lunedì 30 giugno 2014

Kevin O'Neill: la Lega, Alan Moore e Marshal Law

Stampa esclusiva di Nemo: Heart of Ice, realizzata per Gosh! da Kev O'Neill.
Ritornano le fumose interviste e... si prosegue, come consolidata tradizione, con gli artisti britannici.
Stavolta ospitiamo un disegnatore che non ha bisogno di grandi presentazioni: KEVIN O'NEILL, co-creatore di due "icone" del fumetto contemporaneo, La Lega degli Straordinari Gentlemen (con Alan Moore) e Marshal Law (con Patt Mills).
L'intervista - condotta da Matthew Meylikhov - è stata pubblicata nel mese di Maggio sul sito Multiversity Comics; viene tradotta in Italiano (con l'aiuto dell'amico B. Cephalus) e pubblicata nel seguito con il permesso di Meylikhov che ringrazio per la disponibilità. 
L'articolo originale, in Inglese, può essere letto qui. Buona lettura!
Illustrazione di Kevin O'Neill raffigurante i protagonisti del primo ciclo de La Lega.
Prima di cominciare, una cosa che mi piace chiedere la prima volta che parlo con [un fumettista] è: perché fai fumetti?
Kevin O'Neill: Perché? Beh, il fumetto riunisce tutti i miei interessi: animazione, design, effetti speciali, acrobazie e messa in scena, tutto in un'unica disciplina. E la cosa migliore è che puoi fare tutto questo con carta e penna, il che quando ero giovane lo rendeva l'unico modo finanziariamente accessibile per esprimermi artisticamente. Per un certo periodo ho provato a girare film in 8mm, ma i costi elevati e la frustrazione per la mia mancanza di risorse hanno stroncato i miei tentativi sul nascere. Inoltre ho frequentato una scuola cattolica molto severa, e i fumetti avevano un'aura di “proibito” che li rendeva ancora più attraenti. E anche un po' sovversivi.
Ancora, quando ero molto giovane, qualcuno nel cortile della scuola aveva una copia di una raccolta di MAD Magazine, una delle vecchie raccolte pubblicate dalla Ballantine. Vederla mi ha fatto veramente venir voglia di disegnare fumetti. Credo fosse la cosa più incredibile che avessi mai visto fino a quel momento. Dovevo avere nove o dieci anni, credo.

Guardando la Lega o anche Marshal Law, molti dei tuoi disegni sono basati sulla cultura pop, con riferimenti a film, serie TV, libri o fatti storici. Come hai fatto a sviluppare questo tuo modo di dar vita a un personaggio che non è “tuo” in uno stile che chiaramente lo è?
Credo che per la mia generazione, non si possa non considerare l'influenza di MAD. Ha avuto un effetto davvero profondo su di noi. Alan Moore, Dave Gibbons, tutti noi ne siamo stati influenzati, e tutti abbiamo più o meno la stessa età. Siamo cresciuti negli anni cinquanta e primi anni sessanta, era un periodo molto ricco per la cultura pop.
Le mie influenze sono state un po' eclettiche, in realtà. Ero un grande fan di Famous Monsters of Filmland. Ricordo che mio padre mi disse di aver visto il primo King Kong quando era uscito nel 1933. Ricordo come ne parlava e mi sembrava il film più spettacolare del mondo. Ne avevo visto immagini e fotogrammi su Famous Monsters, e a un certo punto lo trasmisero in TV. I miei genitori mi diedero il permesso di stare alzato fino a tardi per vederlo. E così, cose come la messa in scena di King Kong, e anche i film di Harryhausen... Ero un grande fan di queste cose. Saltando un po' più avanti, quando avevo poco meno di vent'anni feci una fanzine chiamata Just Imagine che era interamente dedicata agli effetti speciali, dato che quello era il mio principale interesse. Sapevo che Ray Harryhausen viveva a Londra perché avevo visto una sua intervista alla TV, così cercai il suo numero sull'elenco telefonico. Era l'unico Harryhausen in tutta Londra. [Ride.] Così lo chiamai di punto in bianco, ed era una persona squisita. La sua formazione era molto simile alla mia. Anche lui era un fan.
Credo che questo ti rimanga un po' addosso, l'entusiasmo che qualcun altro ti dimostra. Non tutti erano come lui nell'ambiente, le poche persone che ho conosciuto nell'industria cinematografica non erano affatto così. Stavo pensando a questo l'altro giorno; c'era un documentario sul lavoro di Ray, e  guardando ai miei lavori, si vedeva che a modo mio avevo assorbito e rielaborato molta della messa in scena di quei film. È quasi una messa in scena con stop-motion, pittura su vetro, miniature. Riguardando quei film, ho visto il modo in cui mi avevano influenzato e avevano avuto un profondo effetto su di me.
C'erano tanti grandi personaggi in quel periodo, quando sono cresciuto. Era un'epoca stupefacente per la cultura pop. E la cultura pop all'epoca era davvero popolare, ben pochi la prendevano sul serio. Feci una fanzine sugli effetti speciali perché non potevo semplicemente uscire e comprare un libro sull'argomento, sai? Così iniziai a fare qualcosa per conto mio e a distribuirlo, a incontrare gente e spargere informazioni su chi era quella gente e cosa faceva.
Credo di essermi dilungato un po' troppo. [Ride.] 
Una tavola da La Lega degli Straordinary Gentleman: Century - 1969.
No no, va benissimo! Saltando a tempi più recenti, Century sta per essere pubblicata in volume per la prima volta negli Stati Uniti. Mi chiedevo, riguardandolo oggi, dato che è stato un lavoro enorme, che si è espanso in modo quasi incontrollato, per te ed Alan, come lo vedi oggi in confronto alle altre tue storie della serie su Nemo?
È una domanda interessante, perché ho appena finito di leggere una copia di prova del volume. Mi sono seduto e ho letto i tre capitoli uno dopo l'altro per la prima volta dopo un paio d'anni, e ho trovato molto più rilassante rileggerli ora di quanto sia stato lavorarci. Il primo è stato divertente, perché era ancora abbastanza vicino all'epoca vittoriana da darmi sicurezza. Ma quando siamo passati al 1969, che è un passato relativamente recente... Una volta che inizi a coinvolgere tanti lavori di fiction, ci sono tantissime cose fra cui scegliere per quel periodo, e abbiamo dovuto affrontare diversi problemi per decidere cosa potevamo e cosa non potevamo usare. Ricordo che è stato molto difficile, probabilmente è stato il più faticoso di tutti gli episodi della Lega. 2009 è stato un po' più facile, perché è praticamente il nostro mondo, non so se mi spiego.
Ma quando stavamo lavorando sul 1969, è stato interessante. Tutte le immagini di repertorio che si vedono spesso, il look alla Austin Powers, erano solo una piccola parte della realtà. Il resto di Londra era ancora un po' come negli anni ‘50 o ‘40; molti danni dei bombardamenti, molte cicatrici. Volevamo rendere quelle impressioni. E c'era una gran quantità di materiale tratto dalla fiction che potevamo inserire. Ricordo che è stato un lavoro molto duro, specialmente perché l'abbiamo fatto subito dopo il Black Dossier, e il Black Dossier è stato un momento di completa follia. Una cosa pazzesca che è cresciuta in modo imprevedibile rispetto a ciò che era all'inizio, cioè un libretto di 48 pagine; non era nostra intenzione farne un grande progetto.
Passando da Century a Nemo, semplicemente dissi ad Alan che sarebbe stato bello allontanarsi da Londra e dalla Gran Bretagna, e girare un po’ per il mondo. Ecco perché abbiamo cambiato obiettivo prima di tornare alla Lega, il che avverrà dopo l'ultimo Nemo a cui sto lavorando.

