domenica 18 novembre 2018

Alan Moore 65 & Alan Moore 2000

Art by Manuelle Mureddu.
Oggi ALAN MOORE compie 65 anni e noi, di certo, non potevamo non essere qui a festeggiarlo! Per cui... tanti auguri al Barbuto Bardo di Northampton in attesa di altre sue creazioni memorabili.

Ed ecco quindi un tris di "piccoli regali", per lui e per voi che leggete: in apertura di post un ieratico ritratto firmato da Manuelle Mureddu, a seguire uno sketch di Nicola Testoni e, per chiudere, la riproposta di una lunga intervista datata 2000, apparsa nel settembre 2001, in due parti, su Ultrazine.org.
Art by Nicola Testoni.
ALAN MOORE: SCRITTORE SUPREMO 
a cura di Barry Kavanagh.
Traduzione di smoky man, jopili & Silvio Schirru

Intervista realizzata da Barry Kavanagh, scrittore e musicista di Dublino, l'intervista è stata condotta il 17 Ottobre 2000 e pubblicata sul sito Blather.net (in lingua originale è disponibile QUI). Buona lettura!

Barry Kavanagh: Credo che tu stia a Northampton. Io chiamo da Dublino. Non so nulla di Northampton. È un posto grande? Una cittadina o una città?

È una cittadina. Credo sia grande come certe città ma non ha la Cattedrale a norma, per cui non è considerata una città. È un posto interessante. Il libro che ho scritto, Voice of Fire, è in gran parte basato su Northampton. È piuttosto interessante, una cittadina più grande, come ti dicevo, di certe città. 

BK: Quanti abitanti?

Non saprei dirti.

BK: Ma non sono un milione o una cifra simile?

No, ma ci sono città più piccole di Northampton. In termini di violenza criminale è al livello di posti che sono molto più grandi e noti, sai? Storicamente ha molti aspetti piuttosto interessanti. C'è stato un momento un cui era più o meno la capitale non ufficiale della Britannia.

BK: Della Britannia?

Beh, dell’Inghilterra, certo. Durante i Sassoni sarebbe stata la capitale, ma a parte questo i membri della famiglia reale nascevano o morivano qui; qui si svolse l'esecuzione di Maria, Regina di Scozia; credo che qui nacque Riccardo III; è qui che si decise la Guerra delle Rose ed è qui che si decise la Guerra Civile Inglese. Da quello che so, Northampton è pressoché equidistante da ogni costa, questo significa che si trova al centro della nazione, perciò tutte le guerre interne che si sono svolte in Inghilterra sono dovute passare per di qua. Un sacco di stani fatti storici sono accaduti qui.

BK: È un posto urbano, o è circondato da colline o simili?

Se esci fuori da Northampton ci sono diversi bei posti di campagna ma non te ne renderesti conto stando nella città. È un posto piuttosto urbano, credo che non si discosti molto dalle altre cittadine dell'interno, con gli stessi negozi. C'è una certa omologazione.

BK: Bene, iniziamo a parlare dei fumetti che hai scritto. Ma prima un paio di domande generiche sui fumetti. Che ne pensi del termine "graphic novel" diventato d'uso comune?

È un termine inventato dal marketing. E non mi è mai piaciuto. "Fumetto" va assolutamente bene per me. Graphic novel è un termine che è stato tirato fuori negli anni '80 dai tipi del marketing. C'era un certo Billy Spicer che negli anni '70 stampava un'interessante fanzine chiamata Graphic Story Magazine. È lui che coniò il termine graphic story, e aveva una ragione d'essere. Capisco l'uso della parola graphic story se hai bisogno di dare un nome a qualcosa, ma quello che successe a metà degli anni '80 fu che uscirono un paio di fumetti che si sarebbero potuti chiamare semplicemente “romanzi”. Si potrebbe chiamare Maus semplicemente un romanzo; lo stesso si potrebbe fare con Watchmen per via della densità, della struttura, della lunghezza, della serietà del tema, e per altri lavori simili.

Il problema è che "graphic novel" assunse il significato di "fumetti costosi" e quello che accadde fu che la DC Comics e la Marvel, poiché le "graphic novel" stavano ottenendo grande attenzione, mettevano insieme sei numeri di una qualche schifezza senza valore che pubblicavano rilegata sotto una cover in cartoncino e la chiamavano The She-Hulk Graphic Novel. È stato questo atteggiamento che penso abbia distrutto qualsiasi progresso il fumetto possa aver fatto a metà anni '80. Le case editrici, la gente del marketing, non sono gente molto intelligente, non sono creativi, non sono persone che ci sanno fare per davvero. Vedi, non hanno ancora capito che cosa sono stati gli anni '70, perciò il 21esimo secolo è lontanissimo per loro e così pensano solo a breve termine. Di conseguenza sono loro che vanno colpevolizzati per aver distrutto quel momento di punta che il fumetto ha vissuto a metà anni '80, poiché l'hanno sfruttato solo per vendere quantità di Batman e Spiderman privi di valore.

Per questo graphic novel non è un termine in cui mi ritrovo. Non è certo un qualcosa per cui fare una crociata - non mi importa molto come i fumetti vengono chiamati - ma graphic novel non è un termine che mi piace. Credo che il termine "fumetti" vada benissimo.

BK:  Che cosa ne pensi dei fumetti che vengono pubblicati attualmente?

Penso che vengano pubblicato troppi nuovi titoli… Se prendessi i team creativi e li allineassi contro un muro e poi aprissi il fuoco non ci sarebbe alcuna ripercussione a livello culturale, e ci sarebbero probabilmente un sacco di alberi che ti ringrazierebbero. Il 99% della roba che edita la maggior parte delle case editrici è spazzatura illeggibile. Non solo non piace ai ragazzi, ma non è neanche più pensata come un prodotto per ragazzi. Quanti anni ha il lettore medio di fumetti? Credo sui trenta. Questo significa che un sacco di lettori hanno sui quarant'anni. E questi sarebbero ancora ossessionati dagli stessi personaggi in calzamaglia? Non credo… mi piacerebbe vedere meno fumetti pubblicati ma un po' più di idee. Penso che uno dei problemi dell'industria del fumetto sia questa filosofia: meglio pubblicare 50 fumetti invendibili piuttosto che 5 che vendono.
BK: È una cosa da pazzi…

Si, ma è quello che succede. Vedi, bisogna distinguere. Bisogna separare il medium dall'industria. Il medium fumettistico è meraviglioso e produce ancora lavori notevoli, molti di più di quelli che ci aspetteremo. Credo che al momento siano prodotte opere importanti in quantità come mai prima. Basta guardare solamente i lavori di Chris Ware sul suo Acme Comics Novelty Library. Uno dei fumetti migliori, dei più mozzafiato dell'ultimo decennio. Ma sfortunatamente l'industria è ancora nella sua spirale discendente e in larga misura a causa dell'incompetenza - non c'è altro termine per descriverla - di chi la dirige.

BK: Beh, andando in giro per le fumetterie si vedono sempre le solite cose. Non si direbbe che ci sia tutta questa varietà…

La varietà c'è, ma probabilmente molti negozianti non ordinano quei fumetti. Il fatto è che chiunque voglia rifornirsi… vedi, da quel che ho sentito qualcuno ha fatto un film quasi decente sugli X-Men - non mi disturberò a vederlo perché credo che lo standard "quasi decente" di molte persone sia lontano dal mio (e sono comunque troppo snob) - ma il problema è che come per il film di Batman ci furono un sacco di batcazzate, così ci saranno un sacco di X-cazzate…

BK: A ricoprire pareti e pareti…

Dal momento che non è un buon momento per il fumetto, se i negozianti devono scegliere tra ordinare 100 copie di un fumetto collegato al film degli X-Men che sanno di vendere oppure, ad esempio, 3 copie di un albo della Fantagraphics o della Topshelf o della Draw & Quartley o di un qualunque altro editore di qualità - che però è un po' difficile, un po' intellettuale, forse un po' più caro - allora sceglieranno sempre di comprare la roba degli X-Men. Se un negozio di Dublino è come uno qualunque di qui, allora immagino che anche da te i fumetti siano marginali, e che la maggior parte del denaro venga da action figures, trading cards…

BK: Sì, da Forbidden Planet hanno un intero piano dedicato a quelle cose.

Certo. Qualunque cosa, ma non fumetti. Così è come vanno le cose. La situazione sarebbe diversa se le cose fossero andate in altro modo 15, 20 anni fa. Se ci fossero state le persone giuste nei posti di controllo sarebbero state capaci di "vedere" le cose e pensare: "bene, questo potrebbe aprire ai fumetti un nuovo grande mercato", invece di lasciarci condannati allo stesso degradante mercato che abbiamo ormai da 50 anni. Ma no, non c'era nessuno, nessuna struttura cui appoggiarsi. Ci furono alcuni artisti che giocarono le loro carte, e per la prima volta cercarono di rendere il fumetto qualcosa di interessante per gli adulti, ma non c'era una struttura. Le case editrici videro solo il profitto a breve termine, e non un’occasione da cui ripartire. Come ho detto, queste non sono persone dotate d'immaginazione.
BK: Parliamo dei fumetti che hai scritto. Riesci a ricordarti di V FOR VENDETTA?

