domenica 28 aprile 2019

Warren Ellis e il... NEW BLEAK

Nel seguito la traduzione di un breve estratto da Orbital Operations, la newsletter che Warren Ellis invia via email a cadenza settimanale agli iscritti, specificatamente il messaggio del 21 Aprile scorso intitolato "Le Grand Macabre". Ah, per iscriversi andare QUI.


Warren Ellis: Il "NEW BLEAK" ("Nuovo Deprimente") è il termine con cui scherzando chiamo una cosa a cui penso da qualche anno. È uno spazio nella mia testa pieno di riferimenti, dal noir scandinavo fino al cinema dell'Europa dell'Est e altre forme sperimentali, probabilmente influenzato dall'aver visto almeno tre volte Twin Peaks: Il Ritorno e, brutta notizia per tutti, mentre trascorrerò maggio cercando di mettere insieme i pezzi per una nuova serie tv, ho intenzione di guardare l'intera filmografia di Ingmar Bergman... e altre cose che a mio parere occupano uno spazio adiacente.

È il mio hobby. Ogni due o tre giorni butto giù qualche idea su un taccuino o su un documento e tra tre o quattro anni potrebbe uscirne fuori qualcosa. Tutti abbiamo un hobby e il mio è quello di mettere a punto il più gelido e temibile storytelling a fumetti che posso.


Un grazie all'amico Antonio Solinas per la supervisione.

lunedì 22 aprile 2019

[Oldies but goldies] EDDIE CAMPBELL 2000

Ancora recuperi di un certo (credo) interesse.
Nel seguito una intervista pubblicata nel Dicembre 2000 su Ultrazine.org e da me realizzata con il co-creatore di From Hell e autore di Bacchus: EDDIE CAMPBELL
Buona lettura!
EDDIE CAMPBELL: Una vita a fumetti
a cura di smoky man

Eddie Campbell - scozzese e attualmente residente a Brisbane, in Australia [N.d.T., al momento, come recita il suo sito, Campbell vive a Chicago] - è uno degli autori di comics più autorevoli e innovativi. Attivo fin dagli anni '70, è tra i paladini della scena indipendente - pur avendo collaborato anche con DC e Dark Horse - con lavori come Bacchus e From Hell (insieme ad Alan Moore).
Da From Hell, epocale narrazione delle vicende di Jack lo Squartatore, è stato di recente tratto un film: la Twentieth Century Fox ha annunciato che dovrebbe essere nelle sale nella primavera del 2001 per la regia degli Hughes Brothers e con la partecipazione, tra gli interpreti, di Johnny Depp e Heather Graham.

ULTRAzine: So che lavori nel mondo dei fumetti da più di 20 anni e che hai speso tutto questo tempo stando nel campo delle pubblicazioni indipendenti. Ti ricordi quando hai letto il tuo primo fumetto? Quando hai iniziato a lavorare come professionista?
Ricordo di aver letto alcuni albi americani della Marvel quando da piccolo fui ricoverato in ospedale. Ho raccontato questa storia in un numero recente di Bacchus.
In particolare avevo notato che nei comics americani venivano indicati i nomi degli artisti. Non mi era mai venuto in mente prima dall'ora che i fumetti erano creati da esseri umani. Pensavo fossero un atto di un dio e da quel momento decisi che volevo diventare come uno di quegli incredibili autori. Da quell'istante ho sempre desiderato diventare un'artista e ho cercato di vivere la mia vita secondo quel principio ma, non sono riuscito a farne un mestiere che mi permettesse di viverci fino a che non ho avuto sui trent'anni.

ULTRAzine: Quali sono stati gli autori che ti hanno influenzato sia come disegnatore che come scrittore?
Una volta scoperti i comics americani sono venuto in contatto con tutta la storia dei fumetti pubblicati sui quotidiani e questo mi ha aperto gli occhi sull'idea del fumetto come Arte. Penso in particolare ai lavori di George Herriman, Cliff Sterret, Clare Briggs e Milton Caniff.
ULTRAzine: Cosa pensi dell'editoria indipendente? La tua scelta di autoproduzione è stata una questione di libertà creativa o una necessità?
Il punto cruciale non è creativo, semplicemente posso guadagnare di più con l'autoproduzione.

ULTRAzine: In Italia tu sei conosciuto fondamentalmente per il capolavoro From Hell scritto da Alan Moore. Puoi dirci qualcosa riguardo quest'esperienza? Com'è stato lavorare su una storia così densa e atipica?
Certamente è stata una grande esperienza lavorare con un genio come Alan Moore ma credo che From Hell non sia nulla se paragonato all'altro lavoro che abbiamo fatto insieme intitolato The Birth Caul che è di prossima pubblicazione in Italia per la casa editrice Black Velvet.