Una curiosità: Century è pieno di citazioni, comparsate, riferimenti e cose del genere, nel corso di tutti e tre gli albi, come è stato evidenziato e annotato da gente come Jess Nevins. In che modo collaborate tu ed Alan quando inserite questi piccoli riferimenti? Suppongo che non sia lui ad inserire ogni singola citazione nella sceneggiatura; qual è il tuo contributo nel modellare questi mondi come ti piace?
Ho un certo grado di libertà in queste cose. Credo che tutto sia iniziato nella prima serie della Lega, con un piccolo riferimento a Charles Dickens, e alcuni vecchi personaggi a fumetti dell'epoca vittoriana. Ricordo che ne abbiamo parlato e abbiamo pensato “beh, visto che abbiamo una scena con un'edicola, non sarebbe male se tutte le pubblicazioni fossero riviste di finzione tratte da varie origini”... e da lì è partita la strada per la perdizione, in realtà. Una volta iniziato, Alan ha continuato a inserire riferimenti e tanta altra roba del genere, e col proseguire della storia, ogni volta che c'è una scena in una strada o un'edicola o una vetrina o l'insegna di un negozio. Ed io ho visto un'enorme quantità di film nel corso degli anni, inclusi alcuni davvero brutti, ma tutti hanno qualche nome di imprese e aziende di fantasia, ed io ne prendo nota perché un giorno potrebbero tornare utili.
L'idea generale è che si può leggere la storia e non importa se non si riconosce il nome del negozio sullo sfondo; è solo un negozio. Ma se lo riconosci, è più divertente. Cambia l'impressione generale del mondo; è un costrutto di pura finzione per quanto umanamente possibile. Usiamo agenzie di viaggio fittizie, ogni cosa ha origine nella fiction. Più ci avviciniamo ai nostri giorni, più diventa difficile e dispendioso in termini di tempo. C'è molto di più da usare. Ma quando si guarda ogni oggetto, ogni automobile, ogni cosa, sarebbe bello riuscire a fare una connessione con qualche opera di finzione. Che sia un film, una serie TV, una rivista, o qualcos'altro.
So che ci sono state critiche già all'inizio, qualcuno si è lamentato che per lui la storia stava diventando una specie di Dov'è Wally? È necessario cogliere tutti questi riferimenti per apprezzare la storia? No, questa non è mai stata la nostra intenzione. È solo una decorazione, una finitura che dà spessore e profondità alle scene.

E immagino che sia diventato faticoso dopo un po', specialmente con 2009. Quello sembra l'episodio con il maggior numero di riferimenti che si possono cogliere anche senza aver studiato la storia e la letteratura di certi periodi.
Sì avrei detto la stessa cosa. Per me, 1969 è stato il più difficile perché c'erano tantissime cose che avremmo potuto usare, ma entrambi gli episodi hanno richiesto molto tempo. Ormai ci siamo allontanati molto dallo scenario di partenza del “gruppo di supereroi vittoriani”. Le storie sono diventate molto più cupe. In un certo senso, ancora una volta, Nemo è stato un modo per prendere una pausa, per ripartire con quest'altro personaggio, Janni del 1910. Proseguire per un po' con uno stile diverso. Il prossimo volume della Lega, ne stiamo parlando proprio adesso, sarà un altro grande progetto. Realizzare due grandi progetti del genere uno dopo l'altro mi ha già quasi ucciso in precedenza. [Ride.] 
Una spettacolare tavola da Nemo: Cuore di Ghiaccio.
Riguardo alle storie di Nemo, una cosa che ho trovato interessante nelle due che abbiamo visto finora è che mi sembrano più “concentrate”, nei termini di ciò che ruota attorno ad ogni storia. Non è un'epoca intera, quindi non sono coinvolti molti riferimenti, ma il primo volume è molto Lovecraftiano, e il secondo è influenzato da Fritz Lang. Ovviamente tu sei un appassionato di queste cose, ma che genere di ricerche sono necessarie per portare tutte queste idee di Lovecraft o Lang insieme in un unico luogo?
Alan è un grandissimo appassionato di Lovecraft, e la mia prima illustrazione mai pubblicata è stata su una fanzine su Lovecraft nei primi anni 70. Io ho letto Lovecraft, e stavo per dire che disegnare Lovecraft non è stato un problema... ma in realtà Lovecraft è un problema. Lovecraft funziona benissimo nella mente, ma disegnare gli orrori innominabili e inimmaginabili è sempre una sfida. È sempre un problema riuscire a trasportarli sulla carta. Ho trovato le Montagne della Follia, la città in rovina, una sfida incredibilmente affascinante per cercare di fare qualcosa che riuscisse almeno a suggerire al lettore ciò che Lovecraft intendeva.
Quanto ai film di Fritz Lang e al cinema tedesco, è sempre stato un mio interesse, e credo lo sia anche per Alan. Non è stato un grande sforzo. È stato molto divertente lavorare con quel materiale. Suppongo che in queste storie siamo di nuovo sulla via dell'avventura, dato che non sono ambientati nella Gran Bretagna contemporanea; è diventata un po' una grande avventura, che è divertente da disegnare. Posso fare un sacco di grandi scene, è una serie più spettacolare rispetto a quello che abbiamo fatto ultimamente nella Lega. Sono circa a metà dell'ultimo ora, e sta andando davvero bene. È un’altra grande storia.
Il pubblico è meraviglioso, comunque. Il pubblico continua a seguirci.

Ovviamente io, come lettore e fan, posso leggere Nemo e Century e fare un confronto rilevando le intrinseche differenze. Ma per te, come co-creatore della serie e disegnatore delle storie, c’è stato qualcosa in particolare che hai fatto nella realizzazione delle storie di Nemo rispetto a quanto fatto con Century e i precedenti albi della Lega?
Negli albi di Nemo c’è molto più spazio per giocare con le immagini. Ad esempio, più doppie tavole. In 2009 non c’era nessuna doppia: era molto, molto condensato e aveva una lunghezza di 72 pagine. Gli albi di Nemo sono di 48 tavole ma c’è molto spazio per i disegni. C’è un bel po’ di spazio per respirare. Mi piace il personaggio di Janni e la sua relazione con Broad Arrow Jack. È in qualche modo simile a quella tra Mina e Quartermain, per cui c’è una dinamica interessante. Mi piace inoltre il fatto che si occupi di argomenti che non avremmo mai trattato se avessimo subito realizzato un’altra storia della Lega.
Janni è comparsa per la prima volta in 1910 ma non l’avevamo vista in azione e io l’avevo trovata una personaggio davvero interessante.

