"Re-creation" - firmata di Joe Bennett - della copertina di Supreme N. 41. |
Ritornano le fumose interviste e... stavolta su smokyland è la volta di JOE BENNET, fumettista brasiliano - il suo vero nome è infatti Benedito Jose Nascimento - attivo nel mondo dei comics americani fin dagli ann '90 dello scorso millennio, dopo gli esordi su testate nazionali.
BENNET è noto sopratutto per la collaborazione di quegli anni con Alan Moore per il rilancio di Supreme, il personaggio Image creato da Rob Liefeld, evidente "brutta-copia" di Superman, totalmente rivisitato e portato a vette mai raggiunte prima (e neppure dopo, a dire il vero) dallo scrittore di Northampton.
Attualmente Bennet collabora con Marvel e DC e di recente ha prestato le sue matite per raccontare le avventure di Iron Man e Superman.
Attualmente Bennet collabora con Marvel e DC e di recente ha prestato le sue matite per raccontare le avventure di Iron Man e Superman.
L'intervista è stata condotta, in portoghese, da Flavio Pessanha durante il mese di marzo 2014.
Traduzione dal portoghese in inglese di Flavia Ferreira.
Tradotta in italiano (dall'inglese) e postata su questo blog con il permesso di Flavio Pessanha, che ringrazio.
Traduzione dal portoghese in inglese di Flavia Ferreira.
Tradotta in italiano (dall'inglese) e postata su questo blog con il permesso di Flavio Pessanha, che ringrazio.
L'intervista in Inglese, può essere letta qui.
Alan Moore BR è su Facebook la pagina brasiliana dedicata a Moore: qui.
Alan Moore BR è su Facebook la pagina brasiliana dedicata a Moore: qui.
Joe Bennett... e gli strumenti del mestiere! |
AMBr: Joe, hai disegnato le prime storie di Supreme scritte da Alan Moore. Guardando indietro, come giudichi il tuo lavoro?
Joe Bennett: Vorrei poter ritornare indietro nel tempo e rifare tutto. Ma il periodo all’Image limitava il mio stile. Avrei potuto fare qualcosa di meglio come ad esempio l’albo che ho realizzato di recente per Superman [Adventures of Superman N. 8, N.d.T.]: quello avrebbe dovuto essere il mio stile per Supreme.
AMBr: L’Extreme - lo studio di Rob Liefeld all'interno della Image, poi denominato Maximum Press ed infine Awesome Comics - era noto per imporre uno specifico modello di disegno, quello di Liefeld. È corretto?
JB: Sì, in quel periodo era così. Solo quelli che si attenevano a quello stile predominante potevano lavorare per la Image. A me non è mai piaciuto ma avevo bisogno di lavorare. Sono sempre stato un fan del “classici”: Hal Foster, Alex Raymond, John Buscema, Garcia Lopez. È stato un vero tormento per me disegnare in quello stile Image perché ho sempre avuto un buon storytelling ma non c’era spazio per quello: si doveva puntare tutto sul disegno e sulle botte. È stato difficile ma mi sono adattato velocemente e poco dopo sono tornato al mio stile originario.
AMBr: Come ti sei trovato a lavorare sulle sceneggiature di Alan Moore? Erano davvero così dettagliate?
JB: Sì, avevano un numero incredibile di dettagli. E dico sempre che avevo il terrore di cambiare anche il minimo elemento perché se diceva che, sullo sfondo [di una vignetta] c’era un cane che attraversava la strada, avevi paura a non disegnarlo… Chi poteva sapere se quel cane nel seguito della sceneggiatura non sarebbe diventato un’entità cosmica [ride]. Ma è stato splendido, è stata una lezione su come scrivere una sceneggiatura.
AMBr: Eri il disegnatore della serie prima che Moore salisse a bordo. Come è stato questo cambio di sceneggiatore?
JB: Ho persino pensato di lasciare... ma no, sono rimasto. E sono stato a diarrea per tre giorni, lo dico sul serio… ero nervoso.
AMBr: Disegnare per Moore ti ha richiesto più tempo? Quanto tempo impiegavi a realizzare un albo?
JB: No, quello che mi prendeva tempo era leggere la sceneggiatura. Per ogni tavola c’erano tre pagine di spiegazione, se non di più. Ma come mio solito ho impiegato una ventina di giorni per albo.
AMBr: Sei stato uno dei pochi disegnatori brasiliani ad aver lavorato con Alan Moore. Quanto credi sia stato importante per la tua carriera?
