Carpinteri (a sx) e Igort (a dx) |
Il 6 Ottobre scorso ho assistito, nell'ambito del festival KME, a un interessante incontro tra Igort e Giorgio Carpinteri, due Maestri del fumetto italiano, tra i protagonisti (insieme ad altri), durante i primi anni '80, della "rivoluzione" Valvoline Motorcomics.
In occasione del trentennale di quell'esperienza è stata aperta una pagina Facebook, intitolata Valvoline Years, che recita:
"Al principio degli anni Ottanta, e per quasi tutta la decade, un piccolo
gruppo di autori: Daniele Brolli, Lorenzo Mattotti, Giorgio Carpinteri,
Marcello Jori, Jerry Kramsky e Igort, diedero vita a un progetto
comune. Lo chiamarono Valvoline Motorcomics.
Anno di Pubblicazione di Valvoline Motorcomics sulle pagine di Alter Alter, allora diretto da Fulvia Serra, 1983, 1984."
Al contempo Coconino Press è impegnata nella pubblicazione, in una nuova edizione ideata e curata per l'occasione, di alcuni dei fumetti apparsi in quegli anni. Finora sono usciti Doctor Nefasto di Jerry Kramsky (testi) & Lorenzo Mattotti (disegni) e Polsi sottili di Gorgio Carpinteri, mentre è attesa entro l'anno la pubblicazione di Sinfonia a Bombay di Igort.
L'incontro al KME si è aperto con un breve reading di Igort che, su un lieve accompagnamento musicale, ha letto quella che dovrebbe essere l'introduzione al volume Sinfonia a Bombay. Un breve estratto si può "apprezzare" nel video sotto.
A seguire, Igort e Carpinteri si sono divisi la scena raccontando e ricordando quel periodo, la loro amicizia, l'amore per il Fumetto e la loro visione della Nona Arte. E molto altro...
Igort: A volte mi viene da pensare che un po' abbia ragione Freak Antoni quando dice che "in Italia non c'è gusto ad essere intelligenti". Ma... le cose cambieranno... io sono un ottimista per costituzione.
La stagione delle riviste era una stagione in cui si pubblicava mese dopo mese e si imparava a pedalare, a gareggiare in diretta. Non c'era neppure il tempo di pentirsi.
Mi ricordo dei discorsi con Magnus - il grande Magnus che avrebbe disegnato migliaia di tavole - che mi diceva che dopo che la storia era finita e pubblicata, dopo soli tre mesi hai già voglia di andare lì e grattare per correggere... Pubblicare per le riviste è una specie di arena nella quale ti misuri con un racconto che cresce in diretta, mentre lo disegni. Una stagione anche molto... brutale. Io credo d'essere stato traumatizzato da quell'esperienza. [ride]
Oggi viviamo un'altra stagione, in cui si pensa più in termini di libro, di volume. Mentre negli anni '80 e '70 c'era la rivista... A quel tempo anche in campo letterario, non passava quasi niente. Quando uscirono Tondelli, De Carlo, ricordo la sensazione di rivoluzione pazzesca perché... erano due autori che avevano meno di centocinquant'anni! Perché c'era una situazione, anche di dominio, da parte dei grandi scrittori, i Calvino, i Celati, i Pavese... che definivano una sorta di controllo di qualità. C'era quasi un monopolio... loro malgrado. Erano le case editrici che non facevano passare nulla che non fosse al livello dei gradi classici. Oggi forse si pubblica troppo e male... Mi sembra che però all'epoca il panorama letterario fosse un po' asfittico in termini di "nuove proposte". Invece in quel periodo, grazie alla stagione delle riviste che fu in parte favorita dall'intelligenza genialoide e apertissima di Oreste Del Buono, il Fumetto - che al tempo era considerato un genere e non un linguaggio - portò alla riconsiderazione di alcune regole... tra cui il fatto che potessero produrre delle cose belle... Una constatazione che sembra banale oggi, ma allora non lo era affatto... e la battaglia non è comunque ancora finita. Finirà quando si vedrà un autore di fumetti - perché ce ne sono anche di degni e la qualità non latita di certo - candidato al Campiello con un suo graphic novel oppure quando nomineranno magari Giorgio Carpinteri al Nobel per la Letteratura [Carpinteri sorride e fa finta di nulla]... Quando questo succederà allora si sarà capito che è possibile narrare con le parole e le immagini e questa è, banalmente, una categoria del Racconto. Oggi siamo ancora come quando la Prosa veniva considerata un po' di secondo piano rispetto alla Poesia
Carpinteri: Igor ha fatto un suggestivo quadro del periodo. Mi sono riconosciuto in quello che ha detto... In un certo qual modo le nostre vite sono corse in parallelo. Dall'età di dieci anni io sono venuto a vivere qui per tre anni e mezzo ed è già narrativa la storia di due persone come noi che si incrociano in così giovane età, coltivano assieme la stessa passione e questa li fa incontrare di nuovo a Bologna, anni dopo, forse complice il DAMS, Umberto Eco... il fascino di una città che aveva tutte le carte in regole per essere una città viva, ed infatti lo è stata... sono i cicli, ad un certo punto sei in alto e poi in basso, ti sei addormentato... al momento Bologna mi sembra una città dormiente, ma questo non è un nostro problema.
