Scott McCloud, autore del fondamentale Capire il Fumetto e di un autentico gioiellino pop come Zot!, fa il suo grande e atteso ritorno sulle scene con The Sculptor, graphic novel dalla lunga gestazione, edito a Febbraio per il mercato americano da First Second.
Lo Scultore verrà pubblicato in Italia da Bao a fine Aprile (un'anteprima qui) e, in tale occasione, l'autore americano sarà in Italia per un tour promozionale (i dettagli qui).
Nel seguito potete leggere l'intervista a McCloud condotta da Tyler Chin-Tanner e pubblicata sul sito Broken Frontier ad inizio Febbraio.
Lo Scultore verrà pubblicato in Italia da Bao a fine Aprile (un'anteprima qui) e, in tale occasione, l'autore americano sarà in Italia per un tour promozionale (i dettagli qui).
Nel seguito potete leggere l'intervista a McCloud condotta da Tyler Chin-Tanner e pubblicata sul sito Broken Frontier ad inizio Febbraio.
L'intervista è stata tradotta e appare su questo blog con il permesso di Tyler Chin-Tanner e Broken Frontier che ringrazio.
L'intervista originale, in Inglese, può essere letta qui.
Il sito ufficiale di Scott McCloud: qui.
Tutte le immagini a corredo di questo post sono opera di Scott McCloud e tratte da Lo Scultore.
Iniziamo dicendo che, nonostante il tuo meritato status di leggenda dei comics, questo è in realtà il tuo primo graphic novel.
Scott McCloud: Sì, è il mio primo tentativo di graphic novel autoconclusiva di una certa lunghezza. La raccolta di Zot!, una mia vecchia serie, è un volume persino più voluminoso di questo ma quelle erano storie più brevi, una raccolta di albi e di episodi di poche pagine. Lo Scultore è tutto lì, completamente auto-conclusivo. Non aspettarti un seguito.
E hai impiegato cinque anni a completarlo?
Ho lavorato alla realizzazione effettiva del fumetto per cinque anni ma, a dirla tutta, ho avuto quell’idea in testa per decenni prima di cominciare. È un’idea molto vecchia e nel corso degli anni mi sono reso conto che era una di quelle storie che avevo abbandonato. Per cui alla fine del primo decennio del nuovo millennio mi sono organizzato per iniziare a lavorarci e nel corso degli ultimi cinque anni è stato tutto quello che ho fatto, 11 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, tranne per l’anno scorso in cui ho lavorato quasi 14 ore al giorno.
Considerando i tuoi numerosi impegni, è stato difficile recuperare tutto quel tempo?
Ho tenuto alcune conferenze e workshop in quel periodo ma principalmente l’ho trascorso incatenato al tavolo da disegno, e devo dire che sono stato, per la maggior parte del tempo, sorprendentemente felice. Non mi dispiace lavorare fino a tardi se è qualcosa che amo fare e ho amato davvero lavorare a questo libro.
Con tutti i libri che hai scritto sul capire e fare Fumetto, hai sentito molta pressione nel realizzare il tuo graphic novel? Ad esempio, hai sentito di dover fare di più rispetto al semplice raccontare una buona storia o che il tuo libro dovesse dire qualcosa sull’industria del fumetto o sul medium?
Assolutamente sì, dopo aver scritto Capire il Fumetto avevo un sacco di pressione addosso, ma ancor di più dopo Fare il Fumetto. Quel libro mi ha reso davvero un bersaglio perché non avrei mai avuto una gran autorevolezza nello spiegare ad altri come fare fumetti fino a che non fossi stato capace di realizzarli io stesso. Ma alla fine mi sono liberato di quella pressione. Ho apprezzato il fatto che fossi costretto a dare tutto me stesso per essere all’altezza delle aspettative, molto meno superarle. Sapevo che sarebbe stato un lavoro estremamente difficile ma in questo c’era qualcosa che mi attraeva. E ho avuto un editor alla First Second Books, Mark Siegel, che credo abbia compreso che mi piacciono le sfide e perciò mi ha sfidato continuando a farlo per tutte le quattro bozze che ho fatto e ancora nel corso degli anni che ho impegnato a disegnare effettivamente la storia.
