domenica 20 ottobre 2013

Back to the future: Igort e Carpinteri

Carpinteri (a sx) e Igort (a dx)
Il 6 Ottobre scorso ho assistito, nell'ambito del festival KME, a un interessante incontro tra Igort e Giorgio Carpinteri, due Maestri del fumetto italiano, tra i protagonisti (insieme ad altri), durante i primi anni '80, della "rivoluzione" Valvoline Motorcomics.

In occasione del trentennale di quell'esperienza è stata aperta una pagina Facebook, intitolata Valvoline Years, che recita:
"Al principio degli anni Ottanta, e per quasi tutta la decade, un piccolo gruppo di autori: Daniele Brolli, Lorenzo Mattotti, Giorgio Carpinteri, Marcello Jori, Jerry Kramsky e Igort, diedero vita a un progetto comune. Lo chiamarono Valvoline Motorcomics.

Anno di Pubblicazione di Valvoline Motorcomics sulle pagine di Alter Alter, allora diretto da Fulvia Serra, 1983, 1984."

Al contempo Coconino Press è impegnata nella pubblicazione, in una nuova edizione ideata e curata per l'occasione, di alcuni dei fumetti apparsi in quegli anni. Finora sono usciti Doctor Nefasto di Jerry Kramsky (testi) & Lorenzo Mattotti (disegni) e Polsi sottili di Gorgio Carpinteri, mentre è attesa entro l'anno la pubblicazione di Sinfonia a Bombay di Igort.

L'incontro al KME si è aperto con un breve reading di Igort che, su un lieve accompagnamento musicale, ha letto quella che dovrebbe essere l'introduzione al volume Sinfonia a Bombay. Un breve estratto si può "apprezzare" nel video sotto.
A seguire, Igort e Carpinteri si sono divisi la scena raccontando e ricordando quel periodo, la loro amicizia, l'amore per il Fumetto e la loro visione della Nona Arte. E molto altro...

Una stagione [quella delle riviste] anche molto... brutale. 
Io credo d'essere stato traumatizzato da quell'esperienza.  
[Igort]

Igort: A volte mi viene da pensare che un po' abbia ragione Freak Antoni quando dice che "in Italia non c'è gusto ad essere intelligenti". Ma... le cose cambieranno... io sono un ottimista per costituzione.
La stagione delle riviste era una stagione in cui si pubblicava mese dopo mese e si imparava a pedalare, a gareggiare in diretta. Non c'era neppure il tempo di pentirsi.
Mi ricordo dei discorsi con Magnus - il grande Magnus che avrebbe disegnato migliaia di tavole - che mi diceva che dopo che la storia era finita e pubblicata, dopo soli tre mesi hai già voglia di andare lì e grattare per correggere... Pubblicare per le riviste è una specie di arena nella quale ti misuri con un racconto che cresce in diretta, mentre lo disegni. Una stagione anche molto... brutale. Io credo d'essere stato traumatizzato da quell'esperienza. [ride] 
Oggi viviamo un'altra stagione, in cui si pensa più in termini di libro, di volume. Mentre negli anni '80 e '70 c'era la rivista... A quel tempo anche in campo letterario, non passava quasi niente. Quando uscirono Tondelli, De Carlo, ricordo la sensazione di rivoluzione pazzesca perché... erano due autori che avevano meno di centocinquant'anni! Perché c'era una situazione, anche di dominio, da parte dei grandi scrittori, i Calvino, i Celati, i Pavese... che definivano una sorta di controllo di qualità. C'era quasi un monopolio... loro malgrado. Erano le case editrici che non facevano passare nulla che non fosse al livello dei gradi classici. Oggi forse si pubblica troppo e male... Mi sembra che però all'epoca il panorama letterario fosse un po' asfittico in termini di "nuove proposte". Invece in quel periodo, grazie alla stagione delle riviste che fu in parte favorita dall'intelligenza genialoide e apertissima di Oreste Del Buono, il Fumetto - che al tempo era considerato un genere e non un linguaggio - portò alla riconsiderazione di alcune regole... tra cui il fatto che potessero produrre delle cose belle... Una constatazione che sembra banale oggi, ma allora non lo era affatto... e la battaglia non è comunque ancora finita. Finirà quando si vedrà un autore di fumetti - perché ce ne sono anche di degni e la qualità non latita di certo - candidato al Campiello con un suo graphic novel oppure quando nomineranno magari Giorgio Carpinteri al Nobel per la Letteratura [Carpinteri sorride e fa finta di nulla]... Quando questo succederà allora si sarà capito che è possibile narrare con le parole e le immagini e questa è, banalmente, una categoria del Racconto. Oggi siamo ancora come quando la Prosa veniva considerata un po' di secondo piano rispetto alla Poesia