In quel periodo... e a me interessa relativamente il discorso del Fumetto come ghetto, come una cosa di cui vergognarsi... perché in un certo qual modo noi autori di fumetti ci abbiamo fatto l'abitudine, a essere considerati un po' come degli animaletti esotici. Come qualcosa di originale, strano... un quarantenne, un cinquantenne che disegna fumetti... è pittoresco, è tenero... come un canarino colorato o un animaletto esotico, appunto. Tutto questo indebolisce o ti fa apprezzare una frase come quella di Freak Antoni degli Skiantos che però non va cavalcata perché invece è vero ciò che tu vuoi. Se tu vuoi fare dei fumetti, li fai... ed Igor ne è la dimostrazione vivente: ha tenuto il punto sin da quando l'ho conosciuto a dieci anni fino ad oggi, facendo le sue cose, dimostrando che si possono fare in qualsiasi situazione atmosferica e culturale. Lui è un buon esempio, anche per me, da tenere presente. Qualsiasi cosa facciamo nella vita, qualsiasi sia il nostro interesse, aggrappiamoci sempre a quell'esempio che ce l'ha fatta, che ha realizzato la magia di fare quello che gli piaceva portando a casa il risultato grazie al duro lavoro quotidiano. Igor in questo, e non è un monumento all'amico, ma è oggettivo, è un esempio di coerenza, nel senso buono del termine... nel senso di fare delle cose belle e di proporre delle cose belle...
Negli anni '80 noi appassionati di fumetti e nuovi autori di fumetti ci siamo trovati ad un crocevia fortunato in cui era previsto che delle culture diverse - la musica, il teatro, il cinema, la letteratura, il disegno - si potessero incontrare e miscelare creando qualcosa di nuovo.
Dipende dalle aspettative e dalla natura delle singole persone ma io rivendico la possibilità d'avere un piccolo pubblico che sa riconoscere e apprezzare quello che faccio. Non è importante avere successo. Il più grande successo è fare un lavoro che ti piace in cui puoi mettere tutta la tua energia positiva per migliorare questo mondo partendo dalle povere cose che hai: carta, inchiostro, colori. Una vita così è già una vita meravigliosa, no?
Igort: Volevo raccontare un piccolo aneddoto cagliaritano. Abitavo in via Dante, all'altezza di via San Benedetto e al tempo gli autobus passavano più o meno come in Messico, non si sapeva mai quando... Avevo dieci anni, c'erano delle attese di quaranta minuti per il n.1 o il C... e c'era un'edicola che per me era come un tempio... un luogo in cui c'era la carta stampata. Non riesco ancora a spiegarmi quella mia attrazione totale per l'edicola, per le riviste, per quell'arte pop, l'arte riprodotta... A dieci anni non avevo ancora letto Wittgenstein ma... intuivo che mi piacevano i fumetti [ride] e pure quella stampa di pessima qualità, sulla carta pulp, su cui erano stampati gli albi americani... e c'era un'edicola che era la numero uno in assoluto, una "grande" edicola, in Via Roma vicino alla stazione, che vendeva gli albi per gli americani, e c'erano dei fumetti, americani, originali, con tanto di timbro in copertina... perché passavano da Napoli dove mettevano un timbrone sopra che sfregiava tutte le copertine. E ricordo che... all'epoca ero uno gnomo, avevo dieci anni, e andavo a piedi fino a quell'edicola in via Roma. Ci mettevo, credo, circa venticinque minuti: per me era più o meno come andare all'estero. Era una sorta di pellegrinaggio. E poi dovevo affrontare i "lupi", ossia i proprietari di quell'edicola che erano particolarmente "incazzosi" soprattutto per la pratica che non utilizzavamo, non di rado [ride], di sfogliare gli albi alla ricerca di quelli disegnati da certi disegnatori che ci piacevano...