Oh sicuro, sì, lo stavo rileggendo nei giorni scorsi, infatti. Mia figlia lo sta studiando all'università come parte di un qualche corso.

BK: Davvero? È un testo di un corso universitario?

Si, quello, WATCHMEN e un paio di altre cose. Vedi, c'è una parte del suo corso d'Inglese dedicata alle graphic novel, ma i miei lavori fanno parte anche di altri corsi, tipo "Letteratura postmoderna". Non che ci sia qualcosa di cui andar fieri, voglio dire, fanno pure dei corsi dedicati alle Spice Girls (insegnano un sacco di merda all'università, per cui non c'è di che essere orgogliosi). Comunque sì, V FOR VENDETTA, sicuro, me ne ricordo.

BK: C'è un articolo alla fine del volume [di V FOR VENDETTA] intitolato "Dietro il sorriso dipinto" dove scrivi "C'erano delle risonanze che si stavano sviluppando e sembravano indirizzarci verso esiti più ampi di quelli che noi stessi avevamo accettato essere la norma per i fumetti". È stata quella la prima volta che scrivevi in uno stile con più livelli di lettura?

Penso sia stata una cosa venuta fuori mentre scrivevo. Con MARVELMAN c'erano alcune idee brillanti, ma è stato con V FOR VENDETTA che ho capito che si potevano ottenere effetti incredibili mettendo insieme immagini e parole oppure escludendo il testo per qualche sequenza. Ho iniziato a capire cosa si poteva fare con il fumetto e con i vari livelli di lettura che si potevano dare ad una storia. Credo che V FOR VENDETTA sia stato uno dei primi lavori di un certo livello che ho realizzato nel mio stile personale.

BK: C'è un tema ricorrente, su come le idee siano più potenti del mondo fisico. Il personaggio di Evey dice - o pensa - riguardo a  V, "Chiunque tu sia non è più importante dell'idea che rappresenti" e poco dopo pensa "I tuoi nemici credevano che tu cercassi vendetta solo sui loro corpi, ma tu non ti  sei fermato lì… tu hai anche distrutto la loro ideologia". Per questo è come se la vera battaglia fosse tra le idee, quasi come se la violenza fisica fosse accidentale.

Quando abbiamo iniziato a fare V, l'idea originale era che volevamo creare un avventuriero dark, romantico e noir e poi pensammo d'ambientarla nel futuro e i dettagli lentamente si misero insieme… ad un certo punto capimmo che stavamo facendo qualcosa che riguardava la contrapposizione tra anarchia e fascismo e che c'erano molte questioni morali che venivano toccate e… sì, la storia era incentrata più sul mondo delle idee che su quello materiale e questa è una nozione che ha portato i suoi frutti recentemente in altre aspetti del mio lavoro. È un aspetto che mi coinvolge molto… la nozione che le idee siano più importanti della materia.

BK: Questa nozione ti colpì mentre scrivevi V, o era già lì?

Probabilmente c'era già. È sempre difficile ricordare quando ti è venuto in mente un determinato pensiero, anche perché molti saltano fuori mentre si scrive. C'è qualcosa di strano nello scrivere. Non è necessario che tu abbia in testa quello che devi scrivere, o puoi avere solo una vaga traccia e pochi dettagli - ma mentre stai scrivendo accade che le parole si suggeriscono da sole e così i pensieri e le idee - si tende ad andare in una sorta di trance. Quando scrivo qualcosa, specialmente se è un qualcosa di intricato, denso, complesso, mi trovo davvero in un differente stato di coscienza. Puoi notarlo. È sempre difficile capire quando hai cambiato stato di coscienza, ma è come se lo stato d'animo, l'atmosfera che ti circonda quando sei immerso nella scrittura… è come una trance, e la riconosco perché è la stessa sensazione che provavo quando disegnavo, o quando inchiostravo… quando la mano segue una linea a matita la tua mente non ha poi tanto da fare e allora scivola in quella specie di zona del crepuscolo… Ed è allora che un sacco di idee vengono fuori. E sembrano emergere all'atto stesso della scrittura.

BK: Sono perfettamente d'accordo con te. Trovo che sia come quando inizio a scrivere qualcosa da un certo punto di vista e invece è come se le mie opinioni fossero solo un aspetto di qualcosa di più complesso. Ed è allora che mentre lavori gradualmente inizi a vedere altri punti di vista ed altri ancora.

Sì, sì.

BK: Credo che sia l'unico modo per essere in accordo con i tuoi personaggi.

Riguardo i personaggi credo che V sia stato un bel passo avanti sotto molti aspetti. Sono molto soddisfatto delle caratterizzazioni in V. C'è una grande varietà di personaggi e tutti hanno una caratterizzazione che ben li distingue. Hanno tutti un modo diverso di parlare, diversi obiettivi. Penso siano tutti credibili, o meglio sembrano emotivamente credibili a me perché non c'è nessuno di loro che io abbia assolutamente odiato. Neppure quando scrivevo dei fascisti.

BK: Devi aver pensato a lungo a una cosa per arrivare ad odiare…

Sì, esattamente. Vedi, originariamente quando ho pensato "Oh, i cattivi saranno i fascisti", è stata una cosa precisa perché così avrei fatto un po' di propaganda. Tieni a mente che in quel periodo - che anno era? 1981? 1980? - io ero ancora coinvolto con cose come Rock Against Racism e l'Anti-Nazi League - ma non avrei fatto un buon servizio a nessuno rappresentando i Nazisti con monocolo, sigari e accento divertente.

BK: Perché tu non pensi in quel modo.

Sì. Quelle sono solo caricature. "Ziamo noi ke facciamo le domande", cose così. Invece i fascisti sono persone che lavorano nelle fabbriche, probabilmente sono gentili con i loro bambini. [Risate]. Sono gente qualunque. Sono come chiunque altro eccetto per il fatto che sono fascisti.

Non sono sicuro di ricordarla esattamente, ma la frase suona più o meno così: "Comprensione totale è amore totale". È così o viceversa.

BK: Credo d'averla già sentita.

Se comprendi davvero chiunque non puoi non amarlo.

BK: È una citazione?

Sì.

BK: Credo d'averla già sentita da qualche parte.

Credo che contenga un certo grado di verità. Il solo modo che si possa trovare per capire personaggi come Myra Hindley, Fred West, il generale Pinochet, è in qualche modo amarli, o almeno sospendere il giudizio, non odiarli, non provare repulsione solo a sentirli nominare. Se riesci in qualche modo a guardarli con compassione, allora puoi venire a conoscenza di qualcosa di utile su di loro.

BK: Penso che sia per questo che l'arte o la scrittura siano il modo più totalizzante di comprendere la realtà.

Sì, credo di sì. Penso che scrivendo, scrivendo di qualsiasi cosa - a meno che non stia scrivendo una storia su un solo personaggio (ma anche allora) - puoi immaginare di scrivere su tutto. Anche se c'è un solo personaggio chiuso in una stanza, per estensione c'è tutto il mondo là fuori che ha un'influenza su di lui. Mentre si scrive bisogna essere in grado di creare un mondo credibile in tutti i suoi dettagli, e questo significa che devi provare almeno un esile interesse per ciò che è il mondo reale e per come agiscono le persone reali. O almeno è come mi comporto io nel mettere insieme i miei personaggi. Devi provare interesse  per la realtà nella sua globalità se vuoi essere in grado di scrivere.

Quello che ho detto probabilmente non va bene per chiunque. Sono sicuro che sia possibile scrivere il 99% delle canzoni pop non provando interesse che per la classifica!
Parliamo di WATCHMEN. Come in V FOR VENDETTA non c'è un narratore obiettivo e tutti i personaggi hanno filosofie molto diverse.

Riguardo WATCHMEN, per certi aspetti si può dire che discenda da MARVELMAN per via della visione distopica del mondo dei supereroi. In termini di tecnica, discende maggiormente da V FOR VENDETTA.

BK: È quello che stavo pensando anch'io. C'è di nuovo quella struttura narrativa multilivello.

C'è ma WATCHMEN è molto più complesso di V FOR VENDETTA. Confrontando superficialmente i due lavori, quello che ho spesso dichiarato è che WATCHMEN ha più cervello e raziocinio mentre V FOR VENDETTA ha più passione.

BK: Si, è giusto.

V FOR VENDETTA è un bel lavoro, ma forse non ha quella cristallina brillantezza multilivello di WATCHMEN ma credo che abbia più passione. Penso ci sia più cuore, più emozione in V. Detto questo, sono entrambi lavori di cui vado fiero. WATCHMEN è stato al tempo quanto di più ardito potessi immaginare di fare nel mondo dei supereroi. È stato come portare il fumetto in un luogo non segnato su nessuna mappa.

BK: Sai che ho pensato "Bene, questa è la fine del genere supereroistico".