Con i libri su Nemo, è la seconda volta che scegliete di raccontare una storia come trilogia. Century era una trilogia, Nemo è una trilogia. Per il tipo di storia che volete raccontare c’è qualcosa di particolarmente efficace rispetto al formato di miniserie in sei albi che avete usato per i primi due libri della Lega?
Inizialmente pensavamo di fare un solo albo di Nemo e poi passare a fare un western. Avevamo parlato di una storia western con protagonista Orlando ma penso che la trilogia sia una soluzione tipica di Alan. Credo sia un istinto naturale di Alan… fare un’altra storia su Janni. Aveva un’idea nella sua testa per un arco narrativo sul personaggio che si è trasformato in una trilogia. Così la seguiamo sin dalla giovane età fino all’ultimo volume in cui è vecchia, la sua “missione finale”. 
Moore e O'Neill in un'illustrazione dello stesso O'Neill.
Il prossimo libro s’intitolerà River of Ghosts e hai detto che sei circa a metà nel disegnarlo. Non so quanto tu possa rivelare della storia al momento ma sarei negligente se non provassi a chiedertelo…
Beh, penso che abbiamo già detto che è ambientata in Sud America nel 1975 per cui Janni è davvero, davvero vecchia. È difficile dire di più dal momento che sono libri molto brevi e aggiungere altro rivelerebbe troppo. Per cui, sì, anni ’70 e Sud America. [Ride.] È una storia davvero sopra le righe. La più pazza tra le tre. Ci stiamo divertendo un mondo. Stiamo procedendo davvero bene ed è un buon segno. Penso che questa volta Alan sia rimasto sorpreso dal fatto che sto tenendo il ritmo delle sue sceneggiature: un fatto inusuale, a dir poco.
È fantastico. Dopo aver fatto una storia Lovecraftiana, una durante la II Guerra Mondiale ed ora una nella giungla sudamericana, abbiamo coperto tutte le basi della narrazione d’avventura.

Non so se sto curiosando troppo ma nei due libri precedenti era evidente un chiaro riferimento narrativo, in questa nuova storia qual è? O è troppo presto per dirlo?
Probabilmente un po’ troppo presto per dirlo. Il 1975 è un anno interessante. Stavo giusto facendo un po’ di lavoro preparatorio per il resto del libro. È stato un periodo curioso, la metà degli anni ’70.

Guardando oltre il libro su Nemo, cosa pensate di fare? Avete in programma altre storie della Lega oppure stavate pensando di fare un altro volume al di fuori di quell’ “universo”?
Al momento il piano è di realizzare un'altra storia della Lega, una volta finito con Nemo. Un’avventura di grandi proporzioni. Torneremo di nuovo con Mina. Non posso dire molto di più, se non che l’ho rimandata da un po’. È una storia che sarà molto, molto complicata. Una storia molto densa. Ecco quello che stiamo pianificando. Ci vorranno un paio d’anni per completarla. Di solito non faccio piani a così lunga gittata. [Ride.]
Sarà interessante tornare a lavorare sulla Lega, soprattutto dopo aver fatto questi libri. Come dice Alan, abbiamo pulito la nostra tavolozza, ci siamo ricaricati per tornare rinvigoriti. 
Copertina realizzata per l'ominibus di Marshal Law.
E, prima di concludere, una cosa di cui voglio davvero parlare (che non ha nulla a che fare con la Lega e nulla a che fare con Nemo): circa un anno fa la DC ha pubblicato un volumone con le storie di Marshal Law, ed è stata la prima volta che ho potuto mettere mano su una copia cartacea di Marshal Law. Sono un fan della prima ora della Lega ma Marshal Law rappresenta un aspetto totalmente diverso del tipo di lavoro di cui sei capace e ti piace fare. Nell’introduzione al volume Jonathan Ross parla del periodo in cui il fumetto fu realizzato ma io posso solo immaginare vedendo il libro, rivedendo di nuovo le storie… come ti sei sentito nel rivedere Marshal Law dopo tutto questo tempo?
È stato molto, molto strano! Stavo riguardando soprattutto alcune delle ultime storie e pensavo che probabilmente avremmo molti più problemi nel farle oggi di quanti ne avemmo al tempo. Sembra straordinariamente sopra le righe. Avevo dimenticato quanto eravamo fuori di testa. Non abbiamo mai avuto molti problemi, difficilmente abbiamo apportato qualche modifica in centinaia e centinaia di pagine. C’è stato il crossover con The Mask in cui hanno cambiato una parola o qualcosa sull’insegna di un negozio, ma non abbiamo mai avuto problemi… e più ci spingevamo, più volevamo andare oltre. Per cui ci siamo spinti fino a dove abbiamo potuto e… beh…
Ricordi il periodo in cui la Marvel stava distribuendo i propri fumetti? E facevano cover variant, copertine in rilievo e dio sa che altro, e improvvisamente l'intero mercato è crollato? Pat e io, stavamo facendo degli incontri promozionali per Marshal Law e attraversando l'America, e le fumetterie chiudevamo mentre passavamo da Stato a Stato. Le fumetterie chiudevano per una serie di motivi. E all'improvviso, è stato molto difficile far pubblicare Marshal Law, proprio a causa della situazione economica. In realtà è stato il vero motivo per cui ero disponibile per disegnare la Lega; Pat stava lavorando in Francia, io disegnavo dei fill-in per la DC, e questo mi ha portato a lavorare sula Lega insieme ad Alan. Voglio dire, altrimenti probabilmente avremmo continuato a fare Marshal Law, e dio sa come sarebbe finita.
Ma ci siamo divertiti tantissimo, e tutto è iniziato con MAD e poi ci siamo spinti sempre più in là. Dal momento che Pat non è cresciuto con supereroi, da ragazzino non leggeva per nulla i fumetti di supereroi, per lui era tutto nuovo. Li guardava con occhi nuovi. Avevamo pianificato storie con anni d’anticipo, avevano un sacco di storie da raccontare. Ma ha avuto il suo momento in quel periodo e all’improvviso era finito.
Penso che sia bello che quelle storie siano state raccolte in questo nuovo volume. Credo che la gente se ne fosse completamente dimenticata. È andato fuori dai radar di gran parte delle persone. Aveva i suoi seguaci, certamente, e abbiamo incontrato persone interessanti e strane durante le Convention, molti con tatuaggi e piercing. 
Una pagina da Marshal Law. Disegni: Kev O'Neill; testi: Pat Mills.
Non penso che ritornerai a fare Marshal Law, a parte questa raccolta e le nuove copertine…
No, è una questione di tempo, davvero. La DC ci aveva chiesto se volessimo fare qualcosa di nuovo ma occorre trovare il tempo. Inoltre so come siamo fatti, quanto lontano ci spingeremmo, e odierei… No, non ne farei una versione edulcorata rispetto a quella originale.
Penso che quello che piaceva alla gente era che Marshal Law fosse eccessivo, selvaggio e senza freni, in un certo senso. È probabilmente la roba più roboante che abbia mai fatto. In alcune storie siamo andati piuttosto veloci, forse troppo veloci ma per la maggior parte abbiamo centrato l’obiettivo. Abbiamo ottenuto il massimo da quel fumetto. Penso che stavamo nuotando contro corrente..
Sono contento della raccolta. So che per Natale uscirà il volume in versione brossura e in questo modo probabilmente raggiungerà un pubblico più ampio. Mi sono divertito a fare la copertina, mi ha fatto piacere rivedere quelle storie… hanno fatto un lavoro fantastico nel raccogliere tutto e realizzare il volume.


Le interviste precedenti:

lunedì 16 giugno 2014

opinioni sul fare fumetti... [5]

Nel seguito qualche pensiero in ordine sparso.