Carpinteri: Eravamo esigenti!
Igort: Siccome dentro un albo c'erano più storie e la copertina non ti diceva molto perché spesso era disegnata da un disegnatore che non era all'interno, allora bisognava trovare il modo di sfogliare gli albi senza che questa persona, che di solito era di guardia (e diceva sempre "non si può sfogliare!!!"), ce lo impedisse.
E questa sorta di iniziazione rendeva la ricerca degli albi che ci interessavano ancora più desiderabile e avevamo messo a punto una certa tecnica... L'edicola aveva la parte frontale sul lato strada e dall'altro lato si affacciava su un cinema, l'Eden... per cui ci si intrufolava su quel lato, dove gli albi erano esposti, si cercava e quando sentivamo "non si può sfogliare", ne compravamo uno sperando d'aver trovato quello che ci interessava. E questa tecnica la replicammo poi quando Giorgio andò a vivere a Rimini ed io lo andavo a trovare durante le vacanze estive. Si faceva a piedi praticamente tutto il lungomare da Rimini a Riccione, svariati chilometri, alla ricerca di diverse edicole... perché lì c'erano più turisti e più possibilità di trovare gli albi che ci interessavamo...
Carpinteri: Eravamo malati...
Igort: Questa forma di "malattia" ci rese però particolarmente determinati con l'idea di fare questa cosa. E sempre di più... Credo che difendere un avamposto... con Spiegelman si diceva "no, ma ormai il Fumetto ce l'ha fatta.", ma io non lo credo. Maus c'è la fatta, ecco! Maus è un fumetto che tutti più o meno conoscono, che anche in Italia ha venduto oltre centomila copie: una cifra spaventosa rispetto a quanto vendono i libri a fumetti.
Quella dimensione lì, coltivata sin da bambini, ha in qualche modo favorito la nascita di questo lavoro.
Carpinteri: A me Internet piace da morire. Mi domando oggi come facevamo noi negli anni '80 senza uno strumento così. Uno strumento indispensabile anche solo per la documentazione. Io al tempo avevo lavorato per potermi comprare una moviola e una cinepresa. Per cosa? Per fare un film, direte voi. No, stavo davanti alla televisione e quando c'erano dei film in bianco e nero dei miei autori preferiti, come Hitchcock ed altri, riprendevo a scatto singolo la schermata a raffiche - aveva questa possibilità di farlo - per poi avere un documento sulla mia moviola come riferimento per disegnare. Stiamo parlando praticamente del Medioevo! Non c'era il computer ed io ero felicissimo di quella soluzione. Oggi è tutto molto, molto più facile. Si può accedere a storie altrui, a spunti altrui, a documentazione... un'infinità. Ed è tutto molto bello ma c'è il problema della dispersione: aumenta la possibilità di avere troppi stimoli. La musica la ascolti solo lì perché è gratis, non compri più il disco, ti scarichi il pdf... C'è tanta di quell'offerta e si tende - parlo di me come lettore, ascoltatore, fruitore - a dire "sì, interessante, magari lo rileggo, lo risento dopo" e non si fa come facevamo noi, da bimbi poveri del tempo, ad affezionarsi a quello che hai, a sentire quel disco, a leggere quel libro... traendo da quelle poche cose, rispetto a quelle che si possono avere oggi, il massimo di quel "frutto". Dando anche una possibilità a quel materiale di cui usufruivamo anche esagerata. A volte era più quello che mettevo io nell'opera come fruitore rispetto al valore dell'opera stessa. Voglio dire che era più facile concentrarsi su qualcosa. Come nascono i "miti"? Abbiamo passato un sacco di tempo a studiare le pagine dei fumetti di quei disegnatori che andavamo a cercare per le edicole... Oggi è più difficile formarsi un gusto perché forse è più difficile "fermarsi" su qualcosa.
Al tempo per dire c'era solo la Rai, oggi l'offerta televisiva è incredbile...
Igort: Come direbbe il mio filosofo preferito, ossia Lino Banfi, siamo telerincoglioniti...
