Foto di José Villarrubia. |
L'intervista completa è disponibile qui, in Inglese.
Sei considerato da molti una figura chiave nella storia dei comics e mi chiedo se ci puoi parlare un po’ di come consideri la tua carriera dal punto di vista dell’impatto e degli intrecci con l’industria del fumetto da quando ci lavori.
Alan Moore: Beh, la mia intenzione originale era semplicemente quella di riuscire più o meno a tirare avanti come una sottospecie di disegnatore underground.
Nel giro di un paio d’anni ho capito che non sarei mai riuscito a disegnare abbastanza bene da esserne personalmente soddisfatto o abbastanza in fretta per portare avanti una carriera come disegnatore. A questo punto ho deciso di provare a scrivere perché ho pensato che forse ero più bravo in quello rispetto a disegnare le immagini che alla fine accompagnavano il testo. Così mi sono lanciato nella carriera di sceneggiatore di fumetti e, fin dall'inizio, mi sono dato un paio di semplici regole.. Ho deciso che non avrei scritto storie per cui non provassi un interesse personale. Ho pensato che questo sarebbe stata una linea di demarcazione utile per impedirmi di scivolare in una scrittura preconfezionata, un pericolo sempre in agguato in un settore in cui le scadenze sono pressanti e frenetiche. Così ho sviluppato una sorta di metodo da applicare... anche su materiale promettente, per poi trasformarlo in qualcosa di divertente, qualcosa di intrigante o intellettualmente stimolante, attraverso l’uso del linguaggio o dello storytelling... doveva esserci qualche elemento della storia che mi fornisse la motivazione sufficiente per fare un buon lavoro.
E semplicemente seguendo queste regole mi sono trovato, abbastanza rapidamente, piuttosto richiesto qui in UK per poi essere, altrettanto rapidamente, selezionato dalla DC Comics per scrivere Swamp Thing e ho semplicemente continuato a fare la stessa cosa che avevo fatto fino a quel momento, ossia rendere interessante dal mio punto di vista qualsiasi cosa mi avessero dato da scrivere, perché la mia sensazione è che se io non sono interessato al lavoro, allora non posso pensare che possa esserlo il lettore. È una cosa che sembra ovvia: l’entusiasmo dello scrittore si trasmette al lettore. Penso che i lettori sappiano se si tratta di un lavoro scritto senza gioia perché è un qualcosa che diventa evidente.
Quindi, per rendere le cose interessanti per me, ho capito che dovevo spingermi oltre col mio approccio. Mi aspettavo che così facendo avrei incontrato più resistenze di quelle avute all’inizio ma ho scoperto che i lettori stavano rispondendo ed è stato incoraggiante. Così ho continuato a spingermi sempre oltre e ho avuto un grande sostegno da parte di Karen Berger e, al tempo, dalle altre persone della DC: sembrava che apprezzassero il fatto che i dati di vendita della serie crescevano mese dopo mese e questo pareva una indicazione che stessimo sulla strada giusta. Così, sono stato incoraggiato a spingermi lontano quanto volessi e questo è, per fortuna, il tipo di situazione di cui ho goduto da allora nel fare fumetti. Penso che le persone si fidino di me e sanno che probabilmente finirò col fare qualcosa che è, per lo meno, interessante… potrebbe essere un po’ stramba o inquietante o qualcosa del genere, ma probabilmente sarà interessante. E, se vengo semplicemente lasciato libero, probabilmente non mi spingerei fino a fare delle cose estreme facendo scappare tutti raggiungendo comunque un buon risultato finale.
Riguardo il mio impatto sul mondo dei comics, davvero non saprei che dire. A volte, nei miei giorni più bui, mi sembra che gran parte della mia influenza sia stata negativa, che forse le persone che hanno letto il mio Swamp Thing oppure Watchmen o molti dei fumetti che ho fatto negli anni '80… abbiano preso da quei lavori non la voglia di sperimentare o di ampliare i limiti del Fumetto. Sembra piuttosto che abbiano preso la violenza, un certo tipo di posa intellettuale ... un paio di altri elementi, e questo mi sembra abbia condannato il mondo dei comics a un sacco di cupi e deprimenti fumetti post-Watchmen. Forse quello che dico è troppo negativo, come ho detto, dipende dai giorni, dipende dallo stato d'animo del momento e oggi mi hai beccato in un giornata no per cui forse sono un po’ pessimista.