Il più grande successo è fare un lavoro che ti piace in cui puoi mettere tutta la tua energia positiva per migliorare questo mondo partendo dalle povere cose che hai: carta, inchiostro, colori.  
[G. Carpinteri]

Carpinteri: Igor ha fatto un suggestivo quadro del periodo. Mi sono riconosciuto in quello che ha detto... In un certo qual modo le nostre vite sono corse in parallelo. Dall'età di dieci anni io sono venuto a vivere qui per tre anni e mezzo ed è già narrativa la storia di due persone come noi che si incrociano in così giovane età, coltivano assieme la stessa passione e questa li fa incontrare di nuovo a Bologna, anni dopo, forse complice il DAMS, Umberto Eco... il fascino di una città che aveva tutte le carte in regole per essere una città viva, ed infatti lo è stata... sono i cicli, ad un certo punto sei in alto e poi in basso, ti sei addormentato... al momento Bologna mi sembra una città dormiente, ma questo non è un nostro problema.
In quel periodo... e a me interessa relativamente il discorso del Fumetto come ghetto, come una cosa di cui vergognarsi... perché in un certo qual modo noi autori di fumetti ci abbiamo fatto l'abitudine, a essere considerati un po' come degli animaletti esotici. Come qualcosa di originale, strano... un quarantenne, un cinquantenne che disegna fumetti... è pittoresco, è tenero... come un canarino colorato o un animaletto esotico, appunto. Tutto questo indebolisce o ti fa apprezzare una frase come quella di Freak Antoni degli Skiantos che però non va cavalcata perché invece è vero ciò che tu vuoi. Se tu vuoi fare dei fumetti, li fai... ed Igor ne è la dimostrazione vivente: ha tenuto il punto sin da quando l'ho conosciuto a dieci anni fino ad oggi, facendo le sue cose, dimostrando che si possono fare in qualsiasi situazione atmosferica e culturale. Lui è un buon esempio, anche per me, da tenere presente. Qualsiasi cosa facciamo nella vita, qualsiasi sia il nostro interesse, aggrappiamoci sempre a quell'esempio che ce l'ha fatta, che ha realizzato la magia di fare quello che gli piaceva portando a casa il risultato grazie al duro lavoro quotidiano. Igor in questo, e non è un monumento all'amico, ma è oggettivo, è un esempio di coerenza, nel senso buono del termine... nel senso di fare delle cose belle e di proporre delle cose belle... 

Negli anni '80 noi appassionati di fumetti e nuovi autori di fumetti ci siamo trovati ad un crocevia fortunato in cui era previsto che delle culture diverse - la musica, il teatro, il cinema, la letteratura, il disegno - si potessero incontrare e miscelare creando qualcosa di nuovo.

Dipende dalle aspettative e dalla natura delle singole persone ma io rivendico la possibilità d'avere un piccolo pubblico che sa riconoscere e apprezzare quello che faccio. Non è importante avere successo. Il più grande successo è fare un lavoro che ti piace in cui puoi mettere tutta la tua energia positiva per migliorare questo mondo partendo dalle povere cose che hai: carta, inchiostro, colori. Una vita così è già una vita meravigliosa, no?
 A dieci anni non avevo ancora letto Wittgenstein ma...
intuivo che mi piacevano i fumetti.  
[Igort]

Igort: Volevo raccontare un piccolo aneddoto cagliaritano. Abitavo in via Dante, all'altezza di via San Benedetto e al tempo gli autobus passavano più o meno come in Messico, non si sapeva mai quando... Avevo dieci anni, c'erano delle attese di quaranta minuti per il n.1 o il C... e c'era un'edicola che per me era come un tempio... un luogo in cui c'era la carta stampata. Non riesco ancora a spiegarmi quella mia attrazione totale per l'edicola, per le riviste, per quell'arte pop, l'arte riprodotta... A dieci anni non avevo ancora letto Wittgenstein ma... intuivo che mi piacevano i fumetti [ride] e pure quella stampa di pessima qualità, sulla carta pulp, su cui erano stampati gli albi americani... e c'era un'edicola che era la numero uno in assoluto, una "grande" edicola, in Via Roma vicino alla stazione, che vendeva gli albi per gli americani, e c'erano dei fumetti, americani, originali, con tanto di timbro in copertina... perché passavano da Napoli dove mettevano un timbrone sopra che sfregiava tutte le copertine. E ricordo che... all'epoca ero uno gnomo, avevo dieci anni, e andavo a piedi fino a quell'edicola in via Roma. Ci mettevo, credo, circa venticinque minuti: per me era più o meno come andare all'estero. Era una sorta di pellegrinaggio. E poi dovevo affrontare i "lupi", ossia i proprietari di quell'edicola che erano particolarmente "incazzosi" soprattutto per la pratica che non utilizzavamo, non di rado [ride], di sfogliare gli albi alla ricerca di quelli disegnati da certi disegnatori che ci piacevano... 