Carpinteri: Un po sì... Questa è solo una riflessione così... anche per dire che a volte ci diciamo esperti di tutto perché abbiamo intravisto tutto... ma che ne dite di "vedere" una cosa? Di fermarsi? Non è una critica a voi, ma a me stesso. Il rischio è quello d'essere bombardati da segnali che ti dettano una scaletta d'acquisto, d'ascolto... Il bello della Rete è l'amplificazione del tam-tam, del passaparola... la recensione da parte dell'utente del locale, del film, del ristorante... Ma mi preoccupa molto il lato fruitore perché in una situazione molto ricca d'offerta, con un bombardamento eccessivo, questa riduce in noi le capacità di recepire, di sentire, di affezionarsi...
Un tempo c'erano le riviste che circolavano per casa e ti affezionavi ad un autore, ad una storia e poi andavi a comprare il libro. Oggi non ci sono più le riviste ma c'è molto di più... c'è Internet, la possibilità di spulciare di tutto, cogliendo però, spesso, solo dei brandelli di una realtà che forse varrebbe la pena d'essere maggiormente approfondita.
Igort: Io sono consolato dall'idea che comunque avremo sempre bisogno di racconto. Credo sia una componente dell'essere umano. Ed è un aspetto che mi interessa, che mi intriga, che mi stimola. Per cui, come dice Gabo, io voglio "vivere per raccontarla".
Carpinteri: Vi racconto un aneddoto, un evento interessante per la mia vita, legato a Polsi sottili, storia dell'epoca Valvoline ripubblicato dopo trent'anni da Coconino in queste settimane. In quel libro per la prima volta realizzavo una storia lunga, io che amavo le storie brevi per poter sempre cambiare ambientazione e personaggi... e avevo dato il ruolo da protagonista a una donna, Caterina Podom. Anche questo era anomalo perché i miei fumetti erano spesso "maschili", erano dei noir un po' patafisici, demenziali con un'ironia e un sarcasmo... e non prevedevano l'amore!
Invece per Alter Alter, per Valvoline mi ritrovai a fare una storia d'amore. La faccio breve... Io temo che il me stesso d'allora - il Giorgio ventitreenne, ventiquattrenne - stesse cercando la donna giusta, per cui da autore... me la disegnai, le diedi un carattere, un aspetto... delle caratteristiche precise, essendo l'autore facevo come mi pareva [sorride]. Le avevo dato un profilo, ai miei occhi, riconoscibile: avevo tirato fuori la ragazza per me ideale. E finito il libro, la cosa buffa e qui, ecco il potere magico del racconto... il racconto esisterà sempre e può creare dei piccoli miracoli... nel mio caso, qualche mese dopo, a Roma, in una circostanza del tutto fortuita, mi ritrovai a riconoscere, tra le persone con cui di lì a poco avrei dovuto lavorare in Rai, una ragazza che era esattamente Caterina Podom!
Igort: E sono ancora sposati dopo trent'anni.
Carpinteri: Lei - quando le dissi, timidamente, che forse io l'avevo evocata - ci ha creduto subito, riconoscendosi in determinati dettagli del personaggio, al punto da farsi fotografare da un'amica fotografa in una posa il più simile possibile a Caterina! E questa foto ora è nel libro.
Ed è bellissimo per un autore - o per noi tutti, se vogliamo crederci - pensare che quello che viene messo e creato sulla carta, a volte, può evocare delle cose belle... il potere delle storie, dell'Immaginazione...
Per cui... se vi dovete sposare o cercare l'anima gemella, il mio consiglio è... di mettervi a disegnare!
Una stagione [quella delle riviste] anche molto... brutale.
Io credo d'essere stato traumatizzato da quell'esperienza.
[Igort]
Igort: A volte mi viene da pensare che un po' abbia ragione Freak Antoni quando dice che "in Italia non c'è gusto ad essere intelligenti". Ma... le cose cambieranno... io sono un ottimista per costituzione.
La stagione delle riviste era una stagione in cui si pubblicava mese dopo mese e si imparava a pedalare, a gareggiare in diretta. Non c'era neppure il tempo di pentirsi.
