sabato 3 agosto 2019

Alessandro Bilotta e... Miracleman

Illustrazione di Carmine Di Giandomenico.
Come se si trattasse delle tasche di Eta Beta, dall'archivio di Ultrazine.org continuano a riemergere piccole grandi gemme!

Nel seguito, un intenso testo firmato da Alessandro Bilotta che racconta il suo primo incontro con... Miracleman/Marvelman. In apertura di post, per non farci mancare nulla, una potente illustrazione in tema dalla magica matita di Carmine Di Giandomenico.

Entrambi i contributi furono originariamente pubblicati nell'ottobre 2001 sullo Speciali Alan Moore di Ultrazine.org. Buona visione & lettura!
ESSERE IL SUPERUOMO: UN FATTO PERSONALE
   

"Lo, I teach you the Superman: he is that lightning, he is that frenzy."
Friedrich Nietzsche, Thus Spake Zarathustra

Di certo so che ho paura di essere abbandonato.

La paura della solitudine ce l'ho da quando ero bambino e me la ricordo bene, così bene che ce l'ho ancora. Da quando non mi sono più potuto attaccare alla gonna di mia madre è diventato tutto più difficile. Per tutto intendo Tutto.

Nella primavera del Novantadue facevo il primo o il secondo anno di liceo, questo non me lo ricordo bene, ma uscivo con una ragazza ed era la prima, cioè primo bacio e quelle altre cose. Camminavo a un metro da terra e questo significava che forse stavo vincendo la paura di rimanere solo. "Povero illuso, ci sei ancora dentro fino al collo!" griderà una voce per il resto dei miei giorni.

Comunque questa ragazza mi lascia senza motivi che all'apparenza sembrassero validi. Niente che mi facesse meritare di sentire di rimanere solo per tutta la vita. Quella è stata la prima volta che quella paura ha scavalcato il recinto dell'infanzia ed era la stessa di dieci anni prima, o qualcosa del genere.

Non mi sentivo un granché e continuai a fare quello che avevo sempre fatto, uscire da scuola, andare dal giornalaio, comprare fumetti e percorrere una stradina stretta, alberata che mi separava dalla valanga degli altri che invadevano la strada di fronte al palazzo. Quella stradina, me la ricordo ancora, via Piccarda Donati, l'attraversavo rallentando il passo e alzando lo sguardo ogni tanto per vedere se andavo addosso a qualcuno che poi qualcuno non passava mai. Quel giorno comprai il numero appena uscito di "Super Comics" che avevo smesso di seguire dopo i primi tre, quando si era conclusa "Parallel lives" dell'Uomo Ragno, una storia su come i destini di Peter Parker e Mary Jane erano stati due rette parallele, ma intersecanti. Altra roba che mi avrebbe dato da riflettere non solo in quel periodo.

Comunque su quel numero, che era di qualche anno dopo, e non ricordo il numero, veniva pubblicata la prima parte di una storia di Miracleman, che era un personaggio con un costume orribile, senza maschera, e i supereroi senza maschera non sono tali; insomma quando questo esclamava "Kimota!" da bambino diventava un tipo ipertrofico. Col costume ridicolo appunto. La storia di Capitan Marvel praticamente, che poi ancora non ho capito chi ha copiato chi.

Ma io Capitan Marvel non lo conoscevo ancora e il tipo della mia età che poteva diventare un eroe con una semplice, stupida parola, mi faceva immedesimare incredibilmente nel personaggio. Certo era meglio un costume più carino.

La storia non fu una lettura semplice, c'era tanto testo e troppi concetti che ancora non capivo e ancora non mi interessavano, politica, nucleare, fine del mondo. Per me la fine del mondo era ed è ancora sentirsi abbandonati. Sulla posta del numero seguente molti commentavano di non aver capito nulla, storia troppo cervellotica eccetera eccetera.

La storia di quel ragazzino che diventa più grande con una sola parola mi aveva proprio colpito. Credo perché era proprio quello che avrei voluto fare io, tralasciare i problemi della mia età per affrontarne di più grandi. Con la forza di un adulto, di un super-adulto.

Solo anni dopo scoprirò che quel personaggio aveva un passato ancora più ridicolo in cui si chiamava Marvelman e che l'autore che aveva scritto quella storia su "Supercomics" aveva anzi cercato di dargli uno spessore e che proprio per quel personaggio l'autore aveva rotto per sempre con la Marvel e che il corso dei fumetti era già stato deviato nell'Ottantasei e che io arrivavo comunque in ritardo.

Io in realtà penso che mi sentivo come un bambino nel corpo di adulto, che dovevo essere grande e invece avevo le paure di un ragazzino e che, forse, mi immedesimavo in chi invece poteva scegliere quando diventare grande ed essere anche in grado di convivere con ciò. Comunque era solo un piccolo, brutto periodo di cui ora mi è rimasto Miracleman. E la paura di essere abbandonato.

Non ho mai più letto Miracleman. Mi sono capitati in mano i numeri originali, rarissimi, incomprensibili alle mie capacità di pigro traduttore e ritrovando quell'episodio ho fatto una strana scoperta. Che su "Super Comics" erano state omesse sei o otto pagine di prologo in cui Miracleman, o Marvelman, era disegnato volutamente in vecchio stile e affrontava un gruppo di alieni con frasi tipo: "Prendiamo a calci quei brutti mostri verdi fino a rispedirli da dove sono venuti!". L'ultima tavola di questa storia che sembrava realizzata quarant'anni prima, era una zoomata in avanti sul primo piano felice di Miracleman, o Marvelman, ma veniva ingrandita sempre più una fotocopia creando un innaturale effetto di sgranatura, svelando il trucco che non si trattasse di un fumetto di quarant'anni prima. Sopra queste vignette le didascalie: "Ascolta, io ti insegno il Superuomo…", "Lui è questa luce…", "Lui è questa follia. - Friedrich Wilhelm Nietzsche, Così parlò Zaratustra". Girando pagina cominciava la storia da dove invece avevo iniziato a leggerla io. Ma questo aggiungeva tutto un altro sapore. Ecco come rivalutare un fumetto in cui un brutto supereroe vola con un brutto costume: trasformarlo nella metafora del Superuomo! Semplice, no?

No.

Recentemente ho anche scoperto che le parole citate dall'autore di quella storia di Miracleman, o Marvelman, dall'edizione inglese di "Così parlò Zaratustra" non erano neanche corrette. La versione corretta è quella in cima a questa pagina, mentre lì al posto di "frenzy" veniva messo "madness", che sono poi due modi per dire "follia".

Ora ho visto che ci sono varie beghe editoriali per cui forse ho capito che non leggerò mai più quelle storie ... i diritti che prima erano di tutti ... poi Gaiman che non li concedeva a McFarlane perché lui non glieli aveva concessi per Angela, eccetera eccetera.

Tutte storie molto meno interessanti della mia.

Resta il fatto che io non ho ancora imparato a liberarmi di quel bambino che c'è nel corpo dell'adulto e ancora mi attaccherei alla gonna di mia madre. Si tratta di trovare la parola giusta per diventare Superuomo, la mia non è "Kimota!".

PS: Ora che ho controllato, il numero di "Super Comics" era il 19. 

[Pubblicato originariamente su Ultrazine.org nell'ottobre 2001]

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