Beh, al tempo pensavo: "oh bene, nessuno sarà in grado di produrre altro dopo questo, potranno solo smettere di fare fumetti di supereroi e fare qualcosa di meglio con le loro vite". Ma no, quello che successe fu la nascita di fumetti pretenziosi e vuoti - basta guardare l’Image dei primi anni '90 e vedere tutti quei disegnatori di supereroi senza alcuna capacità di scrittura cercare di rifarsi a WATCHMEN, Dark Knight e altri lavori di metà anni '80. Era come guardare il proprio nipotino bastardo e deforme o qualcosa di simile. Sì, penso che una volta David Bowie parlò di se stesso come "La faccia che ha lanciato migliaia di pretese", ed è stato un sentimento simile che ho provato vedendo l'effetto che WATCHMEN ha avuto sui comics, un effetto deleterio di cui non ci si deve poi sorprendere. Spesso i migliori lavori nati da un medium hanno gli effetti più negativi. Può sembrare paradossale ma prendi ad esempio MAD di Harvey Kurtzman negli anni '50 - e se mi chiedessi di scegliere il miglior fumetto di sempre, la mia scelta sarebbe proprio MAD - che per quanto sia stato un fumetto brillante ci ha condannato a 60 anni di fumetti umoristici che prendono il nome da malattie mentali o simili come Cracked, Sick

BK: Ho letto che i personaggi di WATCHMEN sono basati su eroi dell'Universo DC. Ne so ben poco di quei vecchi personaggi…

È un fatto marginale, ma originariamente accadde che io e Dave [Gibbons] avevamo avuto un'idea per una storia di supereroi che necessitava di una continuity per i personaggi; non una continuity vasta, ma una continuity che legasse i personaggi. Così pensammo che se ci fosse stato un universo supereroistico di qualche casa editrice ormai defunta avremmo potuto sceglierne un gruppo di eroi e raccontare una storia che iniziava con l'omicidio di uno di loro. Una storia che avrebbe portato questi vecchi e familiari personaggi attempati in un mondo del tutto nuovo. Ora, in quegli anni Dick Giordano lavorava per la DC ed in precedenza aveva lavorato per una casa editrice chiamata Charlton Comics. Ora, mentre era alla Charlton aveva supervisionato la creazione di diversi personaggi ricordati con una certa nostalgia dai lettori e dai fan di comics. Alcuni erano stati creati o co-creati da Steve Dikto, come The Blue Beetle; The Question, una specie di vigilante estremista; un personaggio legato al nucleare chiamato Captain Atom; c'era anche un eroe chiamato Thunderbolt, un uomo che aveva il completo controllo dei dieci decimi del suo cervello ed era in grado di compiere imprese fisiche e mentali eccezionali. Come vedi, si tratta di supereroi tranquillamente dimenticabili ma…

BK: C'era un tizio con cappello e impermeabile?

C'era un tizio con cappello e impermeabile, ed era The Question. Era simile ad un personaggio di Steve Ditko di ideologia piuttosto destrorsa chiamato Mister A - troppo destrorso per apparire nei fumetti commerciali - di cui Ditko pubblicò alcune strisce nel mercato indipendente. Mister A era un fascista assolutamente insano, ma era realizzato davvero bene. Per cui originariamente dicemmo che avremo potuto fare la nostra storia con i personaggi Charlton, e Dick Giordano ci disse che potevamo fare quello che volevamo con quei personaggi. Per cui io e Dave partimmo buttando giù un progetto da poter fare con quei personaggi. Ora sebbene l'idea della storia fosse piaciuta, avevano appena pagato per acquisire la Charlton cosicché non sembrava sensato creare una serie dove alla fine un paio di quei personaggi sarebbero morti e un altro paio sarebbe stato così mal messo da non poterci più fare alcunché, per cui ci dissero "perché non tirate fuori dei personaggi tutti vostri?". Ci trovammo d'accordo e così prendemmo gli eroi Charlton solo come punto di partenza e questa fu una soluzione perfetta, perché Captain Atom era sì un supereroe nucleare ma neppure lontanamente interessante come il Dottor Manhattan!
BK: Ci credo.

Con il Dottor Manhattan siamo stati in grado di inserire nella storia tutti quegli aspetti di coscienza quantica.

BK: E il fatto che avesse cambiato il mondo.

Sì. Siamo stati in grado di fare molte cose ed è stato molto meglio che utilizzare i personaggi Charlton che comunque sono stati il punto di partenza. Rorschach è una logica estensione dei personaggi di Steve Ditko Question/Mister A, ma sono certo che Ditko non l'avrebbe mai creato. Infatti sapevo che in un'intervista a Ditko è stato chiesto se avesse letto WATCHMEN e cosa ne pensasse di Rorschach, e lui rispose "Oh sì, so chi è, è quello che assomiglia a Mister A, solo che Rorschach è pazzo". [Risate]. Ho pensato: bene era quello che volevo! Con Mister A con avrei avuto quell'effetto. Per cui è stato come prendere quei personaggi e portarli un passo a sinistra o a destra, sconvolgerli giusto un poco.

BK: Parlando di Rorschach, alla fine si toglie la maschera per affrontare la morte. L'ho notato solo di recente rileggendo il volume. Si tratta di una sorta di epifania psicologica, o che cosa?

Non so, non so, ma quello che dici mi sembra giusto. Io sentivo che cosa avrebbe fatto. Non so perché. Non posso spiegare razionalmente perché un personaggio abbia agito in un certo modo, ma mi sembrava la cosa giusta. Alla fine non c'è più la maschera, non c'è più Rorschach, ma c'è il vero essere umano che sta da qualche parte sotto il costume.

BK: È incredibile come questo sia venuto fuori, anche perché stiamo parlando di una persona che è morta, no?

Ma è lì. C'è ancora il bambino che ha vissuto un'infanzia terribile in orfanotrofio. E nel momento in cui sta per morire vuole comportarsi come uno che sta in prima linea. Non so, non posso davvero spiegare perché ho scritto così, solo che mi è parso che sarebbe stato quello che avrei fatto io se fossi stato Rorschach, ed è questa l'unica spiegazione che posso dare per giustificare i comportamenti di un qualunque personaggio.

BK: C'erano diversi interessanti microcosmi in WATCHMEN, come ad esempio "il Mercantile Nero". Il protagonista si chiede "Come sono arrivato a questa terrificante situazione avendo l'amore, solo l'amore come mia guida?", mentre nella storia principale qualcuno commette un genocidio per salvare il mondo.

C'è un punto verso la fine in cui Adrian Veidt dice d'essere stato "tormentato ultimamente da sogni in cui nuotavo verso" - e poi dice "no, non pensiamoci, non è importante", e credo che sia piuttosto ovvio che stesse sognando di nuotare verso il Mercantile Nero. Si, c'è una narrazione parallela. La storia di pirati è stato ancora una volta un fatto accidentale - dal numero tre - scaturito da un commento fatto durante una conversazione tra me e Dave. Stavamo cercando di mettere a punto l'ambientazione del mondo in cui si svolgeva la storia e così dissi "Che fumetti pensi si leggerebbero? Se hanno dei supereroi nel mondo reale, probabilmente non saranno interessati a fumetti di supereroi", e mi sembra che Dave rispose "Che ne dici di fumetti di pirati?". Così buttammo giù un po' di titoli per fumetti di pirati, tra cui "Storie del Mercantile Nero" perché sono un grande fan di Brecht.

Sì, il Pirata Jenny. Così nel numero tre ci fu un momento in cui avevo tutte queste cose diverse in svolgimento e capii che potevo avere il giornalaio che parlava, qualcun altro che avvitava dei segnali con il simbolo della radioattività in un rifugio atomico sulla strada, potevo avere un ragazzino seduto con la schiena contro un idrante elettrico vicino all'edicola mentre leggeva il suo fumetto, e potevo avere tutte queste strane storie che si svolgevano su livelli diversi, ma che potevano interagire tra di loro.

BK: Sì, ciascuna storia faceva da commento alle altre.

Ho improvvisamente capito quale beneficio fosse avere la storia di pirati racchiusa entro la struttura narrativa generale, in modo che potessi utilizzarla come contrappunto. Sì, credo che alla fine abbia finito con l'essere la storia di Adrian Veidt, ma ci sono momenti durante lo sviluppo della storia di pirati in cui questa si lega alle vicende di Rorschach e alla sua cattura, oppure all'esilio volontario del Dottor Manhattan su Marte. L'ho potuta utilizzare in tutte queste diverse parti della narrazione e successivamente ho utilizzato lo stesso meccanismo in altri lavori che probabilmente hanno visto in pochi. Mi riferisco ad esempio da BIG NUMBERS che ha due o tre microcosmi di questo genere nel suo interno, e a LOST GIRLS, che uscirà nel 2001 [uscì in realtà nel 2006 per Top Shelf, N.d.T.].

BK: Ah, è finito?

È quasi finito. Al suo interno abbiamo un microcosmo dato da un libro pornografico trovato nell'hotel in cui si svolge la storia. È un volume chiamato "Il Libro Bianco" e sembra essere stato scritto e illustrato da artisti come Beardsley, Egon Schiele, Oscar Wilde. È un libro di pastiche, e ancora una volta può essere utilizzato come contrappunto per la storia principale. Per questo posso dire che si tratta di un trucco narrativo che mi è diventato ormai familiare.

BK: C'è una cosa che mi ha fatto pensare, nel numero tre c'è una vignetta che credo sia un microcosmo per l'intera storia. È quando vediamo il tizio della "Ditta Serrature il Nodo Gordiano" e alla fine si può dire che il piano di Veidt rispecchia la soluzione del Nodo Gordiano, non è vero?