Uno degli eventi recenti più importanti, nel panorama fumettistico Italiano, spesso ingessato, è stato il sorprendente e roboante successo del crowdfunding di Lùmina, il progetto proposto da Emanuele Tenderini e Linda Cavallini, due autori noti e con una carriera di tutto rispetto ma non certo (spero di non "offendere" nessuno) delle famose super-star.
Lùmina - un fumetto che punta molto sul colore come elemento vincente e mescola fantasy e fantascienza, con un forte richiamo alle atmosfere di Miyazaki - ha raccolto, tramite la piattaforma Indiegogo - in circa un mese e mezzo (dal 13 Aprile al 31 Maggio) - poco meno di 60mila euro sui 44mila richiesti ad inizio della raccolta fondi.
Il volume verrà prodotto in Italiano, Inglese e Francese e sarà "consegnato" ai sostenitori del crowdfunding, secondo le previsioni, in digitale nel mese di Gennaio 2015 e in versione cartacea, stampata in esacromia, a Febbraio del prossimo anno.
Le ragioni del successo sono varie - lungi da me essere in grado di individuarle ed analizzarle tutte - ma non si può non evidenziare la freschezza e la qualità della proposta del progetto, il suo respiro internazionale unito all'eccellente campagna di promozione operata sul Web e attraverso i social network. Il risultato netto è quello di indicare agli autori e fumettisti Italiani un'altra possibile via per concretizzare le proprie idee, al di là del rapporto di "collaborazione" con un editore - tradizionale o meno - e dell'auto-produzione. Non sono mancate - ovviamente - le "polemiche", di cui confesso mi è sfuggito il motivo oggettivo se non rintracciarlo in un sentimento molto umano ma poco nobile denominato invidia, ma potrei sbagliarmi.
Una tavola da Lùmina di Emanuele Tenderini e Linda Cavallini.
Da parte mia ho seguito il crowdfunding di Lùmina con un interesse focalizzato sull'operazione di "editoria diretta" operata da parte degli autori, augurandomene il successo per le ragioni sopra esposte ma confesso di non essere stato particolarmente attratto dal fumetto in sé... direbbero gli inglesi: "it's not my cup of tea." Per cui il mio contributo - "tardivo", poiché a risultato ottenuto - di 5 euro è stato solo un doveroso sostegno all'iniziativa e un modo per garantirmi la visione in digitale dell'opera e soddisfare così la mia curiosità (non certo "morbosa") verso il fumetto.
Insomma aspettiamo il 2015 sperando che nel frattempo qualche altro autore Italiano segua le orme di Tenderini e Cavallini replicandone il successo e contribuendo - per il Fumetto - a fare "massa critica" rispetto alla possibilità concreta del crowdfunding .
La copertina del nuovo libro di Ratigher.
Un'altra risposta arriva da Ratigher, tra i più fulgidi talenti degli ultimi anni (non a caso tra gli autori impegnati nel ridare nuova linfa a Dylan Dog, l'icona del Fumetto popolare italiano) che ha deciso di mettere in vendita il suo nuovo libro - dallo splendido titolo in stile Lina Wertmüller, Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra. - solo per il mese di Giugno attraverso un sito realizzato ad hoc, prima o mai.

In un intervista per il sito Fumettologica, Ratigher ha spiegato le ragioni di questa sua particolare scelta. 
Fumettologica: Perché hai preferito la “vendita diretta” rispetto al crowdfunding, che ultimamente sembra andare per la maggiore? Ratigher: Per due motivi, uno tecnico e uno di indole. Dal punto di vista tecnico il mio progetto non credo sia da crowdfunding, uno strumento che penso dia il meglio su idee veramente difficili da realizzare o che abbiano aspetti particolarmente sperimentali o bizzarri come fulcro. Per quanto riguarda la mia indole, non riesco ad esimermi dal rischio quando mi propongo come autore. È il mio sport estremo, faccio i fumetti puntando al massimo effetto, con il dogma di evitare sempre di compiacere chiunque. [...]
Illustrazione di Ratigher.
Perché la scelta di correre da solo e non con un editore come in passato?
Non è o soli o con l’editore. Sto correndo anche con un editore, più precisamente sto realizzando una graphic novel per i tipi di Canicola, ed è una collaborazione stimolante ed avvincente. Sono convinto però che non è più tempo per un’unica strategia da parte degli autori, bisogna diversificare ed ibridare le tecniche di produzione e cercare di correggere le storture, affinando più sistemi rispetto al tentativo di renderne uno solo perfetto. Il metodo PRIMA O MAI, che adotto in questo caso, cerca di correggere la cronica mancanza di guadagni delle produzioni meno mainstream, ma non è certo l’ottimo per quanto concerne la diffusione dei miei fumetti. [...] Voglio percorrere tutte le strade che riesco ad inventarmi e tutte quelle in cui mi invitino.

Hai rifiutato per caso qualche contratto con editori importanti?
No, questo progetto è nato per ottenere quello che nemmeno Mondadori (nome grande a caso) può dare.

E dal sito: "Il metodo PRIMA O MAI è un esperimento volto a scoprire se sia possibile poter avere maggiori soddisfazioni economiche offrendo ai lettori l'emozione di un libro esclusivo."

Che fate ancora qui? Correte su PRIMA O MAI e acquistate la vostra copia. Giugno non dura per sempre!
Steranko guarda Kirby disegnare.
E visto che quest'anno ricorre il 75esimo anniversario della creazione di Batman, chiudo con un gustoso aneddoto che coinvolge l'immenso Jim Steranko e Bob Kane. Aneddoto, presumibilmente autentico, raccontato nel 2013 dall'account Twitter @iamsteranko. Potete leggere il tutto qui.

Nel libro The Steranko History of Comics, l'indimenticato e indimenticabile autore di Nick Fury: Who Is Scorpio?, aveva scritto che Kane aveva goduto di troppi onori circa la creazione dell'Uomo Pipistrello, dichiarando che un contributo fondamentale nella definizione del personaggio e del suo universo narrativo era stato dato da Jerry Robinson e Bill Finger. L'indicazione ufficiale di Kane quale unico creatore di Batman era dovuta a mere ragioni legali e contrattuali.
Bene, durante una San Diego Con di qualche anno fa (direi qualche decennio fa), tenutasi in un hotel, Bob Kane e Steranko si incontrarono per la prima volta e Kane colse subito l'occasione per rimproverare al mitico Jim - di fronte a diverse persone - proprio quel passaggio del suo volume. Mentre il gruppo aspettava un ascensore, proprio appena questo arrivò, Kane si precipitò dentro non prima d'aver salutato Steranko con un "Ci vediamo dopo, Jim, baby" accompagnato da una serie di schiaffetti sul viso dell'autore. Le porte dell'ascensore si chiusero, lasciando Steranko interdetto e schiumante di rabbia di fronte a un gesto simile da parte, sostanzialmente, di uno sconosciuto.
Ma la cosa non si chiuse lì. Il giorno dopo Steranko andò in cerca di Kane e verso mezzogiorno riuscì a trovarlo, in mezzo ad un altro gruppo. Si avvicinò e... "Che piacere rivederti, Bob, baby", disse, per poi affibbiargli un bello schiaffone in pieno viso. "Ma stavolta non c'era una porta d'ascensore che si chiudeva a separaci. Rimasi lì per circa 15 secondi, aspettando. Non reagì. 
Mi girai e me ne andai. Ma ora ho dei rimpianti. Rimpiango che non abbia reagito, anche se era un bel po' più alto di me. Non mi sarebbe importato di sanguinare un po' per avere l'opportunità di dare a Kane quel tipo di lezione in perfetto stile Batman che Finger, Robinson, Sprang e tanti altri hanno solo potuto sognare."
Uno splendido Batman firmato... Steranko!
E ora, visto il tempo... tutti al mare e... Buon Fumetto a tutti!
See you soon, alligators!

lunedì 9 giugno 2014

recensioni in 4 parole [17]

Topolino N. 3054
Omaggi per Paolino ottantenne.
Astro City N. 12
Quando il lupo chiama.
Celeste
Ipnotica, strampalata, intrigante lettura.
Historie N.1
Quante storie nella Storia.
*********

Abbiamo detto 4 parole su:
Topolino N. 3054
di AA.VV.
Editore: Panini Comics
Formato: brossurato, 162 pagine, colore
Prezzo: € 2,40
Anno di pubblicazione: 2014
Per qualche parola in più: QUI e QUI.

