Conosco Davide Barzi da parecchi anni, siamo amici (anche se lui è un interista sfegatato) e ho avuto il piacere di collaborare con lui in diverse occasioni. Pur conoscendolo mi ha un po’ sorpreso il suo nuovo progetto, IL TEATRINO DELLE BAMBOLE MORTE, un libro di poesie “nere”, scritte ovviamente dal Nostro e illustrate dal magistrale Giovanni Rigano, che verrà presentato alla prossima Lucca Comics per le Edizioni BD (nell’ambito di un più vasto progetto dell'editore di proposte rigorosamente "made in Italy"). Un lavoro a cui Davide tiene molto e di cui mi aveva parlato negli anni passati. Così, non "soddisfatto" dell’ottimo speciale apparso di recente su Comicus.it, gli ho posto tre domande per saperne qualcosa in più. Beh, il buon Barzi ha rilanciato regalandomi in anteprima la copertina dell’intrigante volume (in apertura di post).
Buona lettura e… fatevi incuriosire anche voi!
Buona lettura e… fatevi incuriosire anche voi!
1. Sceneggiatore di fumetti, saggista, redattore e ora anche... poeta! Dobbiamo temere per te? ;) Facendo le persone serie... come ti è venuta in mente un'idea simile? Donnine goth, sensualità, amore, morte...
Davide Barzi: Per me non dovete temere, al limite preoccupatevi delle persone che mi circondano e a cui dedico spesso molto meno tempo di quel che meriterebbero! Quanto alle definizioni, se “scrittore” non fosse considerato sinonimo di romanziere, penso sarebbe la descrizione più chiara, adeguata e sintetica, nella sua accezione più generale di “uno che scrive”. Anche se a dir la verità non amo granché le definizioni. Ci sono parole che andrebbero usate col contagocce, come “artista” o “creativo”, svalutate dall’abuso che se ne fa. E “poeta” è una di queste, tanto è vero che in riferimento a quanto realizzato per “Il teatrino delle bambole morte” parlo di preferenza di “filastrocche” anziché di poesie, anche per non dare l’idea di un’opera ostica e inavvicinabile. Da un lato ho usato rigidamente le forme della metrica italiana, dai micidiali ottonari à la Bonaventura a endecasillabi a formare sonetti perfetti (sulla precisione metrica e formale garantisco, soddisfatti o rimborsati!), dall’altro spero di essere riuscito a usare un vocabolario ampio ma non inavvicinabile.
Insomma, per dire, alcune filastrocche le ha capite persino Giovanni!
Alcune, addirittura, le ho capite anch’io che le ho scritte!
E comunque a fine volume ci sono anche delle note storiche per spiegare personaggi ed eventi all’origine dei componimenti.
Per qualsiasi altra cosa non doveste capire, scrivetemi.
Quanto all’origine dell’idea, niente di personale e istintivo, purtroppo, poco sturm und drang e tanta ragioneria. L’idea è infatti il frutto di un ping pong creativo (come aggettivo lo uso più volentieri, è come sostantivo che mi disturba): è partita da Giovanni, che mi ha mostrato alcune illustrazioni ispirate alle favole di cui non sapeva bene che fare, lui le stava semplicemente usando come esercizio per affinare uno stile nuovo, diverso da quello “morbido” usato in ambito disneyano e molto evidente anche nelle prime tavole di Daffodil. Io le ho viste e – data la mia passione mai sopita per la scrittura in rima – gli ho proposto di affiancare miei testi a quelle immagini. Giovanni ha apprezzato e ha poi apprezzato anche Marco Schiavone quando gli abbiamo proposto l’idea. Dalla pura ispirazione favolistica iniziale le fonti si erano già allargate: è stato Marco, viste le molte donnine presenti e l’atmosfera che si respirava tre le immagini, a suggerire di utilizzare il GothLoli come chiave di lettura, e in effetti lo sviluppo del libro ne ha guadagnato in coerenza interna.
Però mi sa che mi hai fregato: mi hai parlato di tre domande, ma ho dato tre risposte solo rispondendo alla prima…
Non so chi dei due alla fine abbia convinto l’altro a seguirlo. So solo che eravamo talmente convinti noi che evidentemente siamo riusciti a convincere qualcun altro. Per ora l’editore e i lettori di fiducia che hanno assaggiato qualche fetta in bozza. Speriamo che la crescita dei “convinti” sia esponenziale…
Questa era facile, dai, vorrà dire che risponderò anche alla terza.
3. Che reazione ti aspetti a questo tuo lavoro dal pubblico e dalla critica?
Mi aspetto e spero di trovarlo, un pubblico. Non credo esista un’operazione editoriale similare, quindi è tutto da capire che tipo di fascia di lettori intercetteremo. Intanto lo presentiamo a Lucca Comics & Games, e cerchiamo di capire se un lavoro non a fumetti ma realizzato da due autori che hanno molto a che fare con il fumetto, può essere letto da un lettore di fumetti. Certo puntiamo a un target piuttosto alto, perché l’idea è alta: e non mi sto auto incensando; non sto infatti parlando dei contenuti, ma dei materiali e della confezione del libro, che ne fanno un bell’oggetto ancor prima che una piacevole lettura. In dieci anni di pubblicazioni, è la prima (e ultima?) volta che ho diritto di veto su carta, cartoncino, copertina (che, vedrete, presenta una sorpresa davvero inedita). È uno di quei lavori così unici, così di nicchia, che – chissà – potrebbero anche intercettare un pubblico almeno in parte diverso da quello che legge me e/o Giovanni. E, chissà, se funziona potrebbe anche rappresentare un format. E tornare a occuparmi di qualcosa di simile non mi dispiacerebbe davvero. Quanto alla critica… critica di che? Critica di volumi di filastrocche illustrate? Fantastico: chiudiamo in maniera circolare inventando una nuova definizione!
