Grant Morrison mostra orgoglioso, prima d'autografarlo, Grant Morrison All Star, corposo saggio a lui dedicato, scritto dagli italiani Agozzino, Peruzzi e Solinas. |
L'importanza delle storie... |
Ambientazione... very British... |
Lo sguardo dei bambini ad Edimburgo... |
Mantenersi curiosi... |
Inutile rimarcare la perfetta, oliata ed efficiente macchina organizzativa capace di far godere appieno, a tutti i partecipanti, gli eventi e il clima del festival in un'atmosfera rilassata e al contempo incredibilmente stimolante. Con la presenza straordinaria di un pubblico attento, esigente ed estremamente eterogeneo.
Molto probabilmente in Italia una simile situazione sarebbe semplicemente... impossibile!!!
Bene, bando alle ciance partiamo con qualche breve "resoconto" degli incontri a cui abbiamo assistito.
Melinda Gebbie Talk, 23 agosto, Peppers Theatre, Edimburgo, ore 16.
(Nota importante: quanto segue, causa "perdita" dei file audio registrati (sob), è frutto della mia fumosa memoria e non si tratta di autentiche citazioni dalla voce dell'autrice)
"Non rimpiango alcun segno di matita, alcun colpo di pennello o di colore speso nella realizzazione di Lost Girls. Ho dato il massimo perché fosse così come è." (Melinda Gebbie)
Fila ordinata e veloce per un buon pubblico eterogeneo, seppur non straripante nei numeri, con la partecipazione di molte donne. Alla fine ci accoglie una tensostruttura di medie dimensioni e ci fiondiamo nelle primissime posizioni. La Gebbie appare in gran forma, luminosa, tutta vestita di viola e con degli orecchini a forma di simbolo della pace: un manifesto vivente del power flower!
La conversazione, ben sostenuta dal giornalista e scrittore Teddy Jamieson, scorre piacevole e la Gebbie racconta con brio e simpatia, soprattutto di Lost Girls. "Doveva essere una storia breve, di otto pagine, ed invece ha occupato diciassette anni della mia vita. [...] Ho messo tutta me stessa in quel libro, volevo fosse bellissimo e fosse rivolto sopratutto alle donne. Ne sono tuttora immensamente soddisfatta. [...]
Succedono delle cose molto forti in Lost Girls, dopotutto il sesso è anche fatto di fluidi, di sudore... ma avviene tutto con eleganza e nel regno dell'Immaginazione. [...]"
"L'Immaginazione aiuta a vivere delle emozioni, delle sensazioni... che a volte sarebbero o sono proibite nella realtà... l'Immaginazione aiuta a provare empatia per l'altro, ci aiuta come esseri umani, a capirci l'un l'altro."
Jamieson chiede se nei lunghi anni passati ad illustrare Lost Girls ci sia stato qualche momento difficile. "Sì, c'è una sequenza disegnata in stile Beardsley, un segno molto distante dal mio. Un segno preciso, pignolo... dovevo fare dei segni esatti, controllati ed era una specie di tortura per me... facevo poche pennellate per volta, poi... dovevo smettere... staccare, e riprendere." E ancora: "Alan mi mandava le sceneggiature con dei layout che mi hanno aiutato con i disegni... la nostra è stata una relazione molto professionale, lui lo scrittore, io la disegnatrice... Alan conosceva e seguiva i miei lavori underground sin dagli anni Settanta, era consapevole della mia visione e approccio... sì, poi le nostre vite si sono intrecciate al di là di Lost Girls, è noto..."
"Il colore ha un'importanza fondamentale in Lost Girls... ho dedicato grandissima attenzione all'aspetto cromatico... ha una fondamentale funzione narrativa."
La Gebbie ha poi ricordato i suoi trascorsi nella scena underground californiana, citando diversi aneddoti a cavallo tra gli anni '70 e primi anni '80. "Ad una convention di qualche tempo fa, il grande Harvey Kurtzman, artista che stimavo immensamente disse che noi donne non avevamo desideri sessuali e nessun senso dell'umorismo. Non riuscii a trattenermi e sbottai che avevamo sì desideri sessuali e senso dell'umorismo ma forse non l'aveva notato da sua mamma e dalle tue amiche, perché noi donne abbiamo voglie e un umorismo particolarmente stinky (puzzolente) e forse avevano voluto preservare le orecchie di uomini innocenti."