Sì, in un certo senso.

BK: Utilizzare la forza per risolvere una situazione.

In realtà, credo che quando ho dato il nome alla ditta, pensavo d'avere bisogno di un addetto alle serrature e mi sono chiesto "Quale può essere un buon nome per una ditta di serrature? Ditta Serrature il Nodo Gordiano: non riusciranno mai ad aprire questo!" Ed è stato una specie di gioco. Ho pensato di usare "Non riusciranno mai ad aprire questo!" come slogan della ditta, e poi ho incominciato ad inquadrare la fissazione di Veidt con Alessandro Magno, e quindi la storia in sé come una sorta di nodo.

BK: Sì, ma quando l'addetto alle serrature appare per la prima volta c'è un momento in cui Janey Slater dice "Una volta rotte, certe cose non si posso più aggiustare" e in un certo senso è come quando Jon dice alla fine a Veidt "Nulla ha mai fine".

"Nulla ha mai fine", sì, vero.

BK: E poi c'è Seymour che sta per prendere il diario alla fine.

Sì: "È tutto nelle tue mani".
BK: Beh, una vignetta del genere ha…

Capisco. Vedi, quello che abbiamo cercato di fare con WATCHMEN è stato realizzare una struttura cristallina, come un gioiello con centinaia e centinaia di facce, e ognuna era una sintesi di tutte le altre facce e potevi guardare ad una sola delle singole facce avendo una visione d'insieme del gioiello assolutamente coerente. Sì, in pratica ogni singola vignetta in qualche modo riassume l'intera storia.

BK: Un'altra cosa che ho trovato davvero divertente è verso la fine quando c'è un poster per una proiezione di Tarkovskij, e i due titoli dei film erano Nostalghia e Il Sacrificio.

Avevamo pensato che visto che l’ambientazione era un periodo di post-riconciliazione, sarebbero stati mostrati anche film di autori russi.

BK: I due titoli dei film sono proprio azzeccati.

Nostalghia è una parola che abbiamo usato durante tutta la storia. Abbiamo pensato "Bene. Che cosa darebbero in quei cinema in cui prima proiettavano film americani anni '50 di genere catastrofico?" e ci siamo risposti "Ora danno film russi" e credo che sia stato Dave a suggerire Tarkovskij e dire "Ci sono questi due film, Nostalghia e… Il Sacrificio". Un sacco di questa roba ci è venuta addosso così. Per dirti, non sapevamo che su Marte ci fosse una faccia sorridente. L'abbiamo scoperto dopo che su Marte c'era un cratere che somigliava ad una gigantesca faccia sorridente.

Quando l'abbiamo fatto non sapevamo neppure che appena un mese dopo l'uscita di WATCHMEN il documento sullo scandalo Iran-Contras sarebbe stato pubblicato recando in conclusione la frase di Giovenale "Quis custodiet ipsos custodes? - Chi sorveglia gli stessi guardiani?"

È stato ben strano quel periodo. Mettevano un po' di paura tutte quelle coincidenze, e poi… tutto d'un tratto l'immagine centrale di WATCHMEN [lo smile] è finita sulle magliette da acid house, e così in un certo modo quello che prima era solo nella testa mia e di Dave è entrato a far parte della cultura popolare. È una sensazione un po' strana.
BK: Poi hai fatto BATMAN: THE KILLING JOKE.

Sì, è stato fatto mentre stavo scrivendo WATCHMEN, o poco dopo… non sono sicuro, comunque è stato realizzato troppo a ridosso di WATCHMEN. Voglio dire, Brian [Bolland]  ha fatto un lavoro meraviglioso con i suoi disegni, ma non penso che sia un book riuscito bene. Non dice niente di davvero interessante… WATCHMEN aveva a che fare con il potere, V FOR VENDETTA parlava di fascismo e anarchia, THE KILLING JOKE era solo Batman e Joker - e Batman e Joker non sono simboli di un qualcosa che ha riscontro nel mondo reale, ma sono solo due personaggi dei fumetti.

BK: Ho solo il numero uno di BIG NUMBERS.

Ne sono usciti due. Doveva essere un capolavoro, un magnus opus. Penso ancora che quei due primi numeri siano tra i migliori lavori a fumetti del periodo. Ho cinque sceneggiature già scritte.

BK: Credo d'aver capito come sarebbe andata la storia.

Sì, avevo l'intero soggetto della storia, era tutto scritto su un enorme foglio A1, come se fosse stato un grafico. L'idea era che stavamo facendo un fumetto davvero buono e che l'avremo autoprodotto. Eravamo davvero coinvolti nel progetto, ed erano i miei soldi che avrebbero sostenuto tutto. Quello che successe fu che Bill Sienkiewicz, dopo aver promesso che l'avrebbe illustrato, fece un ottimo lavoro nei primi due episodi e poi smise di lavorarci. Tutti i soldi finirono come in un buco nero, perché l'albo veniva ancora annunciato ma non potevamo uscire perché mancava il disegnatore. Allora dicemmo "Bill, se non vuoi fare questo lavoro, diccelo e penseremo a qualcun altro, un sostituto o qualcos'altro, ma diccelo, così che tutti i soldi investiti nel progetto non finiscano sprecati". Bill continuò per diversi mesi a non avere il coraggio di dirci che non voleva più lavorarci, e allora la situazione divenne disperata. Poi intervenne Kevin Eastman, quello delle Teenage Mutant Ninja Turtles, con la sua Tundra, casa editrice coraggiosa ma destinata al fallimento e cercò di produrre BIG NUMBERS. Cercammo di prendere Al Columbia, che era stato assistente di Bill Sienkiewicz, per continuare il fumetto. Ora, ho sentito che Al avrebbe concluso un episodio ma, dipende da quale versione si creda, o ha distrutto le tavole o le ha date via, o non so bene che cosa sia successo, comunque abbiamo così due disegnatori che si sono tirati fuori dal progetto.

BK: Pensi che rimarrà per sempre un lavoro incompiuto?

Non vedo alcun modo in cui sia possibile resuscitarlo come fumetto. Voglio dire, che cosa posso fare? Potrei dire "Abbiamo un nuovo grande artista, e ripartiremo di nuovo dal numero uno, ma stavolta arriveremo davvero al numero dodici". Io stesso, se sentissi un discorso simile da una persona che ha fallito due volte nel fare quello che diceva di voler fare, non lo comprerei. Per cui la sola possibilità per BIG NUMBERS è Alex Usborne che fa parte della Picture Palace Productions, quella che ha fatto The Acid House Trilogy di Irvine Welsh.

BK: L'hanno trasposta in un film.

Si, hanno fatto una piccola trilogia di film intitolata The Acid House Trilogy, un paio dei quali erano dei bei lavori, e questo è stato fatto dalla Picture Palace Productions. Ora Alex sta lavorando con me. Abbiamo messo insieme un interessante presentazione, episodio per episodio, della storia…

BK: Per la televisione?

Per la serie televisiva di BIG NUMBERS. Dovrebbe essere una specie di dramma in dodici episodi.

È uno dei miei preferiti.

BK: Quando l'ho letto la prima volta, nel '91, non mi è piaciuto perché il personaggio principale non sembra capire le cose ovvie, devo averlo trovato noioso…

Il personaggio principale è un idiota.

BK: Ma la seconda volta che l'ho letto, qualche settimana fa, mi è piaciuto. È una cosa misteriosa…

È una lettura che migliora con il tempo.

BK: Sembra che Timothy vada contro la propria natura, anche se la sua natura non è ovviamente quella di vendere soft drinks ai Russi, tuttavia non sembra neppure vicina ai suoi ideali di gioventù.

L'intero lavoro è nato quando Oscar Zarate mi ha contattato. Oscar è diventato uno dei miei migliori amici, amo Oscar, è un grande. È una delle persone più cordiali e sagge che conosca. Venne da me e mi disse "vedi, dobbiamo fare qualcosa insieme" e io risposi "Si, d'accordo"… Così è nata la storia tra di noi, da conversazioni avute insieme. Oscar aveva un’idea precisa del fumetto che voleva fare, e aveva l'immagine di uno che veniva perseguitato da un ragazzino, o uno che veniva seguito da un ragazzino… penso che quell'immagine fosse nella sua testa e lui non sapeva altro. Allora quando me l'ha raccontata io ho detto qualcosa del tipo "Bene, che ne dici se quel ragazzino è lui stesso?"

BK: Si vede sin dalla copertina.

Sì. Sì, proprio così, avrei voluto che avessimo nascosto la cosa un po' di più. Ma penso che sia un ottimo lavoro e ne sono molto felice. Quando è uscito penso che la gente l'abbia trovato monotono perché avevano appena letto Watchmen o The Killing Joke e c'era una specie di "Beh, allora? Quand'è che succede qualcosa?" La storia si basa tutta su un tizio ossessionato da se stesso. Ad ogni modo, sono contento che tu l'abbia riscoperta dopo dieci anni. Penso che sia un’opera molto contemporanea. So bene che è ambientata negli anni '80, ma al tempo quello non era un modo comune di guardare agli anni '80. È un aspetto che la gente ha colto in retrospettiva.