Davide Barzi: Per me non dovete temere, al limite preoccupatevi delle persone che mi circondano e a cui dedico spesso molto meno tempo di quel che meriterebbero! Quanto alle definizioni, se “scrittore” non fosse considerato sinonimo di romanziere, penso sarebbe la descrizione più chiara, adeguata e sintetica, nella sua accezione più generale di “uno che scrive”. Anche se a dir la verità non amo granché le definizioni. Ci sono parole che andrebbero usate col contagocce, come “artista” o “creativo”, svalutate dall’abuso che se ne fa. E “poeta” è una di queste, tanto è vero che in riferimento a quanto realizzato per “Il teatrino delle bambole morte” parlo di preferenza di “filastrocche” anziché di poesie, anche per non dare l’idea di un’opera ostica e inavvicinabile. Da un lato ho usato rigidamente le forme della metrica italiana, dai micidiali ottonari à la Bonaventura a endecasillabi a formare sonetti perfetti (sulla precisione metrica e formale garantisco, soddisfatti o rimborsati!), dall’altro spero di essere riuscito a usare un vocabolario ampio ma non inavvicinabile.
Insomma, per dire, alcune filastrocche le ha capite persino Giovanni!
Alcune, addirittura, le ho capite anch’io che le ho scritte!
E comunque a fine volume ci sono anche delle note storiche per spiegare personaggi ed eventi all’origine dei componimenti.
Per qualsiasi altra cosa non doveste capire, scrivetemi.
Quanto all’origine dell’idea, niente di personale e istintivo, purtroppo, poco sturm und drang e tanta ragioneria. L’idea è infatti il frutto di un ping pong creativo (come aggettivo lo uso più volentieri, è come sostantivo che mi disturba): è partita da Giovanni, che mi ha mostrato alcune illustrazioni ispirate alle favole di cui non sapeva bene che fare, lui le stava semplicemente usando come esercizio per affinare uno stile nuovo, diverso da quello “morbido” usato in ambito disneyano e molto evidente anche nelle prime tavole di Daffodil. Io le ho viste e – data la mia passione mai sopita per la scrittura in rima – gli ho proposto di affiancare miei testi a quelle immagini. Giovanni ha apprezzato e ha poi apprezzato anche Marco Schiavone quando gli abbiamo proposto l’idea. Dalla pura ispirazione favolistica iniziale le fonti si erano già allargate: è stato Marco, viste le molte donnine presenti e l’atmosfera che si respirava tre le immagini, a suggerire di utilizzare il GothLoli come chiave di lettura, e in effetti lo sviluppo del libro ne ha guadagnato in coerenza interna.
Però mi sa che mi hai fregato: mi hai parlato di tre domande, ma ho dato tre risposte solo rispondendo alla prima…
Non so chi dei due alla fine abbia convinto l’altro a seguirlo. So solo che eravamo talmente convinti noi che evidentemente siamo riusciti a convincere qualcun altro. Per ora l’editore e i lettori di fiducia che hanno assaggiato qualche fetta in bozza. Speriamo che la crescita dei “convinti” sia esponenziale…
Questa era facile, dai, vorrà dire che risponderò anche alla terza.
3. Che reazione ti aspetti a questo tuo lavoro dal pubblico e dalla critica?
Mi aspetto e spero di trovarlo, un pubblico. Non credo esista un’operazione editoriale similare, quindi è tutto da capire che tipo di fascia di lettori intercetteremo. Intanto lo presentiamo a Lucca Comics & Games, e cerchiamo di capire se un lavoro non a fumetti ma realizzato da due autori che hanno molto a che fare con il fumetto, può essere letto da un lettore di fumetti. Certo puntiamo a un target piuttosto alto, perché l’idea è alta: e non mi sto auto incensando; non sto infatti parlando dei contenuti, ma dei materiali e della confezione del libro, che ne fanno un bell’oggetto ancor prima che una piacevole lettura. In dieci anni di pubblicazioni, è la prima (e ultima?) volta che ho diritto di veto su carta, cartoncino, copertina (che, vedrete, presenta una sorpresa davvero inedita). È uno di quei lavori così unici, così di nicchia, che – chissà – potrebbero anche intercettare un pubblico almeno in parte diverso da quello che legge me e/o Giovanni. E, chissà, se funziona potrebbe anche rappresentare un format. E tornare a occuparmi di qualcosa di simile non mi dispiacerebbe davvero. Quanto alla critica… critica di che? Critica di volumi di filastrocche illustrate? Fantastico: chiudiamo in maniera circolare inventando una nuova definizione!
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