Eri consapevole che ci sarebbe voluto così tanto?
Eravamo d’accordo sul fatto che ci sarebbero voluti 3 anni e ho pregato che fossero abbastanza. Ma eravamo ambiziosi. Sia io che e Mark Siegel avevamo grandi ambizioni per il libro e lui mi ha concesso tutto il tempo per fare quel lavoro extra che entrambi sapevamo essere necessario per aiutare la storia a raggiungere il suo pieno potenziale. Gli sono molto grato per questo.
Mentre lavoravi al libro, hai avuto la sensazione che tu e il personaggio principale della storia, stesse vivendo vite parallele?
Non penso ci sia nessun autore di fumetti che potrebbe realizzare una storia su un artista senza parlare di se stesso. C’è di sicuro un David in me. Invece nel personaggio di Meg c’è molto più di mia moglie Ivy. Lei mi ha dato l’ispirazione per il personaggio molti anni fa ed è stata una risorsa fondamentale per la sua scrittura. Per cui, in gran parte David è un personaggio immaginario ma di sicuro ci sono delle parti di me in lui.
Le sfide che David affronta nel libro hanno l’intento di rappresentare le battaglie “universali” che ogni artista può trovarsi di fronte?
Alcune delle sfide di David sono specifiche… di David. Altre sono semplicemente il prodotto delle sue nevrosi. Ma penso, e credo sia vero, che le sue battaglie riflettano la sfida universale che ogni artista affronta nel tentativo di realizzare qualcosa che duri nel tempo, che abbia un valore per la società o, per lo meno, un valore agli occhi dell’artista medesimo. Qualcosa che non sia solo per il suo tempo ma che possa sopravvivergli e resistere nel tempo.
E questo è un tema portante della storia, il fatto che per creare qualcosa di grande sia necessario sacrificare la propria vita per l'Arte.
Vedi, sacrificare la propria vita per l'Arte (e nella mia storia si parla sacrificio in senso letterale, ma ovviamente non è quello che facciamo quando dedichiamo mesi o anni, persino decenni per le nostre opere?)... sacrifichiamo interi pezzi delle nostre vite per fare quello che facciamo e, sono sicuro, che ci sono tantissimi artisti che hanno affrontato la tensione tra Arte e amore, tra Arte e famiglia.
Quando ho iniziato a fare fumetti da professionista ascoltavo spessissimo Sunday in the Park with George, il musical di Steven Sondheim, perché mi piaceva quel tipo di tensione. Era un tipo di tensione che rispecchiava il genere di tensione che io e Ivy avevamo tra noi su come stessi spendendo il mio tempo. Vedi… ero soltanto un maniaco del lavoro? E credo d’aver avuto la possibilità di rendere quel sacrificio più letterale, più estremo. Nel farlo spero d’aver fatto i modo che questi temi venisse messi maggiormente a fuoco. Questa storia mi ha permesso di portare in superficie cose che di solito stanno nascoste e di esporle alla luce.
Lo sforzo nel cercare di trovare quel tipo di equilibrio è un aspetto davvero fondamentale per me. Perché l’artista vive in un futuro teorico in cui, si spera, il suo lavoro verrà apprezzato ben al di là della propria vita terrena. Ma questo significa vivere la vita dall’esterno. Mentre la vita scorre intorno a te. Ti perdi delle cose. Chris Ware ha scritto sull’argomento in maniera molto chiara e piuttosto tetra. Ha scritto che noi lavoriamo su… penso le abbia chiamate slow-motion picture stories, mentre tutti gli altri intorno a noi vivono le loro vite per anni, persino decenni.