Mi ricordo dei discorsi con Magnus - il grande Magnus che avrebbe disegnato migliaia di tavole - che mi diceva che dopo che la storia era finita e pubblicata, dopo soli tre mesi hai già voglia di andare lì e grattare per correggere... Pubblicare per le riviste è una specie di arena nella quale ti misuri con un racconto che cresce in diretta, mentre lo disegni. Una stagione anche molto... brutale. Io credo d'essere stato traumatizzato da quell'esperienza. [ride]
Oggi viviamo un'altra stagione, in cui si pensa più in termini di libro, di volume. Mentre negli anni '80 e '70 c'era la rivista... A quel tempo anche in campo letterario, non passava quasi niente. Quando uscirono Tondelli, De Carlo, ricordo la sensazione di rivoluzione pazzesca perché... erano due autori che avevano meno di centocinquant'anni! Perché c'era una situazione, anche di dominio, da parte dei grandi scrittori, i Calvino, i Celati, i Pavese... che definivano una sorta di controllo di qualità. C'era quasi un monopolio... loro malgrado. Erano le case editrici che non facevano passare nulla che non fosse al livello dei gradi classici. Oggi forse si pubblica troppo e male... Mi sembra che però all'epoca il panorama letterario fosse un po' asfittico in termini di "nuove proposte". Invece in quel periodo, grazie alla stagione delle riviste che fu in parte favorita dall'intelligenza genialoide e apertissima di Oreste Del Buono, il Fumetto - che al tempo era considerato un genere e non un linguaggio - portò alla riconsiderazione di alcune regole... tra cui il fatto che potessero produrre delle cose belle... Una constatazione che sembra banale oggi, ma allora non lo era affatto... e la battaglia non è comunque ancora finita. Finirà quando si vedrà un autore di fumetti - perché ce ne sono anche di degni e la qualità non latita di certo - candidato al Campiello con un suo graphic novel oppure quando nomineranno magari Giorgio Carpinteri al Nobel per la Letteratura [Carpinteri sorride e fa finta di nulla]... Quando questo succederà allora si sarà capito che è possibile narrare con le parole e le immagini e questa è, banalmente, una categoria del Racconto. Oggi siamo ancora come quando la Prosa veniva considerata un po' di secondo piano rispetto alla Poesia
Il più grande successo è fare un
lavoro che ti piace in cui puoi mettere tutta la tua energia positiva
per migliorare questo mondo partendo dalle povere cose che hai: carta,
inchiostro, colori.
[G. Carpinteri]
Carpinteri: Igor ha fatto un suggestivo quadro del periodo. Mi sono riconosciuto in quello che ha detto... In un certo qual modo le nostre vite sono corse in parallelo. Dall'età di dieci anni io sono venuto a vivere qui per tre anni e mezzo ed è già narrativa la storia di due persone come noi che si incrociano in così giovane età, coltivano assieme la stessa passione e questa li fa incontrare di nuovo a Bologna, anni dopo, forse complice il DAMS, Umberto Eco... il fascino di una città che aveva tutte le carte in regole per essere una città viva, ed infatti lo è stata... sono i cicli, ad un certo punto sei in alto e poi in basso, ti sei addormentato... al momento Bologna mi sembra una città dormiente, ma questo non è un nostro problema.
In quel periodo... e a me interessa relativamente il discorso del Fumetto come ghetto, come una cosa di cui vergognarsi... perché in un certo qual modo noi autori di fumetti ci abbiamo fatto l'abitudine, a essere considerati un po' come degli animaletti esotici. Come qualcosa di originale, strano... un quarantenne, un cinquantenne che disegna fumetti... è pittoresco, è tenero... come un canarino colorato o un animaletto esotico, appunto. Tutto questo indebolisce o ti fa apprezzare una frase come quella di Freak Antoni degli Skiantos che però non va cavalcata perché invece è vero ciò che tu vuoi. Se tu vuoi fare dei fumetti, li fai... ed Igor ne è la dimostrazione vivente: ha tenuto il punto sin da quando l'ho conosciuto a dieci anni fino ad oggi, facendo le sue cose, dimostrando che si possono fare in qualsiasi situazione atmosferica e culturale. Lui è un buon esempio, anche per me, da tenere presente. Qualsiasi cosa facciamo nella vita, qualsiasi sia il nostro interesse, aggrappiamoci sempre a quell'esempio che ce l'ha fatta, che ha realizzato la magia di fare quello che gli piaceva portando a casa il risultato grazie al duro lavoro quotidiano. Igor in questo, e non è un monumento all'amico, ma è oggettivo, è un esempio di coerenza, nel senso buono del termine... nel senso di fare delle cose belle e di proporre delle cose belle...
Negli anni '80 noi appassionati di fumetti e nuovi autori di fumetti ci siamo trovati ad un crocevia fortunato in cui era previsto che delle culture diverse - la musica, il teatro, il cinema, la letteratura, il disegno - si potessero incontrare e miscelare creando qualcosa di nuovo.