ULTRAzine: Hai dovuto fare molte ricerche prima di scegliere uno stile che si adattasse alla storia e alle sue atmosfere? È stata una scelta naturale o hai dovuto faticare per trovare la giusta soluzione?
Ho essenzialmente immaginato di essere nel 1890 e ho utilizzato lo stile che credo mi sarebbe venuto naturale se fossi vissuto in quel periodo storico.

ULTRAzine: So che vedremo presto un film tratto da From Hell e che lo stanno girando a Praga. Puoi darci qualche informazione a riguardo? Tu, o Alan Moore, siete coinvolti in qualche modo nella sua realizzazione?
Le riprese del film sono finite e dovrebbe uscire in America per Maggio 2001 ma è possibile che sia a Giugno o più tardi. Né io né Alan siamo coinvolti in alcun modo.

ULTRAzine: Un'altra tua storia pubblicata qui in Italia è stata "Il Ritorno di Mink Stole", che hai disegnato per la serie Will Eisner's The Spirit New Adventures su testo di Neil Gaiman.
Neil è un mio carissimo amico da moltissimi anni è stato un grande piacere per me illustrare una sua storia dopo tutto questo tempo. Per Spirit ho scritto e disegnato anche un'altra storia che forse non hai letto intitolata "Il Pacifista" ed era l'autobiografia di un proiettile senziente con un'avversione per la violenza.

ULTRAzine: La prima volta che mi sono imbattuto nei tuoi lavori è stata leggendo un meraviglioso volume di Bacchus. Puoi presentare al pubblico italiano questo personaggio così particolare? Perché hai deciso di creare un personaggio basato su una figura della mitologia?
Con la mia produzione autobiografica il mio intento è stato quello di rendere i monotoni dettagli della mia vita e dei suoi sviluppi in un modo che fosse eccitante così come credo in realtà sia la vita di tutti i giorni.
Continuo a pensare ancora che sia un'avventura.  Nello stesso modo in cui da bambini ci si sveglia eccitati la mattina per tutte le cose che farai e tutti i personaggi che interpreterai. Ho sempre avuto un grande amore per i serial d'avventura che ho seguito sia che si trattasse di Steve Canyon di Milton Caniff o di Star Trek e sono sempre stato desideroso di creare qualcosa di simile. Una serie regolare con personaggi a tutto tondo e con ambienti esotici che cambiavano di continuo. Ho scoperto così che la mitologia metteva a disposizione un trampolino per creare personaggi come Eyeball Kid o Gods of Business. Sarebbe stato difficile tirare fuori questi personaggi dal nulla. La mitologia da loro una logica interna, una "raison d'etre" o una back story come si dice oggi.
ULTRAzine: Puoi presentarci The Birth Caul che come detto verrà pubblicato presto in Italia. È stata una starna esperienza realizzarlo?
The Birth Caul è la cosa migliore che Alan abbia mai scritto. Si tratta di un monologo che ha scritto per una performance teatrale che ha messo in scena alla Old County Court House a Newcastle-Upon-Tyne in occasione del suo quarantesimo compleanno. È stata registrata e pubblicata come CD e successivamente adattata a fumetti. È un oscuro e profondo lavoro poetico che mi ha posto, come artista, di fronte a straordinarie domande, in particolare nel capitolo riguardo la fanciullezza dove Alan ha ricreato perfettamente, molto più di qualunque altra cosa abbia mai letto, le sensazioni del crescere.
Ho adottato diverse soluzioni inusuali per risolvere il problema di trovare delle immagini che si adattassero ad un testo così elusivo. Per esempio ho fatto a pezzi una sveglia e ho incollato alcune parti sulla pagina. Oppure ho cucito un pigiama in miniatura per neonati e l'ho attaccato alla tavola.

ULTRAzine: C'è una qualche verità nella voce che scriverai storie per Tom Strong?
Alan me l'ha chiesto, ma per via della mia febbrile attività editoriale non credo che sarei in grado di dedicargli l'attenzione che merita.