Voglio dire, mi piacerebbe pensare che se ho dimostrato qualcosa, è che i fumetti sono una forma d’espressione dalle possibilità quasi inesauribili, e che ci sono stati ... ci sono grandi fumetti ancora da scrivere. Ci sono fumetti da realizzare che non sono mai stati fatti, storie che la gente forse non ha nemmeno sognato di provare a creare. E, se ho avuto una qualche influenza positiva nei comics, mi auguro che sia in tal senso: che tutto è possibile se l’approccio alle storie è quello giusto. Si possono fare cose straordinarie con una miscela di parole e immagini. È solo una questione d'essere abbastanza diligenti e ricettivi e di lavorare duro, affinando il proprio talento fino a raggiungere il livello sufficiente per fare quello che si desidera.
Se ho lasciato una qualche eredità positiva vorrei fosse questa ma non so… ci sono giorni, come ho detto, in cui penso che la mia eredità è più probabile che consista in un sacco di psicopatici privi di senso dell’umorismo, ringhianti e sarcastici… ma succede solo nelle giornate no, non farci caso.
L'intervista completa è disponibile qui, in Inglese.
Alan Moore: Beh, la mia intenzione originale era semplicemente quella di riuscire più o meno a tirare avanti come una sottospecie di disegnatore underground.
Nel giro di un paio d’anni ho capito che non sarei mai riuscito a disegnare abbastanza bene da esserne personalmente soddisfatto o abbastanza in fretta per portare avanti una carriera come disegnatore. A questo punto ho deciso di provare a scrivere perché ho pensato che forse ero più bravo in quello rispetto a disegnare le immagini che alla fine accompagnavano il testo. Così mi sono lanciato nella carriera di sceneggiatore di fumetti e, fin dall'inizio, mi sono dato un paio di semplici regole.. Ho deciso che non avrei scritto storie per cui non provassi un interesse personale. Ho pensato che questo sarebbe stata una linea di demarcazione utile per impedirmi di scivolare in una scrittura preconfezionata, un pericolo sempre in agguato in un settore in cui le scadenze sono pressanti e frenetiche. Così ho sviluppato una sorta di metodo da applicare... anche su materiale promettente, per poi trasformarlo in qualcosa di divertente, qualcosa di intrigante o intellettualmente stimolante, attraverso l’uso del linguaggio o dello storytelling... doveva esserci qualche elemento della storia che mi fornisse la motivazione sufficiente per fare un buon lavoro.
E semplicemente seguendo queste regole mi sono trovato, abbastanza rapidamente, piuttosto richiesto qui in UK per poi essere, altrettanto rapidamente, selezionato dalla DC Comics per scrivere Swamp Thing e ho semplicemente continuato a fare la stessa cosa che avevo fatto fino a quel momento, ossia rendere interessante dal mio punto di vista qualsiasi cosa mi avessero dato da scrivere, perché la mia sensazione è che se io non sono interessato al lavoro, allora non posso pensare che possa esserlo il lettore. È una cosa che sembra ovvia: l’entusiasmo dello scrittore si trasmette al lettore. Penso che i lettori sappiano se si tratta di un lavoro scritto senza gioia perché è un qualcosa che diventa evidente.