Dipende dalle aspettative e dalla natura delle singole persone ma io rivendico la possibilità d'avere un piccolo pubblico che sa riconoscere e apprezzare quello che faccio. Non è importante avere successo. Il più grande successo è fare un lavoro che ti piace in cui puoi mettere tutta la tua energia positiva per migliorare questo mondo partendo dalle povere cose che hai: carta, inchiostro, colori. Una vita così è già una vita meravigliosa, no?
A dieci anni non avevo ancora letto Wittgenstein ma...
intuivo che mi piacevano i fumetti.
[Igort]
Igort: Volevo raccontare un piccolo aneddoto cagliaritano. Abitavo in via Dante, all'altezza di via San Benedetto e al tempo gli autobus passavano più o meno come in Messico, non si sapeva mai quando... Avevo dieci anni, c'erano delle attese di quaranta minuti per il n.1 o il C... e c'era un'edicola che per me era come un tempio... un luogo in cui c'era la carta stampata. Non riesco ancora a spiegarmi quella mia attrazione totale per l'edicola, per le riviste, per quell'arte pop, l'arte riprodotta... A dieci anni non avevo ancora letto Wittgenstein ma... intuivo che mi piacevano i fumetti [ride] e pure quella stampa di pessima qualità, sulla carta pulp, su cui erano stampati gli albi americani... e c'era un'edicola che era la numero uno in assoluto, una "grande" edicola, in Via Roma vicino alla stazione, che vendeva gli albi per gli americani, e c'erano dei fumetti, americani, originali, con tanto di timbro in copertina... perché passavano da Napoli dove mettevano un timbrone sopra che sfregiava tutte le copertine. E ricordo che... all'epoca ero uno gnomo, avevo dieci anni, e andavo a piedi fino a quell'edicola in via Roma. Ci mettevo, credo, circa venticinque minuti: per me era più o meno come andare all'estero. Era una sorta di pellegrinaggio. E poi dovevo affrontare i "lupi", ossia i proprietari di quell'edicola che erano particolarmente "incazzosi" soprattutto per la pratica che non utilizzavamo, non di rado [ride], di sfogliare gli albi alla ricerca di quelli disegnati da certi disegnatori che ci piacevano...
Carpinteri: Eravamo esigenti!
Igort: Siccome dentro un albo c'erano più storie e la copertina non ti diceva molto perché spesso era disegnata da un disegnatore che non era all'interno, allora bisognava trovare il modo di sfogliare gli albi senza che questa persona, che di solito era di guardia (e diceva sempre "non si può sfogliare!!!"), ce lo impedisse.
E questa sorta di iniziazione rendeva la ricerca degli albi che ci interessavano ancora più desiderabile e avevamo messo a punto una certa tecnica... L'edicola aveva la parte frontale sul lato strada e dall'altro lato si affacciava su un cinema, l'Eden... per cui ci si intrufolava su quel lato, dove gli albi erano esposti, si cercava e quando sentivamo "non si può sfogliare", ne compravamo uno sperando d'aver trovato quello che ci interessava. E questa tecnica la replicammo poi quando Giorgio andò a vivere a Rimini ed io lo andavo a trovare durante le vacanze estive. Si faceva a piedi praticamente tutto il lungomare da Rimini a Riccione, svariati chilometri, alla ricerca di diverse edicole... perché lì c'erano più turisti e più possibilità di trovare gli albi che ci interessavamo...
Carpinteri: Eravamo malati...
Igort: Questa forma di "malattia" ci rese però particolarmente determinati con l'idea di fare questa cosa. E sempre di più... Credo che difendere un avamposto... con Spiegelman si diceva "no, ma ormai il Fumetto ce l'ha fatta.", ma io non lo credo. Maus c'è la fatta, ecco! Maus è un fumetto che tutti più o meno conoscono, che anche in Italia ha venduto oltre centomila copie: una cifra spaventosa rispetto a quanto vendono i libri a fumetti.
Quella dimensione lì, coltivata sin da bambini, ha in qualche modo favorito la nascita di questo lavoro.