Astro City N. 12 (in Inglese)
di Kurt Busiek (testi) e Graham Nolan (disegni)
Copertina: Alex Ross
Editore: Vertigo/DC Comics
Formato: spillato, 32 pagine, colore
Prezzo:  $ 3,99
Anno di pubblicazione: 2014
Per qualche parola in più: QUI e QUI (in Inglese)

Celeste (in Inglese)
di I.N.J. Culbard
Editore: SelfMadeHero
Formato: cartonato, 200 pagine, colore
Prezzo:  $ 24,95
Anno di pubblicazione: 2014
Per qualche parola in più: QUI. (in Inglese)

di Hitoshi Iwaaki
Editore: J-Pop
Formato: brossurato, b/n + colore
Prezzo: € 5,90
Anno di pubblicazione: 2014
Per qualche parola in più: QUI.

sabato 31 maggio 2014

Peter Hogan: da Tom Strong a ELECTRICOMICS

Copertina di Tom Strong and the Planet of Peril N. 1. Matite: C. Sprouse; chine: K. Story; colori: J. Bellaire
Nel seguito potete leggere un'intervista allo sceneggiatore Inglese PETER HOGAN, autore con una carriera pluri-decennale, noto in Italia soprattutto per la collaborazione con Alan Moore sulla linea ABC e per le sue storie di Tom Strong.
Nei giorni scorsi è stata annunciata la sua partecipazione a Electricomics, il più recente progetto di Moore

L'intervista è stata condotta via email durante i mesi di Aprile e Maggio; può essere letta in lingua originale su Alan Moore World.
La bibliografia di Peter Hogan su The Comic Book Database: qui.
Peter Hogan.
Tom Strong è l’unico “superstite” della linea ABC ideata da Alan Moore. Avevi scritto alcuni numeri della serie originale creata da Moore e dal disegnatore Chris Sprouse, collaborato con Moore alla scrittura delle miniserie su Terra Obscura e poi, alla chiusura dall’etichetta nel 2006, sei diventato lo sceneggiatore della serie realizzando le mini Tom Strong e I Robot della Morte e la recente Tom Strong and The Planet of Peril.
Che cosa trovi d’interessante in Tom Strong? Personalmente penso sia un mix quasi perfetto di classico e moderno, e anche un ottimo mezzo per raccontare l’avventura in modo piacevole e, al contempo, intelligente.
Sì, sono d’accordo. Tom è un ottimo personaggio, con un eccellente cast di comprimari. Molti colgono i legami con la letteratura pulp ma per me Tom è piuttosto un personaggio dei fumetti della Silver Age. Ha quel tipo di purezza e, qualsiasi cosa il mondo moderno gli lanci contro… non dico che non abbia alcun effetto su di lui, ma è capace di gestirla.

Penso che anche la famiglia di Tom Strong giochi un ruolo importante nelle sue storie, per la dinamica dei loro rapporti. Qual è il tuo approccio riguardo quest’aspetto? Sono curioso come lettore e interessato a comprendere meglio il “processo creativo”: in quale modo tu, come scrittore, ti avvicini e gestisci questo specifico personaggio e… i personaggi, in generale?
Beh, l’elemento interessante di Tom e del suo mondo è che ha una scala molto umana. C’è una continuity da gestire, c’è un complesso intreccio di relazioni e un bel po’ di personaggi di cui tenere conto ma… è tutto gestibile per cui è possibile scrivere storie coinvolgenti e dinamiche. Penso che il motivo per cui gli enormi universi supereroici si sono drasticamente rovinati è che si sono strangolati con la loro stessa continuity. C’è una forza e un’eleganza nella semplicità, un qualcosa che possedevano un tempo ma che non hanno più, oramai.
Riguardo a come funzioni la dinamica dei personaggi, la risposta non è facile perché non la comprendo appieno neppure io. Voglio dire, puoi scrivere in maniera logica quello che dovrebbe succedere, quello che ti piacerebbe succedesse ma… i personaggi potrebbero non essere d’accordo. È un aspetto dello scrivere che probabilmente sembra pretestuoso per una persona non coinvolta, ma è assolutamente vero. I personaggi dicono e fanno cose che ti sorprendono e deliziano, e che si tratti dell’opera del tuo stesso subconscio o che tu agisca da canale di comunicazione per qualcosa che proviene dall’Etere… chi può saperlo? Ma è davvero così che funziona.
Un cattivo scrittore è colui che non riesce a mettere il proprio ego da parte e non permette che un simile processo accada, di conseguenza i suoi personaggi tendono con l’essere bi-dimensionali.
Copertina variant realizzata da J.H Williams III per Tom Strong e I Robot della Morte N.1.
Storie basate sui personaggi contro storie basate sulla trama: come scrittore quale opzione preferisci? Ma forse non è una domanda corretta e dipende da caso a caso...
In realtà non penso in questi termini: qualsiasi cosa tu stia facendo hai bisogno di buoni personaggi e di una buona storia. Ma ricordo che una volta Neil Gaiman ha definito la “trama” come qualcosa che spinge il lettore a girare pagina e ad andare avanti e che, raggiunta la fine, non lo lascia con la sensazione d’essere stato preso in giro. Ed è una definizione che mi sta bene. Per cui la “trama” può essere un concetto piuttosto vago ma di sicuro non si può fare a meno dei buoni personaggi.

Tornando a parlare di Tom Strong, un altro elemento chiave della serie è… il “sense of wonder”, spesso con un gusto che rimanda alla fantascienza classica. Quali sono i tuoi riferimenti o le tue influenze, o semplici interessi, sull’argomento?
Beh, sono solo sei mesi più giovane di Alan per cui, parlando in generale, abbiamo le stesse influenze. Siamo cresciuti con gli stessi fumetti, film e libri e… credo che per quasi tutti gli anni ’60 la fantascienza abbia, in gran parte, proposto una visione positiva e ottimistica, in cui il futuro veniva percepito come un insieme di luminose possibilità. Credo ci siano degli echi di tutto questo in Tom Strong ma filtrati attraverso una sensibilità moderna. Ma sarebbe impossibile fare diversamente. Sarebbe come cercare di fare al giorno d’oggi un film nello stile di Frank Capra: è molto, molto difficile perché il mondo moderno non è innocente come lo era negli anni ’30 e occorre tenerne conto. Si PUÒ fare - un buon esempio è Ricomincio da capo – ma è difficile.
Matite di Chris Sprouse, chine di Karl Story. Da Tom Strong e I Robot della Morte N.4, pagina 3.
Stiamo parlando di fumetti e questo, ovviamente, significa… disegno e storytelling. Per cui cosa puoi dirci sulla tua collaborazione con Chris Sprouse, il disegnatore e co-creatore di Tom Strong? Personalmente penso che lo stile di Sprouse sia perfetto per la serie essendo capace di ricreare un’atmosfera da fantascienza classica per la città, l’architettura, le macchine e… allo stesso tempo, riesce a far recitare i personaggi con grande naturalezza.
Concordo. Tom è il “figlio” di Chris e lo disegna meglio di chiunque altro. Per me questo è una gioia perché Chris fa sempre quello che serve e posso semplicemente fidarmi di lui. Fortunatamente Chris ha la stessa opinione di me! Quando la Wildstrom mi chiese di rilanciare Tom per la miserie sui “Robot della morte”, non c’era alcuna certezza che Chris avrebbe potuto disegnarla, ma sono davvero molto contento che l’abbia fatto.
Inoltre penso che Chris sarebbe felice se potesse disegnare Tom per sempre. Per quello che mi riguarda ho idee per almeno due altri archi narrativi, per cui… spero solo che ci diano l’okay per farlo.