Carpinteri: Eravamo esigenti!
Igort: Siccome dentro un albo c'erano più storie e la copertina non ti diceva molto perché spesso era disegnata da un disegnatore che non era all'interno, allora bisognava trovare il modo di sfogliare gli albi senza che questa persona, che di solito era di guardia (e diceva sempre "non si può sfogliare!!!"), ce lo impedisse.
E questa sorta di iniziazione rendeva la ricerca degli albi che ci interessavano ancora più desiderabile e avevamo messo a punto una certa tecnica... L'edicola aveva la parte frontale sul lato strada e dall'altro lato si affacciava su un cinema, l'Eden... per cui ci si intrufolava su quel lato, dove gli albi erano esposti, si cercava e quando sentivamo "non si può sfogliare", ne compravamo uno sperando d'aver trovato quello che ci interessava. E questa tecnica la replicammo poi quando Giorgio andò a vivere a Rimini ed io lo andavo a trovare durante le vacanze estive. Si faceva a piedi praticamente tutto il lungomare da Rimini a Riccione, svariati chilometri, alla ricerca di diverse edicole... perché lì c'erano più turisti e più possibilità di trovare gli albi che ci interessavamo...
 

Carpinteri: Eravamo malati... 

Igort: Questa forma di "malattia" ci rese però particolarmente determinati con l'idea di fare questa cosa. E sempre di più... Credo che difendere un avamposto... con Spiegelman si diceva "no, ma ormai il Fumetto ce l'ha fatta.", ma io non lo credo. Maus c'è la fatta, ecco! Maus è un fumetto che tutti più o meno conoscono, che anche in Italia ha venduto oltre centomila copie: una cifra spaventosa rispetto a quanto vendono i libri a fumetti. 
Quella dimensione lì, coltivata sin da bambini, ha in qualche modo favorito la nascita di questo lavoro. 

Nel mondo del Fumetto molto è poco interessante. [Igort]
Oggi le riviste non esistono quasi più. Linus ha quasi chiuso un mese fa, sopravvive sì ma non è più il Linus di un tempo. Anche perché manca una capacità di sguardo sul reale, su quello che è la vita reale. Però c'è una stagione molte importante, questa della Rete che favorisce la divulgazione delle idee, delle immagini... si è passati da una visione un po' da Cinema, in cui l'autore era chiuso nel proprio stanzino, produceva le storie e poi le pubblicava e ogni tanto, se era fortunato, arrivavano delle lettere, ma non sapeva nulla su come la sua storia veniva letta... Adesso c'è Facebook: ti insultano anche in tempo reale! L'effetto è molto frontale, spaventoso ma anche affascinante. Ho sentito persone andare dagli editori e dire "quest'immagine ha ricevuto 300 like su Facebook", come a dire che è giusta, che arriva... Per cui si tratta di uno strumento che ha portato il Fumetto - e quindi l'autore - come a Teatro: fai una cosa e vedi subito la reazione di quello che hai fatto. Questa è una forma molto interessante di apertura nei confronti del comunicare. Poi, come dice Fofi, non bisogna porsi troppi problemi sul comunicare ma su che cosa ho da comunicare. Ma questi sono altri discorsi. Però penso che oggi ci sia una dimensione utile e interessante nel raccontare. Nel mondo del Fumetto molto è poco interessante - così come nel mondo della Letteratura e del Cinema, anche lì molto è poco interessante - però sapendo "leggere" s'impara a scrivere e leggere bene... è una sorta di circolo. Negli anni '70 si diceva "io sono quello che mangio" e il concetto si può estendere all'ambito psichico e culturale. 

