giovedì 23 ottobre 2008

Aspettando Lucca 2008 [6]: Alessandro Boni tra pop, pulp, horror & eros

Alessandro Boni è una forza della natura. Alessandro Boni ama il fumetto. Alessandro Boni odia il fumetto. Alessandro Boni è matto... ma gli voglio un gran bene. Tutto sommato... (certo che a quest'ora avremmo potuto pubblicare qualche altra storia per gli americani o no, caro il mio Alessandro Boni?!?) ;)
Ora godetevi questa breve ma, spero interessante, chiacchierata.
1. Che cosa porti di bello a Lucca, per la gioia di grandi e piccini? ;)
Di bello il mio entusiasmo, la mia famiglia e tre storie a fumetti realizzati in questi ultimi anni.
Il primo è un volume cartonato di 96 pagine, iniziato ben quattro anni fa, dal titolo Melting Pulp Vol. 1 - Director's Cut (Ed. Free-books). Un horror fuori dalle righe in puro Tarantino/Rodriguez style. In breve, partendo da una trama originale ho sviluppato un fumetto con le tecniche di regia e le tematiche dei grandi maestri del cinema di genere anni '70-'80 dal piu' omaggiato Dario Argento per continuare con Bava, Fulci, Romero ma anche Avati e Leone.
Per la rivista Fumettomania, reperibile presso lo stand del Centro Fumetto A. Pazienza, ho realizzato una storia breve ispirata da vere lettere scritte dal fronte russo nel 1942. Otto tavole disegnate prendendo spunto dalla pittura naive e da materiale fotografico dell'epoca e che fanno parte di un progetto più ampio. Progetto che nasce con lo scopo di non dimenticare chi ha rinunciato alla propria libertà (se non alla propria vita) per poter garantire quest'ultima alle nostre generazioni.
Terzo e ultimo lavoro: all'interno della rivista CONCRETE N.2 (Edizioni Absoluteblack) è un'altra storia breve (10 tavole) dove racconto, a modo mio, la genesi di un super eroe: tale CAT-MAN. La storia si sviluppa nell'arco di tre notti che in realtà rappresentano le tre fasi storiche del genere superomistico (principalmente americano). Come erano i super eroi alle origini (la visione ingenua, pop, quella infantile degli anni d'oro), come sono cambiati con Miller (il raggiungimento della consapevolezza) e come sarebbero dovuti diventare dopo il giro di boa, sempre secondo il mio punto di vista, per rimanere credibili.

2. In questi anni sei "entrato e uscito" dalla scena del fumetto italiano e non solo. A questo punto della tua vita, quale è il tuo bilancio fumettistico? Sogni, progetti?
L'unico sogno che ho, per quel che riguarda il settore fumetto, è quello di poter continuare a scrivere e disegnare storie in cui credo. Non faccio parte della categoria "voglio fare il fumettista" a tutti i costi. Preferisco ogni tanto aprire il cassetto e tirar fuori qualcosa in cui credo e che voglio comunicare. Già con il mio ultimo lavoro posso ritenermi soddisfatto. Indipendentemente dalla popolarità o dal risultato commerciale che potrà ottenere, ho avuto la fortuna di gestirlo in totale libertà, curarlo e crescerlo dando il massimo per poi vederlo stampato in un formato e con una qualità che lo valorizza. Questa per me è comunque una grande soddisfazione.
3. Visto che so che non hai peli sulla lingua, come vedi lo stato del fumetto italiano, da un punto di vista di vitalità del medium e dell' "industria" (se si può usare un parolone simile...)?
In questo periodo azzardare una risposta sensata è come azzeccare un terno al lotto. Senza peli sulla lingua.....da lettore: chi dovrebbe trainare il mercato, le grosse case editrici che hanno mezzi, visibilità e forza lavoro per poter osare, non rischiano e continuano a proporre prodotti simili tra di loro: nei formati, nella struttura narrativa e soprattutto nella parte grafica.
I lettori e tra di loro le nuove leve di autori (questi ultimi molto più preparati tecnicamente delle generazioni precedenti), crescono di conseguenza con un background culturale ristretto e ovviamente chi vuole intraprendere la carriera si concentra su quelle poche strade che conosce e che potenzialmente sono economicamente sicure.
Il risultato è che nessuno (editori autori) è in grado di produrre qualcosa di veramente diverso che smuova il mercato o apra nuove strade. Cosa che nella storia del media ciclicamente deve fisiologicamente accadere (penso al "tuo amico Alan", a Miller a Nagai per citarne alcuni).
Infine ci sono le autoproduzioni, le piccole case editrici, le piccole realta' che osano magari con produzioni non tecnicamente perfette (come è naturale che sia... nessuno nasce "imparato") ma non hanno i mezzi per smuovere il mercato. Anche se poi ogni tanto nasce qualche cosa per cui vale la pena crederci ancora come lettore o addetto al settore.

1 commento:

Alessandro Boni ha detto...

eh!eh!eh!EH!EH!AH!AH!AH!AH!OH!OH!OH!OH!!..........