Io non sono così pessimista perché ho trovato un certo equilibrio nonostante lavori davvero tanto. Quanto ho concluso un progetto, io e Ivy, e spesso anche i miei figli, trascorriamo molto tempo insieme viaggiando mentre io faccio conferenze e promozione. Quanto ho finito Fare il Fumetto, nel 2006, siamo stati in tour per un anno intero e abbiamo visitato tutti e 50 gli Stati dell’Unione. Per cui sono sicuro che i mie figli ne abbiano avuto abbastanza di me per un bel po’.
Credo sia importante notare che, nella storia, David è continuamente combattuto tra la vita e l’Arte ma non avrebbe potuto continuare a creare senza Meg. Non solo lei gli ha salvato la vita ma è stata la sua ispirazione in modo molto diretto.
Megan in particolare svolge il suo ruolo di musa piuttosto meticolosamente. Ho detto a Ivy che ora ha la certificazione di musa di primo livello. Le ho detto: “Hai ispirato un personaggio che è al centro di un’opera che ha grandi ambizioni. Questo ti rende una Musa con la M maiuscola, secondo la grande tradizione di Sarah Bernhardt." Di sicuro Ivy ha raggiunto quel livello. È la mia Musa.
Oltre ai personaggi secondari, la città di New York City sembra anch'essa un personaggio.
New York gioca un ruolo incredibilmente importante nella storia. Ed è stata, come dici tu, un personaggio del libro sotto molti aspetti. Era particolarmente importante per me riuscire a rappresentare New York nel modo giusto. Per me è stato un grande svantaggio il fatto che vivessi in California, per cui ho cercato in tutti i modi di fare un salto ad est ogni volta che ho potuto. Ho colto qualsiasi opportunità, lavorativa o non, per andare a Manhattan. E una volta lì trascorrevo i giorni ad andare in giro per le strade e fare foto. Ho scattato decine o migliaia di foto di New York. Mi è stata di grande aiuto la possibilità di usare i tag di iPhoto, così se volevo vedere solo dei campi lungi con le ombre nette degli edifici oppure se volevo immagini di pedoni, o solo viste notturne, o sotto la pioggia, potevo richiamare le foto di cui avevo bisogno ed è stato incredibilmente utile. Ho impiegato un mucchio di tempo a mettere i tag ma, nel lungo periodo, ne ho risparmiato un sacco. E quest'approccio mi ha permesso di disegnare quello che spero essere un ritratto più realistico della città. Ho anche utilizzato Google Street View. Se volevo che il mio personaggio camminasse alle 3 del mattino, come ho fatto, da Williamsburg a Chelsea percorrendo il ponte di Williamsburg, allora Street View mi permetteva di rappresentate realisticamente tutte le cose che incontrava lungo il percorso. Sarebbe stato impraticabile per me camminare per una simile distanza per quella scena, specialmente alle 3 del mattino. Per cui sono molto grato che Street View sia stato disponibile giusto in tempo per mettermi nelle condizioni di realizzare il mio libro.
Inoltre ho parlato con un sacco di gente che vive a Brooklyn e frequenta il mondo dell'Arte a New York. Ho semplicemente cercato di avere a disposizione molti punti di vista su come fosse vivere da quelle parti in questo periodo. Ho fatto del mio meglio per trasferire tutto sulla pagina il più fedelmente possibile.
Nella realizzazione del fumetto, quanto è stato difficile disegnare le sculture di David?
Ho sempre amato la Scultura come semplice frequentatore di musei e suppongo che nel corso degli anni ci siano stati diversi scultori di cui ho apprezzato i lavori. Ma gran parte delle sculture nel fumetto sono frutto dell'immaginazione di David che, ovviamente, significa la mia immaginazione.
Questo vuol dire che hai fatto un doppio lavoro: fumettista e scultore.