A me Internet piace da morire. [G. Carpinteri]

Carpinteri: A me Internet piace da morire. Mi domando oggi come facevamo noi negli anni '80 senza uno strumento così. Uno strumento indispensabile anche solo per la documentazione. Io al tempo avevo lavorato per potermi comprare una moviola e una cinepresa. Per cosa? Per fare un film, direte voi. No, stavo davanti alla televisione e quando c'erano dei film in bianco e nero dei miei autori preferiti, come Hitchcock ed altri, riprendevo a scatto singolo la schermata a raffiche - aveva questa possibilità di farlo - per poi avere un documento sulla mia moviola come riferimento per disegnare. Stiamo parlando praticamente del Medioevo! Non c'era il computer ed io ero felicissimo di quella soluzione. Oggi è tutto molto, molto più facile. Si può accedere a storie altrui, a spunti altrui, a documentazione... un'infinità. Ed è tutto molto bello ma c'è il problema della dispersione: aumenta la possibilità di avere troppi stimoli. La musica la ascolti solo lì perché è gratis, non compri più il disco, ti scarichi il pdf... C'è tanta di quell'offerta e si tende - parlo di me come lettore, ascoltatore, fruitore - a dire "sì, interessante, magari lo rileggo, lo risento dopo" e non si fa come facevamo noi, da bimbi poveri del tempo, ad affezionarsi a quello che hai, a sentire quel disco, a leggere quel libro... traendo da quelle poche cose, rispetto a quelle che si possono avere oggi, il massimo di quel "frutto". Dando anche una possibilità a quel materiale di cui usufruivamo anche esagerata. A volte era più quello che mettevo io nell'opera come fruitore rispetto al valore dell'opera stessa. Voglio dire che  era più facile concentrarsi su qualcosa. Come nascono i "miti"? Abbiamo passato un sacco di tempo a studiare le pagine dei fumetti di quei disegnatori che andavamo a cercare per le edicole... Oggi è più difficile formarsi un gusto perché forse è più difficile "fermarsi" su qualcosa.
Al tempo per dire c'era solo la Rai, oggi l'offerta televisiva è incredbile...
 
Igort: Come direbbe il mio filosofo preferito, ossia Lino Banfi, siamo telerincoglioniti...

Carpinteri: Un po sì... Questa è solo una riflessione così... anche per dire che a volte ci diciamo esperti di tutto perché abbiamo intravisto tutto... ma che ne dite di "vedere" una cosa? Di fermarsi? Non è una critica a voi, ma a me stesso. Il rischio è quello d'essere bombardati da segnali che ti dettano una scaletta d'acquisto, d'ascolto... Il bello della Rete è l'amplificazione del tam-tam, del passaparola... la recensione da parte dell'utente del locale, del film, del ristorante... Ma mi preoccupa molto il lato fruitore perché in una situazione molto ricca d'offerta, con un bombardamento eccessivo, questa riduce in noi le capacità di recepire, di sentire, di affezionarsi...
Un tempo c'erano le riviste che circolavano per casa e ti affezionavi ad un autore, ad una storia e poi andavi a comprare il libro. Oggi non ci sono più le riviste ma c'è molto di più... c'è Internet, la possibilità di spulciare di tutto, cogliendo però, spesso, solo dei brandelli di una realtà che forse varrebbe la pena d'essere maggiormente approfondita.


Avremo sempre bisogno di racconto. [Igort]

Igort: Io sono consolato dall'idea che comunque avremo sempre bisogno di racconto. Credo sia una componente dell'essere umano. Ed è un aspetto che mi interessa, che mi intriga, che mi stimola. Per cui, come dice Gabo, io voglio "vivere per raccontarla".

Carpinteri: Vi racconto un aneddoto, un evento interessante per la mia vita, legato a Polsi sottili, storia dell'epoca Valvoline ripubblicato dopo trent'anni da Coconino in queste settimane. In quel libro per la prima volta realizzavo una storia lunga, io che amavo le storie brevi per poter sempre cambiare ambientazione e personaggi... e avevo dato il ruolo da protagonista a una donna, Caterina Podom. Anche questo era anomalo perché i miei fumetti erano spesso "maschili", erano dei noir un po' patafisici, demenziali con un'ironia e un sarcasmo... e non prevedevano l'amore!
Invece per Alter Alter, per Valvoline mi ritrovai a fare una storia d'amore. La faccio breve... Io temo che il me stesso d'allora - il Giorgio ventitreenne, ventiquattrenne - stesse cercando la donna giusta, per cui da autore... me la disegnai, le diedi un carattere, un aspetto... delle caratteristiche precise, essendo l'autore facevo come mi pareva
[sorride]. Le avevo dato un profilo, ai miei occhi, riconoscibile: avevo tirato fuori la ragazza per me ideale. E finito il libro, la cosa buffa e qui, ecco il potere magico del racconto... il racconto esisterà sempre e può creare dei piccoli miracoli... nel mio caso, qualche mese dopo, a Roma, in una circostanza del tutto fortuita, mi ritrovai a riconoscere, tra le persone con cui di lì a poco avrei dovuto lavorare in Rai, una ragazza che era esattamente Caterina Podom!