Ora Tom Strong è passato sotto l’etichetta Vertigo: ci sono state delle ricadute sul personaggio e sul modo in cui gestire le sue storie?
Assolutamente no. Si è trattato solo di un cambio di marchio editoriale. Ora il nostro editor è Kristy Quinn che è stata l’assistant editor di tutti i titoli ABC. Penso davvero che sia un peccato non mantenere il nome ABC, semplicemente perché… ma è stata una loro scelta. Probabilmente hanno pensato che non si potesse avere una linea di fumetti rappresentata da una sola serie.
Matite di Chris Sprouse per la copertina di Tom Strong and The Planet of Peril N.3.
Planet of Peril è ancora inedito in Italia. Ho letto gli albi in lingua originale ma non voglio rivelare nulla della storia… puoi dirci tu qualcosa in merito?
Tutto è scaturito dal fatto che l’ultima volta che abbiamo visto Tesla in I Robot della Morte aveva appena annunciato d’essere incinta. E ho pensato che fosse una cosa bella da fare, far diventare Tom nonno - e, fatto curioso, in quello stesso periodo anche Alan è diventato nonno! A ogni modo, quando ho iniziato a pensare a un seguito per quella storia mi è venuto in mente che la gravidanza avrebbe potuto essere una situazione pericolosa per Tesla, dal momento che suo marito è un “essere di fuoco”. Avrebbe potuto rischiare la vita.
Per cui che cosa potrebbe salvarla? E sono giunto alla stessa conclusione che trae Tom nella storia e lo porta a viaggiare fino a Terra Obscura. E dal momento che volevo tornarci comunque e che avevo così la possibilità di farlo, ne ero stra-contento. Ma si tratta di una storia molto dark perché Terra Obscura si trova nel mezzo di un’incredibile crisi che ha causato la morte di milioni di persone. Non c’è un “cattivo” da sconfiggere e, di fatto, si tratta di una storia sulla morte e su come le persone l’affrontano. I lettori che si aspettavano una classica avventura supereroica non l’hanno capita ma sembra sia piaciuta davvero alle persone con la mente un po’ più aperta. Comunque sia, c’è un lieto fine e personalmente ne sono molto soddisfatto.

Tu e Alan Moore. Si tratta di una domanda ovvia per te, probabilmente una a cui hai risposto innumerevoli volte in passato…
Com’è stato collaborare con Moore in occasione delle storie precedenti? L’hai “consultato” oppure gli hai chiesto “supporto” o “commenti” sulle nuove miniserie che hai scritto da solo?
Beh, per Terra Obscura si è trattato di una vera collaborazione: io e Alan ci sedevamo l’uno di fronte all’altro e buttavamo giù le trame, poi io andavo a casa e scrivevo le sceneggiature. Per le altre storie dell’ABC, come le prime storie di Tom, parlavamo al telefono e qualche volta lui mi suggeriva qualcosa ma la maggior parte delle volte ero io a fare domande sul passato del personaggio e cose simili.
Poi quando la Wildstorm mi ha chiesto di rilanciare Tom Strong qualche anno fa ho risposto che il mio sì era condizionato dal fatto che Alan fosse d’accordo. Per cui l’ho chiamato al telefono e fortunatamente era felice che andassi avanti. Ma c’era anche un implicito accordo che da quel momento in poi avrei dovuto cavarmela da solo e che non avrei più dovuto disturbarlo sulla questione. Per cui da allora è tutta farina del mio sacco.
Copertina di Terry Dodson per il N. 1 di America’s Best Comics: A to Z.
Che cosa è successo ad America’s Best Comics: A to Z? Vedremo mai i due numeri mancanti rispetto a quanto annunciato a suo tempo?
Ne dubito molto. L’hanno cancellata all’improvviso. La sola storia che ho scritto che non ha visto la luce era quella su Smax, che era la più debole di quelle che avevo realizzato per cui non sono così dispiaciuto per la mancata pubblicazione. Il resto di quei numeri l’avrebbe scritto Steve Moore ed è un peccato… avrei davvero voluto vedere quello che Steve avrebbe fatto con Promethea, ma non so se avesse scritto una sola parola della storia prima della cancellazione della serie. Se l’ha fatto, magari quella storia spunterà fuori, prima o poi, tra tutti i suoi scritti.
L’intera serie di A-Z è stata davvero strana. Sostanzialmente era un’idea di Alan: stava completando gli ultimi numeri dell’ABC e penso che abbia concepito quella serie come un reboot della linea dando alla Wildstorm una piattaforma da cui far ripartire le serie. Considerando questo punto di vista, la serie ha perfettamente senso mentre, invece, se la Wildstorm sapeva già che avrebbero chiuso la linea ABC non ha nessun senso. E penso che alla fine sia andata così: non avrebbero preso in considerazione nessun progetto futuro ed è quello che è accaduto per mesi e mesi, persino prima che la serie A-Z venisse avviata, perciò non credo che siano state le scarse vendite a farli decidere. Penso che avessero già deciso di chiudere tutto il secondo dopo che Alan se ne fosse andato… ed è una cosa comprensibile ma penso che avrebbero potuto far funzionare la linea anche senza di lui, se solo ci avessero davvero pensato. Al tempo hanno preso davvero un mucchio di pessime decisioni.