JB: Penso d’essere stato il solo a lavorare direttamente su una sua sceneggiatura, perché se ricordo bene, la Avatar ha fatto qualcosa ma credo che si trattasse di un adattamento di un suo script cinematografico, illustrato da un Brasiliano. [Riferimento a Fashion Beast, adattamento a fumetti di Antony Johnston - per i disegni di Facundo Percio - di uno script per il cinema scritto da Moore negli anni ’80, N.d.T.]
È stato molto importante per la mia carriera, mi ha dato un curriculum invidiabile e per il fan che è in me è stato come un sogno che diventa realtà. Immagina un chitarrista che si esibisce nei pub che si trova a suonare fianco a fianco con John Lennon. È stato più o meno così…
AMBr: A cosa stai lavorando al momento? Hai qualche tuo progetto personale in arrivo?
JB: Sto lavorando su Iron Man per la Marvel e Solar per la Dynamite. Riguardo progetti personali, mi sono preso una pausa. Non ci sono possibilità per il prossimo futuro e penso che probabilmente non ce ne saranno mai.
AMBr: Che ne pensi della critica di Moore sui comics mainstream e sulla sua affermazione che i lettori sono diventati dipendenti da un modello immaturo di fumetto?
JB: Ci metto la firma. Penso che i comics siano allo stremo perché contrariamente al passato in cui venivano creati per qualsiasi tipo di pubblico, oggi vengono fatti solo per vedere se si riesce a farne un film o qualcos’altro. Non leggo fumetti da circa vent’anni perché non voglio arrabbiarmi. Amo il mio lavoro ma non sono obbligato a leggere le cose nuove che vengono pubblicate. Penso che siano tutte davvero ridicole.
AMBr: Il fumetto è un mezzo espressivo economico: puoi realizzare delle storie a fumetti con dei costi davvero contenuti. Fare cinema costa una fortuna e per fare grandi incassi si lavora a pellicole che accontentino “grandi e piccini”. È un male che i fumetti siano realizzati nello stesso modo per essere compatibili con i film?
JB: Sì, penso sia terribile. Al giorno d’oggi non avremmo mai visto la DC Comics pubblicare un fumetto come Swamp Thing di Moore. Non puntano più su fumetti di quel tipo perché tutto è così superficiale in modo da poter essere facilmente adattato per il cinema e la televisione. È davvero una bella merda, ecco che cos’è.
AMBr: Prima degli anni ’80 i comic vendevano mezzo milione a numero, oggi una serie che vende 50 mila copie è considerate un successo. Che cosa è successo?
JB: L’industria dei comics si è avvitata su sé stessa perché non si è evoluta come hanno fatto altri media. È piuttosto comune vedere folle di persone che sono fan di Iron Man ma non hanno mai letto nessun fumetto su di lui o di altri supereroi.
AMBr: Qual è, secondo Joe Bennett, il futuro dei comics? In quale direzione si evolveranno?
JB: A essere onesto, non lo so. Migrare verso il digitale è la via d’uscita per molte case editrice. Riguardo la produzione dei fumetti, rimarrà ancora su carta e inchiostro… fino a che un giorno tutto verrà fatto al computer, sulle Cintiqs del mondo. Ma allora io sarò già in pensione [risate].
AMBr: E il Fumetto in Brasile? Ti piacerebbe fare qualcosa specificatamente per il nostro mercato?
JB: Ovviamente sì. Ho qualcosa in mente e sarebbe anche qualcosa di piuttosto buono. Ma non c’era un’industria prima e non ce n’è una ora quando gli ultimi che se ne stanno andando stanno anche spegnendo le luci.
AMBr: Considerando la tua carriera ormai ventennale: qual è il tuo lavoro preferito? E qual è invece il tuo sogno più grande?
JB: A parte quello che ho fatto con Moore, quello che devo ancora fare è… il mio fumetto preferito. Mi piacerebbe disegnare di nuovo Superman… ne ho disegnato solo un albo e mi sono divertito molto a farlo. E se a scriverlo fosse Warren Ellis sarebbe davvero una figata!
AMBr: Per concludere, quali fumetti raccomanderesti ai lettori?
JB: Tutti quello di Moore e di Gaiman. Tutti quelli di Miller prima di Sin City, tolto il materiale recente: dimenticatevene perché è tutta spazzatura.
AMBr: Grazie mille, Joe Bennett.