Igort: E sono ancora sposati dopo trent'anni.

Carpinteri: Lei - quando le dissi, timidamente, che forse io l'avevo evocata - ci ha creduto subito, riconoscendosi in determinati dettagli del personaggio, al punto da farsi fotografare da un'amica fotografa in una posa il più simile possibile a Caterina! E questa foto ora è nel libro.
Ed è bellissimo per un autore - o per noi tutti, se vogliamo crederci - pensare che quello che viene messo e creato sulla carta, a volte, può evocare delle cose belle... il potere delle storie, dell'Immaginazione...
Per cui... se vi dovete sposare o cercare l'anima gemella, il mio consiglio è... di mettervi a disegnare!

martedì 15 ottobre 2013

Orfani? No, grazie. Meglio Occhio di Falco!

Pagina da Hawkeye N. 2 (Marvel). Disegni di David Aja, colori di Matt Hollingsworth. Storia: Matt Fraction.
Di certo non sono il "lettore medio" (esiste?) né, probabilmente, il "target" obiettivo (esiste?) di Orfani, la nuova produzione Bonelli di cui da tempo si fa un gran parlare e che, in un certo qual modo, è attesa come una sorta di "salvatore della Patria" o comunque come un evento di svolta per i meccanismi produttivi e per il "rinnovamento" della casa editrice milanese e, naturale conseguenza, del Fumetto Italiano popolare. 
Probabilmente le mie sono solo sensazioni, un parere "a pelle" e certo senza crismi di infallibilità da parte di chi qualche fumetto lo legge e l'ha letto. Senza alcun intento polemico (meglio mettere le mani avanti che flame e troll sono sempre dietro l'angolo! LOL!), cercando di focalizzarmi sopratutto sulla storia, sul fumetto in sé che è quello che, personalmente, conta. Un approccio, direi, lievemente più approfondito del mio solito omeopatico (LOL).

Orfani, dicevamo. (Mini? Maxi?) serie mensile a colori di genere sci-fi ideata (e scritta) da  Roberto Recchioni insieme a Emiliano Mammucari, a cui si deve l'impostazione grafica, in uscita il 16 Ottobre in tutte le italiche fumetterie (ma da qualche parte, pare, già disponibile da giorni). Copertinista d'eccezione: Massimo Carnevale. Per una serie di fortunati eventi ho potuto leggere in anteprima la versione in pdf. E sì, vi rispondo subito... difficilmente comprerò l'albo cartaceo, che poi c'è sempre tempo per cambiare idea e prendersi i volumi targati Bao che seguiranno.

Sin d'ora, per un'analisi più ragionata, argomentata e "d'insieme", rimando all'articolo firmato da Guglielmo Nigro per Lo Spazio Bianco

Avviso ai lettori: ATTENZIONE SPOILER, continuate a vostro rischio e pericolo!!!
Vignetta da Orfani N.1. Disegni di E. Mammucari.
Parlando di Orfani, non si può non fare una distinzione: c’è Orfani operazione di marketing, e c’è Orfani fumetto.
L'operazione marketing è stata gestita validamente e, oltre ai canonici spazi tipici della promozione fumettistica, si è spinta e ha raggiunto canali solitamente "banditi" come riviste e portali "generalisti" quali Tiscali e La Gazzetta dello Sport, per fare qualche esempio. Non a caso la "mente" è Recchioni, autore che conosce bene alcune "tecniche" per aumentare il proprio profilo e visibilità e le usa egregiamente da tempo (vedasi il suo frequentatissimo blog). In questa campagna promozionale spiccano i "martellamenti" su alcuni punti chiave: il più grande investimento mai fatto dalla Bonelli, il colore con “funzione narrativa”, il possibile punto di svolta per il fumetto italiano, i 4 anni di preparazione, la ricerca di un altro pubblico “giovane”, e via dicendo.
Tutto perfetto a tal punto che il rischio è che quegli stessi punti diventino una sorta di vademecum del recensore perdendo di vista il fumetto.
Ah, ecco il fumetto, l'albo o meglio il pdf... insomma la storia.
Marketing o meno (anzi forse l'hype in alcuni casi ha "gonfiato" le aspettative?) Orfani è un fumetto disegnato "benino" (nella media o poco sopra la media dei migliori albi Bonelli) e colorato altrettanto benino (nella media o poco sopra la media dei migliori albi del DD Color Fest, per dire), con un impianto sempre piuttosto classico e sostanzialmente in linea con la più recente tradizione Bonelli (diciamo da Dylan Dog in poi?) e... con qualche "problema" di sceneggiatura.
Il paragone sembrerà forzato e improponibile - e facciamo per questo tutti i distinguo del caso - ma sempre di fumetto mainstream si parla, sempre di colossi editoriali si parla... e devo dire che se si prende Occhio di Falco, prodotto Marvel, nella recente incarnazione scritta da Matt Fraction e disegnata da David Aja (e altri), a livello di freschezza narrativa, di trovate e di disegni... siamo lontani anni luce. E, ad essere pignoli, poi Occhio di Falco riporta in auge e "modernizza" la run di Steranko su Nick Fury degli anni... '60!!!
Da Orfani N.1. Disegni di E. Mammucari.
Riguardo la storia di Orfani... Beh, la sensazione generale è di forte déjà vu, di una vicenda carente di trovate (avrò visto e letto troppa sci-fi???) o di slanci. Forse la ragione risiede anche nel... marketing e nelle preview diffuse: le premesse della vicenda erano ben note per cui la lettura è stata inevitabilmente falsata. Sarà.
Direte "è un numero uno, ci sarà tempo". Non so. Il numero uno deve incuriosire, prendere e convincerti a continuare. Mentre leggevo mi veniva in mente Caravan (o quel che mi ricordavo di Caravan), dai temi simili... e quel "datato" esperimento, per lo meno il numero uno, nel ricordo mi pareva più riuscito... nonostante l'assenza del colore... Magari la memoria fa brutti scherzi...
La caratterizzazione dei piccoli Orfani non mi è parsa particolarmente riuscita, semplificata oltre ogni necessità: i bambini (che, lo ricordiamo, hanno sugli 8-10 anni, hanno appena subito la perdita dei genitori in un drammatico attacco alieno e sono stati raggruppati in maniera coatta e lasciati allo sbando), si comportano subito da soldati, senza mostrare il minimo dubbio. Oltretutto, decidono subito di abbracciare la causa militare e di tornare alla base (come gruppo), come che questa sia la scelta più naturale per un bambino di dieci anni. A latere, i bambini portoghesi e spagnoli comunicano naturalmente in un linguaggio comune. E c'è pure una ragazzina americana con madre spagnola...
Eccessivamente stereotipati e al limite della "credibilità" i personaggi "adulti", il generale e la professoressa. Anche qui la semplificazione pare eccessiva e controproducente. Così come pare poco "credibile" la scena dell’orso e del bambino che si sacrifica attaccandolo con... uno "stecchino"!
Vignetta da Orfani N.1. Disegni di E. Mammucari.
Passiamo invece alla linea temporale adulta. Siamo in presenza di una civiltà (quella degli Orfani) in grado di fare “salti quantici” (qualunque cosa ciò voglia dire). Ci sta: sospensione dell’incredulità. Ma è possibile che i soldati arrivino sul pianeta degli alieni senza che prima siano state effettuate altre missioni con umani di carattere esplorativo? Non solo: parrebbe che non sia mai stata mandata nemmeno una sonda! Il fatto che l’aria del pianeta degli alieni sia respirabile sia scoperta per caso (“le analisi preliminari degli scanner ci dicono che possiamo ritenerci fortunati”) non è un bel segnale.
Un’altra prova? La tecnologia in possesso della Terra permette i salti quantici ma... per combattere le radiazioni del pianeta alieno, gli Orfani devono ricorrere a un vaccino (vaccino?) che non può essere assunto se non a siringate, ogni due giorni...
Ancora. Risulta difficile credere che una corazza, come quella aliena, impermeabile ai colpi di fucile sia facile da tagliare a colpi di... coltello (!), anche considerando la necessità di una scena d’azione “cool”. Ma soprattutto, nella stessa sequenza, lascia interdetti quella manciata di pagine in cui la ragazzina si mette il mantello stealth e va a combattere. Il caposquadra si getta in azione, evita l’attacco del mostro e lo uccide. Gli altri gli danno manforte. La ragazzina torna. Quanto può essere passato, in quella scena d’azione? Tre minuti? Cinque? Ecco, nel corso di cinque minuti il mantello si è scaricato... al di là dell’aspetto scenografico, narrativamente, come si può giustificare una cosa del genere? Forse la ragazzina era sempre "nascosta"... Mah!
Lo so lo so... sono fumetti, e poi si corre il rischio di fare cose come questa. (LOL!)
Da Orfani N.1. Disegni di E. Mammucari.
Orfani N. 1, dal punto di vista narrativo, è una personale "delusione totale". Al di là dei buchi logici, non c’è anima. Tutti i personaggi sono stereotipi già visti e usati nella stessa maniera, e non c’è empatia: tutto succede perché deve succedere. E non bastano il lavoro del disegnatore e dei coloristi a salvare una storia che lascia poco.
Ma forse le mie aspettative erano troppo alte? Troppo marketing... Torno a leggere Occhio di Falco.
Pagina da Hawkeye N. 2 (Marvel). Disegni di David Aja, colori di Matt Hollingsworth. Storia: Matt Fraction.
PS.: E mi sorge una domanda: a ruoli invertiti Roberto Recchioni che farebbe su Occhio di Falco? E Matt Fraction su Orfani?

domenica 13 ottobre 2013

Un miracolo!!! (Intanto Lucca si avvicina...)

Un sinistro Marvelm... ehmmm, Miracleman firmato Joe Quesada.
A dire il vero, il post che avevo scritto iniziava in modo diverso ma la notizia è troppo ghiotta e per me fondamentale perché possa ignorarla: sabato scorso, 12 Ottobre, durante il New York Comic Con e dopo un'attesa che definire leggendaria è un eufemismo, la Marvel ha annunciato che a partire da Gennaio 2014 inizierà finalmente a ristampare Miracleman, portando anche a compimento la run in sospeso scritta (mille mila anni fa) da Neil Gaiman per i disegni di Mark Buckingham. Che dire se non... meraviglioso miracolo!!!
I dettagli non sono ancora ben noti ma nessuno ha fatto il nome di Alan Moore, come richiesto dal Bardo di Northampton. Chi fosse interessato a capire un po' di più sull'annosa controversia legata a Marvelman/Miracleman può leggere l'ottima serie di articoli dedicati al tema dal super esperto Pádraig Ó Méalóid: qui.
Il manifesto dell'edizione 2013 di Lucca Comics and Games.
Intanto in Italia... tutta l'attenzione degli appassionati e degli addetti ai lavori, con in prima linea (giustamente) gli autori e la casa editrice coinvolti, è (o sembra essere) puntata sull'attesissima imminente uscita (il 16 Ottobre nelle edicole di tutta Italia) di Orfani, miniserie Bonelli, a colori ideata da Roberto Recchioni e Emiliano Mammucari. Se ne parla qui e qui, solo per dare due riferimenti autorevoli come Susanna Raule e Michele Ginevra.
E... la manifestazione di Lucca si avvicina a grandi passi! Dal 31 Ottobre al 3 Novembre tutti a Lucca, verrebbe da dire. Anche se.. ad essere sinceri, difficilmente ci sarò, fisicamente. Mentre è probabile che ci sia qualche libro a cui ho lavorato e... forse una sorpresa. Forse. Ma di questa "sorpresa", nel caso, ne riparleremo.
Orfani N.1, copertina di Massimo Carnevale.
Però... 2020 Visions, vecchio volume del 2012, che ho "ideato", curato e aiutato a nascere, è tra i candidati, tra altri 91 (!) titoli, al Gran Guinigi nella categoria "Miglior storia lunga". Piccole soddisfazioni per un libro su cui ho investito tante energie e passione, forse oltre il ragionevole, per proporlo in un'edizione Italiana... anche se credo sarà difficile (e comunque, irrilevante) risultare vincitori! :D
Sempre in tempo per la kermesse toscana sarà (finalmente) disponibile il terzo numero di Bizzarro magazine, incentrato sul rapporto tra cinema e videogiochi. All'interno una short scritta da me insieme all'amico Biagio Cephalus per i disegni di  Daniele Serra e Abhishek Singh. Ne parlai qualche tempo fa. Inutile dire che non sto nella pelle all'idea di stringere la rivista tra le mani .
Copertina di Bizzarro Magazine Vol. 3 firmata Alain Poncelet.
Ma il Grande Evento di Lucca 2013, per me, sarà il nuovo libro di Gipi. Intitolato semplicemente unastoria, segna il ritorno al Fumetto del magistrale autore de LMVDM dopo una lunga pausa di riflessione che aveva fatto temere diventasse un'assenza a tempo indefinito dai lidi della Nona Arte.
Immagino file chilometriche allo stand Coconino per firme e sketch!
 
 
Sopra, copertina e alcune tavole da unastoria di Gipi.
Viva il Fumetto! Viva i miracoli!
Lucca o non Lucca!

lunedì 30 settembre 2013

Crepax e Hitchcock (erano) a Milano

Qualche settimana fa, di passaggio a Milano, ho avuto modo e piacere di vedere due splendide  mostre (ricche di materiali e con un ottimo allestimento) dedicate a due Giganti dell'Immaginario contemporaneo: GUIDO CREPAX e ALFRED HITCHCOCK.

Entrambe allestite a Palazzo  Reale, le mostre si sono concluse, purtroppo, qualche giorno fa (quella  mostra dedicata al creatore di Valentina era visitabile fino al 15 settembre, mentre quella sul geniale cineasta inglese fino al 22 settembre). 
Con colpevole ritardo, consegno a questo blog un parziale resoconto fotografico. Spero non me ne vogliate.


Ed ora... buona visione!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

lunedì 23 settembre 2013

Magic Moore

Ne avevo parlato qualche tempo fa e quindi forse saprete già che ho collaborato a (e direi in parte "ideato") The best of Dodgem Logic, volume di prossima uscita per i tipi di 001 Edizioni che conterrà il meglio della rivista Dodgem Logic, diretta da Moore e portata avanti tra il 2009 e il 2011.

Tra i contributi, da me curati, figura un interessante saggio firmato dal Bardo di Northampton che traccia una rapida panoramica sul mondo della Magia, tanto caro al Barbuto.
Il titolo originale dell'articolo è Magic, running in the gutters like lightening, e nel seguito potete leggerne un breve estratto. Traduzione da me realizzata insieme all'amica (e "comics addicted", come si definisce lei stessa sul suo bel blog) Daniela Odri Mazza (che ringrazio).

"Dal punto di vista della scienza, la coscienza è ciò che è stato chiamato "il fantasma nella macchina", uno spettro vaporoso e sfuggente che è inspiegabile e che quindi scombina la nostra comprensione, altrimenti dettagliata e abbastanza esauriente, del funzionamento delle cose. È così fastidioso questo deficit di sapere scientifico che alcune aree della scienza hanno cercato di metterci una pezza, sostenendo che la coscienza in realtà non esiste, che si tratta di una qualche allucinazione causata da ghiandole, da prodotti chimici, da qualcosa che la scienza è in grado di misurare, nonostante il fatto che questo contraddica totalmente ogni esperienza umana. Ci offre inoltre un modello per i nostri meccanismi interni che sembra limitato, impoverito e, dal punto di vista operativo, quasi del tutto inutile, soprattutto se ci troviamo di fronte a quel tipo di situazioni che ci spingono ad essere creativi. Come possiamo aspirare alle vette letterarie di Shakespeare o alla capacità di composizione musicale di J. S. Bach se tutta l’attività mentale è ridotta a mera scoreggia della ghiandola pineale? Sembrerebbe auspicabile un modello più ricco e utile di consapevolezza, magari basato su idee più flessibili a proposito di ciò che costituisce la realtà.

Ad esempio, cosa succederebbe se, invece di negare l’autenticità della coscienza solo perché al di fuori dei parametri di ciò che la scienza può discutere, prendessimo in considerazione il fatto che sia i fenomeni fisici che quelli psichici sono reali, anche se “reali” in modo diverso? Così come abbiamo accettato che, un tempo, tutte le creature pensanti erano anfibi, nel senso che hanno avuto una vita in due mondi contemporaneamente, se accettassimo che il mondo fantasma della coscienza fosse, a suo modo, altrettanto vero del mondo spietato in cui ci rompiamo le ossa, non avremmo, almeno potenzialmente, un nuovo modo di guardare alla nostra consapevolezza e, forse, un approccio diverso per interagire con le nostre stesse menti che potrebbe rivelarsi più produttivo, fecondo e, francamente, eccitante?

L'idea che esistiamo a cavallo di due mondi, uno materiale e l’altro immateriale, richiede un esame, anche se va detto che questo esame non potrà essere di natura scientifica, perché, come spiegato in precedenza, la coscienza e la scienza stanno bene insieme come il latte e l'uranio. Ci sono quindi delle prove che dimostrino che questi due piani, di cui stiamo parlando, esistono?
" [Alan Moore, traduzione smoky man & Daniela Odri Mazza]