Sì è vero. L'ho fatto. Anche se avevo un importante vantaggio ossia che le scultore di David che vediamo nella storia, che vediamo distintamente, sono solo quelle mal riuscite. Quelle che non incontrano i favori del mondo dell'Arte, dei galleristi o dei critici. E sotto molti aspetti sentivo che fossi qualificato a disegnare solo quelle. Il suoi lavori che sono stati ben accolti sono stati realizzati prima dell'inizio della storia: li vediamo appena sullo sfondo.
L'opera che realizza durante la storia, che colpisce favorevolmente il suo amico Ollie, non la vediamo per niente. Per cui mi sentivo qualificato a disegnare solo sculture che non potevano essere accettate dal mondo dell'arte. Mi sono fatto quel regalo. Non c'era alcuna possibilità che potessi fare qualcosa di davvero valido perché non c'era nulla che potessi tirar fuori che, con tutta probabilità, non sarebbe stato stroncato da un qualsiasi critico o galleria. Per cui mi sono messo in una situazione di sicurezza. Sarebbe stato molto, molto più difficile fare una storia su uno scultore i cui lavori fossero riconosciuti come autentici capolavori. Non penso che avrei potuto farlo. Non credo che sarebbe stato credibile.
Ora che il libro è uscito ti aspetta un anno in tour, vero?
Sì è vero. Soltanto l'anno scorso abbiamo trascorso due settimane in Cina. Siamo stati in Cile, ad Amsterdam, in Inghilterra, Spagna e in circa 14 località qui negli Stati Uniti. Ho insegnato per due mesi nel Tennessee. E tutto questo è successo prima della pubblicazione del libro.
Il volume è uscito qui negli USA il 3 Febbraio. Nelle settimane successive uscirà in altre sei lingue, e alcune di queste edizioni verranno pubblicate lo stesso giorno. E stiamo facendo un tour in 14 città in 16 giorni qui negli Stati Uniti per poi volare in Europa per eventi in Inghilterra, Germania, Italia, Francia, Spagna e poi in Olanda. Ci sono diverse università che mi hanno invitato per tenere delle conferenze. Per cui mi aspetto che il 2015 sarò molto intenso.
Questo libro è concluso, hai già dei piani per il prossimo?
Il mio prossimo libro, che uscirà ancora per First Second, sarà incentrato sulla comunicazione visiva. Sono molto interessato al modo in cui le immagini comunicano, a come trasmettano informazioni. Mi piacerebbe realizzare finalmente un libro che cercasse di distillare i principi comuni della comunicazione visiva nelle differenti discipline.
Non vedo l’ora di iniziare questo libro ma prima mi devo allontanare da quest’ultimo. È ancora attaccato a me. C’è ancora un po’ di tensione perché voglio essere sicuro di promuovere attivamente il mio ultimo libro. Ma allo stesso tempo sono ansioso di iniziare a lavorare al prossimo.
Scott McCloud: Sì, è il mio primo tentativo di graphic novel autoconclusiva di una certa lunghezza. La raccolta di Zot!, una mia vecchia serie, è un volume persino più voluminoso di questo ma quelle erano storie più brevi, una raccolta di albi e di episodi di poche pagine. Lo Scultore è tutto lì, completamente auto-conclusivo. Non aspettarti un seguito.
E hai impiegato cinque anni a completarlo?
Ho lavorato alla realizzazione effettiva del fumetto per cinque anni ma, a dirla tutta, ho avuto quell’idea in testa per decenni prima di cominciare. È un’idea molto vecchia e nel corso degli anni mi sono reso conto che era una di quelle storie che avevo abbandonato. Per cui alla fine del primo decennio del nuovo millennio mi sono organizzato per iniziare a lavorarci e nel corso degli ultimi cinque anni è stato tutto quello che ho fatto, 11 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, tranne per l’anno scorso in cui ho lavorato quasi 14 ore al giorno.
Considerando i tuoi numerosi impegni, è stato difficile recuperare tutto quel tempo?