BK: Penso che ci sia un sacco di gente come Timothy, adesso. Con lo stesso modo di pensare, di approccio al lavoro e alla vita.

Vedi credo che [Timothy] fosse il tipo di persona che stava emergendo in quel periodo, ma che forse non era emerso in modo così chiaro per la gente tanto da capire di cosa stavamo parlando. Così, è un altro lavoro che ho fatto… A Small Killing, è uno dei miei lavori preferiti.
BK: La prossima domanda è su From Hell, con la malvagia regina Vittoria. Cosa pensi della morte della principessa di Galles, avvenuta il 31 agosto, lo stesso giorno della morte di Polly Nichols, la prima vittima dello Squartatore?

A dire il vero non ci avevo fatto caso. E' abbastanza interessante, perché avrei potuto collegare la principessa di Galles a tutta la faccenda del pentacolo diabolico. C'è stata tutta quella vicenda del matrimonio … all'inizio avrebbero dovuto sposarsi nell'abbazia di Westminster, ma all'ultimo momento decisero per Saint Paul, che naturalmente è un tempio di Diana, la dea della luna… e sì, credo che il principale significato mistico della morte della principessa Diana sia che, probabilmente, non è una grande idea andare in giro a folleggiare per Parigi a 80 miglia all'ora quando il tuo autista è fuori di testa.

BK: Una cosa che ho trovato strana è il passante che vide Liz Stride essere gettata a terra.

Già, era la versione di un testimone oculare. Vide un uomo azzuffarsi con una donna. L'uomo sembrò gridargli qualcosa che suonava come "Lipski", che potrebbe essere stato un riferimento all'origine ebrea del testimone stesso. Lipski era il nome di un tizio ebreo che era stato arrestato per omicidio, mi pare, un paio d'anni prima, e potrebbe essere divenuto un termine generico dispregiativo per "ebreo". Sì, qualcuno vide. E ciò accadde nella iarda in cui c'era un fabbricante di casse d'imballaggio di nome Walter Hindley, esattamente sotto la finestra del club socialista in cui William Morris effettuava solitamente le sue letture. Ho cercato di mettere insieme il mosaico quanto più fosse possibile, inserendo qualunque frammento d'informazione che avessi a riguardo.

BK: Le due Mary Kelly, come i due Lee Harvey Oswalds, non possono esser lasciate da parte.

Questa è davvero strana. Katherine Eddowes lascia la stazione di polizia avendo dato Mary Ann Kelly come falso nome e viene uccisa.

BK: Ah. Io parlavo delle altre due Mary Kelly. Il testimone che la vide il giorno seguente.

Ah, già! Anche questo è curioso. Due testimoni che dissero entrambi di averla vista la mattina seguente.

BK: Ti ha dato un'indicazione per la fine della storia, non è vero?

In effetti sì. Intendo dire che volevo lasciarlo celato. Perché, ovviamente, la verità pura è semplice su questa storia è: come avrebbe potuto una qualunque persona identificare quella cosa che c'era al 13 di Miller's Court? Guarda, ho visto le foto. Per un bel po' è difficile stabilire da che parte bisogna guardarle. Figuriamoci dire chi sia. Non c'è alcuna prova. Non avevano impronte digitali, analisi del DNA o roba del genere, a quel tempo. Tutto quello che avevano erano le parole del suo ragazzo in stato di shock. Lui disse: "Sì, è Mary". Non aveva più faccia. In alcuni punti era scarnificata fino alle ossa. Non aveva stomaco. Per cui chi lo sa? In quel momento io volevo solo dare alla povera donna un lieto fine, una sorta di via di fuga. E quella scena finale, col fantasma di Gull che discende il colle in Irlanda, dove ci sono una donna che non aveva mai visto prima e quattro ragazzine, per me è una delle scene più intense del fumetto. C'è qualcosa che ti dà i brividi nella parte in cui lei gli dice di tornarsene nell'Inferno da cui è venuto. C'è qualcosa in quella scena che… non so… per me è come se fosse reale.

BK: Com'è stato avere a che fare per così tanti anni con un'opera su un serial killer?

Sono stati… quanti? Dieci anni. Dieci anni a scavare nel materiale, nella bibliografia. Non solo su Jack lo Squartatore, ma su tutti questi stronzi. Tutte queste miserabili e insignificanti scuse per il genere umano. Non sono superuomini. Nient'affatto. Non sono come Hannibal Lecter. Sono come Peter Sutcliffe. Idioti con una permanente improbabile. E con qualcosa di terribilmente contorto nel loro rapporto con la madre o roba del genere. Sono piccoli individui.

BK: E' ciò che ha dimostrato quello studio dell'FBI, no?

E io leggo tutto di Robert Ressler. Libri come Sexual Homicide, che probabilmente è il miglior libro sui serial killer. Ma ce li ho tutti. Ho circa trenta libri su Jack lo Squartatore, anche perché la Fortean Times ha continuato a spedirmi libri su Jack persino dopo che avevo chiesto loro di smettere. Gli ultimi due che mi hanno mandato sono Jack the Ripper - a Psychic Investigation, in cui una donna ha deciso di indagare psichicamente sui delitti dello Squartatore, e uno di un tizio che ha scritto su cosa sarebbe accaduto a Jack lo Squartatore se nel 1880 avessimo avuto a disposizione i moderni metodi di indagine. Ma è un po' sconcertante, perché ci sono cose come Fred Abberline che alza il telefono e chiede se è già pronto l'esito dell'esame del DNA e tu pensi: "Okay, perché diavolo andare incontro a tutti questi problemi? Perché non dire semplicemente che l'hanno beccato dopo il primo omicidio grazie a una telecamera a circuito chiuso e farla finita?!"

BK: Ora hai messo da parte tutti quei libri?

No, non metto mai da parte i libri. Più o meno vivo nei piccoli spazi tra una pila di libri e l'altra. Non li tengo mai lontano. Posso vederne la maggior parte anche da dove sono seduto. Alcuni, probabilmente, potrei semplicemente prenderli e buttarli. La maggior parte. Ce n'è un paio che terrei. Ma la mia collezione di libri è di quel genere che non fa una buona impressione se vieni arrestato. Quel tipo di libri che, sui titoli del giornale, suonerebbe "Aveva parecchi libri sui serial killer, sui Nazisti e sull'occulto!" [ride]

BK: [ride] Non vorresti essere dalla parte del torto in una caccia alle streghe.

Assolutamente no. Sono molto orgoglioso di From Hell. E' un lavoro grande, oscuro, monumentale. Vittoriano.

BK: Ci sono un paio di cose sullo sfondo. C'è una sequenza, mi pare nel capitolo IV, in cui Gull parla di sacrifici di bambini come usurpazione di un simbolo femminile e così via…

E' con Netley. Stanno girando per Londra. Mi sembra di ricordare che dica che sacrificare bambini è un modo di negare il potere femminile.

BK: Ho trovato la pagina [pag. 24 del IV capitolo, nel primo volume dell'edizione Magic Press, tradotta da Alessandra Di Luzio, N.d.T]. Dice: "Le dee vennero rimpiazzate con gli dei. Poi si iniziarono a sacrificare i bambini, devastando il più temibile dei simboli femminili, la maternità, con la sua magia e il suo potere.".

Questo non è necessariamente vero, ma è ciò che Gull, secondo me, potrebbe aver creduto.

BK: Un po' dopo parlano della Ratcliffe Highway e dell'omicidio della famiglia Marr, e Gull dice che in quel luogo venne ucciso un bambino, chiedendosi se fosse stato "un atto rituale che desse forma alla società" (ovvero una forza di polizia). Sono molto interessato al tabù dell'infanticidio.

Be', probabilmente ci sono parecchie ragioni per sacrificare bambini. Ma ciò che mi colpisce è che sono convinto che numerosi sacrifici siano stati compiuti avendo in mente come prima cosa il maggior vantaggio possibile per la vittima. Avevano intenzione di rendere sacre le persone. Allo stesso tempo mi colpisce che sacrificare bambini potesse essere un modo di negare il potere femminile.

BK: Penso che sia un tabù molto radicato, che provoca reazioni estreme da parte della Società.

Be', pensa a Myra Hindley. Non ne verrà mai fuori.

BK: Sì. E recentemente, in Gran Bretagna, Sarah Payne. Dopo quel fatto ci furono azioni da parte di vigilantes.

[ride] Private Eye fece un cartone animato su un tizio aggredito da un gruppo di vigilantes che gridava: "Sono un pediatra!", e entro dieci giorni dalla diffusione del cartone, per pura coincidenza, da qualche parte sulla costa meridionale della Gran Bretagna, un gruppo di persone, presumibilmente lettori completamente illetterati e subnormali di News of the World, trascinarono via a forza una pediatra da casa sua e scrissero con lo spray il prefisso "paedo" [in inglese pediatra è "paediatrician", ndT] sulla porta della sua casa, sui muri e roba del genere. Non riguarda solo l'uccisione di bambini, ma anche il sesso coi bambini. E non devi far altro che esaminare con attenzione la cultura britannica. Perché ce la prendiamo tanto per queste cose? Voglio dire: può davvero essere una coincidenza se, sul Sun, l'ideale di bellezza femminile sembra essere il corpo eccessivamente sviluppato di una donna nubile con la faccia da dodicenne? La pedofilia è completamente radicata nella nostra cultura. In paesi in cui la pornografia è ammessa, come Svezia o Danimarca, non ci sono bambini che vengono rapiti, uccisi e gettati in un canale. Noi possiamo tenere chiusa una pentola a pressione come questa e deplorare questa merda, ma tantissime volte mi piacerebbe sapere come sono esattamente le vite private dei membri di "gruppi" del genere. Naturalmente è vero, i bambini sono minacciati da pedofili e stranieri. Ma lo sono ancora di più dai loro familiari, statisticamente parlando.