Nel mondo del Fumetto molto è poco interessante. [Igort]
Oggi le riviste non esistono quasi più. Linus ha quasi chiuso un mese fa, sopravvive sì ma non è più il Linus di un tempo. Anche perché manca una capacità di sguardo sul reale, su quello che è la vita reale. Però c'è una stagione molte importante, questa della Rete che favorisce la divulgazione delle idee, delle immagini... si è passati da una visione un po' da Cinema, in cui l'autore era chiuso nel proprio stanzino, produceva le storie e poi le pubblicava e ogni tanto, se era fortunato, arrivavano delle lettere, ma non sapeva nulla su come la sua storia veniva letta... Adesso c'è Facebook: ti insultano anche in tempo reale! L'effetto è molto frontale, spaventoso ma anche affascinante. Ho sentito persone andare dagli editori e dire "quest'immagine ha ricevuto 300 like su Facebook", come a dire che è giusta, che arriva... Per cui si tratta di uno strumento che ha portato il Fumetto - e quindi l'autore - come a Teatro: fai una cosa e vedi subito la reazione di quello che hai fatto. Questa è una forma molto interessante di apertura nei confronti del comunicare. Poi, come dice Fofi, non bisogna porsi troppi problemi sul comunicare ma su che cosa ho da comunicare. Ma questi sono altri discorsi. Però penso che oggi ci sia una dimensione utile e interessante nel raccontare. Nel mondo del Fumetto molto è poco interessante - così come nel mondo della Letteratura e del Cinema, anche lì molto è poco interessante - però sapendo "leggere" s'impara a scrivere e leggere bene... è una sorta di circolo. Negli anni '70 si diceva "io sono quello che mangio" e il concetto si può estendere all'ambito psichico e culturale.
A me Internet piace da morire. [G. Carpinteri]
Carpinteri: A me Internet piace da morire. Mi domando oggi come facevamo noi negli anni '80 senza uno strumento così. Uno strumento indispensabile anche solo per la documentazione. Io al tempo avevo lavorato per potermi comprare una moviola e una cinepresa. Per cosa? Per fare un film, direte voi. No, stavo davanti alla televisione e quando c'erano dei film in bianco e nero dei miei autori preferiti, come Hitchcock ed altri, riprendevo a scatto singolo la schermata a raffiche - aveva questa possibilità di farlo - per poi avere un documento sulla mia moviola come riferimento per disegnare. Stiamo parlando praticamente del Medioevo! Non c'era il computer ed io ero felicissimo di quella soluzione. Oggi è tutto molto, molto più facile. Si può accedere a storie altrui, a spunti altrui, a documentazione... un'infinità. Ed è tutto molto bello ma c'è il problema della dispersione: aumenta la possibilità di avere troppi stimoli. La musica la ascolti solo lì perché è gratis, non compri più il disco, ti scarichi il pdf... C'è tanta di quell'offerta e si tende - parlo di me come lettore, ascoltatore, fruitore - a dire "sì, interessante, magari lo rileggo, lo risento dopo" e non si fa come facevamo noi, da bimbi poveri del tempo, ad affezionarsi a quello che hai, a sentire quel disco, a leggere quel libro... traendo da quelle poche cose, rispetto a quelle che si possono avere oggi, il massimo di quel "frutto". Dando anche una possibilità a quel materiale di cui usufruivamo anche esagerata. A volte era più quello che mettevo io nell'opera come fruitore rispetto al valore dell'opera stessa. Voglio dire che era più facile concentrarsi su qualcosa. Come nascono i "miti"? Abbiamo passato un sacco di tempo a studiare le pagine dei fumetti di quei disegnatori che andavamo a cercare per le edicole... Oggi è più difficile formarsi un gusto perché forse è più difficile "fermarsi" su qualcosa.
Al tempo per dire c'era solo la Rai, oggi l'offerta televisiva è incredbile...
Igort: Come direbbe il mio filosofo preferito, ossia Lino Banfi, siamo telerincoglioniti...
Carpinteri: Un po sì... Questa è solo una riflessione così... anche per dire che a volte ci diciamo esperti di tutto perché abbiamo intravisto tutto... ma che ne dite di "vedere" una cosa? Di fermarsi? Non è una critica a voi, ma a me stesso. Il rischio è quello d'essere bombardati da segnali che ti dettano una scaletta d'acquisto, d'ascolto... Il bello della Rete è l'amplificazione del tam-tam, del passaparola... la recensione da parte dell'utente del locale, del film, del ristorante... Ma mi preoccupa molto il lato fruitore perché in una situazione molto ricca d'offerta, con un bombardamento eccessivo, questa riduce in noi le capacità di recepire, di sentire, di affezionarsi...
Un tempo c'erano le riviste che circolavano per casa e ti affezionavi ad un autore, ad una storia e poi andavi a comprare il libro. Oggi non ci sono più le riviste ma c'è molto di più... c'è Internet, la possibilità di spulciare di tutto, cogliendo però, spesso, solo dei brandelli di una realtà che forse varrebbe la pena d'essere maggiormente approfondita.