Conclude invitando le donne impegnate nel mondo dei comics a fare gruppo e a non farsi incanalare nella produzione dominante dei supereroi, anche se ha riconosciuto ci siano validissime professioniste. Dal pubblico le segnalano il recente progetto Womanthology che desta in lei grande interesse.
Segue disciplinata fila per una dedica e uno sketch. Molte ragazze portano il tomo di Lost Girls e si fermano a chiacchierare qualche minuto con la Gebbie con parole affettuose e complici. Ed è davvero power flower!
Aggiornamento: un interessante pezzo e dettagliato resoconto dell'incontro a cura di Laura Sneddon può essere letto QUI (in Inglese, of course!)
Ed ora è il momento di... Grant Morrison, nell'emozionato scritto dell'amico Antonio Solinas, che ringrazio sentitamente.
Grant Morrison Talk, 23 agosto, Baillie Gifford Main Theatre, Edimburgo, ore 20.
"Quando hanno detto al Principe Carlo che ero uno sceneggiatore di fumetti, ha iniziato a parlarmi di Eagle e Dan Dare. Ho dovuto dirglielo: Dan Dare è un fascista." (Grant Morrison)
Dopo una fila di quasi un'ora, perfettamente organizzata e fluida come di prammatica nel Regno Unito, eccoci dentro la tensostruttura, un piccolo e accogliente teatro con un palco sul quale, sotto un’elegante illuminazione, stanno due sedie e un tavolinetto. L'accortezza (ossessione?) di aver fatto la fila da presto paga, permettendoci di trovare posto in seconda fila (letteralmente di fronte alle due sedie, a due metri-due dal palco). Un agio non trascurabile, dato che il palazzetto, che a occhio ospita almeno 500 persone, è completamente "sold out" e si riempie in pochissimo tempo fino alle poltroncine situate in alto, in posizione lontana e non proprio così comoda. Dopo una decina di minuti dalle operazioni di entrata (appropriatamente velocissime), il pubblico è già in attesa spasmodica. Fortunatamente, in perfetto orario, arrivano Morrison e Joe Gordon, il moderatore. Entrambi gli scozzesi sono visibilmente emozionati per la calorosa accoglienza del pubblico: l'impatto è effettivamente abbastanza impressionante e non giova al povero Gordon, un po’ impacciato.
Per sua fortuna, trattandosi di una discussione "casual", la spontaneità lo aiuta. Morrison, vestito tutto in nero, leggermente ingrassato, ma sempre attento all'immagine (indossa pantaloni in pelle e scarpe Prada), va a briglia sciolta, e riesce a interessare il pubblico senza prendersi troppo sul serio.
Gordon lo segue senza brillare, ma non è un problema: Morrison ha sciolto ormai la tensione, anche grazie al bicchiere di vino che finisce presto e a una provvidenziale Red Bull (il terzo bicchiere sul tavolo è un probabile gin tonic, ma non possiamo dirlo con certezza).
Ora lo sceneggiatore scozzese parla a ruota libera. Dopo una prima domanda sull’incontro con i reali d’Inghilterra, si passa a parlare dall’esperienza di Near Myths, il primo fumetto “di base” del Regno Unito, prodotto proprio a Edimburgo. In maniera brillante, Morrison ricorda come l'eredità dei "fumetti adulti" venuti dopo il seminale Star*Reach di Mike Friederich (il primo comic “di base”) non sia stata altro che "tette e astronavi". Una ricetta vincente, che forse dovrebbe essere replicata.
La discussione ora passa sul versante DC dell’attività morrisoniana: dopo qualche anticipazione su Wonder Woman, che vedrà Morrison immaginare come, nella società delle amazzoni, arte e filosofia si siano evolute a partire da bizzarri elementi sessuali slegati dall'elemento maschile, si parla di Multiversity, in cui Morrison dice che introdurrà innovazioni tecniche e narrative. "Mi mancavano un po' gli elementi di un fumetto complesso, quasi un meccanismo a incastro, e volevo tornarci" - dice.