BK: Be', anche durante la Grande Caccia alle Streghe, una delle accuse più pesanti che venivano fatte alle cosiddette streghe era quella di infanticidio.

Già, ed anche agli ebrei. In numerosi Pogrom. Lo chiamano il "Libello di sangue". So che a Northampton nel, credo, 1300, ci furono degli ebrei accusati di aver sacrificato bambini cristiani in arcani riti cabalistici. Probabilmente dovevamo loro dei soldi e non volevamo restituirli, e questa era una buona scusa per acchiappare alcuni ebrei e lapidarli a morte.

Questi tabù sono bottoni che puoi premere sulla gente… In ogni caso l'intero concetto britannico di "infanzia" è una fregatura, dato che inventammo l'infanzia solo nel tardo XIX secolo quando la maggior parte dei piccoli bastardi moriva di difterite sui gradini di fronte alle case. Probabilmente i figli dei ricchi. So che nel tardo XIX secolo i figli dei poveri venivano dati in matrimonio all'età di dodici anni. Mettevano su casa da soli. Voglio dire che ti sbattevano fuori dal nido a circa dieci anni perché i tuoi genitori non avevano possibilità di fare altrimenti. Ci si aspettava che tu lavorassi dal primo momento in cui avessi potuto vendere fiammiferi o qualunque altra cosa.
BK: The League of Extraordinary Gentlemen è un lavoro più spensierato, dunque?

Più o meno. Pensavo che mi sarebbe piaciuto realizzare qualche lavoro mainstream, perché se stai ai margini la tua roba non incide per niente, allo stato attuale, sull'ampio scenario della cultura fumettistica. Per esempio Maus non avrà mai alcun impatto sul fumetto popolare, perché fu realizzato al di fuori di esso, ai suoi margini. Pensavo che mi sarebbe piaciuto realizzare qualcosa di bello che fosse ancora un progresso e che fosse abbastanza proiettato in avanti da essere valido, qualcosa che vale la pena fare; ma farlo per il mercato popolare, così che possa avere un impatto e, auspicabilmente, andare in piccola misura verso la rinascita del medium, attualmente in un triste stato. Così la Lega dei Gentiluomini Straordinari è il risultato del mio pensare ai supereroi, ai supergruppi. Ho pensato "Be', sarebbe bello far tornare indietro il nastro fino ad un punto precedente a tutti i cliché supereroistici, prima di Action Comics # 1 e dell'invenzione di Superman.". Se fai questo, ti ritrovi in mano l'avventura pulp degli anni Trenta e la letteratura fantastica del XIX secolo, che è stata una grande fonte di ispirazione per un bel po' di fumetti. Hulk, per esempio, non è altro che Jekyll e Hyde. Tutti i personaggi invisibili dei fumetti devono molto all'Uomo Invisibile di Wells. Così mi sono chiesto se avrei potuto mettere assieme un gruppo di personaggi interessanti. Intorno al secondo numero, all'improvviso ho pensato: "Ehi, e se facessi in modo che ogni personaggio menzionato fosse realmente esistente nella fiction? Sarebbe divertente".

BK: Realmente esistente nella fiction?

Be', un personaggio vero tratto da un opera di finzione. Qualcuno che già fosse esistito nell'opera di qualcun altro. Penso che sia successo quando, forse nel primo numero, fui improvvisamente folgorato dall'intuizione di far uccidere la Nana di Zola da Mister Hyde nella Rue Morgue. Pensai: "Grande! questo porterà da qualche parte!". E poi quando iniziai a importare personaggi dalla pornografia vittoriana, come la Perla, nel secondo numero. Tutto è stato costruito da lì. Abbiamo perfino avuto comparsate da parte degli antesignani vittoriani dei personaggi di Eastenders, nel numero 6. E' stato un vero spasso.

BK: Ci sono fumetti di autori contemporanei che ti attirano particolarmente? Voglio dire, sei affascinato da Sandman o qualcos'altro?

Ci sono stati degli ottimi numeri di Sandman che Neil [Gaiman] ha scritto di cui ho pensato che fossero assolutamente brillanti. C'è un mucchio di gente che fa roba molto buona. Mi piacciono la roba di Chris Ware e i fratelli Hernandez. Anche Frank Miller è molto bravo…

BK: Sin City.

…anche se tende a restare ancorato ad una sola area. Ma questa è puramente una questione di gusto, non è uno sminuire il lavoro di Frank. Niente del genere.

BK: Hard boiled.

Hard boiled, sì, anche se magari è ambientato a Sparta, come il suo recente 300. Ma è sempre hard boiled! Frank è molto bravo in quello che fa, anche se mi piacerebbe, qualche volta, vederlo realizzare una storia che non parlasse di duri. Non è una critica, è molto bravo e ha ovviamente un gusto diverso dal mio.

BK: Hai gusti vari?

Be', i miei gusti tendono ad essere eclettici. Mi piace vedere la gente mostrare un po' di varietà. Una delle cose di me stesso di cui sono più orgoglioso è la mia versatilità. Posso fare un sacco di merda differente, posso fare quasi tutto e farlo bene.
BK: Non ho letto il tuo libro La voce del fuoco.

Lo hanno fatto in pochi.

BK: Ma Mark Pilkington di Fortean Times dice che è fantastico, per cui vorrei prenderlo.

Se dovessi trovarne una copia da qualche parte, allora buona fortuna col capitolo primo. Nel primo capitolo ho dato il meglio di me per scrivere in un'approssimazione di quelli che pensavo potessero essere gli schemi di pensiero del Neolitico. L'ho fatto in un inglese assolutamente povero. Penso che ci sia un vocabolario di circa 400 parole nella prima storia, che occupa 60 pagine, e se pensi che il vocabolario medio di un lettore medio del Sun si attesta sui 10.000 vocaboli… Era un esperimento.

BK: Suona eccitante, però.

Be', è quasi illeggibile [ride]. L'ho amato, ma la gente mi è stata addosso sin da quando stavo per iniziare il mio primo romanzo e poi il primo capitolo del mio primo romanzo, per cui forse non sarebbe stata una cattiva idea scriverlo in inglese ma… oh, che diavolo!
 
BK: Però possiedo una cassetta [della versione recitata] di The Birth Caul.

Davvero? E' qualcosa di cui sono molto orgoglioso. The Birth Caul e l'altro paio di CD. Sono tutti scaturiti dal mio recente interesse per la magia.

BK: Gran parte dell'inizio di The Birth Caul la dedichi a Northampton, presumo, ma sembri dipingerla come un luogo molto desolato.

Be', non so. In alcune parti tratto una storia specifica, la mia. Ma più spesso cerco di renderla universale. Ciò che voglio è che la gente, ascoltandola, pensi: "Sì, è così, conosco quella sensazione, conosco quel posto, conosco quel periodo". La primissima parte è su Newcastle, dove ebbe luogo lo spettacolo (all'interno della corte vittoriana). David J compose la musica insieme a Tim Perkins. Ma David non prese parte a quello spettacolo.

BK: Si tratta dello stesso David J dei Bauhaus?

Il bassista dei Bauhaus e dei Love & Rockets, proprio lui. E' di Northampton e siamo amici da anni. Penso di essere stato uno dei primi giornalisti ad aver intervistato i Bauhaus.

BK: C'è del bel materiale sull'infanzia [in The Birth Caul].

Già. Una notte compimmo un rituale e principalmente ci chiedemmo "Quale dovrebbe essere la nostra prossima performance?". Così venne fuori tutta quell'incredibilmente ricca roba sull'infanzia. Si trattava solo di plasmarla in quello che poi sarebbe stato The Birth Caul.

BK: Verso la fine - quando andate a prima della nascita e del senso d'identità - c'è quel bel verso "Avere un nome equivale a non essere più parte del tutto". Mi ricorda il taoismo.

Qual era il tuo volto prima che nascessi? Queste sono le parole che mi sono venute in mente. Occupano lo stesso territorio. Hai visto che Eddie Campbell ha realizzato un adattamento a fumetti di The Birth Caul? Lo ha autoprodotto. E' un'interpretazione totalmente personale: ha preso il CD, ha buttato giù le parole ascoltandolo e poi ne ha tratto un fumetto di 40 pagine. Attualmente è al lavoro su un'altra delle nostre performance, quella di Red Lion Square a Holborn (Londra).

BK: L'idea che l'avere un nome sia un concetto inferiore all'essere indefiniti è qualcosa che mi vede molto d'accordo. Il taoismo è una filosofia alla quale aderirei.

Ho grande rispetto per il taoismo. Tuttavia i miei gusti tendono un po' di più verso [ride] i sinistri ed elaborati belletti della tradizione occulta occidentale.