Avremo sempre bisogno di racconto. [Igort]
Igort: Io sono consolato dall'idea che comunque avremo sempre bisogno di racconto. Credo sia una componente dell'essere umano. Ed è un aspetto che mi interessa, che mi intriga, che mi stimola. Per cui, come dice Gabo, io voglio "vivere per raccontarla".
Carpinteri: Vi racconto un aneddoto, un evento interessante per la mia vita, legato a Polsi sottili, storia dell'epoca Valvoline ripubblicato dopo trent'anni da Coconino in queste settimane. In quel libro per la prima volta realizzavo una storia lunga, io che amavo le storie brevi per poter sempre cambiare ambientazione e personaggi... e avevo dato il ruolo da protagonista a una donna, Caterina Podom. Anche questo era anomalo perché i miei fumetti erano spesso "maschili", erano dei noir un po' patafisici, demenziali con un'ironia e un sarcasmo... e non prevedevano l'amore!
Invece per Alter Alter, per Valvoline mi ritrovai a fare una storia d'amore. La faccio breve... Io temo che il me stesso d'allora - il Giorgio ventitreenne, ventiquattrenne - stesse cercando la donna giusta, per cui da autore... me la disegnai, le diedi un carattere, un aspetto... delle caratteristiche precise, essendo l'autore facevo come mi pareva [sorride]. Le avevo dato un profilo, ai miei occhi, riconoscibile: avevo tirato fuori la ragazza per me ideale. E finito il libro, la cosa buffa e qui, ecco il potere magico del racconto... il racconto esisterà sempre e può creare dei piccoli miracoli... nel mio caso, qualche mese dopo, a Roma, in una circostanza del tutto fortuita, mi ritrovai a riconoscere, tra le persone con cui di lì a poco avrei dovuto lavorare in Rai, una ragazza che era esattamente Caterina Podom!
Igort: E sono ancora sposati dopo trent'anni.
Carpinteri: Lei - quando le dissi, timidamente, che forse io l'avevo evocata - ci ha creduto subito, riconoscendosi in determinati dettagli del personaggio, al punto da farsi fotografare da un'amica fotografa in una posa il più simile possibile a Caterina! E questa foto ora è nel libro.
Ed è bellissimo per un autore - o per noi tutti, se vogliamo crederci - pensare che quello che viene messo e creato sulla carta, a volte, può evocare delle cose belle... il potere delle storie, dell'Immaginazione...
Per cui... se vi dovete sposare o cercare l'anima gemella, il mio consiglio è... di mettervi a disegnare!
1 commento:
Lo young Lo Cicero - questo disegnato x Smokyland , sia ben chiaro, e non quello che pensa il cinque sia un numero perfetto, altrove - mi ha fatto pensare ad un De Sica sr di mezza età raggiunto sul set di una quelle commedie che il regista girava x ragioni " alimentari " , diciamo così ( noi siamo quel che mangiamo, De Sica era quello che si giocava alla roulette ) da un giornalista di classetulliokezicha. Il giornalista di classe eccetera chiese a De Sica come si intitolasse la pellicola ed il genio rispose: " Mi crede se le dico che non lo so ? ".
Igort ha finito una overdose di quaderni russo ucraini ed è il caso che ritrovi la gioia di un bimbo decenne che guarda la edicola ripiena di timbri napoletani su carta pulp che non puoi pulpeggiare a sbafo. Una storia noir come Sinatra , ma dedicata ad un altro singer. Un mediocre cantante che gira le balere e le fiere rifacendo il repertorio del primo De Sica ( okay, una tribute singer è anche nel lavoro di Iogrt con Carlotto, ma le notte sono sette ecc. ) e parla di amore alle varie Mariù di provincia in quegli anni in cui c'era Lui e ci si dava del voi, anche tra papà e figliolo. Il tizio non milita, non parteggia, come lo Straniero di Camus, ma solo perchè nulla ha ancora acceso la sua luccicanza. Si innamora della serva dai polsi sottili di un podestà. Scopre che è ebrea ed amante obtorto collo del podestà. Torce il collo del podestà. Scappa nel crepuscolo inseguito da una posse in orbace, ma si lascia raggiungere quando scopre che alla serva non serve un clone di un cantante dal sorriso smagliante e naso a becco. A volte, semplicemente le cose non vanno come dovrebbero andare. Sessanta tavole coconiche in tricromìa. Film di Kaurismäki con Bruno Ganz e Judith Henry. Partecipaz a Venezia, buon riscontro nelle sale.
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