Si passa poi a Batman e Superman, e Morrison non manca di sottolineare una certa disaffezione nei confronti dell'idea di "supereroe come soldato", che ultimamente gli appare un po' stantia. In reazione a questo approccio, Morrison parla di come abbia invece voluto rendere Supes un "figlio del popolo", vicino alla gente. Per quanto riguarda la mancanza di costume nei primi numeri di Action Comics da lui gestiti, il discorso parte più da lontano. Morrison dice di aver provato a vedere se, togliendo tutti gli elementi che la gente sembra odiare di Superman in questo momento storico (dall'invulnerabilità ai mutandoni rossi), potesse restare ancora qualcosa dell'essenza dell'eroe. "Il giudizio", dice ridendo, "è ancora sospeso."
Ben presto si passa alle domande del pubblico, spesso prevedibili e un po' piatte, ma alle quali Morrison risponde sempre con brio e senza alcuno snobismo o tattica di “fan service”. Per esempio, Morrison dice che secondo lui Ben Affleck potrebbe tranquillamente essere un buon Batman, se la sceneggiatura è buona ("Del resto, ha già fatto Devil: basta colorare il costume di nero..."). Se non bastasse, Morrison si dimostra certo che Affleck riuscirebbe a interpretare anche un'ottima Bat-Cow...
La rivelazione più inaspettata della serata arriva quando Morrison dichiara che uno dei suoi fumetti preferiti di questo periodo è Tales Designed to Thrizzle del geniale Kupperman (segnatevelo). Si chiude, prevedibilmente, con l’obbligatoria domanda sull'esperienza di abduzione aliena a Kathmandu, posta da un sedicente "apprendista-discepolo" di Morrison. Il resoconto dello sceneggiatore scozzese è particolarmente brillante e spiritoso e mantiene gradevole la storiella, ormai abbastanza nota a ogni appassionato morrisoniano. Dopo aver ottenuto l'illuminazione facendo i 365 scalini del Tempio delle Scimmie con un solo respiro (cosa che gli sembrava meglio che meditare per anni), Morrison è stato trasportato da esseri alieni, di consistenza simile ad argento liquido (una sorta di delfini che nuotano in un mare n-dimensionale d’informazione pura) su Alpha Centauri, fuori dallo spazio-tempo, ma essendosi rivelato per loro "troppo pericoloso" e "fondamentalmente un idiota", gli alieni hanno preferito mostrargli l'essenza del tempo, per non fare troppi danni...
Chiudo con un'annotazione: il pubblico era totalmente eterogeneo, dai sessantenni "istituzionalizzati" ai quarantacinquenni ex-punk, dai venticinque-trentenni appassionati di fumetti ai bambini accompagnati dai genitori. Cosa abbastanza rara da vedere nel mondo dei fumetti, ma sempre un bello spettacolo. [A. Solinas]
Aggiornamento: un interessante pezzo e dettagliato resoconto dell'incontro a cura di Laura Sneddon può essere letto QUI (in Inglese, of course!)
Uno sketch di Dorothy da Lost Girls. Per "smokey" man, firmato M. Gebbie! |
Grant Morrison Talk, 23 agosto, Baillie Gifford Main Theatre, Edimburgo, ore 20.
"Quando hanno detto al Principe Carlo che ero uno sceneggiatore di fumetti, ha iniziato a parlarmi di Eagle e Dan Dare. Ho dovuto dirglielo: Dan Dare è un fascista." (Grant Morrison)
Dopo una fila di quasi un'ora, perfettamente organizzata e fluida come di prammatica nel Regno Unito, eccoci dentro la tensostruttura, un piccolo e accogliente teatro con un palco sul quale, sotto un’elegante illuminazione, stanno due sedie e un tavolinetto. L'accortezza (ossessione?) di aver fatto la fila da presto paga, permettendoci di trovare posto in seconda fila (letteralmente di fronte alle due sedie, a due metri-due dal palco). Un agio non trascurabile, dato che il palazzetto, che a occhio ospita almeno 500 persone, è completamente "sold out" e si riempie in pochissimo tempo fino alle poltroncine situate in alto, in posizione lontana e non proprio così comoda. Dopo una decina di minuti dalle operazioni di entrata (appropriatamente velocissime), il pubblico è già in attesa spasmodica. Fortunatamente, in perfetto orario, arrivano Morrison e Joe Gordon, il moderatore. Entrambi gli scozzesi sono visibilmente emozionati per la calorosa accoglienza del pubblico: l'impatto è effettivamente abbastanza impressionante e non giova al povero Gordon, un po’ impacciato.