BK: C'è un altro brano, verso la fine. Cito: "Adesso, da qualche parte nel cielo, in enormi camere gravide di tuono e emozioni inconcepibili, un dio e una dea scopano e, tra la dolcezza e il tanfo del proibito, misteriosa e profonda c'è la luce." "Luce" mi ricorda Austin Osman Spare. Le incarnazioni passate, il tornare indietro dall'uomo all'animale, agli uccelli, alle piante etc.

L'atavismo.

BK: Lui ebbe a dire: "Più in basso scendiamo nel sondare questi strati, più antiche saranno le forme di vita alle quali arriveremo: l'ultima è la Semplicità Onnipotente." Potrebbe essere questa la luce, mi pare.

Non mi riferivo direttamente a Spare quando scrissi quel brano, ma sono sicuro ci sia un parallelismo. Solo che non l'avevo mai notato. Sono un fan di Spare, possiedo un suo disegno a pastello di grandi dimensioni, appeso alla parete, e un set completo di The Golden Hind and Form. E' un uomo assai interessante, un mago molto potente. Talvolta mi chiedo: "Chi è più forte, Hulk o Thor?"; "Chi è il maggior occultista? Crowley o Spare?". E' difficile dirlo. Crowley era probabilmente un teorico migliore, anche in termini di quantità di informazioni magiche che ha lasciato e per il modo in cui ha fuso sistemi differenti. D'altra parte Austin Spare riusciva a far piovere! E riuscì a dipingere i posti dove era stato, così che puoi essere assolutamente certo che li abbia visitati. Provo grande rispetto per lui.

BK: Sono confuso dall'uso che fai della parola "proibito" in quel brano.

Pensavo alla cosmologia in termini di genitori che scopano. E' il tema primario. E' "proibito". Il dio e la dea sono il padre e la madre di tutti. Da qualche parte c'è il momento del concepimento, è qualcosa che sta da qualche parte sopra di te. Tu appartieni a un certo momento della fusione, ma là sopra c'è questa entità maschile con un'entità femminile, per te completamente incomprensibili, che si accoppiano e lì, da qualche parte, tu avvieni. In questo senso c'è sicuramente un parallelismo con Spare.
BK: I tuoi CD sono tutti parole recitate con musica o no? So che scrivi canzoni perché ho visto in un negozio l'Alan Moore's Songbook [edito dalla Caliber, NdT].

La maggior parte di quelle canzoni appartengono al periodo in cui facevo parte di una band, sette o otto anni fa, chiamata "Emperors of Icecream", Gli imperatori del gelato. Alcune le ho scritte quando avevo 17 anni. Il gruppo era buono, ci siamo divertiti e abbiamo fatto qualche bella canzone. Ma eravamo solo una pop band, ed è pieno di pop band. Ci sciogliemmo per le solite "incompatibilità musicali", cioè non potevamo sopportarci. Ma rimasi in buoni rapporti con Tim Perkins, che era con me negli Imperatori, e poco dopo mi interessai alla magia. La prima cosa che facemmo insieme fu la grande performance del '94 a Bride Lane off Fleet Street (Londra): "Subversion in the Streets of Shame". Io lessi; c'era Robin Cook, ovvero lo scrittore Derek Raymond, e quella fu la sua ultima lettura prima della morte. Era molto malato e fece una lettura sulla morte.

Concludemmo la serata del sabato con una cosa chiamata "Hour-long Magical Extravaganza". Il tutto fu edito negli States dalla Cleopatra Records. Il CD si chiama "La luna e il serpente - il grande teatro egiziano delle meraviglie".

BK: Ho visto la copertina in una pubblicità sul retro di Cerebus #221, con quella fotografia di un fantasma. Ricordo che la mandasti anche a Fortean Times [#79].

E' davvero paurosa. La scattò Melinda [Gebbie, fumettista e compagna di Alan Moore nella vita, NdT] durante le recite. L'ho mostrata a fotografi professionisti e non riescono a capire cosa sia successo.

Comunque in seguito facemmo The Birth Caul e quindi qualcosa a Highbury (Londra). Steve Severin dei [Siouxsie and] the Banshees ha la sua etichetta discografica, adesso, e The Highbury Working la pubblicherà lui. Ne siamo orgogliosi. Si tratta ancora di parole recitate con musica, ma abbastanza diverso. In The Birth Caul parole e musica sono integrate fra loro: io dico qualcosa, quindi la musica cambia, e ovviamente le due cose sono collegate. Ma la musica si rivolge soprattutto all'ambiente: modelli di suono o campi di suono. Con The Highbury Working facciamo qualcosa che somiglia di più alla musica dance e l'unione tra parole e musica è più ingegnosa. Si tratta, forse, del pezzo più accessibile che abbiamo composto. Nel mio misticismo c'è sempre stato un elemento dance. Ciò che abbiamo è un piccolo Sgt. Pepper.

BK: Il libro di canzoni di Alan Moore vende?

Non lo so. Si trattava di persone che dissero qualcosa del tipo: "Vogliamo disperatamente qualcosa di tuo, cos'hai?". Io dissi: "Nulla". "Ma non scrivi canzoni?". "Be', posso spedirvi dei testi, se volete, e voi potete girarli ai disegnatori [tra cui: Arthur Adams, Dave Gibbons, Neil Gaiman, Dave Johnson, Terry Moore, NdT ]". Ed è quello che fecero. I disegnatori realizzarono illustrazioni per le canzoni. Ma io non fui minimamente coinvolto. Non ho idea se abbia venduto o meno. E non sapevo nemmeno che volessero pubblicare una raccolta di testi.

BK: Ti ho visto parlare di magia nel programma tv XXXTripping. Sembrava volessi dire che la magia è da una parte idee, dall'altra spiriti e entità.

Direi che le entità sono una sorta di idea composita, almeno per come la vedo io. Ma potrebbe esistere un'idea che - ma questa è solo una teoria pazza, hippie, mi-sono-fatto-troppi-acidi-nei-Sessanta - sia talmente complessa e autoreferenziale da divenire consapevole? Dicono che la consapevolezza sia una proprietà che emerge dalla complessità. Ciò potrebbe essere vero a un livello puramente immateriale, ma le idee? Puoi avere cose che erano idee ma erano vive? Io ho di sicuro incontrato cose che paiono essere idee ma si comportano come fossero vive. Non dico che lo siano. Non dico che non siano solo una mia proiezione. Ma sembrano essere qualcos'altro. Questo è il modo in cui la magia tende a manifestarsi. Quando venni per la prima volta iniziato alla magia, si trattò di un evento spontaneo, non stabilito: i miei pensieri parvero focalizzarsi su un argomento, che la consapevolezza è uno spazio, la mente può essere osservata come uno spazio e quello spazio può essere occupato. Ci possono essere entità che sono indigene di quello spazio. Flora e fauna del mondo mentale, che credo sia più che sufficiente a spiegare tutti i demoni, gli angeli, le chimere, gli alieni grigi, gli elfi, i folletti, le fate della cultura umana.

BK: A quando risale il tuo interesse per Aleister Crowley? Lo hai citato in V for Vendetta.

Ho scoperto che, a quanto pare, la prima data che inserisco in Watchmen, il 12 di ottobre, è la data di nascita di Crowley. All'epoca non lo sapevo. Il mio interesse per Crowley e i suoi libri risale al '94. Sapevo di Crowley fin da quando avevo 12 anni e feci il mio pieno dei volumi sull'occulto di Dennis Wheatley. Allora mi fu detto che Aleister Crowley era l'uomo più malvagio del mondo. Ci sono riferimenti a Crowley, in V for Vendetta, e riferimenti a Faust: la formula magica di John Faust nel capitolo 5.

BK: Ci sono altre piccole cose che mi ricordano Crowley: le "due faccie dell'anarchia" in V for Vendetta, il distruttore seguito dal creatore. Crowley (o Frieda Harris) scrisse qualcosa nelle sue istruzioni per i tarocchi di [Thoth] riferendosi alla carta del 2 di bastoni, il Dominio: "La distruzione è il primo passo del processo creativo".

Ovviamente se crei qualcosa di nuovo in un certo senso stai distruggendo qualunque cosa lo preceda [ride]. Probabilmente molti dei collegamenti erano a livello intuitivo. Per esempio quando inserii Crowley da ragazzino in From Hell, un tizio della branca californiana dell'Ordo Templi Orientis mi disse: "Era molto bello il modo in cui Crowley succhia il bastoncino di caramella, perché è ovviamente un riferimento al silenzio". Io pensai "Sì, dev'essere così" ma non ci avevo mai riflettuto.

Avevo molte di queste idee da più tempo di quanto credessi. Per esempio avrei giurato che il mio interesse per Jack lo squartatore risalisse al 1988, ma quando morì mia madre trovammo in casa sua una grande borsa piena di vecchi libri e fumetti e roba che avevo da piccolo, compresi dei ritagli del Sunday Mirror che parlavano di Jack. Non ricordo di averli messi da parte ma evidentemente mi interessavo a Jack già a 12 o 13 anni. Così credo che questi temi, queste idee probabilmente facciano il loro corso per tutta la nostra vita come una colonna sonora; che gli accordi fondamentali ci siano fin dall'inizio, ma che poi divengano più elaborati, più penetranti o più profondi.

