sabato 13 febbraio 2016

Alan Moore: scrivere, Godzilla, Twin Peaks, Burroughs e la falena nella barba

Illustrazione (2015) di Matías Bergara, realizzata in occasione del 62esimo compleanno di Moore.
Lo scorso anno, nel mese di Ottobre, ALAN MOORE ha colto l'occasione per risponde a una serie di domande poste dagli utenti del sito Goodreads.com, in una sessione "Ask the Author". Il totale riporta 75 domande poste - su temi eterogenei, alcuni non strettamente legati all'autore inglese e alla sua opera - con alcune risposte, a quesiti (forse) simili, che risultano duplicate.

La chiacchierata e il dialogo con i lettori è una lettura interessante e, a tratti, anche divertente, con Moore che sfoggia il suo consueto eloquio e humour. 

Nel seguito potete leggere la traduzione di una selezione di 15 domande: buona lettura!
L'intera sessione di Q&A può essere letta in originale QUI.
1. Tra tutte le innumerevoli cose che hai scritto qual è il tuo lavoro più personale?
Per definizione Sacco Amniotico dovrebbe essere la mia opera più personale, tra quelle effettivamente disponibili per il pubblico. Ad ogni modo, mi aspetto che il prossimo anno [il 2016, N.d.T] venga sorpassata da Jerusalem, che rappresenta il mio massimo sforzo nel cercare di esporre la mia esperienza di vita e le mie radici in termini di fiction.

2. Pensi che essere consapevoli d’essere dentro una storia horror renda più semplice viverci?
In realtà solo i personaggi della fiction vivono dentro storie horror. La persone reali, anche quando sono soggette di speciali detenzioni illegali e ricevono scosse elettriche ai genitali da qualche parte in Egitto, non sono dentro una storia horror: sono nella stessa realtà ordinaria in cui viviamo io e te, sono parte di essa, di quella realtà che noi tutti contribuiamo a creare, con le nostre azioni e le nostre inazioni.
Credo che sarebbe meglio se ci trovassimo d’accordo nel dire che viviamo nel mondo reale e che se a volte sembra di leggere una storia horror, o peggio, allora siamo noi gli unici autori e siamo sempre noi l’unica autorità capace di sistemare o cambiare le cose.

3. Quale romanzo horror credi sia il più realistico? Ossia, la cosa più terrificante è che possa davvero accadere.
Per soddisfare il criterio di un evento che davvero potrebbe accadere, le opzioni di scelta sono molto limitate. Dovrebbe trattarsi di una qualche guerra nucleare o di una catastrofe ambientale, immagino… Per cui direi un romanzo come La strada di Cormac McCarthy oppure Ipotesi sopravvivenza, film realizzato per la televisione inglese che potrei descrivere come The day after per persone adulte.

4. [...] Quale sarebbe il modo più spaventoso di morire?
Il modo più spaventoso di morire, di sicuro, sarebbe dopo una vita non pienamente apprezzata, compresa o gustata. […]
Il nano di Twin Peaks.
5. Che cosa pensi renda una persona oppure un mostro davvero spaventoso, capace di generare paura?
Credo che la qualità più terrificante in un mostro – reale o fittizio, umano o meno – sia la sua distanza dal nostro mondo rispetto ai comuni parametri; la sensazione di essere di fronte ad una qualche forma di intelligenza completamente diversa dalla nostra, con processi interiori, percezioni e finalità che sono completamente aliene per il noi e, di conseguenza, incomprensibili. Da questo punto di vista cose come i lupi mannari, i vampiri o gli alieni di H.R. Giger non sono molto più inquietanti di un'auto impazzita che sta venendo nella tua direzione. Se un qualcosa con zanne o denti lunghi come la leva “a capo” di una macchina da scrivere avanza verso di te, probabilmente non ti porrai molte domande sulle sue motivazioni e neppure sulle tue: evidentemente sta cercando di ucciderti e tu, altrettanto evidentemente, preferiresti non essere ucciso.
Essere uccisi, che sia a causa di un tumore, di un camionista ubriaco e segaiolo oppure di una mummia ritornata in vita per compiere una vendicativa maledizione...  sono tutte cose a cui, come esseri umani, dovremmo probabilmente essere abituati. Qualcosa vuole ucciderci, spesso un qualcosa di mostruoso e terribile: è praticamente una nostra costante compagnia sin dal Paleolitico!
Molto più allarmante, a mio parere, è un'entità di cui non abbiamo la più pallida idea di cosa voglia:  ad esempio il nano danzante di Twin Peaks invece dei claudicanti cadaveri a caccia di cervelli dei film di zombie.
Una simile inconoscibile entità non deve neppure voler fare del male oppure essere consapevole della nostra esistenza per atterrire. Il solo fatto della sua natura totalmente aliena e insondabile è sufficiente a perseguitarci e ossessionarci per sempre al punto che potremmo finire col desiderare piuttosto di incontrare un bel classico sasquatch furioso.

6. Qual è il tuo romando preferito di sempre? Ti piace Dostoevsky?
Sì mi piace parecchio Dostoevsky anche se ho letto molto poco dei suoi lavori. Credo che fosse uno scrittore relativamente senza paura che, per il suo tempo, ha esplorato aspetti crudi e sgradevoli della condizione umana e alcuni gelidi recessi della nostra psiche e delle nostre emozioni. Riguardo il mio romanzo preferito di sempre, come detto in altre occasioni non penso affatto secondo simili categorie per cui qualsiasi scelta sarebbe arbitraria ed effimera. Detto ciò in questo esatto momento (le 10:30 di mercoledì 28 Ottobre), sono portato a consigliare, ancora una volta, Il Terzo Poliziotto di Flann O’Brien, un’opera che è più strana, divertente e molto meno russa di Dostoevsky ma che, a suo modo, tratta probabilmente le stesse tematiche.
Se invece state cercando qualcosa di strano, divertente e russo non cascate male con Il Maestro e Margherita di Mikhail Bulgakov. La scelta è vostra; i nomi russi scritti probabilmente in modo errato sono colpa mia, invece.
William Burroughs. Foto di Kate Simon.
7. Quali autori o opere ti hanno maggiormente influenzato in campo letterario?
Se devo essere onesto quasi tutto quello che ho letto mi ha influenzato, sia in senso positivo che in quello negativi. Tra gli autori che mi hanno maggiormente segnato direi William Burroughs, per la decisa e sciamanica energia che metteva nella sua scrittura e nelle sue idee; il non-musicista Brian Eno semplicemente per il suo approccio alla creatività in sé, eternamente curioso e avventuroso; e, più di recente, lo straordinario Iain Sinclair per l'intensità dell'assalto e la crepitante forza che scaturisce dal suo furioso approccio al linguaggio.

8. Qual è la cosa più lovecraftiana o spaventosa che hai trovato nella tua barba? Grazie!!
Credo sia stata una enorme falena, ancora viva, che riuscì ad intrufolarsi nella mia barba durante una visita alla casa di Steve Moore, qualche anno fa. Sebbene comprenda che la cosa non lasci una impressione favorevole circa la mia attenzione per la cura del mio aspetto fisico, non ho la minima idea di come o quando la falena si sia cacciata in quella indesiderabile situazione e per quello che ne so potrebbe essersi schiusa e aver raggiunto la maturità senza conoscere altro mondo se non un labirinto impenetrabile di grovigli grigiastri. Ah!, un’altra cosa orribile oppure un portale per un regno oscuro che può nascondersi nella mia barba, secondo l’atlante The Onion’s Our Dumb World, è… la regione dell’Essex.

9. Una tua fantasia?
L'ultima volta che ho fantasticato avevo all'incirca quindici anni e tutto quello che mi sono immaginato si è poi avverato, fino al più piccolo dettaglio. Per cui puoi scommettere che non lo rifarò mai più.

10. Tra tutti gli straordinari personaggi che hai creato qual è quello che più ti assomiglia? Quello nel quale ti identifichi maggiormente?
Per molti versi sarebbe giusto dire che ogni personaggio che ho scritto - uomo, donna, umano, alieno, buono, cattivo o quant'altro -  è, in un certo senso, un'ipotetica estensione di me stesso, perché, stante la mia esperienza, è il solo modo per scrivere personaggi davvero convincenti: scopri un aspetto dimenticato o represso della tua personalità e lo gonfi fino a costruirci sopra una tipologia credibile di personaggio. Ad ogni modo, il personaggio in tutta la mia produzione che, per scelta consapevole, più si avvicina a me stesso è Alma Warren, un'irragionevole donna artista in post-menopausa che è la sorella maggiore del protagonista di Jerusalem, il mio romanzo di prossima pubblicazione. Lei, per quello che posso dire dalla limitata prospettiva di stare dentro me stesso, sono praticamente io... anche se nella vita reale sono molto più bello fisicamente, ovviamente, e molto meno vanesio.
Lucia Joyce.
11. Che cosa succede quando scrivi?
Probabilmente non dovrei fare favoritismi ma, a mio avviso, questa è forse la domanda più interessante che mi sia stata posta in tutto l’anno.
Non lo so. Non so cosa succede quando scrivo perché non sono certo che esista un linguaggio adeguato per descrivere, persino a se stessi, cosa significhi davvero usare la lingua con uno scopo ben preciso.
So che la mia coscienza, se sono immerso nella scrittura di qualcosa di impegnativo, si sposta in uno stato completamente diverso da quello in cui sono durante la maggior parte della mia vita da sveglio. Ma non è neppure come sognare poiché è molto più focalizzato e ho maggior controllo.
Se sto scrivendo, come spesso faccio, qualcosa che richiede la manipolazione della struttura o del vocabolario della lingua inglese, allora mi ritrovo davvero dentro spazi mentali piuttosto inusuali.
Scrivendo il capitolo su Lucia Joyce in Jerusalem, “Round the Bend” [“Fuori di Testa”, N.d.T.], mi sono ritrovato sotto una sorta di cascata sinaptica che mi ha indotto una delirante, felicità da espansione mentale. Invece, scrivendo nel collassato gergo del futuro di Crossed +100, mi sono un po’ depresso semplicemente dovendo utilizzare una lingua limitata e di conseguenza un numero limitato di cose che i personaggi potevano pensare, o sentire o concepire.
Quello che sospetto succeda è che tutta la nostra realtà neurologica può essere vista, al suo più immediato livello, come costituita da parole. Quando si scende a questo livello della nostra realtà - al “codice segreto” della nostra realtà, se preferisci chiamarlo così - allora che lo faccia consciamente o no, in modo deliberato o no, stai avendo a che fare con… la magia.
Per cui la risposta alla domanda su cosa succeda quando sto scrivendo, è la più banale e inutile delle risposte che mai riceverai da un autore: la magia accade.
Spero che il fatto che sia io a dire una cosa simile e che sia assolutamente convinto di quanto affermo, unitamente a tutte le potenziali terribili implicazioni, sia sufficiente per far sembrare una simile risposta un po’ meno stupida.

12. Che cosa pensi delle nuove generazioni? Stiamo migliorando o peggiorando?
Beh penso che, come per qualsiasi generazione, stiate facendo contemporaneamente meglio e peggio e, credo, che col passare del tempo, i miglioramenti siano superiori ai peggioramenti. Considerando che il mondo con cui avete a che fare è di esorbitante complessità credo ve la stiate cavando piuttosto bene. La mia unica preoccupazione - e non è una preoccupazione specificamente rivolta alla tua generazione - è che troppe persone possano evitare la complessità del mondo per ritirarsi in qualcosa di più semplice, confortante e sostanzialmente paralizzante come la nostalgia oppure il desiderio per una infanzia perduta e priva di complicazioni.
Affrontare il presente ha sempre richiesto una notevole dose di coraggio e audacia. Cercare d’essere all’altezza dei tempi in cui si vive è tutto quello che ciascuno di noi, qualsiasi sia la sua generazione, può sperare di fare.

13. Parlando di cinema mainstream, quale pensi sia il film horror più erotico?
Questa è una domanda un po’ infida. Se rispondessi, ad esempio, Godzilla, allora la gente potrebbe legittimamente interrogarsi sui miei gusti sessuali fino a quando continuerò a scrivere. A dire il vero non penso che i film horror siano particolarmente erotici, al contrario penso che molti film erotici siano... orribili.
Copertina di Providence N. 8. Illustrazione di Jacen Burrows.
14. Vedi la possibilità di un significativo spostamento a sinistra nei Paesi anglofoni stante i positivi riscontri di Corbyn/Trudeau/Sanders? Anche se non voglio dire che loro tre siano identici.
Fa certamente piacere sentire qualche voce di sinistra in un mondo dominato da avidi e spietati programmi di destra e la vittoria di Trudeau in Canada va, naturalmente, salutata come un modo di invertire la tendenza rispetto alle recenti suicide politiche ambientali di un Paese con un passato, in quel campo, esemplare.
Sanders è un caso interessante, che sta emergendo negli Stati Uniti, nazione che sembra essersi goduta finora la relazione fobica con qualsiasi proposta che avesse il più vago odore di socialismo. Auguro a tutti loro ogni bene e di sicuro l’auspicio è che possano prefigurare il ritorno a più basilari e dignitosi valori umani ma, credo, che nel lungo temine dovremmo accettare il fatto che il modello standard di un moderno governo democratico non è più (a) il lavoro, (b) l’interesse delle persone comuni rispetto ad un élite che appare immorale; (c) o persino, la democrazia. Ora abbiamo a disposizione alternative più intelligenti e democratiche e dovremmo incominciare a pianificare sfruttando questo fatto prima che la situazione peggiori ancor di più. Per quanto mi riguarda sarei interessato nel vedere la scienza moderna giocare un ruolo maggiore nei governi: una politica basata sulle evidenze sarebbe un approccio piuttosto inedito e gratificante alla governance.
Quello che voglio dire è che dovremmo sostenere quei pochi raggi di luce che si fanno strada tra la tossica copertura nuvolosa dei conservatori ma dovremmo anche pensare al futuro - che è qui, ora – e dovremmo davvero avere un Piano B che preveda un più ampio e radicale cambiamento.

15. In che modo usi la magia nel tuo lavoro? Quale procedimento o metodo segui?
L’utilizzo della magia nel mio lavoro è cambiato significativamente nei circa vent’anni che sono passati da quando ho iniziato. Se all’inizio prestavo molta attenzione ai rituali e agli esperimenti magici - sia perché era l’unico modo consigliato per trattare simili cose sia perché erano esperienze molto eccitanti e pirotecniche -  al giorno d’oggi ho interiorizzato le mie idee sulla magia al punto che percepisco qualsiasi attività creativa che faccio come un atto magico.
Metto lo stesso livello di magica consapevolezza, percezione e concentrazione in un capitolo di Jerusalem o di Providence di quella spesa nei rituali che sono alla base di Sacco Amniotico o Angel Passage. Sostanzialmente ho capito che Arte e Magia sono esattamente la stessa cosa.
Questo non è un modo per sminuire la Magia, non vuol dire che alla fine dei conti si tratta “solo” di Arte ma, invece vuol dire che l'Arte è un qualcosa di molto, molto più grande di quanto il suo attuale, degradato stato di merce o di semplice prodotto riempi-tempo potrebbe lasciarci supporre.
Se la tua visione del mondo presuppone che tutta la realtà che percepiamo è costituita da parole e credi che certe intense forme di linguaggio possano, di conseguenza, essere capaci di alterare questa percezione, allora prendere in mano una penna o sederti di fronte ad una tastiera assumeranno tutto un altro significato.

[L'intervista completa può essere letta in originale QUI.]

2 commenti:

Orlando Furioso ha detto...

Come si possa non amare Alan Moore è una cosa che non capirò mai.
(Suona un po' adolescenziale, lo so... ma chi se ne frega! ^___^)

Claudio Fattori ha detto...

Illuminante.