Ti piacerebbe scrivere qualche altro personaggio dell’ABC, ipotizzando che sia possibile? Personalmente penso che saresti perfetto per una run di Top 10…
Beh, ho scritto Top Ten - e un sacco di altri personaggi dell’ABC - per la serie A-Z ma… rifarlo credo sia molto improbabile. Non hanno lasciato che Zander Cannon terminasse la sua miniserie su Top 10 e vorrei davvero lo facessero. Mi stava davvero piacendo e so che non ero il solo.
Al momento sto aspettando che mi diano il via libera per un’altra storia di Tom Strong: è questa la mia priorità. A seguire, mi piacerebbe fare un’altra serie su Terra Obscura … e l’unico altro personaggio che mi potrebbe tentare è Jonni Future. Se mai me lo chiedessero, vedremo.
Copertina firmata Steve Parkhouse per il Vol. 1 di Residen Alien.
Stai anche scrivendo un interessante fumetto per la Dark Horse dal titolo Resident Alien, per i disegni di Steve Parkhouse. Puoi dirci qualcosa al riguardo? Ho letto che è stato Parkhouse a darti lo spunto iniziale per la serie. [in Italia alcuni episodi sono apparsi su Dark Horse Presenta edito da Bao Publishing, N.d.T]
Sì, è vero. Avevo lavorato con Steve in precedenza, e volevo collaborare di nuovo con lui e mi disse che gli sarebbe piaciuto fare qualcosa che avesse a che fare con gli alieni. Resident Alien è l’idea che tirai fuori: un alieno la cui astronave si è schiantata sulla Terra, in attesa di una missione di recupero che potrebbe non arrivare mai. Per cui tiene un profilo basso facendosi passare per un dottore… e anche se lo mostriamo con fattezze aliene durante il corso di tutta la storia è chiaro, dalle reazioni delle altre persone, che tutti quelli che lo incontrano lo vedono come un essere umano.
Così quando il dottore locale viene ucciso, gli viene chiesto di dare una mano. E considerando che gli piace essere parte della città ed essere coinvolto nel risolvere crimini… In pratica, se lo dovessi proporre per un film, l’idea chiave sarebbe… un detective alieno! Questo è tutto quello che c’è da sapere. La seconda miniserie che ho scritto sta per essere raccolta in volume e, al momento, Steve sta disegnando la terza serie e io sono a metà della scrittura della quarta. Abbiamo un piano per continuare a fare Resident Alien per un bel po’ di tempo!

Dal tuo privilegiato punto d’osservazione, qual è la tua percezione dei comics al giorno d’oggi, come mezzo espressivo e come industria?
Rimane come sempre un mezzo fantastico e penso che durerà per sempre qualsiasi sia l’effetto che la tecnologia ha sulle modalità di lettura.
Riguardo lo stato dell’industria sembra essere esattamente nel mezzo di un periodo di grandi cambiamenti: alcuni sono molto interessanti, altri un po’ spaventano. Il numero degli case editrici è aumentato, così come quello degli editori aperti a nuove idee e generi, ed è un’ottima cosa… specialmente dal momento che le Big Two [DC e Marvel, N.d.T] sembrano, in questo momento, molto meno “avventurose” di quello che sono state in passato. Mi vengono in mente i dinosauri, e vorrei che non fosse così.
L’industria cambierà questa è l’unica cosa certa ma… non fare scommesse sul come cambierà! Fino a quando potremo ancora fare fumetti & guadagnarci da vivere, andrà tutto bene.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Di sicuro altre storie di Resident Alien. Proprio in questi giorni sto mettendo insieme una proposta per un graphic novel e spero di trovare un editore interessato. E, come sai, ho fatto una storia per Electricomics.
Lo staff di Electricomics al lavoro!
Esattamente che cos’è Electricomics [annunciato ufficialmente qualche giorno fa. Su Fumettologica trovate qualche info - qui - e molto altro sul mio Alan Moore World, qui. N.d.T.]?
Si tratta di un’antologia di storie brevi a fumetti pensate specificatamente per dispositivi elettronici come i tablet. Circa tre anni fa Alan Moore mi telefonò e mi chiese se volessi farne parte. Ci è voluto tutto quel tempo per concretizzare il progetto. L’idea di base è di cercare di ideare delle storie che sfruttino le potenzialità del mezzo digitale e che non si potrebbe raccontare nello stesso modo se venissero stampate su carta. Per cui… si tratta di un esperimento ed è stata davvero una bella sfida.

Puoi rivelarci qualche dettaglio su Cabaret Amygdala, la tua short annunciata come una storia “horror modernista”?
Beh, in realtà s’intitola Cabaret Amygdala Presents... Second Sight. Cabaret Amygdala era il titolo suggerito da Alan perchè pensava fosse un nome interessante per un etichetta “ombrello”, un po’ come per Twilight Zone.
A ogni modo, Alan mi chiese di scrivere una storia horror che mettesse le persone in una situazione di… apprensione. Non è affatto un classico horror soprannaturale perché quello non è esattamente il mio genere. Ci sono aspetti del soprannaturale in cui credo, per esempio i fantasmi, ma non mi spaventano per nulla. E riguardo molti altri aspetti - il diavolo, i vampiri e robe simili – penso semplicemente che siano ridicoli e inoltre abbiano davvero fatto il loro tempo. Con questa storia ho messo insieme un paio di concetti che personalmente trovo inquietanti e spero che i lettori provino la stessa sensazione.


Le interviste precedenti:

venerdì 23 maggio 2014

recensioni in 4 parole [16]

Tumultuosa creatività che ispira.
Meraviglia. Nostalgia. Firmate Millar.
Nel silenzio si racconta.
Parole sagge da Maestro.
*********

Abbiamo detto 4 parole su:
di Gipi
Editore: ComicOut
Formato: brossurato, colore (testo bilingue: Inglese/Italiano)
Prezzo:  € 22,50
Anno di pubblicazione: 2014
Per qualche parola in più: QUI.

Starlight N. 1 (in Inglese)
di Mark Millar (testi) e Goran Parlov (disegni)
Editore: Image Comic
Formato: spillato, 32 pagine, colore
Prezzo: $ 2,99
Anno di pubblicazione: 2014
Per qualche parola in più: QUI. (e qui, in Inglese) 

Say hi from me 
di Bianca Bagnarelli (testi e disegni)
Formato: 4 pagine, colore

Disponibile online: qui
Storia inclusa in Nobrow N. 9
Anno di pubblicazione: 2014 
Per qualche parola in più: QUI.

di Francesco Matteuzzi e Laura Pasotti
Editore: ComicOut
Formato: brossurato, 64 pagine b/n + 32 colore
Prezzo: € 8,50
Anno di pubblicazione: 2012
Per qualche parola in più: QUI.

lunedì 12 maggio 2014

Joe Bennett: Supreme e il mondo dei comics

"Re-creation" - firmata di Joe Bennett - della copertina di Supreme N. 41.
Ritornano le fumose interviste e... stavolta su smokyland è la volta di JOE BENNET, fumettista brasiliano - il suo vero nome è infatti Benedito Jose Nascimento - attivo nel mondo dei comics americani fin dagli ann '90 dello scorso millennio, dopo gli esordi su testate nazionali.
BENNET è noto sopratutto per la collaborazione di quegli anni con Alan Moore per il rilancio di Supreme, il personaggio Image creato da Rob Liefeld, evidente "brutta-copia" di Superman, totalmente rivisitato e portato a vette mai raggiunte prima (e neppure dopo, a dire il vero) dallo scrittore di Northampton.
Attualmente Bennet collabora con Marvel e DC e di recente ha prestato le sue matite per raccontare le avventure di Iron Man e Superman.

L'intervista è stata condotta, in portoghese, da Flavio Pessanha durante il mese di marzo 2014.
Traduzione dal portoghese in inglese di Flavia Ferreira.
Tradotta in italiano (dall'inglese) e postata su questo blog con il permesso di Flavio Pessanha, che ringrazio.
L'intervista in Inglese, può essere letta qui.

Alan Moore BR è su Facebook la pagina brasiliana dedicata a Moore: qui.
Joe Bennett... e gli strumenti del mestiere!
AMBr: Joe, hai disegnato le prime storie di Supreme scritte da Alan Moore. Guardando indietro, come giudichi il tuo lavoro?
Joe Bennett: Vorrei poter ritornare indietro nel tempo e rifare tutto. Ma il periodo all’Image limitava il mio stile. Avrei potuto fare qualcosa di meglio come ad esempio l’albo che ho realizzato di recente per Superman [Adventures of Superman N. 8, N.d.T.]: quello avrebbe dovuto essere il mio stile per Supreme.