Qualche tempo fa il Comic's Journal ha stilato una coraggiosa classifica dei 100 Fumetti del Secolo (di Lingua Inglese). Sul podio troviamo: terzo, Pogo di Walt Kelly; secondo, i Peanuts di Charles Schulz; primo, Krazy Kat di George Herriman. Sei d'accordo con questo risultato finale o ci sono altri, magari al di fuori dei fumetti di Lingua Inglese, che avresti preferito? Per completezza: tu eri al 51mo posto con il tuo autobiografico Alec Stories e al 41mo con From Hell.
Sono perfettamente d'accordo con la scelta dei primi tre classificati anche se ho avuto una lunga discussione apparsa sulla message board del Comics Journal riguardo le altre loro scelte. Due dei miei cartoonist preferiti non compaiono per nulla nella loro lista: Clare Briggs and Tad Dorgan.

ULTRAzine: Potresti darci una tua definizione di Fumetto?
Non sono d'accordo con la definizione di Scott McCloud perché non credo che si debba cercare di definire il Fumetto su una base formale. Penso che alcuni dei fumetti migliori non rientrino nella definizione di "immagini sequenziali" che è la base di ogni definizione formale del Fumetto.

ULTRAzine: Pensando ad Internet vedi per il Fumetto un futuro on line o credi che il piacere della carta non potrà mai essere sostituito?
Penso che i fumetti cambieranno così tanto che al limite smetteremo semplicemente di chiamarli fumetti perché saranno diventati qualcos'altro. Penso che lo spirito del Fumetto si sposterà su altre strade così come è sempre accaduto in passato. Penso che il Fumetto, così come la musica jazz, sia semplicemente una tradizione.
Il fumetto è una tradizione del cartooning come ce ne sono altre e penso che la necessità di vederlo come un'arte a sé sia una cattivo segnale che indica che è moribondo. Piuttosto che ricercare delle definizioni gli artisti più importanti dovrebbero cercare (e non dico che non lo stiano facendo) di portare nuova linfa nel medium e questo potrebbe anche condurre a spezzare le forme e le definizioni passate.

mercoledì 17 aprile 2019

SERGIO TOPPI: il Fumetto, l'Arte, Buzzati e il Giappone

Nel seguito intervista, apparsa su Ultrazine.org nel 2001, all'immenso, indimenticato & indimenticabile SERGIO TOPPI
L'intervista, realizzata dall'amico scrittore e fumettista Fabrizio Lo Bianco, è tratta dalla sua tesi di laurea (A.A. 1996-97) Alla sera le montagne diventano viola... - L'opera grafica di Sergio Toppi. Buona lettura! E... grazie, ancora grazie, Maestro Toppi per tutte le immortali meraviglie!
L'occhio parlante
a cura di Fabrizio Lo Bianco    

Fabrizio Lo Bianco: Può parlarmi degli anni della sua giovinezza? La guerra, la ricostruzione...
Sergio Toppi: Ricordo malvolentieri gli anni della guerra. Io sono del '32 e la guerra l'ho subita in pieno. Ho vissuto sotto i bombardamenti su Milano. Poi dovemmo sfollare in Valdossola dove ci avevano detto che avremmo trovato un po' di tranquillità. Invece lì ebbi modo di assistere alle sparatorie tra partigiani e nazifascisti. Conobbi per la prima volta la paura di morire, furono anni di sofferenza e di fame. Ripeto, non li ricordo volentieri.
Nel dopoguerra c'erano sempre grosse difficoltà: mancava il cibo, la luce... Uno dei ricordi più vivi e più tristi di quel tempo è il buio per le strade. C'era però qualcosa che ci spronava ad andare avanti: credevamo fortemente che il futuro sarebbe stato migliore. Progressivamente vedevamo le condizioni di vita migliorare, anche dal punto di vista materiale. Avevamo ciò che forse oggi manca ai giovani, ovvero il concretizzarsi delle nostre speranze.

Quale è stato il primo approccio col mondo del fumetto?
L'incontro con il fumetto è avvenuto su una bancarella, quasi per caso. Sfogliando un numero di Asso di Picche rimasi colpito dalla qualità dei disegni di due autori in particolare, Hugo Pratt e Dino Battaglia. Ero giovane e non avevo una grande cultura fumettistica. Qualche volta mi capitava di leggere Flash Gordon, ma non ho mai avuto una passione viscerale per i fumetti, così come a tutt'oggi devo dire che non ne leggo moltissimi.

Come nasce lo stile Toppi?
Con molta fatica, attraverso un cammino lento. Sono autodidatta. L'unica esperienza in una scuola d'arte durò solo due anni, presso la "Scuola d'Arte del Castello", dove si andava di sera. Ho poi cominciato, negli anni Cinquanta, a lavorare in uno studio dove si realizzavano disegni animati, quello dei fratelli Pagot. È stato un periodo particolarmente utile perché coincise con il "boom" dei cartoni animati in Italia. Realizzavamo moltissimi lavori pubblicitari per la televisione. Io mi occupavo sia di sceneggiatura che di scenografia, il tutto, dati i tempi veramente pioneristici, in una libertà che ci consentiva di sperimentare tecniche nuove. Contemporaneamente ho iniziato a collaborare con alcune riviste settimanali come fumettista, partendo praticamente da zero.

