato sul sito del collettivo, e il recente Iperurania (2018) con BAO Publishing. Attualmente abita a Milano.]
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Lorenzo Palloni: Pazienza non è parte del mio passato, né della mia formazione.
Ho una certa fascinazione per l’estero che tengo a bada da quando ho cominciato a studiare veramente il Fumetto, ma per il me ragazzino/lettore di comics americani “Italia” voleva dire “noia”. E così anche le sue emanazioni autoriali. Semplicemente le ignoravo.
L’aver scoperto Pazienza da post-studente, pochissimi anni fa, con già in mano qualche strumento per poterlo decodificare, è stato un colpo al basso ventre: come si poteva essere così feroci e aggraziati, così spietati e profondi, tutto al tempo stesso? Come si potevano avere quelle intuizioni accecanti che ti portano ad esplodere le tavole con vignette e testi solidi come marmo? Come fottersene amabilmente di tutto ciò che ci rende civili per sfornare proiettili narrativi che frantumano borghesia e comparti sociali?
E quindi perché non poteva insegnarmi come si fa?
Negli occhi e nello stomaco mi rimangono soprattutto le storie nere di Zanardi, e quelle paradossali di Stella. Uber alles: “Giallo Scolastico”, “Cenerentola 1987” e ovviamente “Notte di carnevale”.
Leggerlo, immagino, mi ha insegnato più di quello che avrebbe potuto fare in carne ed ossa: una dose di steroidi a piena vena per qualcuno che vuole farsi i muscoli.
Se c’è qualcosa di Pazienza nel mio raccontare sono la ricerca della ferocia (ineguagliabile, la sua) l’andare oltre il limite (irraggiungibile, il suo) e l’invidia (inestinguibile, la mia).

[Lorenzo Palloni (Arezzo, 1987), membro del collettivo Mammaiuto, prolifico autore completo, disegnatore e sceneggiatore ha pubblicato diversi graphic novel e webcomics. Tra questi citiamo Mooned, Esatto e i più recenti Scary Allan Crow (insieme a Dj Aladyn; Edizioni Inkiostro, 2017) e 365 (per i disegni Paolo Castaldi; Shockdom, 2018).]
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Emanuele Rosso: Per me Pazienza è sempre stata una strana "bestia": ho iniziato a leggerlo tardi, negli anni dell'università, una volta sbarcato a Bologna, la "sua" città, recuperando qualche vecchio volume delle edizioni Primo Carnera nelle bancarelle dell'usato, e le prime raccolte abbinate ai quotidiani. Non posso dire che abbia influenzato in maniera diretta il mio approccio ai fumetti, ma non ho poi mai smesso, a fasi alterne, di tornarci sopra e studiarmelo con la consapevolezza maturata nel frattempo.

Ci sono almeno due cose che lo rendono "eterno", o comunque fuori dal tempo e dalle mode.

Una, più ovvia, è il segno: la naturalezza con cui traccia le linee di pennarello raccontano di un talento naturale, di un autore che non ha bisogno di abbellire, di riempire la tavola di dettagli, perché nel segno, anche in quello più "minimal", c'è già tutto quello che serve. Il segno di Pazienza è generativo, crea mondi dal nulla (come ogni segno, in realtà, ma certi segni lo sanno fare più di altri). Credo che sia uno degli obiettivi a cui tutti gli autori di fumetto dovrebbero tendere.

La seconda è la parola: non so se naturale quanto il segno, o studiata (ma conoscendo il soggetto immagino più la prima opzione), resta il fatto che ogni grande autore crea mondi anche con la parola, disegna linguaggio, grazie a neologismi, recupero di arcaismi, dialettalismi, slang giovanile, tenendo insieme lessico alto e basso, pop e trash. In questo Pazienza ha sempre avuto una marcia in più rispetto a qualsiasi altro autore italiano (l'unico che sembra portare avanti un discorso simile di questi tempi è Gipi). Pazienza è stato imitatissimo, ma se copiare il segno può essere facile, copiare la parola è difficilissimo (e forse inutile, perché niente è più personale della lingua, più ancora del segno).

Pur non essendo quindi ispirazione evidente rispetto al mio lavoro, il suo percorso artistico rimane un "exemplum". Anche perchè, parafrasando il titolo del libro-intervista che il giornalista David Lipsky ha realizzato con David Foster Wallace, non si può non finire per diventare se stessi.

[Emanuele Rosso (Udine, 1982) è autore dei graphic novel Passato, prossimo (Tunué, 2013) e Limoni. Cronache di quotidiane resistenze sentimentali (Coconino Press/Fandango, 2017). Scrive per Fumettologica e Banana Oil. Inoltre, si occupa professionalmente di fotografia e, dal 2007 al 2016, ha collaborato con Radio Città del Capo (Popolare Network) conducendo diversi programmi. Vive e lavora a Bologna.] 
Dettaglio da un disegno di Andrea Pazienza.
Alessandro Tota: Ho provato a scrivere qualcosa, ma non mi viene niente, ne ho parlato troppo in troppe sedi. L'unica cosa che davvero mi viene in mente quando penso a Pazienza è questa canzone di Lucio Battisti [link qui]. 

[Alessandro Tota (Bari, 1982), tra i fondatori della rivista Canicola, ha pubblicato Yeti (2010), Fratelli (2011), Il ladro di libri (in collaborazione con Pierre Van Hove, 2015), Charles (2016) per Coconino Press e il recente Estate per Oblomov. Vive e lavora a Parigi.]


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