BK: Hai letto "La grande bestia", la biografia di Crowley scritta da John Symonds?

E' una buona biografia, se accetti il fatto che è evidente che a Symonds non piace Aleister Crowley.

Crowley è un tipo interessante. Il problema sono tutti quei satanisti borghesi del cazzo interessati a lui, che cercano solo di stupire mamma e papà. Hanno sentito che è l'uomo più malvagio del mondo e quindi dicono: "Sì, sono con Crowley e con la filosofia di Charles Manson e mi piace davvero un sacco William Burroughs." Non apprezzano William Burroughs perché era un bravo scrittore, lo fanno perché sparò a sua moglie e perché ha fatto un sacco di stupidaggini. E' una sorta di "Guardami, sono cattivo!".
BK: Lo vedo un atteggiamento molto americano. Là ci sono parecchi cristiani estremisti che creano da sé la propria controparte, il satanismo.

Già, come Anton Szandor La Vey. Melinda Gebbie, la mia ragazza e anche mia collaboratrice, è di San Francisco. Là incontrò un sacco di vecchi amici, artisti americani underground, ed ebbe a che fare anche con Carla La Vey, la figlia, una donna molto carina. Fu costretta a crescere come figlia di Satana e la sua casa adesso è uno show satanico per turisti. E' satanismo carnevalesco, è semplicemente anti-cristianità. Nella pura filosofia cristiana c'è molto con cui essere d'accordo, così come per molte altre scuole di pensiero, ma l'attuale religione cristiana è qualcosa di completamente mortificante per l'anima. E' un grave errore cercare di divenirne l'immagine speculare. "Tu sei buono, allora io sono cattivo". Ad un certo livello il satanismo non è altro che la malattia della cristianità. Devi essere davvero cristiano per credere in Satana.

Un principio taoista è che gli opposti si creano a vicenda, ed è qualcosa di indiscutibile. Il bianco crea il nero. Un pensiero non può fare il proprio ingresso nel mondo senza che la sua ombra lo segua immediatamente.

BK: Cosa pensi di Crowley come uomo?

Era uno studioso brillante. E' difficile dare un giudizio su di lui, soprattutto perché fece ogni cosa fosse in suo potere per nascondersi. Giocò con le dicerie e la notorietà, probabilmente pensando che ogni pubblicità fosse buona.

BK: Ebbe una fine dolorosa.

Dipende. Ti dirò, possiedo la riproduzione di un quadro che vidi ad una mostra su Crowley un paio d'anni fa a Londra. Avevano anche dipinti di Frieda Harris, più un paio di originali dal mazzo di Thoth, molto interessanti. C'era un disegno a matita di Frieda Harris intitolato "Morte di A. C.", una rappresentazione di un individuo debole e scheletrico, con la barba a ciuffi, sprofondato sul suo letto, divorato e consunto dalla malattia, che si tocca il labbro inferiore con un dito. Poi senti le presunte ultime parole di Crowley, "Sono perplesso"… Stavo uscendo dalla mostra insieme a Steve Moore, e parlavo con lui (che è un amico, uno sceneggiatore di fumetti, un occultista e per un po' è stato editor di Fortean Times) del fragile, piccolo schizzo a matita. Steve disse: "Sembra una rappresentazione di 'Sono perplesso'. Il dito sul labbro, mentre si chiede, si interroga…". Però io pensai che poteva anche indicare il segno del silenzio. E' ambiguo. E ritengo questa ambiguità emblematica di ciò che penso su Crowley. Se dovessi giudicarlo moralmente, direi che forse era un po' egoista, senza riguardo per le altre persone. Specie le donne. Sebbene io creda che le donne lo abbiano fatto soffrire almeno quanto lui faceva con loro. Comunque forse era egoista, forse sciocco, ma non cattivo. La sua cattiveria era teatrale, soltanto in funzione dei giornali della domenica. Il che probabilmente non fu una trovata buona come pensava.

I suoi racconti, poi, penso fossero concepiti come opere magiche, ma non sono così buoni. Alcune parti sono scritte in maniera brillante, altre sono mediocri, altre ancora molto belle. Ammiro lo stile del Libro della legge. Penso che contenga grande saggezza e penso che lo abbia fatto scaturire da qualche parte, ma non certo dall'autentico angelo dell'eone! Ma non potrei mai accettare quella roba: è troppo folle, troppo crudele, inumana. Non sono interessato.

BK: Austin Osman Spare. Era nell'Argentum Astrum di Crowley. Usavano mescalina, no?

Sì. Mescalina ana luini o peyote, ciò che chiamavano ana lu. La magia, per quanto posso capire, fu praticata fin dall'alba dei tempi sotto l'effetto di droghe. Credo che certi atti di violenza, di sesso, quando ti lasci deperire o ti flagelli, ti portino ad uno stato di euforia. Così come tamburi, danza… Ma le droghe! Le droghe sarebbero molto desiderabili se non ti uccidessero e sono in giro da un tempo dannatamente lungo. La prima forma di magia fu probabilmente lo sciamanesimo, basato su qualche fungo allucinogeno. La connessione tra magia e droga risale molto indietro nella Storia, e almeno Crowley era noto per l'uso di droga.

BK: Ci sono archetipi ricorrenti nelle diverse visioni della gente in stato di trance.

Be', ho fatto alcuni disegni di alcune delle cose che ho visto durante i rituali magici. Sono interessanti. Ho il disegno di un demone che è interessante perché in quel periodo leggevo un libro di matematica sulla quarta dimensione [il testo è "La quarta dimensione" di Rudy Rucker, edito in Italia da Adelphi, NdT]. A un certo punto l'autore si vivacizza e si mette a giocare: descrive come potrebbe apparire una creatura della quarta dimensione e dice che il suo desiderio sarebbe che apparisse come una scintillante opera in lattice in copie multiple di sé stessa in differenti scale, il che è esattamente la descrizione della rappresentazione del demone che realizzai da varie fotocopie di un disegno originale in diversa scala. Poi le misi insieme in un lavoro in lattice in modo che dessero un'idea della creatura che avevo visto, che oltretutto presenta altre connessioni con la quarta dimensione. E' una follia complessa che probabilmente non significa nulla per nessuno a meno che non veda il disegno e incontri il demone.

BK: Il contagiri del registratore ha segnalato "666" appena hai terminato l'ultima frase.

Davvero? [ride] Ero a Sainsbury l'altro giorno e c'era questo ragazzino foruncoloso alla cassa. Io ero lì per un paio di pacchetti di sigarette o roba simile e lui ha battuto 666, ha detto "Oah!" e mi ha guardato quando è apparso il numero 666.

BK: Sei d'accordo con Jung, allora, che sostiene che gli archetipi siano la base della religione e del misticismo, a prescindere da cultura e società?

Penso che gli archetipi siano in un certo senso ciò di cui parlo quando mi riferisco a "idee viventi".

BK: Non pensi che potrebbero essere socio-culturali o…

Potrebbero essere un po' di entrambi. C'è la forma iniziale dell'idea vivente che può sorgere inaspettata in ogni mente umana, ma il modo in cui si presenta potrebbe essere socio-culturale. Puoi avere idee molto simili agghindate con una estrema varietà di forme culturali. In certa misura queste entità, che io ritengo essere indipendenti da noi almeno per certi versi, sebbene possano anche essere parte di noi, sono in noi e fuori di noi contemporaneamente… penso, dicevo, che siano riflettenti. Assumono una forma o attributi specifici in base a come noi le vediamo. Vogliono che il loro aspetto sia deciso da noi. Per esempio il demone che credo di aver incontrato. La prima volta ero terrorizzato. In seguito, quando fui a una distanza tale che potevo parlarci senza che potesse afferrarmi, avemmo una conversazione affascinante. Non era più terrificante. Se fosse stato umano, mi sarebbe piaciuto uscirci per un drink. Era sardonico, divertente, intelligente. Penso che dipenda da come ti aspetti di vederlo. Se accogli queste creature con paura, saranno spaventose.

BK: "Demone" implica una sorta di moralità…

Parlando con lui ho realizzato che [ride] un demone è ciò che viene demonizzato. Su un livello spirituale è come parlare di negri, gay, della classe operaia, di ogni gruppo che sia stato demonizzato. I demoni sono un'entità spirituale. Non penso che siano più buoni o più cattivi di quanto lo siamo noi.
BK: Devi ammettere che è divertente: l'altra notte stavano trasmettendo The Devil Rides Out alla tv e il demone è un tizio di colore, e l'unico altro personaggio nero del film è un comprimario satanista.

Be', Dennis Wheatley era divertente a questo riguardo. Nei suoi libri qualunque personaggio che non fosse bianco era generalmente morto prima della fine ed era generalmente un cattivo.

BK: Come nel film, comunque.

Assolutamente sì. Ricordo ancora che fu molto divertente vederlo a 12 anni o giù di lì.

BK: Sì, è grande, con Christopher Lee che stringe il tizio che sta diventando un satanista e dice: "Dannato pazzo!".

[ride] Sì, con Charles Gray nel ruolo del satanista cattivo. Sembrava divertirsi, sai?

[L'intervista originale è disponibile QUI]

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