Un ringraziamento speciale a Joe Bennett per l'intervista e per la splendida, iconica opera d'arte che apre questo post. L'illustrazione si basa sulla copertina di Supreme N. 41 [che a sua volte cita una classica cover di Superman, N.d.T.], pubblicato nell'Agosto 1996: l'inizio del ciclo firmato Alan Moore. [AMBr]
Le interviste precedenti:
Joe Bennett: Vorrei poter ritornare indietro nel tempo e rifare tutto. Ma il periodo all’Image limitava il mio stile. Avrei potuto fare qualcosa di meglio come ad esempio l’albo che ho realizzato di recente per Superman [Adventures of Superman N. 8, N.d.T.]: quello avrebbe dovuto essere il mio stile per Supreme.
AMBr: L’Extreme - lo studio di Rob Liefeld all'interno della Image, poi denominato Maximum Press ed infine Awesome Comics - era noto per imporre uno specifico modello di disegno, quello di Liefeld. È corretto?
JB: Sì, in quel periodo era così. Solo quelli che si attenevano a quello stile predominante potevano lavorare per la Image. A me non è mai piaciuto ma avevo bisogno di lavorare. Sono sempre stato un fan del “classici”: Hal Foster, Alex Raymond, John Buscema, Garcia Lopez. È stato un vero tormento per me disegnare in quello stile Image perché ho sempre avuto un buon storytelling ma non c’era spazio per quello: si doveva puntare tutto sul disegno e sulle botte. È stato difficile ma mi sono adattato velocemente e poco dopo sono tornato al mio stile originario.
Copertina variant per Supreme N. 41. Matite di Joe Bennett. |
JB: Sì, avevano un numero incredibile di dettagli. E dico sempre che avevo il terrore di cambiare anche il minimo elemento perché se diceva che, sullo sfondo [di una vignetta] c’era un cane che attraversava la strada, avevi paura a non disegnarlo… Chi poteva sapere se quel cane nel seguito della sceneggiatura non sarebbe diventato un’entità cosmica [ride]. Ma è stato splendido, è stata una lezione su come scrivere una sceneggiatura.
AMBr: Eri il disegnatore della serie prima che Moore salisse a bordo. Come è stato questo cambio di sceneggiatore?
JB: Ho persino pensato di lasciare... ma no, sono rimasto. E sono stato a diarrea per tre giorni, lo dico sul serio… ero nervoso.
Pagina da Supreme N. 41. Matite di Joe Bennett. |
JB: No, quello che mi prendeva tempo era leggere la sceneggiatura. Per ogni tavola c’erano tre pagine di spiegazione, se non di più. Ma come mio solito ho impiegato una ventina di giorni per albo.
AMBr: Sei stato uno dei pochi disegnatori brasiliani ad aver lavorato con Alan Moore. Quanto credi sia stato importante per la tua carriera?
JB: Penso d’essere stato il solo a lavorare direttamente su una sua sceneggiatura, perché se ricordo bene, la Avatar ha fatto qualcosa ma credo che si trattasse di un adattamento di un suo script cinematografico, illustrato da un Brasiliano. [Riferimento a Fashion Beast, adattamento a fumetti di Antony Johnston - per i disegni di Facundo Percio - di uno script per il cinema scritto da Moore negli anni ’80, N.d.T.]
È stato molto importante per la mia carriera, mi ha dato un curriculum invidiabile e per il fan che è in me è stato come un sogno che diventa realtà. Immagina un chitarrista che si esibisce nei pub che si trova a suonare fianco a fianco con John Lennon. È stato più o meno così…
AMBr: A cosa stai lavorando al momento? Hai qualche tuo progetto personale in arrivo?
JB: Sto lavorando su Iron Man per la Marvel e Solar per la Dynamite. Riguardo progetti personali, mi sono preso una pausa. Non ci sono possibilità per il prossimo futuro e penso che probabilmente non ce ne saranno mai.
Copertina per Supreme N. 42. Matite di Joe Bennett. |
JB: Ci metto la firma. Penso che i comics siano allo stremo perché contrariamente al passato in cui venivano creati per qualsiasi tipo di pubblico, oggi vengono fatti solo per vedere se si riesce a farne un film o qualcos’altro. Non leggo fumetti da circa vent’anni perché non voglio arrabbiarmi. Amo il mio lavoro ma non sono obbligato a leggere le cose nuove che vengono pubblicate. Penso che siano tutte davvero ridicole.