Su quale rivista sono apparse le sue prime tavole?
Sul "Corriere dei Piccoli" intorno al '57-'58. Poi conobbi un sacerdote che dirigeva il "Messaggero di Sant'Antonio" che era il giornalino della parrocchia della basilica del Santo di Padova. A quel sacerdote, Padre Colasanti, devo molto. Per un certo periodo quel giornalino parrocchiale raccolse racconti di alcuni dei più noti fumettisti in Italia, lasciando grande libertà agli autori. Io di quella libertà ho beneficiato in particolar modo mettendo le basi per quello che poi è diventato il mio stile. È da allora che ho cominciato a disegnare senza tener conto dei quadrati che nel fumetto più ortodosso scandiscono il passaggio da una scena all'altra.
Questo superamento della suddivisione della pagina in "quadratini", che oggi ha fatto scuola, è una delle caratteristiche più apprezzate del suo modo di disegnare.
A dire il vero buona parte dei fumettofili lo considera un anatema. Chi critica questa mia impostazione delle pagine afferma che la sequenza narrativa viene meno. A me è piaciuto rompere questo schema e dare più rilevanza possibile alle scene principali. Nella realizzazione delle tavole presto poi sempre particolare attenzione a come distribuire i balloons perché devono anch'essi contribuire a una disposizione equilibrata della pagina. Del lettering non mi occupo personalmente, rischierei di abbruttire la tavola. Preferisco che se ne occupino i professionisti di questo settore, che sono davvero bravissimi.

Che rapporto lega arte, fumetto e business?
Ci sono due piani da tenere separati quando si parla di fumetti: uno è quello commerciale e interessa soprattutto l'editore e potrei riassumerlo così "il fumetto, una volta realizzato, va venduto"; l'altro è quello "artistico", vale a dire che pur parlando di un prodotto comunque commerciale, parliamo però di una produzione che ha un quoziente artistico diverso da quello che può avere un chiodo o una pentola. Io più in generale preferisco non utilizzare il termine "arte" perché innanzitutto trovo difficile definirla e in secondo luogo sull'arte ci sono delle idee molto difficili e confuse, estremamente soggettive. Preferisco fare un discorso di contenuti, di qualità. In fondo il ceramista che fa una scodella e la decora col suo pennellino con una linea intorno raggiunge un quoziente di creatività maggiore rispetto a un ceramista che lascia la scodella priva di decorazioni. È un criterio scalare: in cima alla scala ci sono i grandi artisti, talvolta incomprensibili alla persona normale e per questo irraggiungibili. Lo stesso discorso vale per il fumetto: è indubbiamente un prodotto destinato alla fruizione commerciale ma in esso entra un certo quoziente di creatività, di senso estetico.

Le sue tavole in bianco e nero ricordano talvolta delle vere e proprie incisioni. È una scelta stilistica?
Sono affascinato dal contrasto forte tra bianco e nero perché mi sembra qualcosa di definitivo. Per questo amo le acqueforti, e penso che il mio stile ne risenta. Da qualche anno ho incominciato a dedicarmi all'incisione, soprattutto d'estate, quando, insieme ad un amico che mi aiuta, posso disporre di spazi e strumenti adatti per mettere in pratica le tecniche incisorie. Apprezzo moltissimo le incisioni di un'artista italiana che si chiama Federica Galli. Per il passato la mia preferenza va a Rembrandt.
E per quanto riguarda le sue preferenze pittoriche?
Mi piace l'arte della Secessione, a cavallo tra Ottocento e Novecento, sia nei suoi grandi rappresentanti, come Schiele e Klimt, sia nei minori, anch'essi eccezionali. Lo trovo un periodo veramente entusiasmante dal punto di vista creativo. Era l'epoca delle arti applicate e anche un tovagliolo poteva diventare un'opera d'autore. Questi "artigiani" spaziavano attraverso tutti i campi della creazione artistica grazie ad una tecnica strabiliante. Non erano solo dei pittori. Erano artisti completi.
Non mi hanno mai entusiasmato le Avanguardie come il Futurismo, anche se noto che molti miei colleghi si sentono molto legati a queste correnti artistiche.

