Buonanotte, Punpun |
L'intervista, apparsa nel 2012 sulla rivista giapponese Manga Erotics F, è stata pubblicata online, in Inglese, nel Marzo 2015, sul blog Mangabrog. La traduzione qui presentata utilizza quest'ultima fonte con il permesso del sito che ringrazio sentitamente.
Per approfondimenti su Asano si rimanda anche a questa panoramica (qui) e al bel pezzo apparso su Banana Oil (qui).
Come sei arrivato a pubblicare? Hai fatto vedere i tuoi lavori a un editor, hai partecipato a un concorso…?)
Inio Asano: Quando avevo diciassette anni ho disegnato una ventina di pagine umoristiche e le ho proposte a Spirits. L'editor con cui ero in contatto era lo stesso di Naoki Yamamoto. Capitò che Fine Girl, una storia autoconclusiva di Yamamoto, fosse più breve di quanto inizialmente previsto, quindi usarono il mio manga per riempire il numero. Sono stato fortunato, non avendo disegnato qualcosa troppo a lungo. (ride)
Quando hai disegnato la tua storia d’esordio? Come?
Ah, la data è scritta sulle pagine di Spirits, sui margini: ore 15 del 16 aprile 1998. Avevo mandato dei 4-koma [formato di striscia diffuso in Giappone, composto da 4 vignette, e generalmente a tema umoristico, N.d.T.] alle riviste di videogiochi Famitsu e Dragon Quest 4-Koma Theater quando ero alle elementari e alle medie, ma questa era la prima volta che avevo presentato qualcosa a una rivista di manga. Non avevo intenzione di diventare professionista all'epoca. Durante le lezioni ero solito disegnare dei 4-koma che erano sorprendentemente popolari tra i miei amici, e in pratica ero curioso di vedere come sarebbero stati accolti nel mondo dei professionisti. Erano tutte cose estremamente surreali quindi non pensavo che la gente sarebbe stata interessata. Non stavo certo trattenendo il respiro.
Dopo aver riletto il tuo lavoro d’esordio, cosa ne pensi?
Dopo la pubblicazione, quando ne parlai con il mio editor, replicò che ebbe la sensazione che fosse un diamante grezzo, che ci fosse un gran potenziale ma, forse, era solo ubriaco quando lo disse perché io stesso, riguardando ora la storia, non è che ci veda tutto questo potenziale. (ride) Ma in realtà rileggere quel fumetto non è stato poi così doloroso proprio perché è un manga surreale e umoristico che non assomiglia per nulla al mio stile attuale. Certo i disegni sono terribili e non avevo la minima idea di quello che stessi facendo ma… perché mai avrei dovuto? All’epoca non sapevo assolutamente come fare un manga. Non mi sarei aspettato molto di più.
Quale pensi sia il tuo punto di forza come mangaka?
Quello che ritengo essere il mio punto di forza è il design dei mie fumetti. Per What a Wonderful World! e Il campo dell'arcobaleno mi hanno proposto delle opzioni ma tutti gli altri sono stati fatti seguendo le miei indicazioni. Non ho molta fiducia nel contenuto dei miei manga quindi mi concentro su come far sì che le persone desiderino i miei libri come oggetti in sé. Rispetto ai miei inizi penso d’esserci riuscito. Riguardo i disegni dei miei manga, non ho mai avuto uno stile o un segno ideale da raggiungere per cui non posso dire d’esserci più o meno vicino. Sono attratto da molti stili diversi quindi sono piuttosto incostante su questo aspetto. L'ultima volta che sono stato influenzato dal lavoro di qualcun altro è stato con Takehiko Inoue. Quando ho letto Vagabond, ho pensato: "Wow, questo tizio è davvero bravo, voglio essere anch’io come lui!" (ride) Di conseguenza, a metà di What a Wonderful World!, cambiai il modo di disegnare i volti dei personaggi. Credo che il mio modo di disegnare sia una combinazione di diversi stili artistici che ho ammirato nel corso del tempo. C’è stato un periodo in cui mi piaceva moltissimo Haruchin di Kiriko Nananan e così, per un periodo, gli occhi dei miei personaggi diventarono dei punti per via della sua influenza.
Il primo capitolo di What a Wonderful World! era così quando uscì sulla rivista ma non andava bene e per la raccolta in volume ho ridisegnato tutti gli occhi. Ho anche attraversato una fase in cui usavo un brush pen nel tentativo di padroneggiare il segno inimitabile di Taiyo Matsumoto, quindi oltre ai punti per gli occhi penso che il primo capitolo di Wonderful World sia stato disegnato, strano a dirsi, con una brush pen a punta sottile. Forse il mio punto di forza è l’inclinazione a sperimentare cose di questo tipo. (ride)
Invece quale pensi sia il tuo punto debole?
Il mio punto debole è che non riesco a disegnare scene di movimento, ad esempio con qualcuno che corre o cose simili. Non so disegnare le linee cinetiche e non ho ancora capito come disegnare qualcosa che si muove velocemente senza usare linee dinamiche o effetti sonori. Ho un sacco di scene in cui i miei personaggi dovrebbero star correndo ma poiché non sono abituato a disegnare quella roba finisco per non farli correre. (ride) Nel capitolo che ho appena terminato per La Ragazza in Riva al Mare Misaki originariamente doveva afferrare una pistola stordente mentre girava su se stessa ma, dopo aver provato più volte a disegnarla senza riuscirci, ho rinunciato.
Quando e con quale dei tuoi lavori hai avuto la sensazione di aver realizzato un manga davvero tuo?
Dopo il mio esordio, mi sono sentito come se venisse dato per scontato che fossi il nuovo “tizio dei manga umoristici” ma io non pensavo di poter fare quel tipo di fumetti quindi ho provato con un sacco di generi diversi, come l'horror. Solo brutte copie. Non stavo certo cercando di trovare uno stile che mi andasse bene per poi focalizzarmi su quello, si trattava piuttosto di provare diversi generi per trovare qualcosa che potesse piacere al mio editor. Per molto tempo ho ricevuto solo rifiuti e non riuscivo a tirar fuori nulla di buono. Generalmente tendevo comunque a fare cose surreali. Quando stavo lavorando a Kikuchi mi capitò di leggere Palepoli di Usamaru Furuya ed è per questo che ho provato il tratteggio nell'ultima vignetta.
In quel periodo stavo leggendo molti manga ma non ne sapevo molto delle produzioni indipendenti. Per Kikuchi mi pagarono 40 mila yen [circa 300 euro, al cambio attuale, N.d.T.] per quattro tavole, metà di quella cifra la spesi per una macchina fotografica con cui fare foto da usare come “reference”, l’altra metà la spesi comprando fumetti. C’era questa libreria al 109 Shibuya e così scesi in città per comprare Blue Car di Yoshitomo Yoshimoto e i manga di Naito Yamada.
Mi ricordo ancora perfettamente la busta di carta che si apre a Ueno, sulla via di ritorno, a causa di tutto quel peso. (ride)
Da un certo punto di vista, non credo di essere cambiato molto da quel primo capitolo di What a Wonderful World! Di fatto ho continuato sullo stesso percorso, provando qualsiasi cosa mi venisse in mente. Non che fosse qualcosa in cui mi ritrovassi pienamente piuttosto incontrava i favori del mio editor, per cui ho continuato su quella strada.
Successivamente, quando lavoravo a Solanin mi sono sentito come se avessi dato tutto con quello stile, come se non potessi andare oltre e ho iniziato a essere un po’ più sperimentale. Ho cominciato con l’umoristico e specialmente con Buonanotte, Punpun, in un certo modo, sono tornato alle origini. Cose come raccontare una storia o avere una trama oppure capire come toccare le corde del cuore del lettore sono tutte tecniche che ho appreso in seguito. Creare storie di formazione è un’attività che faccio per lavoro, per quanto questo possa suonare male. (ride) Realizzare delle gag è quello che davvero mi diverte e quello che sto cercando di fare è trovare un equilibrio tra questi due aspetti.
Comunque quando stavo lavorando ai miei manga di formazione credevo fosse il tipo di fumetto giusto per me, da fare in quel momento, e la mia personalità era davvero simile a quella dei protagonisti delle storie ed è per quello che non c’erano gag. Ero un ragazzo davvero serio quando avevo vent’anni.
Come hai affinato il tuo stile?
Ho incominciato a usare il computer più o meno quando ho iniziato a lavorare a Wonderful World e mi sono sentito in colpa, come se stessi barando. Per questo decisi di metterci delle cose in più come molte luci e ombre, una sorta di compensazione. Non avevo un’idea fissa di quello che volevo fosse l’aspetto dei miei manga; è stato piuttosto una sorta di processo di eliminazione. Inoltre, al tempo in cui uscì il mio primo volume, se si faceva una ricerca su Google digitando “Inio Asano” si ottenevano solo sei risultati e uno di questi mi descriveva come “davvero pessimo nel fare gli sfondi”. Il commento mi colpì molto e quindi iniziai a provare ogni tipo di tecnica. C’è una parte in Dennou Manga Giken [una raccolta di interviste ad autori di manga riguardo l’uso del computer nel loro lavoro] in cui si diceva che Usamaru Furuya stampasse in blu le fotografie in modo da ricalcarle così provai a fare lo stesso, ad esempio.
Dopo un po’ la gente incominciò a descrivere i miei fumetti come “lirici”, una definizione che non mi pare adatta a me. Di nuovo è stato un processo d’eliminazione: dopo aver spuntato tutte le cose che non volevo fare – niente di troppo esagerato, etc. – alla fine sono arrivato a fare i manga che faccio. Naturalmente ha anche contato il fatto che mi piacevano i manga con una certa atmosfera, come quelli di Naito Yamada. La mia intenzione era di pubblicare un volume mentre ero ancora studente, come iniezione di fiducia. Alla fine, comunque, non ho pubblicato prima del diploma ma davvero mi mancava fiducia nei miei mezzi. Ho dedicato così tanto tempo ai manga e abbandonato così tante altre cose. È tutto quello che mi è rimasto. Senza i manga tutto quello che rimarrebbe di me sarebbe un guscio vuoto, una persona incapace di vivere in società.
Lavori molto quando stai facendo un manga?
Al momento mi sto avvicinando alla conclusione di alcune serie, quindi ho meno pensieri in testa e questo mi rende le cose più facili. Ultimamente sento di dover dedicare più tempo a istruire i miei assistenti. Gli assistenti vanno e vengono, quindi ho bisogno che si adattino al mio stile artistico quando mi stanno aiutando. Non ha senso avere assistenti se devo rimettere le mani su quello che fanno e sistemare il loro lavoro. Io stesso non ho molta esperienza come assistente, quindi non sono molto bravo nel dare istruzioni. Insegnare alle persone come fare davvero le cose è un lavoro difficile.
Qual è il tuo sogno?
Voglio fare dei manga che siano impermeabili alle critiche, qualcosa lodato da tutti a prescindere dai gusti personali. Non è un sogno che potrà mai realizzarsi ovviamente ma è quello che, sinceramente, vorrei ora. Ho già raggiunto tutti i miei obiettivi e i sogni realizzabili, quindi ora tutto ciò che rimane sono cose che non considero nemmeno possibili, ad esempio, non mi dispiacerebbe ottenere una tiratura iniziale di tre milioni per un mio fumetto. (ride)
Tavola da Questo è un po' troppo, Kikuchi!! Opera d'esordio di Asano nel 1998. |
Inio Asano: Quando avevo diciassette anni ho disegnato una ventina di pagine umoristiche e le ho proposte a Spirits. L'editor con cui ero in contatto era lo stesso di Naoki Yamamoto. Capitò che Fine Girl, una storia autoconclusiva di Yamamoto, fosse più breve di quanto inizialmente previsto, quindi usarono il mio manga per riempire il numero. Sono stato fortunato, non avendo disegnato qualcosa troppo a lungo. (ride)
Quando hai disegnato la tua storia d’esordio? Come?
Ah, la data è scritta sulle pagine di Spirits, sui margini: ore 15 del 16 aprile 1998. Avevo mandato dei 4-koma [formato di striscia diffuso in Giappone, composto da 4 vignette, e generalmente a tema umoristico, N.d.T.] alle riviste di videogiochi Famitsu e Dragon Quest 4-Koma Theater quando ero alle elementari e alle medie, ma questa era la prima volta che avevo presentato qualcosa a una rivista di manga. Non avevo intenzione di diventare professionista all'epoca. Durante le lezioni ero solito disegnare dei 4-koma che erano sorprendentemente popolari tra i miei amici, e in pratica ero curioso di vedere come sarebbero stati accolti nel mondo dei professionisti. Erano tutte cose estremamente surreali quindi non pensavo che la gente sarebbe stata interessata. Non stavo certo trattenendo il respiro.
Dopo aver riletto il tuo lavoro d’esordio, cosa ne pensi?
Dopo la pubblicazione, quando ne parlai con il mio editor, replicò che ebbe la sensazione che fosse un diamante grezzo, che ci fosse un gran potenziale ma, forse, era solo ubriaco quando lo disse perché io stesso, riguardando ora la storia, non è che ci veda tutto questo potenziale. (ride) Ma in realtà rileggere quel fumetto non è stato poi così doloroso proprio perché è un manga surreale e umoristico che non assomiglia per nulla al mio stile attuale. Certo i disegni sono terribili e non avevo la minima idea di quello che stessi facendo ma… perché mai avrei dovuto? All’epoca non sapevo assolutamente come fare un manga. Non mi sarei aspettato molto di più.
Quale pensi sia il tuo punto di forza come mangaka?
Quello che ritengo essere il mio punto di forza è il design dei mie fumetti. Per What a Wonderful World! e Il campo dell'arcobaleno mi hanno proposto delle opzioni ma tutti gli altri sono stati fatti seguendo le miei indicazioni. Non ho molta fiducia nel contenuto dei miei manga quindi mi concentro su come far sì che le persone desiderino i miei libri come oggetti in sé. Rispetto ai miei inizi penso d’esserci riuscito. Riguardo i disegni dei miei manga, non ho mai avuto uno stile o un segno ideale da raggiungere per cui non posso dire d’esserci più o meno vicino. Sono attratto da molti stili diversi quindi sono piuttosto incostante su questo aspetto. L'ultima volta che sono stato influenzato dal lavoro di qualcun altro è stato con Takehiko Inoue. Quando ho letto Vagabond, ho pensato: "Wow, questo tizio è davvero bravo, voglio essere anch’io come lui!" (ride) Di conseguenza, a metà di What a Wonderful World!, cambiai il modo di disegnare i volti dei personaggi. Credo che il mio modo di disegnare sia una combinazione di diversi stili artistici che ho ammirato nel corso del tempo. C’è stato un periodo in cui mi piaceva moltissimo Haruchin di Kiriko Nananan e così, per un periodo, gli occhi dei miei personaggi diventarono dei punti per via della sua influenza.
Il primo capitolo di What a Wonderful World! era così quando uscì sulla rivista ma non andava bene e per la raccolta in volume ho ridisegnato tutti gli occhi. Ho anche attraversato una fase in cui usavo un brush pen nel tentativo di padroneggiare il segno inimitabile di Taiyo Matsumoto, quindi oltre ai punti per gli occhi penso che il primo capitolo di Wonderful World sia stato disegnato, strano a dirsi, con una brush pen a punta sottile. Forse il mio punto di forza è l’inclinazione a sperimentare cose di questo tipo. (ride)
Invece quale pensi sia il tuo punto debole?
Il mio punto debole è che non riesco a disegnare scene di movimento, ad esempio con qualcuno che corre o cose simili. Non so disegnare le linee cinetiche e non ho ancora capito come disegnare qualcosa che si muove velocemente senza usare linee dinamiche o effetti sonori. Ho un sacco di scene in cui i miei personaggi dovrebbero star correndo ma poiché non sono abituato a disegnare quella roba finisco per non farli correre. (ride) Nel capitolo che ho appena terminato per La Ragazza in Riva al Mare Misaki originariamente doveva afferrare una pistola stordente mentre girava su se stessa ma, dopo aver provato più volte a disegnarla senza riuscirci, ho rinunciato.
Quando e con quale dei tuoi lavori hai avuto la sensazione di aver realizzato un manga davvero tuo?
Dopo il mio esordio, mi sono sentito come se venisse dato per scontato che fossi il nuovo “tizio dei manga umoristici” ma io non pensavo di poter fare quel tipo di fumetti quindi ho provato con un sacco di generi diversi, come l'horror. Solo brutte copie. Non stavo certo cercando di trovare uno stile che mi andasse bene per poi focalizzarmi su quello, si trattava piuttosto di provare diversi generi per trovare qualcosa che potesse piacere al mio editor. Per molto tempo ho ricevuto solo rifiuti e non riuscivo a tirar fuori nulla di buono. Generalmente tendevo comunque a fare cose surreali. Quando stavo lavorando a Kikuchi mi capitò di leggere Palepoli di Usamaru Furuya ed è per questo che ho provato il tratteggio nell'ultima vignetta.
In quel periodo stavo leggendo molti manga ma non ne sapevo molto delle produzioni indipendenti. Per Kikuchi mi pagarono 40 mila yen [circa 300 euro, al cambio attuale, N.d.T.] per quattro tavole, metà di quella cifra la spesi per una macchina fotografica con cui fare foto da usare come “reference”, l’altra metà la spesi comprando fumetti. C’era questa libreria al 109 Shibuya e così scesi in città per comprare Blue Car di Yoshitomo Yoshimoto e i manga di Naito Yamada.
Mi ricordo ancora perfettamente la busta di carta che si apre a Ueno, sulla via di ritorno, a causa di tutto quel peso. (ride)
Da un certo punto di vista, non credo di essere cambiato molto da quel primo capitolo di What a Wonderful World! Di fatto ho continuato sullo stesso percorso, provando qualsiasi cosa mi venisse in mente. Non che fosse qualcosa in cui mi ritrovassi pienamente piuttosto incontrava i favori del mio editor, per cui ho continuato su quella strada.
Successivamente, quando lavoravo a Solanin mi sono sentito come se avessi dato tutto con quello stile, come se non potessi andare oltre e ho iniziato a essere un po’ più sperimentale. Ho cominciato con l’umoristico e specialmente con Buonanotte, Punpun, in un certo modo, sono tornato alle origini. Cose come raccontare una storia o avere una trama oppure capire come toccare le corde del cuore del lettore sono tutte tecniche che ho appreso in seguito. Creare storie di formazione è un’attività che faccio per lavoro, per quanto questo possa suonare male. (ride) Realizzare delle gag è quello che davvero mi diverte e quello che sto cercando di fare è trovare un equilibrio tra questi due aspetti.
Comunque quando stavo lavorando ai miei manga di formazione credevo fosse il tipo di fumetto giusto per me, da fare in quel momento, e la mia personalità era davvero simile a quella dei protagonisti delle storie ed è per quello che non c’erano gag. Ero un ragazzo davvero serio quando avevo vent’anni.
Come hai affinato il tuo stile?
Ho incominciato a usare il computer più o meno quando ho iniziato a lavorare a Wonderful World e mi sono sentito in colpa, come se stessi barando. Per questo decisi di metterci delle cose in più come molte luci e ombre, una sorta di compensazione. Non avevo un’idea fissa di quello che volevo fosse l’aspetto dei miei manga; è stato piuttosto una sorta di processo di eliminazione. Inoltre, al tempo in cui uscì il mio primo volume, se si faceva una ricerca su Google digitando “Inio Asano” si ottenevano solo sei risultati e uno di questi mi descriveva come “davvero pessimo nel fare gli sfondi”. Il commento mi colpì molto e quindi iniziai a provare ogni tipo di tecnica. C’è una parte in Dennou Manga Giken [una raccolta di interviste ad autori di manga riguardo l’uso del computer nel loro lavoro] in cui si diceva che Usamaru Furuya stampasse in blu le fotografie in modo da ricalcarle così provai a fare lo stesso, ad esempio.
Dopo un po’ la gente incominciò a descrivere i miei fumetti come “lirici”, una definizione che non mi pare adatta a me. Di nuovo è stato un processo d’eliminazione: dopo aver spuntato tutte le cose che non volevo fare – niente di troppo esagerato, etc. – alla fine sono arrivato a fare i manga che faccio. Naturalmente ha anche contato il fatto che mi piacevano i manga con una certa atmosfera, come quelli di Naito Yamada. La mia intenzione era di pubblicare un volume mentre ero ancora studente, come iniezione di fiducia. Alla fine, comunque, non ho pubblicato prima del diploma ma davvero mi mancava fiducia nei miei mezzi. Ho dedicato così tanto tempo ai manga e abbandonato così tante altre cose. È tutto quello che mi è rimasto. Senza i manga tutto quello che rimarrebbe di me sarebbe un guscio vuoto, una persona incapace di vivere in società.
Lavori molto quando stai facendo un manga?
Al momento mi sto avvicinando alla conclusione di alcune serie, quindi ho meno pensieri in testa e questo mi rende le cose più facili. Ultimamente sento di dover dedicare più tempo a istruire i miei assistenti. Gli assistenti vanno e vengono, quindi ho bisogno che si adattino al mio stile artistico quando mi stanno aiutando. Non ha senso avere assistenti se devo rimettere le mani su quello che fanno e sistemare il loro lavoro. Io stesso non ho molta esperienza come assistente, quindi non sono molto bravo nel dare istruzioni. Insegnare alle persone come fare davvero le cose è un lavoro difficile.
Qual è il tuo sogno?
Voglio fare dei manga che siano impermeabili alle critiche, qualcosa lodato da tutti a prescindere dai gusti personali. Non è un sogno che potrà mai realizzarsi ovviamente ma è quello che, sinceramente, vorrei ora. Ho già raggiunto tutti i miei obiettivi e i sogni realizzabili, quindi ora tutto ciò che rimane sono cose che non considero nemmeno possibili, ad esempio, non mi dispiacerebbe ottenere una tiratura iniziale di tre milioni per un mio fumetto. (ride)
[L'intervista è leggibile in Inglese sul blog Mangabrog.]
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