AMBr: Il fumetto è un mezzo espressivo economico: puoi realizzare delle storie a fumetti con dei costi davvero contenuti. Fare cinema costa una fortuna e per fare grandi incassi si lavora a pellicole che accontentino “grandi e piccini”. È un male che i fumetti siano realizzati nello stesso modo per essere compatibili con i film?
JB: Sì, penso sia terribile. Al giorno d’oggi non avremmo mai visto la DC Comics pubblicare un fumetto come Swamp Thing di Moore. Non puntano più su fumetti di quel tipo perché tutto è così superficiale in modo da poter essere facilmente adattato per il cinema e la televisione. È davvero una bella merda, ecco che cos’è.
AMBr: Prima degli anni ’80 i comic vendevano mezzo milione a numero, oggi una serie che vende 50 mila copie è considerate un successo. Che cosa è successo?
JB: L’industria dei comics si è avvitata su sé stessa perché non si è evoluta come hanno fatto altri media. È piuttosto comune vedere folle di persone che sono fan di Iron Man ma non hanno mai letto nessun fumetto su di lui o di altri supereroi.
Pagina da Supreme N. 42. Matite di Joe Bennett. |
JB: A essere onesto, non lo so. Migrare verso il digitale è la via d’uscita per molte case editrice. Riguardo la produzione dei fumetti, rimarrà ancora su carta e inchiostro… fino a che un giorno tutto verrà fatto al computer, sulle Cintiqs del mondo. Ma allora io sarò già in pensione [risate].
AMBr: E il Fumetto in Brasile? Ti piacerebbe fare qualcosa specificatamente per il nostro mercato?
JB: Ovviamente sì. Ho qualcosa in mente e sarebbe anche qualcosa di piuttosto buono. Ma non c’era un’industria prima e non ce n’è una ora quando gli ultimi che se ne stanno andando stanno anche spegnendo le luci.
Pagina da Supreme N. 43. Matite di Joe Bennett. |
JB: A parte quello che ho fatto con Moore, quello che devo ancora fare è… il mio fumetto preferito. Mi piacerebbe disegnare di nuovo Superman… ne ho disegnato solo un albo e mi sono divertito molto a farlo. E se a scriverlo fosse Warren Ellis sarebbe davvero una figata!
AMBr: Per concludere, quali fumetti raccomanderesti ai lettori?
JB: Tutti quello di Moore e di Gaiman. Tutti quelli di Miller prima di Sin City, tolto il materiale recente: dimenticatevene perché è tutta spazzatura.
AMBr: Grazie mille, Joe Bennett.
Un ringraziamento speciale a Joe Bennett per l'intervista e per la splendida, iconica opera d'arte che apre questo post. L'illustrazione si basa sulla copertina di Supreme N. 41 [che a sua volte cita una classica cover di Superman, N.d.T.], pubblicato nell'Agosto 1996: l'inizio del ciclo firmato Alan Moore. [AMBr]
1 commento:
Caro Joe, sei sicuramente il miglior giudice del tuo lavoro e condivido il tuo pensiero, almeno in parte, quando dici che rivredesti il tuo lavoro su Supreme, ma mi permetto di dirti che le tue matite di allora - su Supreme, il Captain America prestato alla banda Liefeld su testi di James Robinson e lo Spider-Man nel periodo delle quattro identità alternative
( Ricochet & co ), del mese Flashback e di perle come quella storia in cui Tom De Falco mette Pavido Parker, Elektra ed Electro nella stessa vicenda - con le loro anatomie esagerate e dinoccolate e le smorfie cartoon ( quasi un Sebastiano Vilella ciucco ) erano + divertenti della tua run su Captain America & Falcon o su Outsiders o nella mini sui Terror Titans, tutta roba caratterizzata da uno storytelling efficace e personaggi + vicini all'uomo di Vitruvio di quanto non fossero i tuoi lavori anni novanta, ma + anonima.
E non sei nemmeno l'unico disegnatore in fase di
" normalizzazione " : basti guardare gli ultimi lavori di Val Semeiks e paragonarli al periodo Lobo-JLA-Bats.
Io non ho nulla contro il fotoromanzo filtrato della Spider-Woman di Maleev o il massiccio utilizzo di riferimenti fotografici del Deodato jr degli ultimi anni, ma spero di poter vedere ancora tante ma tante tavole di Damion Scott, Kev O'Neill, Mark Badger, Jonathan Lau, Pander Bros, Bong Dazo, Tony Salmons, Jason Latour, Pasqual Ferry, Javier Pulido etc. Tanto per fare qualche nome. Ciao a te ed al ns Anfitrione Tabagista.
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