Ho tenuto alcune conferenze e workshop in quel periodo ma principalmente l’ho trascorso incatenato al tavolo da disegno, e devo dire che sono stato, per la maggior parte del tempo, sorprendentemente felice. Non mi dispiace lavorare fino a tardi se è qualcosa che amo fare e ho amato davvero lavorare a questo libro.
Con tutti i libri che hai scritto sul capire e fare Fumetto, hai sentito molta pressione nel realizzare il tuo graphic novel? Ad esempio, hai sentito di dover fare di più rispetto al semplice raccontare una buona storia o che il tuo libro dovesse dire qualcosa sull’industria del fumetto o sul medium?
Assolutamente sì, dopo aver scritto Capire il Fumetto avevo un sacco di pressione addosso, ma ancor di più dopo Fare il Fumetto. Quel libro mi ha reso davvero un bersaglio perché non avrei mai avuto una gran autorevolezza nello spiegare ad altri come fare fumetti fino a che non fossi stato capace di realizzarli io stesso. Ma alla fine mi sono liberato di quella pressione. Ho apprezzato il fatto che fossi costretto a dare tutto me stesso per essere all’altezza delle aspettative, molto meno superarle. Sapevo che sarebbe stato un lavoro estremamente difficile ma in questo c’era qualcosa che mi attraeva. E ho avuto un editor alla First Second Books, Mark Siegel, che credo abbia compreso che mi piacciono le sfide e perciò mi ha sfidato continuando a farlo per tutte le quattro bozze che ho fatto e ancora nel corso degli anni che ho impegnato a disegnare effettivamente la storia.
Eri consapevole che ci sarebbe voluto così tanto?
Eravamo d’accordo sul fatto che ci sarebbero voluti 3 anni e ho pregato che fossero abbastanza. Ma eravamo ambiziosi. Sia io che e Mark Siegel avevamo grandi ambizioni per il libro e lui mi ha concesso tutto il tempo per fare quel lavoro extra che entrambi sapevamo essere necessario per aiutare la storia a raggiungere il suo pieno potenziale. Gli sono molto grato per questo.
Mentre lavoravi al libro, hai avuto la sensazione che tu e il personaggio principale della storia, stesse vivendo vite parallele?
Non penso ci sia nessun autore di fumetti che potrebbe realizzare una storia su un artista senza parlare di se stesso. C’è di sicuro un David in me. Invece nel personaggio di Meg c’è molto più di mia moglie Ivy. Lei mi ha dato l’ispirazione per il personaggio molti anni fa ed è stata una risorsa fondamentale per la sua scrittura. Per cui, in gran parte David è un personaggio immaginario ma di sicuro ci sono delle parti di me in lui.
Le sfide che David affronta nel libro hanno l’intento di rappresentare le battaglie “universali” che ogni artista può trovarsi di fronte?
Alcune delle sfide di David sono specifiche… di David. Altre sono semplicemente il prodotto delle sue nevrosi. Ma penso, e credo sia vero, che le sue battaglie riflettano la sfida universale che ogni artista affronta nel tentativo di realizzare qualcosa che duri nel tempo, che abbia un valore per la società o, per lo meno, un valore agli occhi dell’artista medesimo. Qualcosa che non sia solo per il suo tempo ma che possa sopravvivergli e resistere nel tempo.
E questo è un tema portante della storia, il fatto che per creare qualcosa di grande sia necessario sacrificare la propria vita per l'Arte.
Vedi, sacrificare la propria vita per l'Arte (e nella mia storia si parla sacrificio in senso letterale, ma ovviamente non è quello che facciamo quando dedichiamo mesi o anni, persino decenni per le nostre opere?)... sacrifichiamo interi pezzi delle nostre vite per fare quello che facciamo e, sono sicuro, che ci sono tantissimi artisti che hanno affrontato la tensione tra Arte e amore, tra Arte e famiglia.
Quando ho iniziato a fare fumetti da professionista ascoltavo spessissimo Sunday in the Park with George, il musical di Steven Sondheim, perché mi piaceva quel tipo di tensione. Era un tipo di tensione che rispecchiava il genere di tensione che io e Ivy avevamo tra noi su come stessi spendendo il mio tempo. Vedi… ero soltanto un maniaco del lavoro? E credo d’aver avuto la possibilità di rendere quel sacrificio più letterale, più estremo. Nel farlo spero d’aver fatto i modo che questi temi venisse messi maggiormente a fuoco. Questa storia mi ha permesso di portare in superficie cose che di solito stanno nascoste e di esporle alla luce.
Lo sforzo nel cercare di trovare quel tipo di equilibrio è un aspetto davvero fondamentale per me. Perché l’artista vive in un futuro teorico in cui, si spera, il suo lavoro verrà apprezzato ben al di là della propria vita terrena. Ma questo significa vivere la vita dall’esterno. Mentre la vita scorre intorno a te. Ti perdi delle cose. Chris Ware ha scritto sull’argomento in maniera molto chiara e piuttosto tetra. Ha scritto che noi lavoriamo su… penso le abbia chiamate slow-motion picture stories, mentre tutti gli altri intorno a noi vivono le loro vite per anni, persino decenni.
Io non sono così pessimista perché ho trovato un certo equilibrio nonostante lavori davvero tanto. Quanto ho concluso un progetto, io e Ivy, e spesso anche i miei figli, trascorriamo molto tempo insieme viaggiando mentre io faccio conferenze e promozione. Quanto ho finito Fare il Fumetto, nel 2006, siamo stati in tour per un anno intero e abbiamo visitato tutti e 50 gli Stati dell’Unione. Per cui sono sicuro che i mie figli ne abbiano avuto abbastanza di me per un bel po’.
Credo sia importante notare che, nella storia, David è continuamente combattuto tra la vita e l’Arte ma non avrebbe potuto continuare a creare senza Meg. Non solo lei gli ha salvato la vita ma è stata la sua ispirazione in modo molto diretto.
Megan in particolare svolge il suo ruolo di musa piuttosto meticolosamente. Ho detto a Ivy che ora ha la certificazione di musa di primo livello. Le ho detto: “Hai ispirato un personaggio che è al centro di un’opera che ha grandi ambizioni. Questo ti rende una Musa con la M maiuscola, secondo la grande tradizione di Sarah Bernhardt." Di sicuro Ivy ha raggiunto quel livello. È la mia Musa.
Oltre ai personaggi secondari, la città di New York City sembra anch'essa un personaggio.
New York gioca un ruolo incredibilmente importante nella storia. Ed è stata, come dici tu, un personaggio del libro sotto molti aspetti. Era particolarmente importante per me riuscire a rappresentare New York nel modo giusto. Per me è stato un grande svantaggio il fatto che vivessi in California, per cui ho cercato in tutti i modi di fare un salto ad est ogni volta che ho potuto. Ho colto qualsiasi opportunità, lavorativa o non, per andare a Manhattan. E una volta lì trascorrevo i giorni ad andare in giro per le strade e fare foto. Ho scattato decine o migliaia di foto di New York. Mi è stata di grande aiuto la possibilità di usare i tag di iPhoto, così se volevo vedere solo dei campi lungi con le ombre nette degli edifici oppure se volevo immagini di pedoni, o solo viste notturne, o sotto la pioggia, potevo richiamare le foto di cui avevo bisogno ed è stato incredibilmente utile. Ho impiegato un mucchio di tempo a mettere i tag ma, nel lungo periodo, ne ho risparmiato un sacco. E quest'approccio mi ha permesso di disegnare quello che spero essere un ritratto più realistico della città. Ho anche utilizzato Google Street View. Se volevo che il mio personaggio camminasse alle 3 del mattino, come ho fatto, da Williamsburg a Chelsea percorrendo il ponte di Williamsburg, allora Street View mi permetteva di rappresentate realisticamente tutte le cose che incontrava lungo il percorso. Sarebbe stato impraticabile per me camminare per una simile distanza per quella scena, specialmente alle 3 del mattino. Per cui sono molto grato che Street View sia stato disponibile giusto in tempo per mettermi nelle condizioni di realizzare il mio libro.
Inoltre ho parlato con un sacco di gente che vive a Brooklyn e frequenta il mondo dell'Arte a New York. Ho semplicemente cercato di avere a disposizione molti punti di vista su come fosse vivere da quelle parti in questo periodo. Ho fatto del mio meglio per trasferire tutto sulla pagina il più fedelmente possibile.
Nella realizzazione del fumetto, quanto è stato difficile disegnare le sculture di David?
Ho sempre amato la Scultura come semplice frequentatore di musei e suppongo che nel corso degli anni ci siano stati diversi scultori di cui ho apprezzato i lavori. Ma gran parte delle sculture nel fumetto sono frutto dell'immaginazione di David che, ovviamente, significa la mia immaginazione.
Questo vuol dire che hai fatto un doppio lavoro: fumettista e scultore.
Sì è vero. L'ho fatto. Anche se avevo un importante vantaggio ossia che le scultore di David che vediamo nella storia, che vediamo distintamente, sono solo quelle mal riuscite. Quelle che non incontrano i favori del mondo dell'Arte, dei galleristi o dei critici. E sotto molti aspetti sentivo che fossi qualificato a disegnare solo quelle. Il suoi lavori che sono stati ben accolti sono stati realizzati prima dell'inizio della storia: li vediamo appena sullo sfondo.
L'opera che realizza durante la storia, che colpisce favorevolmente il suo amico Ollie, non la vediamo per niente. Per cui mi sentivo qualificato a disegnare solo sculture che non potevano essere accettate dal mondo dell'arte. Mi sono fatto quel regalo. Non c'era alcuna possibilità che potessi fare qualcosa di davvero valido perché non c'era nulla che potessi tirar fuori che, con tutta probabilità, non sarebbe stato stroncato da un qualsiasi critico o galleria. Per cui mi sono messo in una situazione di sicurezza. Sarebbe stato molto, molto più difficile fare una storia su uno scultore i cui lavori fossero riconosciuti come autentici capolavori. Non penso che avrei potuto farlo. Non credo che sarebbe stato credibile.
Ora che il libro è uscito ti aspetta un anno in tour, vero?
Sì è vero. Soltanto l'anno scorso abbiamo trascorso due settimane in Cina. Siamo stati in Cile, ad Amsterdam, in Inghilterra, Spagna e in circa 14 località qui negli Stati Uniti. Ho insegnato per due mesi nel Tennessee. E tutto questo è successo prima della pubblicazione del libro.
Il volume è uscito qui negli USA il 3 Febbraio. Nelle settimane successive uscirà in altre sei lingue, e alcune di queste edizioni verranno pubblicate lo stesso giorno. E stiamo facendo un tour in 14 città in 16 giorni qui negli Stati Uniti per poi volare in Europa per eventi in Inghilterra, Germania, Italia, Francia, Spagna e poi in Olanda. Ci sono diverse università che mi hanno invitato per tenere delle conferenze. Per cui mi aspetto che il 2015 sarò molto intenso.
Questo libro è concluso, hai già dei piani per il prossimo?
Il mio prossimo libro, che uscirà ancora per First Second, sarà incentrato sulla comunicazione visiva. Sono molto interessato al modo in cui le immagini comunicano, a come trasmettano informazioni. Mi piacerebbe realizzare finalmente un libro che cercasse di distillare i principi comuni della comunicazione visiva nelle differenti discipline.
Non vedo l’ora di iniziare questo libro ma prima mi devo allontanare da quest’ultimo. È ancora attaccato a me. C’è ancora un po’ di tensione perché voglio essere sicuro di promuovere attivamente il mio ultimo libro. Ma allo stesso tempo sono ansioso di iniziare a lavorare al prossimo.
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