Trova grosse differenze tra il lavoro di un fumettista e quello di un pittore?
Trovo che un conto sia fare il pittore, un altro fare l'illustratore-disegnatore: se un disegnatore (quindi anche un fumettista) illustra un palazzo e questo, per così dire, "non sta in piedi", lo si nota. Un pittore invece può permettersi delle licenze sicuramente maggiori.

Con quanti editori ha lavorato?
Sono parecchi. Ho pubblicato molti lavori su "Corto Maltese" (Rizzoli - Milano Libri), ad esempio. È stata la testata per la quale ho realizzato i lavori che forse mi sono piaciuti di più, anche se non ho un mio racconto preferito. C'è qualcosa che mi lega ad ogni singolo lavoro, dal momento che tutti hanno richiesto una certa fatica per realizzarli. Da tempo lavoro per "Il Giornalino". Anche presso questa rivista ho avuto sempre mano libera, pur essendo un giornale che si rivolge ad un pubblico diverso da quello di "Corto Maltese".
Con la casa editrice Bonelli ho ripreso a collaborare da qualche anno. Negli anni Settanta presi parte a una bella collana di racconti intitolata Un uomo, un'avventura disegnando tre racconti, L'uomo del Messico, L'uomo del Nilo e L'uomo delle paludi, per quella che allora si chiamava casa editrice Cepim, cioè l'attuale Sergio Bonelli Editore. Il mio segno "spezzato" non era funzionale alle scelte editoriali della Bonelli e così per diversi anni non ebbi più collaborazioni con loro. Adesso invece abbiamo ripreso a lavorare insieme.

Lei si occupa anche di illustrazione.
È un campo nel quale mi cimento sempre volentieri. Ho realizzato illustrazioni per quotidiani, periodici, libri e una volta per la copertina di un disco, anche se, francamente, non ricordo per quale casa discografica. Ultimamente disegno racconti e copertine soprattutto per "Comic Art". Illustrazione e fumetto sono estremamente legati e non vedo grandi differenze tra questi due tipi di lavori, se non, com'è ovvio, la necessità nel fumetto di articolare la storia lungo trenta o più pagine anziché cercare di visualizzare un qualcosa in un'unica tavola.
Ha fonti particolari d'ispirazione quando crea una storia?
Ci sono racconti che devi sviluppare secondo i canoni dell'avventura pura, come quelli che ho realizzato per la Cepim; per altri puoi trarre ispirazione da fatti accaduti realmente, connotandoli poi con la tua fantasia: è quello che ho fatto con i lavori per Linus e Corto Maltese. Questo tipo di storie sono quelle che appartengono al cosiddetto "realismo magico".
L'ispirazione qui può essere uno spunto dato da avvenimenti storici sul quale inserisco elementi, diciamo, di "extrarealtà".

Toppi, mentre disegna, ascolta musica?
Come molti miei colleghi ascolto la radio mentre lavoro. Trovo che sia un'invenzione bellissima. Paradossalmente certe immagini te le può offrire solamente la radio, che può trasmettere solo il sonoro. Faccio un esempio: io detesto il teatro, mi infastidisce moltissimo la finzione del palcoscenico; la prosa radiofonica invece mi piace, riesce a conquistare la mia attenzione. La televisione è anch'essa affascinante, per il motivo opposto: offre immagini, delle quali noi disegnatori letteralmente ci nutriamo.
Non sono un grande esperto di musica contemporanea. Mi sembra di non capirla, non riesco ad apprezzarla. Ascolto soprattutto musica barocca. Apprezzo Mozart, Bach, Beethoven e quei musicisti italiani del Settecento come Garuffi, Locatelli, Viotti e altri come Lulli, un compositore di origine italiana che divenne musicista di corte di Luigi XIV. Amo Vivaldi, Hendel e i Virginalisti inglesi dell'età elisabettiana.

Preferenze letterarie?
Il mio autore preferito è Dino Buzzati, che mi ha dato lo spunto per alcune storie. Mi piace il lato più "cattivo" dei suoi racconti.
Non mi convincono molto i romanzieri italiani contemporanei; trovo tutto sommato interessante Aldo Busi nella sua palese provocatorietà.
Mi piace molto Chiusano, che era anche un caro amico, e Mario Rigoni-Stern.
Una curiosità: come nasce il suo interesse per il Giappone?
Nei confronti del Giappone ho una passione antica che non capisco neanch'io bene a cosa sia dovuta. Mi affascina questa loro precisione maniacale, cosa che a me manca.
La mia è un'ammirazione mista a spavento.