Quindi, per rendere le cose interessanti per me, ho capito che dovevo spingermi oltre col mio approccio. Mi aspettavo che così facendo avrei incontrato più resistenze di quelle avute all’inizio ma ho scoperto che i lettori stavano rispondendo ed è stato incoraggiante. Così ho continuato a spingermi sempre oltre e ho avuto un grande sostegno da parte di Karen Berger e, al tempo, dalle altre persone della DC: sembrava che apprezzassero il fatto che i dati di vendita della serie crescevano mese dopo mese e questo pareva una indicazione che stessimo sulla strada giusta. Così, sono stato incoraggiato a spingermi lontano quanto volessi e questo è, per fortuna, il tipo di situazione di cui ho goduto da allora nel fare fumetti. Penso che le persone si fidino di me e sanno che probabilmente finirò col fare qualcosa che è, per lo meno, interessante… potrebbe essere un po’ stramba o inquietante o qualcosa del genere, ma probabilmente sarà interessante. E, se vengo semplicemente lasciato libero, probabilmente non mi spingerei fino a fare delle cose estreme facendo scappare tutti raggiungendo comunque un buon risultato finale.
Riguardo il mio impatto sul mondo dei comics, davvero non saprei che dire. A volte, nei miei giorni più bui, mi sembra che gran parte della mia influenza sia stata negativa, che forse le persone che hanno letto il mio Swamp Thing oppure Watchmen o molti dei fumetti che ho fatto negli anni '80… abbiano preso da quei lavori non la voglia di sperimentare o di ampliare i limiti del Fumetto. Sembra piuttosto che abbiano preso la violenza, un certo tipo di posa intellettuale ... un paio di altri elementi, e questo mi sembra abbia condannato il mondo dei comics a un sacco di cupi e deprimenti fumetti post-Watchmen. Forse quello che dico è troppo negativo, come ho detto, dipende dai giorni, dipende dallo stato d'animo del momento e oggi mi hai beccato in un giornata no per cui forse sono un po’ pessimista.
Voglio dire, mi piacerebbe pensare che se ho dimostrato qualcosa, è che i fumetti sono una forma d’espressione dalle possibilità quasi inesauribili, e che ci sono stati ... ci sono grandi fumetti ancora da scrivere. Ci sono fumetti da realizzare che non sono mai stati fatti, storie che la gente forse non ha nemmeno sognato di provare a creare. E, se ho avuto una qualche influenza positiva nei comics, mi auguro che sia in tal senso: che tutto è possibile se l’approccio alle storie è quello giusto. Si possono fare cose straordinarie con una miscela di parole e immagini. È solo una questione d'essere abbastanza diligenti e ricettivi e di lavorare duro, affinando il proprio talento fino a raggiungere il livello sufficiente per fare quello che si desidera.
Se ho lasciato una qualche eredità positiva vorrei fosse questa ma non so… ci sono giorni, come ho detto, in cui penso che la mia eredità è più probabile che consista in un sacco di psicopatici privi di senso dell’umorismo, ringhianti e sarcastici… ma succede solo nelle giornate no, non farci caso.
L'intervista completa è disponibile qui, in Inglese.
1 commento:
Caro Alan, il tuo " sacco di psicopatici privi di senso dell’umorismo, ringhianti e sarcastici " non è tanto nei comics - oggi, anche grazie al tuo lavoro, abbiamo cose come Peppa Pig e quel serial che guarda mia moglie con Kev Spacey che è Riccardo III nella Casa Bianca - ma nelle strade, dove pascolano drivers da incubo che tentano di parcheggiare il loro bolide sui piedini del mio bimbo che è sulle strisce e non di una zebra, o nei treni metropolitani, dove Arcane e quel tizio con la faccia che è una macchia che cambia come il corpo di Piero Pelù in un song dei Litfiba sono furibondi con le pagine del loro tabloid, pure gratis, in cui si racconta di pandemie striscianti e continue guerre e della Crisis non scritta da Wolfman e Perez.
Sono convinto che da qualche parte ci sia un altro sciamano ipertricotico e ripieno di anelli - ma se è Mastro Lindo come me è l'istess - che si diverte un mondo a progettare mondi lontanissimi, x dirla con Frank Battiato, ed ancora di + a partecipare ad un pubblico, anche solo virtuale x ora, le sue visioni.
Quando si manifesterà, lo seguirò e farò attenzione a che non lo pialli qualche imbecille con il SUV. Ciao, tuo devotissimo Grant M.
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