Per sua fortuna, trattandosi di una discussione "casual", la spontaneità lo aiuta. Morrison, vestito tutto in nero, leggermente ingrassato, ma sempre attento all'immagine (indossa pantaloni in pelle e scarpe Prada), va a briglia sciolta, e riesce a interessare il pubblico senza prendersi troppo sul serio.
Gordon lo segue senza brillare, ma non è un problema: Morrison ha sciolto ormai la tensione, anche grazie al bicchiere di vino che finisce presto e a una provvidenziale Red Bull (il terzo bicchiere sul tavolo è un probabile gin tonic, ma non possiamo dirlo con certezza).
Un bicchierino per rischiarare la voce. |
Il pubblico... attento! |
Si ride... anche. |
La discussione ora passa sul versante DC dell’attività morrisoniana: dopo qualche anticipazione su Wonder Woman, che vedrà Morrison immaginare come, nella società delle amazzoni, arte e filosofia si siano evolute a partire da bizzarri elementi sessuali slegati dall'elemento maschile, si parla di Multiversity, in cui Morrison dice che introdurrà innovazioni tecniche e narrative. "Mi mancavano un po' gli elementi di un fumetto complesso, quasi un meccanismo a incastro, e volevo tornarci" - dice.
Si passa poi a Batman e Superman, e Morrison non manca di sottolineare una certa disaffezione nei confronti dell'idea di "supereroe come soldato", che ultimamente gli appare un po' stantia. In reazione a questo approccio, Morrison parla di come abbia invece voluto rendere Supes un "figlio del popolo", vicino alla gente. Per quanto riguarda la mancanza di costume nei primi numeri di Action Comics da lui gestiti, il discorso parte più da lontano. Morrison dice di aver provato a vedere se, togliendo tutti gli elementi che la gente sembra odiare di Superman in questo momento storico (dall'invulnerabilità ai mutandoni rossi), potesse restare ancora qualcosa dell'essenza dell'eroe. "Il giudizio", dice ridendo, "è ancora sospeso."
Ben presto si passa alle domande del pubblico, spesso prevedibili e un po' piatte, ma alle quali Morrison risponde sempre con brio e senza alcuno snobismo o tattica di “fan service”. Per esempio, Morrison dice che secondo lui Ben Affleck potrebbe tranquillamente essere un buon Batman, se la sceneggiatura è buona ("Del resto, ha già fatto Devil: basta colorare il costume di nero..."). Se non bastasse, Morrison si dimostra certo che Affleck riuscirebbe a interpretare anche un'ottima Bat-Cow...
La rivelazione più inaspettata della serata arriva quando Morrison dichiara che uno dei suoi fumetti preferiti di questo periodo è Tales Designed to Thrizzle del geniale Kupperman (segnatevelo). Si chiude, prevedibilmente, con l’obbligatoria domanda sull'esperienza di abduzione aliena a Kathmandu, posta da un sedicente "apprendista-discepolo" di Morrison. Il resoconto dello sceneggiatore scozzese è particolarmente brillante e spiritoso e mantiene gradevole la storiella, ormai abbastanza nota a ogni appassionato morrisoniano. Dopo aver ottenuto l'illuminazione facendo i 365 scalini del Tempio delle Scimmie con un solo respiro (cosa che gli sembrava meglio che meditare per anni), Morrison è stato trasportato da esseri alieni, di consistenza simile ad argento liquido (una sorta di delfini che nuotano in un mare n-dimensionale d’informazione pura) su Alpha Centauri, fuori dallo spazio-tempo, ma essendosi rivelato per loro "troppo pericoloso" e "fondamentalmente un idiota", gli alieni hanno preferito mostrargli l'essenza del tempo, per non fare troppi danni...
Chiudo con un'annotazione: il pubblico era totalmente eterogeneo, dai sessantenni "istituzionalizzati" ai quarantacinquenni ex-punk, dai venticinque-trentenni appassionati di fumetti ai bambini accompagnati dai genitori. Cosa abbastanza rara da vedere nel mondo dei fumetti, ma sempre un bello spettacolo. [A. Solinas]
E si cala il tris! Finalmente! Grazie grazie, Grant! [sm] |
(continua con... Neil Gaiman e le sue storie!)