AMBr: L’Extreme - lo studio di Rob Liefeld all'interno della Image, poi denominato Maximum Press ed infine Awesome Comics - era noto per imporre uno specifico modello di disegno, quello di Liefeld. È corretto?
JB: Sì, in quel periodo era così. Solo quelli che si attenevano a quello stile predominante potevano lavorare per la Image. A me non è mai piaciuto ma avevo bisogno di lavorare. Sono sempre stato un fan del “classici”: Hal Foster, Alex Raymond, John Buscema, Garcia Lopez. È stato un vero tormento per me disegnare in quello stile Image perché ho sempre avuto un buon storytelling ma non c’era spazio per quello: si doveva puntare tutto sul disegno e sulle botte. È stato difficile ma mi sono adattato velocemente e poco dopo sono tornato al mio stile originario.
Copertina variant per Supreme N. 41. Matite di Joe Bennett.
AMBr: Come ti sei trovato a lavorare sulle sceneggiature di Alan Moore? Erano davvero così dettagliate?
JB: Sì, avevano un numero incredibile di dettagli. E dico sempre che avevo il terrore di cambiare anche il minimo elemento perché se diceva che, sullo sfondo [di una vignetta] c’era un cane che attraversava la strada, avevi paura a non disegnarlo… Chi poteva sapere se quel cane nel seguito della sceneggiatura non sarebbe diventato un’entità cosmica [ride]. Ma è stato splendido, è stata una lezione su come scrivere una sceneggiatura.

AMBr: Eri il disegnatore della serie prima che Moore salisse a bordo. Come è stato questo cambio di sceneggiatore?
JB: Ho persino pensato di lasciare... ma no, sono rimasto. E sono stato a diarrea per tre giorni, lo dico sul serio… ero nervoso.
Pagina da Supreme N. 41. Matite di Joe Bennett.
AMBr: Disegnare per Moore ti ha richiesto più tempo? Quanto tempo impiegavi a realizzare un albo?
JB: No, quello che mi prendeva tempo era leggere la sceneggiatura. Per ogni tavola c’erano tre pagine di spiegazione, se non di più. Ma come mio solito ho impiegato una ventina di giorni per albo.

AMBr: Sei stato uno dei pochi disegnatori brasiliani ad aver lavorato con Alan Moore. Quanto credi sia stato importante per la tua carriera?
JB: Penso d’essere stato il solo a lavorare direttamente su una sua sceneggiatura, perché se ricordo bene, la Avatar ha fatto qualcosa ma credo che si trattasse di un adattamento di un suo script cinematografico, illustrato da un Brasiliano. [Riferimento a Fashion Beast, adattamento a fumetti di Antony Johnston - per i disegni di Facundo Percio - di uno script per il cinema scritto da Moore negli anni ’80, N.d.T.]
È stato molto importante per la mia carriera, mi ha dato un curriculum invidiabile e per il fan che è in me è stato come un sogno che diventa realtà. Immagina un chitarrista che si esibisce nei pub che si trova a suonare fianco a fianco con John Lennon. È stato più o meno così…

AMBr: A cosa stai lavorando al momento? Hai qualche tuo progetto personale in arrivo?
JB: Sto lavorando su Iron Man per la Marvel e Solar per la Dynamite. Riguardo progetti personali, mi sono preso una pausa. Non ci sono possibilità per il prossimo futuro e penso che probabilmente non ce ne saranno mai.
Copertina per Supreme N. 42. Matite di Joe Bennett.
AMBr: Che ne pensi della critica di Moore sui comics mainstream e sulla sua affermazione che i lettori sono diventati dipendenti da un modello immaturo di fumetto?
JB: Ci metto la firma. Penso che i comics siano allo stremo perché contrariamente al passato in cui venivano creati per qualsiasi tipo di pubblico, oggi vengono fatti solo per vedere se si riesce a farne un film o qualcos’altro. Non leggo fumetti da circa vent’anni perché non voglio arrabbiarmi. Amo il mio lavoro ma non sono obbligato a leggere le cose nuove che vengono pubblicate. Penso che siano tutte davvero ridicole.

AMBr: Il fumetto è un mezzo espressivo economico: puoi realizzare delle storie a fumetti con dei costi davvero contenuti. Fare cinema costa una fortuna e per fare grandi incassi si lavora a pellicole che accontentino “grandi e piccini”. È un male che i fumetti siano realizzati nello stesso modo per essere compatibili con i film?
JB: Sì, penso sia terribile. Al giorno d’oggi non avremmo mai visto la DC Comics pubblicare un fumetto come Swamp Thing di Moore. Non puntano più su fumetti di quel tipo perché tutto è così superficiale in modo da poter essere facilmente adattato per il cinema e la televisione. È davvero una bella merda, ecco che cos’è.

AMBr: Prima degli anni ’80 i comic vendevano mezzo milione a numero, oggi una serie che vende 50 mila copie è considerate un successo. Che cosa è successo?
JB: L’industria dei comics si è avvitata su sé stessa perché non si è evoluta come hanno fatto altri media. È piuttosto comune vedere folle di persone che sono fan di Iron Man ma non hanno mai letto nessun fumetto su di lui o di altri supereroi.
Pagina da Supreme N. 42. Matite di Joe Bennett.
AMBr: Qual è, secondo Joe Bennett, il futuro dei comics? In quale direzione si evolveranno?
JB: A essere onesto, non lo so. Migrare verso il digitale è la via d’uscita per molte case editrice. Riguardo la produzione dei fumetti, rimarrà ancora su carta e inchiostro… fino a che un giorno tutto verrà fatto al computer, sulle Cintiqs del mondo. Ma allora io sarò già in pensione [risate].

AMBr: E il Fumetto in Brasile? Ti piacerebbe fare qualcosa specificatamente per il nostro mercato?
JB: Ovviamente sì. Ho qualcosa in mente e sarebbe anche qualcosa di piuttosto buono. Ma non c’era un’industria prima e non ce n’è una ora quando gli ultimi che se ne stanno andando stanno anche spegnendo le luci.
Pagina da Supreme N. 43. Matite di Joe Bennett.
AMBr: Considerando la tua carriera ormai ventennale: qual è il tuo lavoro preferito? E qual è invece il tuo sogno più grande?
JB: A parte quello che ho fatto con Moore, quello che devo ancora fare è… il mio fumetto preferito. Mi piacerebbe disegnare di nuovo Superman… ne ho disegnato solo un albo e mi sono divertito molto a farlo. E se a scriverlo fosse Warren Ellis sarebbe davvero una figata!

AMBr: Per concludere, quali fumetti raccomanderesti ai lettori?
JB: Tutti quello di Moore e di Gaiman. Tutti quelli di Miller prima di Sin City, tolto il materiale recente: dimenticatevene perché è tutta spazzatura.

AMBr: Grazie mille, Joe Bennett.

Un ringraziamento speciale a Joe Bennett per l'intervista e per la splendida, iconica opera d'arte che apre questo post. L'illustrazione si basa sulla copertina di Supreme N. 41 [che a sua volte cita una classica cover di Superman, N.d.T.], pubblicato nell'Agosto 1996: l'inizio del ciclo firmato Alan Moore. [AMBr]
Le interviste precedenti: