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martedì 31 dicembre 2019

BOWIE è per sempre: intervista a Mike Allred

Il prossimo 7 gennaio la Insight Editions pubblicherà negli Stati Uniti una biografia a fumetti dell'indimenticato & indimenticabile DAVID BOWIE; pochi giorni dopo sarà disponibile l'edizione italiana edita da Panini Comics.
Il volume, di 160 pagine, è realizzato da MICHAEL ALLRED (Madman, X-Statix), in collaborazione con la moglie colorista Laura e lo sceneggiatore Steve Horton (Amala’s Blade).
Nel seguito potete leggere la traduzione di un'intervista a MIKE ALLRED, autore da me amatissimo sin da tempi insospettabili, pubblicata qualche giorno fa su Tripwire e condotta da Andrew Colman. L'intervista appare su questo blog con il permesso di Joel Meadows, editor-in-chief di Tripwire, che sentitamente ringrazio. L'intervista in Inglese può essere letta QUI.
Buona lettura!
Stampa esclusiva realizzata per Gosh!
Tripwire: Ovviamente si tratta di un lavoro da te fortemente voluto, un "atto d'amore". Artisticamente quanto è stato difficile disegnare le innumerevoli incarnazioni di Bowie & Co.?
Mike Allred: A ripensarci sembra strano ma probabilmente è stata la cosa più semplice che abbia mai fatto. Sì, è stata una bella sfida mettere tutti i dettagli al posto giusto e mantenere l'autenticità ma, da fan di Bowie, era tutto così carico di pura gioia.

Nelle tue ricerche pensi d'aver catturato la Londra dei primi anni '60 - metà anni '70 e le sue atmosfere? Ti ha aiutato qualche film, a parte quelli ovvi come la pellicola del 1973 di Ziggy?
Assolutamente! La cultura pop di quel tempo e, in particolar modo, quella britannica sono pane quotidiano da me! Il mio film preferito in assoluto è Tutti per uno con i Beatles e tutto quello che ne è seguito per me è fonte di una gioia inebriante e senza fine.

Il libro si focalizza più sull'icona Bowie piuttosto che sull'uomo. Si tratta di una decisione consapevole o sentivate che la storia dovesse essere incentrata più su Ziggy?
Bowie era un uomo riservato che preferiva che i suoi pensieri e sentimenti personali restassero privati e misteriosi, lasciando sempre che la sua arte parlasse per lui. Le sue interviste sono raramente rivelatrici di qualcosa di sostanziale su questi aspetti per cui il mio approccio è stato quello di abbracciare questa ambiguità. 

Il tuo uso di paesaggi immaginari e onirici per illustrare lo stato mentale di Bowie è fondamentale nel libro seppur intermittente. Ti sarebbe piaciuto utilizzare maggiormente questo meccanismo nella storia?
Assolutamente! Potrei disegnare pagine e pagine per ogni sua canzone. E forse lo farei se ci fosse la fila di persone disposte a pagare per migliaia di pagine oniriche su Bowie. Io sono pronto!

Eri consapevole di quanto fosse importante Bowie in Ighilterra quando hai iniziato a lavorare alla storia? Lì era praticamente l'incarnazione stessa degli anni 70 per tutti i fan della musica rock, come me.
Ne ero consapevole per quanto potesse esserlo un ragazzino dell'Oregon. La stragrande maggioranza delle mie ossessioni è legata alla cultura pop del Regno Unito. Io e mia moglie abbiamo visitato quei luoghi in diverse occasioni. L'ultima volta siamo stati nella "Riff Raff Suite" nel castello del Rocky Horror Picture Show che è ora un hotel e anche al Portmeirion dove è stato girato Il Prigioniero. Siamo anche andati alla ricerca di alcuni luoghi dell'infanzia di Bowie a Brixton, fino al Marquee Club, ai Trident Studios, al vicolo che compare sulla copertina di Ziggy Stardust... sono cose molto importanti ed emozionanti per noi.

Sapevi di quanto la sua influenza sia stata fondamentale, insieme a Lou Reed, per la scena inglese post-punt e indie? Fu responsabile di interi movimenti, come i New Romantic, che non arrivarono però oltreoceano.
L'ho vissuto in tempo reale. Da ragazzino consegnavo i giornali a domicilio e spendevo tutti i miei soldi in dischi e riviste musicali. I Beatles sono stati sempre presenti sin dalla mia nascita ma, dopo aver scoperto Bowie, tutte le notizie che leggevo sui giornali e le note inserite nei dischi hanno iniziato a collegarsi tra loro visto che gli artisti e i produttori erano intrecciati tra loro... per cui sono sempre stato attratto da quello che veniva dall'Inghilterra.
Ad esempio Bowie mi ha fatto scoprire i Mott The Hoople che, più tardi, mi hanno fatto scoprire i Clash perché i Clash erano fan dei Mott.
Nel libro vengono minimizzati alcuni rapporti controversi, in particolar modo quello tra Bowie e Angie, tra Bowie e Reed, con Pitt e con alcuni dei membri della band. È dovuto alla necessità di idealizzare la vita di Bowie oppure non c'era abbastanza spazio, nella storia, per questi aspetti?
Si è trattato di una questione di equilibrio stante le pagine che avevamo a disposizione. Se avessi avuto più spazio avrei inserito tutto il possibile. Ma, tra la scelta di usare le pagine per celebrare Bowie oppure inserire delle circostanze meno celebrative che richiedevano ancor più contesto per essere raccontate, ho optato per la celebrazione.
Se non altro, voglio che questo libro sia una sorta di fondamentale introduzione a Bowie. Chiunque vorrà approfondire altri elementi sono sicuro che lo farà. Non mi sono assolutamente prefissato di idealizzarlo. Credo che quello che c'è nel volume, relativamente alle sue mutevoli relazioni, sia accurato e onesto. La parte con Bolan penso sia il miglior esempio di come ho utilizzato il loro rapporto per raccontare quegli aspetti. 

Molte delle vignette sono prese o richiamano foto o immagini classiche di Bowie. Eri preoccupato di non lasciare nulla fuori e di inserire tutto? Ti do atto che personalmente mi pare che non manchi nulla!
Era semplicemente il fan di Bowie che è in me che andava in estasi! Questo libro è la mia occasione per scatenarmi e fare, da autore professionista, quello che facevo da ragazzino quando disegnavo quelle immagini bellissime che trovavo nelle mie riviste rock preferite o sulle copertine dei dischi. Quello, insieme all'amore per i comics, mi ha spinto a disegnare tutti quei dettagli, così come i corsi d'arte che ho fatto o i fumetti che ho realizzato personalmente. 

Pensi che YouTube sia stato di grande importanza per le tue ricerche? C'erano spettacoli come The 1980 Floor Show che forse furono girati in Inghilterra ma non furono mai trasmessi qui e che sono stati scoperti da fan come me solo quando sono stati caricati sul sito (la televisione inglese non ha mai trasmesso l'apparizione al Saturday Night Show con Klaus Nomi e neppure quella all'OGWT).
L'aiuto di YouTube è stato... inestimabile! È incredibile quello che è saltato fuori! The 1980 Floor Show è stato come... la grande balena bianca! Ora ho quasi otto ore di girato tra prove e varie versioni. Chi avrebbe mai immaginato che avremmo avuto accesso a tutta quella roba? A proposito, la performance di Bowie al SNL è, di sicuro, nella mia top ten di tutti i tempi.
Sei diventato fan di Bowie dopo che lui aveva abbandonato l'incarnazione di Ziggy: pensi che questo lavoro sia stato un modo per riconciliarti con quello che ti eri perso? Pensi che la carriera di Bowie non sia stata più così vitale dopo quel periodo?
No. Quando ho scoperto Bowie, per quello che sapevo, lui era ancora Ziggy. Ho conosciuto Bowie andando indietro da Diamond Dogs in poi, persino con le ristampe di Space Oddity e The Man Who Sold The World con le nuove copertine in stile Ziggy.
Un po' come oggi accadrebbe ad un preadolescente che scoprisse Star Wars e potrebbe vedere tutti e nove i film in un'unica ondata gigantesca. BAM! 
È stato solo durante la promozione per l'uscita di Young Americans e con Fame che raggiunse il numero uno in classifica  che notai che stava cambiando presentandosi con una nuova immagine. Ma poi mio cugino mi portò a vedere il mio primo film vietato ai minori, The Man Who Fell to Earth: era il 1976 e Bowie mi faceva vedere che era vero che lui veniva dallo spazio. Per cui non ho mai perso questo elemento, fino alla sua morte. Non importa quale nuovo stile o look provasse, quella specie di enigma alieno è sempre rimasto una sua costante.

La scelta di focalizzarci in particolar modo sul "periodo Ziggy" per questo primo libro, dico così perché mi piacerebbe farne altri, è stata semplicemente ovvia. Potrò aver vissuto l'esperienza-Bowie in maniera retroattiva ma non mi viene in mente un'opzione migliore di quella di conoscere tutto insieme il suo lavoro fino al 1974, un'esperienza il cui eco arriva fino ad oggi per me. Ha avuto un'influenza sulla mia creatività tale che non è possibile per me misurarla.

Per gli inglesi, l'esibizione di Starman a TOTP (come racconti nel libro) è stato il momento in cui Bowie è diventato finalmente una star. C'è stato qualcosa di analogo per gli americani?
Non credo. Il singolo Fame mi sembra sia stata la vera svolta e la collaborazione con John Lennon ha quasi giustificato la mia ossessione per Bowie. Fino ad allora non avevo alcun amico che condividesse con me la mia passione. In realtà, dovevo letteralmente lottare per potermi godere Bowie. E mi rendeva anche un bersaglio facile per i bulli. Mi riesce difficile pensare a quanta paura abbia avuto in certi momenti. Ora sembra tutto così innocuo. Almeno le ragazze seguivano Bowie e mi hanno aiutato a seguirlo. Ma questo mi ha reso un bersaglio ancora più grande per quegli stronzi della scuola.
Poi finalmente, con Let's dance, ha raggiunto il successo commerciale e incarnato un personaggio meno controverso che l'ha reso un nome noto e famoso per tutti.

Nella postfazione indichi Bowie tra gli autori che ti hanno più influenzato dal punto di vista artistico. Intendevi in modo diretto oppure di una influenza più sottile sul tuo lavoro?
In modo assolutamente diretto. Non solo le immagini che disegnavo costantemente copiando le sue foto o le copertine dei suoi album, ma anche l'immaginario che disegnavo ispirato dalle sue canzoni. Tuttora la sua musica accende la mia creatività.

Hai un disco preferito di Bowie di quel periodo? E successivamente? Se dovessi sceglierne soltanto uno quale sarebbe e perché? 
Cambia sempre. Oggi ti direi Low oppure Black Star ma se dovessi sceglierne solo uno probabilmente prenderei Hunky Dory. È un capolavoro! E include Life on Mars che probabilmente sceglierei come la mia canzone preferita di tutti i tempi. È anche il primo regalo che ho fatto a Laura ed è anche il suo preferito.
Pensi che Bowie sia sottovalutato rispetto alla sua rilevanza culturale (rispetto ad esempio a Sinatra, Elvis, Beatles, Stones) e che questo libro sia il tuo tentativo per rimediare?
In un certo senso, sì. Se si considerano le reazioni che abbiamo ricevuto da quando il volume è stato annunciato, tenderei a credere che Bowie sia davvero lassù in alto, tra le icone più riconoscibili della cultura pop. Ma da fan accanito, mi viene da dire che non è minimamente vicino al livello di apprezzamento di massa che dovrebbe avere.

Concordi che i suoi lavori degli anni '70 siano quelli più "senza tempo", all'interno della sua produzione?
Hmmm, sì. E probabilmente Heroes è la sua canzone più immortale. Scary Monsters chiudeva il decennio e Let’s Dance è il suo pezzo più commerciale e senza dubbio più riconoscibile che l'ha traghettato negli anni '80. E l'impatto sulla cultura pop con l'apparizione in Labyrinth. Ma poi la musica si è fatta meno avventurosa fino a Earthling che è una sorta di nuova immissione di energia e poi fino alla fine con Black Star, un altro capolavoro.
Ma dovendo tirare le somme, sì, direi di sì. 
Presumo che abbia setacciato il Web in lungo e in largo per le tue ricerche su Bowie: qual è il tuo sito preferito a lui dedicato? Da parte mia sceglierei Pushing Ahead of The Dame.
Gran sito! Ma non ho dei preferiti. Per me sono un tutt'uno, si trovano tesori piccoli e grandi un po' dappertutto.

Quale aspetto di Bowie ha mantenuto vivo il tuo interesse per lui in tutti questi anni?
Forse realizzare questo libro è stato una sorta di esercizio per trovare una risposta a questa domanda. Ma non ne sono ancora sicuro. Probabilmente è qualcosa legato a quanto fosse enigmatico. Un mistero per cui si cercano ancora indizi.

Se dovessi scegliere un contributo tra quelli portati al progetto dallo scrittore/collaboratore/catalizzatore Steve Horton quale sarebbe?
Ovviamente, il progetto stesso. Ha fatto sì che diventasse reale. E ha portato anche un punto di vista nuovo. Ha fatto sì che fossi meno egoista, che guardassi e apprezzassi anche quello che altri potevano amare o trovare interessante su Bowie.

venerdì 20 dicembre 2019

recensioni in 4 parole [74]

Orrori, dolori del fumettista.
Stuzzicante avvio d'avventura.
Trilogia Shakespeariana
Il capolavoro è servito!
Dylan Dog - Batman n.0
Nel frullatore dell'immaginario.
********
Abbiamo detto 4 parole su:
Italo. Educazione di un reazionario.
di Vincenzo Filosa (testi e disegni)
Editore: Rizzoli Lizard
Formato: cartonato, 192 pagine, b/n
Prezzo: € 20
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI e QUI

Tesla and The Secret Lodge - Guerra Segreta n.0
di Alberto Conte (testi) e Cecilia Formicola (disegni)
Formato: rilegato, 28 pagine, colore
Prezzo: € 4
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Trilogia Shakespeariana
di Gianni De Luca
Editore: NPE
Formato: cartonato, 168 pagine,  b/n
Prezzo: € 22,90
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Dylan Dog - Batman n.0
di R. Recchioni (soggetto e sceneggiatura), Werther Dell'Edera e Gigi Cavenago (disegni)
Editore: SBE
Formato: brossurato, 32 pagine, colore
Prezzo: € 3,50
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

martedì 17 dicembre 2019

Parola di Moore... dal 1997!

Art by Spugna.
Estratto da un'intervista apparsa nel 1997 sul Feature Magazine Volume 3, Number 2.

FEATURE: Dove stai andando come artista? Che tipo di lascito stai cercando di costruire? Che genere di opere stai cercando di creare?
Alan Moore: Non ho mai davvero pensato a quale eredità lasciare. Suppongo di non saperlo, mi fido di quello che faccio. Guardo indietro ai miei lavori precedenti. Se ripenso a Watchmen devo ammettere di sentire un qualche immeritato disagio. Non dovrei provarlo ma... è solo il fatto che si trattava di un fumetto di supereroi. Stavo cercando di dire qualcosa di serio in un modo abbastanza leggero. Come detto, oggi non lo farei. Sono ancora molto orgoglioso di Watchmen ma lo sono ancora di più di lavori che non rientrano nel genere supereroistico come From Hell e Lost Girls. Si tratta di uno sviluppo, di una semplice progressione di idee nella mia testa ma stanno seguendo una sorta di percorso. Io mi trovo su quella strada ma non so dove porta e non ho in mente una destinazione vera e propria. Non c'è un piano, c'è solo una strada che cerco di scoprire e interpretare mentre la percorro. I miei lavori, suppongo, siano una sorta di comunicati ufficiali che vengono rilasciati durante questo viaggio; diranno più o meno dove mi trovo, in un determinato momento, lungo il cammino. Riguardo cosa mi aspetti... voglio dire, la lista delle cose che ho intenzione di fare in futuro, suppongo debbano essere considerate come delle direzioni che mi sembrano promettenti da investigare. Non so che cosa accadrà quando ci arriverò, non so quale altra strada si aprirà a quel punto. Non so poi cosa farò.
Ho anche io le mie fissazioni che tendono a riguardare il voler approfondire sempre di più le cose.  Lavorando con i fumetti mainstream, ho provato a guardare agli aspetti politici e morali che stanno dietro alle altre situazioni in quel genere di storie, cercando di andare oltre la superficie. Una volta iniziato ho cercato di scavare ulteriormente. In modo da parlare di politica in senso più generale in relazione al mondo colorato dei comics. C'è un momento in cui vuoi andare ulteriormente oltre. È come scavare un tunnel, suppongo. È il modo migliore che riesco a trovare per descrivere questo processo. Voglio cercare di decifrare i vari livelli di significato che ci sono nel mondo quanto più in profondità. Qualsiasi sia lo strumento o la strada che mi pare più produttiva per raggiungere questo scopo allora li utilizzerò. Ma è un approccio del tutto soggettivo. Ed è un processo completamente impredicibile dentro la mia testa. Dovrò semplicemente vedere dove mi condurrà. Non cerco di indovinare cosa accadrà.
Credo che quando, alla fine, schiatterò sulla macchina da scrivere, allora e soltanto allora, sarò in grado di capire l'insieme di opere che ho realizzato. Sono sicuro che l'ottanta per cento sarà merda ma probabilmente ci saranno un paio di buone cose che resteranno ed è possibile che saranno quelle che mai avrei pensato che l'avrebbero fatto.

mercoledì 11 dicembre 2019

CATACCHIO CONFIDENTIAL: Raccontare Pollock

A distanza di diversi mesi dall'ultima intervista "originale", si ritorna con una chiacchierata con un autore che stimo e che seguo ormai da più di due decenni: un artista dal segno raffinato e leggibile, un narratore di storie intriganti, un amico che è sempre un piacere incontrare, un gentiluomo autentico...
Ladies and gentlemen... Sir ONOFRIO CATACCHIO!
L'occasione è la recente uscita del suo Pollock Confidential, volume dedicato all'artista americano tra i principali esponenti dell'Espressionismo astratto. Il libro è edito da Centauria nella collana Graphic biographies, di cui mi piacerebbe, prima o poi, tornare a parlare (chi vivrà, vedrà!).
Buona lettura. E grazie, Onofrio! :)
Una prima domanda, spontanea. Come è stato, da fumettista, confrontarti con un gigante della Storia dell'Arte, come si direbbe? Intendo sia in termini di "preoccupazione" per il racconto in sé sia per il confronto tra il tuo segno e quello originale, nella inevitabile riproduzione delle opere dell'artista in questione sulle pagine del fumetto…
Quali riflessioni hai fatto o hai dovuto fare? Quali soluzioni tecniche hai dovuto "escogitare"?
ONOFRIO CATACCHIO: In realtà Pollock Confidential mi si è profilata subito e già completa dall’inizio alla fine. Avevo tutti gli elementi pronti: la CIA, Pollock, la cornice storica, e la parte ambientata nella Galleria d’Arte Moderna di Roma nel 1974. Si è trattato solo di assemblarli in modo da dare origine a un lavoro organico in termini narrativi. Ricordo di aver inviato il soggetto e la scaletta del libro a Balthazar Pagani – l’editor della collana – un paio di giorni dopo avergli parlato al telefono della mia idea.
La parte più impegnativa e stata cercare di far convivere la struttura narrativa da “fumetto” con l’aspetto “pittorico” di ciò che raccontavo. Il fumetto è rigore e regola mentre Pollock è -apparentemente - un artista molto fisico, che si basa sul gesto, che aggredisce la tela con la sua tecnica. Ho lavorato su immagini grandi e su un’impaginazione libera nelle sequenze in cui appare Pollock perché non volevo rinchiuderlo in vignette filateliche. Tutto naturalmente ricade nella regola e nel rigore perché lo stesso Pollock affermava: no chaos, damn it!
Un passo indietro. Come è nato il tuo coinvolgimento su questa collana Centauria? Hai proposto tu l'artista o la casa editrice oppure era in un ventaglio di ipotesi?          
La collana, dedicata alle biografie degli artisti, aveva già due titoli pubblicati: Schiele di Otto Gabos e Basquiat di Paolo Parisi più altri in preparazione. Io ero orientato su artisti americani, soprattutto Pollock, perché ne conoscevo la biografia e, in qualche modo, il percorso artistico. Poi, visto che per mestiere racconto storie, sapevo dell’intreccio CIA/Espressionismo Astratto perché lo avevo scoperto durante ricerche che avevo fatto per altri lavori in passato.
La tua è una biografia un po' particolare, rispetto anche alle altre della collana che hanno un impianto più canonico. Direi che la tua è una docu-fiction, infatti mescola fiction e realtà attraverso la figura fittizia di Dan Adkins, un giovane agente della CIA. Sono curioso di sapere come è nata questa chiave di lettura e perché hai utilizzato il nome di un noto inchiostratore di comics…
Mi interessava una visione “esterna” ma analitica dell’uomo e dell’artista Pollock. Un agente della CIA con il compito di raccogliere un dossier confidenziale mi è sembrato plausibile e funzionale al racconto. Mi piaceva l’idea del giovane patriota che, per gradi, muta il suo giudizio e il suo rapporto con Pollock. E quest’ultimo che, chiuso e introspettivo, si racconta a Dan Adkins. Una parentesi, un avvicinamento, tra due personalità opposte sotto tutti gli aspetti.
Il nome è venuto casualmente. Pensavo al nome che rendesse l’epoca e che non avesse come Pollock derivazioni e origini particolari. E poi perché il Dan Adkins illustratore e inchiostratore è stato attivo più o meno nello stesso periodo del Dan Adkins della CIA.
Il tuo segno è molto morbido e pulito e, al contempo, i tuoi personaggi hanno una aggraziata solidità fisica. Credo sia piuttosto adatto a rendere la forza di Pollock. Ho notato inoltre che ci sono diverse vignette e costruzioni della tavola ampie, come a far respirare il disegno e richiamare le grandi tele del pittore americano. Come è stato disegnare Pollock persona/personaggio, la sua postura, l'irruenza nel gesto pittorico? Quanto ti sei documentato in merito? Hai modificato il tuo approccio rispetto al modus operandi di un tuo fumetto standard?
La parte più impegnativa del lavoro è stata la documentazione. Proprio perché si tratta di una biografia, tutto doveva essere verificato e tutto doveva incastrarsi con la parte “fiction” del lavoro. Poi ho cercato di riproporre lo stesso equilibrio nella parte visiva: i materiali di documentazione fotografica cui ho fatto ricorso dovevano rientrare senza stacchi nel flusso delle immagini. Inoltre, non potevo - per motivi di copyright e perché non avrebbe avuto senso - riprodurre le opere di Pollock per cui ho cercato di replicare la sua energia e i suoi dripping lavorando sul contrasto tra il mio modo di impostare le tavole, la caratterizzazione dei personaggi e le soluzioni grafiche che ho adottato per evocare i suoi dipinti. Questa è stata una delle sfide più grosse di Pollock Confidential. In più, avevo un limite di quattromila parole, dovuto alle necessità delle traduzioni estere, a cui attenermi per raccontare tutto.
Che cosa ti ha lasciato questa esperienza? Qual è l'aspetto di Pollock che più ti ha colpito?
L’idea di Pollock che mi sono fatto dopo aver approfondito la sua biografia è quella di un uomo alla spasmodica ricerca del proprio talento che ha pagato un costo umano altissimo per scoprirlo. Raccontare la sua vicenda è raccontare una storia già nota, quella di un personaggio destinato a un appuntamento col suo destino. Un uomo che però è stato anche determinante nel cambio di scena dell’arte moderna, un artista controverso che si staglia sullo scenario storico, drammatico e complicato della Guerra Fredda e inconsapevolmente diventa una pedina nel grande gioco delle Intelligence.
Tutto il libro si dipana su queste tre direttrici, su cui ho lavorato in modo libero e non consequenziale. Solo alla fine ho messo assieme i vari blocchi e fluidificato la narrazione lavorando ai testi definitivi. Mi sono mosso in ordine sparso e senza una sceneggiatura.  Mettendo tutto a posto solo alla fine. Un modo di procedere “a vista” parecchio differente da quello che ho adottato in altri miei lavori.            
Un'ultima domanda. Spesso l'Arte moderna e contemporanea si è appropriata indebitamente, direi, del Fumetto, pensiamo a Lichtenstein e ai suoi vari "furti", ma non solo. Forse, alla fin fine, c'è stata una sorta di reciproca ibridazione. Qual è il tuo pensiero al riguardo?
Sono molto d’accordo sul concetto di ibridazione. Credo che il rimpallo sia continuo e auspicabile a patto che ciascuno sia consapevole del perimetro entro cui sta adoperando materiali provenienti da contesti diversi. Jack Kirby ha fatto fumetti supereroistici infilandoci dentro suggestioni che vanno dalla Pop all’Optical Art. Le sue tavole restituiscono una visione perfettamente sintonica con lo spirito del tempo in cui sono state realizzate e a loro volta influenzano anche la nostra contemporaneità, sconfinando dai territori del fumetto. E, dall’altra parte, basti pensare a Keith Haring o a Basquiat per capire come, a sua volta, un certo immaginario abbia influenzato una certa visione dell’arte.

Tutte le immagini a corredo di questo articolo sono state concesse dall'autore che ringrazio.

mercoledì 4 dicembre 2019

Autoregali & Apparizioni

Art by Jesse Jacobs.
In questi tempi di varie turbolenze, ogni tanto mi concedo un autoregalo e questa volta è toccato a... un originale di JESSE JACOBS, artista che amo sin da quando l'ho fortunosamente scoperto qualche anno fa. La tavola in questione è tratta da Baby in the Boneyard (che spero finalmente di riuscire a leggere nel weekend!), edito di recente dalla mai troppo lodata Hollow Press. Sopra, si può ammirare l'originale... affiancato alla pagina stampata e colorata con un ipnotico verde radioattivo. :)
Segnalo inoltre una intervista con l'autore canadese pubblicata su Lo Spazio Bianco: qui.

Intanto, The D'oh is out there... il numero di Dicembre di Linus, a breve disponibile in edicola e fumetteria, proporrà uno speciale dedicato ad Alan Moore con articoli e fumetti incentrati sullo scrittore di Northampton. Tra questi ci sarà anche un "mio" piccolo contributo, ossia una raccolta ragionata di estratti da interviste nel tentativo, di sicuro vano, di tratteggiare un ritratto dell'artista britannico investigando aspetti, forse, meno noti della sua visione artistica e personale. Dicevo "mio", tra virgolette, poiché l'articolo è un pezzo corale, realizzato con il supporto dei "friends" Koom Kankesan, George Khoury, Omar Martini, Raphael Sassaki, Antonio Solinas e DeZ Vylenz! Grazie ancora a voi.
Sul fronte dei fumetti sono molto fiero d'aver dato supporto nella gestione dei contatti che hanno portato alla pubblicazione della storia Se Einstein ha ragione (titolo originale If Einstein’s right). Si tratta di un poetico fumetto breve, scritto da Alan Moore per i disegni di Melinda Gebbie, apparso nel 2018 sul volume antologico 24 Panels per raccogliere fondi a favore dei sopravvissuti del terribile incendio della Grenfell Tower.
In accordo con le indicazioni di Moore e Gebbie, Linus ha provveduto ad una donazione al fondo 24Stories, legato all'iniziativa, a cui mi sono sentito di aggiungere il mio compenso.

Chiosa personale: in totale sincerità, avrei preferito e optato per un disegno di copertina differente, ossia evitando l'associazione tra il volto di Moore e i "cloni" di Rorschach che, ipotizzo, provengano dal serial di Lindelof (da cui mi tengo a debita distanza di non-visione!) Felicissima invece la mano di Ponchione, as usual.
Ovviamente tutti gli onori e gli oneri per lo speciale vanno allo staff di Linus.

Maggiori informazioni sul contenuto del numero qui.

lunedì 2 dicembre 2019

recensioni in 4 parole [73]

Indeciso sull'applaudire, fingo.
Keller n.1
Semplicemente, una buona storia.
Mutevoli futuri mutanti: ordinali!
Una stanca novità. Ahimè.
********
Abbiamo detto 4 parole su:
Momenti straordinari con applausi finti
di Gipi (testi e disegni)
Editore: Coconino Press
Formato: cartonato, 176 pagine, colore
Prezzo: € 24
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI 

Keller n.1
di Luigi Mignacco (testi) e Paolo Raffaelli (disegni)
Editore: SBE (collana "Le Storie" n.86)
Formato: brossurato, 96 pagine, b/n
Prezzo: € 4,50
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Powers of X n.1
di Jonathan Hickman (testi), R.B. Silva (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: spillato, 56 pagine, colore
Prezzo: € 3,90
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Samuel Stern n.1
di Gianmarco Fumasoli, Massimiliano Filadoro (testi), Luigi Formisano (disegni)
Editore: Bug Comics
Formato: brossurato, 96 pagine, b/n
Prezzo: € 3,50
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

venerdì 29 novembre 2019

ALAN MOORE: 5 INTERVISTE - BIS

ORDINA QUI!
Il volumetto mooriano che abbiamo realizzato ci sta dando qualche piccola soddisfazione.

Infatti la "prima stampa" di 150 copie è andata rapidamente esaurita tra i meritati e doverosi omaggi inviati o consegnati ai vari contributor (ancora grazie!) e i libri venduti (grazie agli appassionati acquirenti! Pochi ma buoni!). Questa tiratura iniziale ci ha così permesso di coprire le spese di stampa & di spedizione ai contributor e di finanziare la "nuova stampa" di 150 copie così da completare la quota prevista di 300 libercoli. Da accordi tra tutte le parti coinvolte infatti si tratta di "un’edizione unica, non ristampabile. Tiratura massima di 300 copie."

L'esigenza primaria era quella, restando nel numero di copie pianificate, di garantire a chi fosse interessato la possibilità di avere il volumetto senza doverlo ricercare su chissà quale canale e magari a prezzo maggiorato. Per essere chiarissimi, stante le immaginabili difficoltà di gestire questo tipo di auto-produzioni, questa "ristampa" non era affatto scontata! Grazie a tutti, ancora!

Quindi il libro può essere (again) acquistato via PayPal al prezzo di 11 euro (9 per il volume + 2 per la spedizione come piego di libri, packaging incluso. È anche possibile la spedizione come piego di libri raccomandato). 

Per informazioni o dettagli, scrivere a info (at) diartdigitalart.com o al solito smoky_man (at) yahoo.com

Si precisa che tutte le persone coinvolte nella produzione e realizzazione del volume hanno contribuito gratuitamente col semplice obiettivo di realizzare questa piccola raccolta di interviste: tutti gli eventuali ricavi verranno devoluti in beneficenza. A tempo debito comunicheremo l'ammontare e l'ente beneficiario.

Che Glicone sia con noi!

lunedì 18 novembre 2019

Happy 66, Mr. Moore!

Art by Shintarō Kago.
Oggi Alan Moore compie 66 anni... e quale modo migliore di festeggiarlo se non con un eccezionale ritratto tratteggiato dalla mano inimitabile del mangaka Shintarō Kago?!?
Auguri, Big Brain Moore! (Un ringraziamento speciale va a Michele Nitri e alla sua Hollow Press per l'intercessione con il maestro Kago.)

Inoltre approfitto per ricordarvi che è ancora disponibile il libercolo (produzione dyi!) Alan Moore: 5 interviste e...  state sintonizzati per possibili barbute novità! ;)

domenica 17 novembre 2019

recensioni in 4 parole [72]

L'evoluzione. Futuro possibile.
Mutano i tempi. Mutano.
Il noir come talismano. 

La fantascienza che intriga.
********
Abbiamo detto 4 parole su:
Celestia - Libro 1
di Manuele Fior (testi e disegni)
Editore: Oblomov
Formato: brossurato, 144 pagine, colore
Prezzo: € 18
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI e QUI

House of X n.1
di Jonathan Hickman (testi), Pepe Larraz (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: spillato, 56 pagine, colore
Prezzo: € 3,90
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

Rusty Dogs
di Emiliano Longobardi (testi) e AA.VV. (disegni)
Autoproduzione - scrivere a ordini@rustydogs.com
Formato: brossurato, 308 pagine, b/n
Prezzo: € 20
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI 

Aposimz n.1
di Tsutomi Nihei (testi e disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: brossurato, 144 pagine, b/n e colore
Prezzo: € 7
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

sabato 2 novembre 2019

recensioni in 4 parole [71]

Cosa resta della Bellezza?
Di umane (disumane) vicende.
Del buon, sano intrattenimento.
Fiction d'Artista maledetto.
********
Abbiamo detto 4 parole su:
Gustav Klimt: La bellezza assoluta 
di Otto Gabos (testi e disegni)
Editore: Centauria
Formato: cartonato, 128 pagine, colore
Prezzo: € 19,90
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

I giorni della fame
di Lorenzo Palloni (testi e disegni)
Editore: Mammaiuto
Formato: spillato, 56 pagine, b/n
Prezzo: € 5
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI (intervista)

Sonata n.1-2-3 (English)
di David Hine (testi) e Brian Haberlin (testi e disegni)
Editore: Image Comics
Formato: spillato, 32 pagine, colore
Prezzo: $ 3,99 each
Anno di pubblicazione: 2018/19
Per qualche parola in più: QUI 

Pollock Confidential
di Onofrio Catacchio (testi e disegni)
Editore: Centauria
Formato: cartonato, 128 pagine, colore
Prezzo: € 19,90
Anno di pubblicazione: 2019
Per qualche parola in più: QUI

domenica 20 ottobre 2019

[Oldies but goldies] ALESSANDRO BILOTTA 2001

Mentre Lucca Comics ne celebra la carriera con una meritatissima mostra (QUI i dettagli), dagli archivi di Ultrazine.org ecco spuntare, con perfetto tempismo, un'intervista ad ALESSANDRO BILOTTA... di appena qualche annetto fa (correva l'anno 2001!).
Buona lettura! Bilotta anche allora diceva cose interessantissime, eh.
Time does not exist.
ALESSANDRO BILOTTA
Sceneggiatore Maraviglioso

Sceneggiatore brillante e ricco di talento, è una delle menti del progetto Montego. Un vulcano di visioni e di iniziative. Un autore giovane ma dalle idee chiarissime e dalla parlantina vivace, come potrete verificare di persona leggendo l’intervista. Un ultra-amico, questo è sicuro!

Ah, state attenti: prima o poi scriverà una storia - a fumetti, naturalmente - che vi cambierà la vita. O l’ha già scritta? [sm]

smoky man: Partiamo dalle tue interessantissime produzioni Montego.
Povero Pinocchio, Il Dono Nero e Giulio Maraviglia ci offrono un saggio del tuo eclettismo: la rivisitazione di una fiaba, l’horror urbano e un alternativo mondo steampunk. Il tutto però, con un denominatore comune: raccontare storie che sanno d’Italia. Mi spiego, in Povero Pinocchio prendi spunto da Collodi, mentre ne Il Dono e in Giulio la storia si svolge a Roma. Perché questa scelta?
Alessandro Bilotta: Innanzitutto ti ringrazio per l’ "interessantissime", generalmente i fumetti di cui tesse le lodi Ultrazine sono i miei preferiti, essere inserito tra quelli mi fa immenso onore o, perlomeno, mi fa capire che sto copiando bene. E dopo che ci siamo sviolinati a vicenda, passiamo alla domanda…

Scrivo con più facilità e trasporto quando racconto cose che conosco bene e che mi interessano. L’Italia e Roma sono le uniche che corrispondono a entrambi questi connotati, quindi sono per me quasi una condizione irrinunciabile. Se dovessi raccontare di un newyorkese, non avendone mai visto un esemplare da vicino, probabilmente lo farei con la canotta quando sta dentro casa, che fa la scarpetta con l’uovo al tegamino o che tiene la sigaretta ancora da fumare sopra l’orecchio. Altrimenti, dovendo proprio essere fedele a una realtà diversa dalla mia, andrei a documentarmi… che noia. E poi non mi interesserebbe affatto raccontare di chi non conosco. A chi interessa? Non credo che sarei spontaneo o sincero. Ci tengo molto a mantenere la mia identità storica, civile e sociale.

Parlando di Giulio Maraviglia, come è nata l’idea? È nata prima l’ambientazione o i personaggi? Leggendolo non si può non pensare alla Lega degli Straordinari Gentlemen di Alan Moore, che compie un’operazione analoga alla tua recuperando personaggi della fiction Vittoriana… persino l’idea delle finte pubblicità vi accomuna… Ti piacciono i mondi alternativi?
Ho cercato di procurarmi quanti più fumetti possibile della ABC di Moore, per copiarli prima che arrivassero in Italia, ma l’unico che non sono riuscito ad avere, è stato proprio la League. Sebbene non ne abbia mai tenuto in mano un numero tu sei il novantanovesimo lettore su cento che nota la similitudine, quindi sono sicurissimo che la similitudine ci sia, seppur a livello esteriore. D’altronde certe tematiche sono nell’aria, dopo quindici anni di introspezione, mi sembra che dal futuro venga il recupero della classicità e il nuovo rimanipolando il vecchio, come anche nell’arte con la Transavanguardia di Achille Bonito Oliva. C’è chi ci riesce alla grande, vedi Tom Strong e Alan Moore in genere, e chi in modi disastrosi prendendo il vecchio per invecchiarlo ancora di più, perché i fumetti non li sapeva fare neanche prima.

In realtà Giulio Maraviglia nasce dal voler fare una serie sui misteri di Roma, su certi luoghi che mi capita di percorrere la notte e trovare non meno oscuri della Londra Vittoriana. Dietro ogni strada della città più antica d’Italia ci sono storie affondate in anni precedenti ancora all’invenzione del calendario. Inoltre trovavo che a fumetti fosse stato fatto sempre e solo uno steampunk visivo e non di concetto, cioè uno sfruttare le immagini dei macchinari e delle invenzioni, ma non i motivi o le storie parallele che portano all’esistenza di esse, tranne forse "Luther Arkwright" di Talbot. In fondo penso che si faccia realtà alternativa ogni volta che si fa un fumetto o, più in generale, una storia, anche una biografia. La realtà alternativa nasce già quando gli eventi da raccontare passano lentamente, uno per uno, attraverso il filtro dello scrittore. Diciamo che spesso ci si diverte a pestare l’acceleratore.
Cosa significa per te scrivere fumetti?
È un'esigenza. Ho bisogno di costringere la fantasia a occupare il maggior numero possibile di ore della mia giornata.

Secondo te, il fumetto è Arte?
Come dice un certo Moore (possibile che su Ultrazine si finisca sempre a parlare di questo tipo?) nel tuo servizio "Una questione di passione": "i fumetti sono probabilmente la prima forma artistica dell’umanità". Da essa derivano conseguentemente due delle più grandi attività artistiche dell’umanità, la letteratura e la pittura e oggi il fumetto ne è la fusione e la coesistenza di entrambe. Nonostante ciò, tra le arti è catalogato al nono posto e più per modo di dire che per effettiva classifica. Nonostante ciò, "c’è ancora così tanto che potrebbe essere fatto con i fumetti, nuove forme che possono essere raggiunte e immaginate" e il territorio in cui un autore si addentra è come un giungla vergine, inesplorata. Solo chi lo vede così, sarà in grado di produrre qualcosa di buono. Chi lo osserva dall’esterno certo di non avere bisogno di addentrarcisi perché lo conosce bene, continuerà a ripetere gli stessi inutili stilemi o ad aprire scuole di fumetto.

Sì. Il fumetto per me è una delle più alte e "giovani" forme d’arte. Quando in una storia, tra sceneggiatore e disegnatore si giunge a un coinvolgimento reciproco di pari intensità si realizza sempre, quasi matematicamente, Arte.
Che ne pensi di quello che Kochalka dice in L’orribile verità sui Fumetti [N.d.R., tradotto e pubblicato al tempo su Ultrazine]?
L’orribile verità sui Fumetti è un acutissimo trattato filosofico, impossibile da commentare in poche righe. Penso innanzitutto che Kochalka non abbia usato a sproposito il termine "horrible". Se ti dicessero che il Luna Park con i bambini che giocano sotto casa tua ha una verità nascosta… forza, divertiamoci a vedere cosa partorisce la tua fantasia… che stai immaginando? Il peggio sicuramente. Lo stesso è per il fumetto, una cosa apparentemente buona e innocua non può che nascondere orrori, chi si muove in questo ambiente ne conosce troppi perché possa riposare come cerca di fare il coniglietto di Kochalka.

Inoltre quell’"horrible" è un’ironia perché la "verità sui Fumetti" altro non è che l’altissimo punto a cui ogni autore può aspirare e che sembra negarsi, per "timidezza, disonestà, paura e pretenziosità" o, ancora più semplicemente, per timore di un editore troppo ignorante. Quindi meglio tenere quella verità lontana, nascosta, sotterranea, orribile.

L’arte è gioco. La forma ideale della creazione è la mancanza di schemi, costrizioni… scadenze. Nel fumetto questo è inesistente, tranne alcuni rari, fortunatissimi casi. Il motivo principale di ciò è per il fatto che nel medium fumetto non c’è grande circolazione di denaro. Quindi un autore, se è comunque fortunato, deve scrivere centinaia di pagine al mese per mettere insieme uno stipendio che, in termini sociali, lo inserisce in una fascia di reddito medio-bassa. Questo non permette di viaggiare, leggere libri, vedere film, perdere tempo, fissare il vuoto, che sono tutte quelle cose che danno spessore a un prodotto artistico. L’arte è gioco, ma il fumetto non è più gioco. Questo crea il paradosso che il fumetto è arte, ma non ci è sempre permesso di farla come gioco. Ecco perché le librerie di fumetti e le edicole non sono la stessa cosa delle gallerie d’arte.

Non è arte raccontare le cose senza imprimere su di esse la propria soggettiva, per fornire un punto di vista diverso, nuovo. Quello che io prima chiamavo "il filtro dello scrittore". Per fare arte bisogna raccontare le cose filtrandole con la propria esperienza personale. Nei fumetti la prima vittima/carnefice di questo processo è proprio l’illustratore della storia che può permettersi di fare un buon lavoro disinteressandosi completamente dell’idea o della storia da raccontare.

La struttura del fumetto francese contemporaneo, secondo me, si basa proprio su questo esempio che si potrebbe definire dell’illusione ottica. Volumi bellissimi a vedersi realizzati da disegnatori-pittori che si muovono senza storie e senza idee. Sono d’accordo con Kochalka, questo non è fumetto, è illustrazione. Ed è illustrazione superficiale. L’idea dovrebbe venire prima e rendere sceneggiatura e illustrazione un mezzo. La prima preoccupazione di Carmine, ad esempio, è quello che dobbiamo raccontare. Insieme. Sa che abbiamo lo stesso scopo. Il 99% dei disegnatori pensa di essere in competizione con lo sceneggiatore e di essere anche in svantaggio perché parte a lavorare dopo.

Non è una questione di imparare a disegnare. Molti di quelli che sono considerati i più grandi disegnatori di fumetti della storia, non sono altro che i più grandi illustratori del mondo, ma col fumetto non hanno davvero nulla a che fare.

smoky… ma a qualcuno interessano le cose di cui stiamo parlando?

Spero di sì … a proposito di argomenti "caldi" … so che hai frequentato la Scuola Romana dei Fumetti. Che cosa ti ha dato questa esperienza?
A scuola ho conosciuto un paio di morette. Una volta sono anche rimasto intrappolato nel cesso. A parte questo, niente.

Pensi che le scuole di fumetto abbiano un’utilità? Personalmente credo, nel caso di uno sceneggiatore, che non si possa insegnare a raccontare storie, si può insegnare la tecnica, forse, ma se uno non ha nulla da dire … Inoltre, ho come percezione, che questo proliferare di scuole fumettistiche sia un po’ un abbaglio … nel senso che non è come la Joe Kubert School che ha un impatto immediato sull’ "industria" fumettistica" USA, spesso in Italia succede che uno fa la scuola e poi sta a spasso, o piega il proprio stile e inaridisce la propria visione perché non c’è spazio per cose nuove e allora bisogna ripiegare verso modelli consolidati ma fermi… che ne pensi?
Non mi ricordo chi diceva: "Le scuole specializzate nascono quando non c’è più lavoro in quel campo". A parte il fatto che non mi viene in mente il nome di un solo autore uscito dalla "School" di Kubert, mi domando il senso di una scuola che appronta a un mestiere che non esiste. Mi spiego. Il mestiere dei fumetti è identico a quello dell’astronauta, cioè non c’è un’effettiva richiesta da giustificare quindi un’offerta, quindi una scuola. Se un giorno, ahimè, volessi fare l’astronauta non avrei altra scelta che andare alla NASA e mettermi a superare selezioni. Scuola per astronauti? E che senso avrebbe? La NASA è lì, impossibile da raggiungere, ma non ci sono altre strade per andare nello spazio. Vuoi fare fumetti? Le case editrici le conosci, sono lì e si contano sulla punta delle dita. Se una di quelle ti commissiona un lavoro sei un precario autore di fumetti, se non ottieni la parte non sei niente.

Le scuole di fumetto sono gestite, specifico gestite, non parlo del corpo insegnante, da persone che non hanno quasi mai avuto a che fare col fumetto e che in un momento di crisi, tra aprire un salone di bellezza e una scuola, hanno fatto una scelta. Quella sbagliata.

Avrebbero senso delle scuole interne alle case editrici come laboratori di formazione per poi essere introdotti nell’ambiente lavorativo, un po’ come fanno le grandi aziende. Ma ho l’impressione che per una casa editrice sia già così difficile continuare a far lavorare con continuità i vecchi collaboratori, che dubito si possano mettere in allenamento decine di nuovi autori l’anno.

Per far pagare a un malcapitato la retta del mese successivo una scuola è disposta a promettere qualunque cosa una lingua possa pronunciare e aspiranti autori, giovani e non, affrontano enormi sacrifici economici, spesso pendolarismi massacranti, per entrare in una stanza con qualcuno che gli fa ricopiare un libro di anatomia. Nel mio immaginario cattolico l’Inferno è così.

Nell’introduzione, che ho molto apprezzato, al secondo numero di Giulio Maraviglia parli della strana situazione del mercato italiano in cui un disegnatore valido come Carmine di Giandomenico era sparito nel nulla e dove sono gli autori a dover rincorrere gli editori e non viceversa come sarebbe naturale. Vista la tua schiettezza, qual è la tua opinione sullo stato del Fumetto in Italia?
Credo che la situazione del fumetto in Italia non sia un caso isolato, ma rispecchi coerentemente il disagio e la pochezza culturale di una nazione. È sufficiente fare una fila alle poste, in banca, avere a che fare con la sanità o con un vigile per rendersi conto dell’Italietta. Il cinema, la letteratura, la musica e il fumetto riflettono perfettamente la nostra burocraticizzazione e la non artisticità. A volte mi meraviglio perfino che esistano ancora queste forme d’arte in Italia, anche se a livello mainstream non credo si possa azzardare l’affermazione che cinema, letteratura, musica e fumetto esistano.

Per entrare nello specifico del fumetto, a mio giudizio, il problema di maggior rilievo è che non si investe su nuovi autori. La pretenziosità di non guardare alle nuove generazioni è propria di un’arroganza unica al mondo, manifestazione di quella pochezza culturale di cui sopra. Se chi sta nelle stanze dei bottoni avesse studiato biologia, saprebbe che per leggi naturali il corpo dopo qualche tempo tende a decomporsi, a diventare terra e polvere, è necessario un ricambio generazionale e nessuno in Italia si sta preoccupando di alimentarlo. Forse, se accelerassimo quei processi di decomposizione…
Personalmente, credo che la spinta al rinnovamento debba venire da piccole case editrici e soprattutto dagli autori. In questo senso mi sembra che le cose si stiano muovendo, penso a voi, a Innocent Victim, a Coconino Press, a Peter Press, a Mondo Naif… e poi bisogna anche cercare di "far crescere il pubblico"… è impossibile, che uno a venticinque anni continui a comprare solo Dragonball e non abbia mai sentito parlare di From Hell, Maus… Bisogna trovare un modo, di far arrivare la notizia… che là fuori ci sono fumetti che aspettano solo d’essere letti e capaci di trasmettere emozioni…
È un paradosso, ma sono strenuamente convinto che il rinnovamento, se ci sarà, verrà da coloro che non accetteranno gli standard attuali, ma si preoccuperanno di indicarci una nuova strada. La loro. Come in Italia fece Berardi con Ken Parker o Sclavi con Dylan Dog, realizzarono delle cose che resteranno perché, a quei tempi, erano fuori standard.

E gli autori italiani che in questi ultimi anni hanno davvero fatto qualcosa, sono proprio quelli che non hanno accettato gli standard o, se lo hanno fatto, è stato perché ci si identificavano realmente, ma questi si contano sulle dita di una mano.

Mentre Coconino Press a oggi ha puntato in minima parte sugli italiani ed è ancora troppo presto per definire Peter Pen, credo che gli autori e le pubblicazioni più interessanti degli ultimi anni in Italia siano nate proprio da Innocent Victim e dal lavoro dei boys della Kappa Edizioni e del loro Mondo Naif. Ma siccome la produzione di un’opera costa dieci volte tanto l’acquisizione di diritti esteri, non è un caso che tutti diano la precedenza alla seconda. Opere italiane inedite vengono così inserite come cameo in mezzo a decine di traduzioni. Anche la Kappa sta ormai seguendo questa strada, la Innocent diventa sempre più produzione e meno edizione e per piccole strutture è difficile proseguire con grandi spese e pochi guadagni.

Purtroppo le opere che dovrebbero "far crescere il pubblico" sono quasi sempre prerogativa di piccole edizioni che non hanno il potere commerciale e politico di lanciare un prodotto, di "far arrivare la notizia". Recentemente Maus è stato ritradotto dall’Einaudi, quando la precedente edizione della Rizzoli è ancora reperibilissima, e ci siamo ritrovati interviste a Spiegelman pure sulla carta igienica. Credo che un battage di questo genere abbia dato i suoi frutti, ma è impensabile per una piccola produzione, che in genere è l’unica che ha una cultura tale da puntare su tali opere. A Roma si dice: "Chi cià il pane e non cià i denti…".

Una domanda immancabile: quale background per il tuo modo di immaginare storie?
Potrei andare avanti all’infinito e in tutte le risposte di quest’intervista c’è un po’ della risposta a questa domanda. Potrei raccontarti nel dettaglio i miei sogni fumettistici, letterari, cinematografici, musicali, pittorici, storici, ma non credo che, tra l’altro, interesserebbe molto. In generale c’è un filo che lega i miei background, che è l’avventura. Potrei sostenere che l’avventura classica nel senso più lato e in tutte le sue declinazioni, ha sempre suscitato in me una forte influenza.

Quali sono attualmente i fumetti che leggi? E non dirmi che non leggi fumetti! Odio gli autori di fumetti che dicono di non leggere fumetti …
"Autori"? Non conosco "autori di fumetti" che non leggono fumetti. Immagino un medico a cui un paziente chiede se può usare il Viagra e lui risponde: "Viagra? No, ultimamente non seguo molto le nuove scoperte scientifiche."

Di quello che sta uscendo adesso mi piacciono molto le cose di Loeb e Sale, l’ultimissimo Daredevil: Yellow. Sempre di Devil trovo coinvolgente il ciclo di Bendis, il suo Powers e tutto il lavoro che Azzarello sta facendo per la Vertigo. E sempre per Vertigo Scene of the Crime di Ed Brubaker.

Dal Giappone adoro le calme ieratiche di Taniguchi e Adachi. Dei francesi Monsieur Jean di Dupuy e Berberian, tutto Trondheim e Blacksad di Guarnido e Canales.

In Italia seguo Tito Faraci, Magico Vento di Manfredi e Napoleone di Ambrosini, anche Witch di Gnone, Barbucci e Canepa e più in generale tutto il lavoro di tutti gli autori Disney che considero gli sperimentatori del futuro, ma i miei credo religiosi sono Innocent Victim e Montego, naturalmente.

Quali storie vuoi raccontare? Quali non ti interessano affatto?
Mi interessa tutto lo scibile ingabbiabile in una vignetta e in una sequenza di vignette. Anche come sfida. Non credo che proverei affatto coinvolgimento in una storia di politica contemporanea.
Ho letto in un’intervista apparsa su Stanza101 che dovendo azzerare tutto nel fumetto, ripartiresti da "tre capolavori forse ignorati: Poema a fumetti di Dino Buzzati, Pinky di Massimo Mattioli e K di Giuseppe Ferrandino". Devo dire che questa tua terna, interessantissima, mi ha molto colpito, potresti motivarla?
Tutte e tre le opere hanno l’atteggiamento che mi piacerebbe avessero il fumetto italiano e i suoi autori.

Poema a fumetti è l’unica incursione degna di nota di uno scrittore di prosa nella scrittura di fumetti, in questo caso perfino disegno. Come in molte sue opere, Buzzati si avvicina al mezzo quasi per gioco, come farebbe un bambino, e così nasce divertimento, passione per quello che si sta raccontando e sperimentazione. Le tre cose indispensabili per creare una storia e le tre cose che usa un bambino per giocare, che disegna il cielo rosso semplicemente perché lui vuole così. "L’arte è gioco", come dice Kochalka e da questo punto di vista Buzzati e tutta la letteratura/pittura per ragazzi sono per me un punto di riferimento inesauribile.

Pubblicata sul numero 9 di Nero della Granata Press, K è la storia di tutte le storie. Un grande eroe del nero italiano, ora decaduto, ricorda le vicende che lo hanno portato a diventare quello che è stato. Ma a mettere in moto quel motore non furono gli eventi che racconta, ma questi tirarono fuori il nero della sua anima. Sorvolando sui disegni di Luca "Dio in Terra" Vannini, Peppe Ferrandino è il mio massimo punto di riferimento come scrittore di fumetti e K è tutto quello che vorrei cercare di fare. Avventura, introspezione, classicismo.

Pinky quando ero bambino disturbava la mia fantasia. Storie spezzate partite spesso da pretesti metafisici e surreali. Intuizioni geniali, montaggi e costruzioni della tavola sperimentali a uso e consumo di giovani menti. Anche per Mattioli e anche per i suoi capolavori della violenza come Joe Galaxy e Squeak The Mouse vale il discorso di Buzzati del "divertimento, passione e sperimentazione". Pinky è il nostro Cerebus e non ce ne siamo mai accorti. Pinky è psichedelia a fumetti e Mattioli l’ultimo genio della pop art.

Qual è il tuo rapporto con chi disegna le tue storie? Che grado di interazione hai con il disegnatore? Provi ansia nell’attesa di vedere finalmente i disegni o prevale un sentimento di "vediamo un po’" come è la sua interpretazione grafica? Io credo che per la parte grafica il disegnatore sia il padrone, questo però nel rispetto della storia che si racconta "insieme": parole, e quindi sceneggiatore, e immagini … il fumetto è un medium ibrido, o no?
Chi disegna le mie storie è la persona più importante della mia esperienza professionale. E una persona rara. Nel senso che è più facile trovare la donna della propria vita che un disegnatore, perché non solo deve essere qualcuno che condivida psicologicamente e affettivamente lo scrittore e la storia, ma anche qualcuno che sappia disegnare e questo restringe infinitamente il campo.

Un disegnatore ha enorme influenza sulla riuscita di una storia, perché una sceneggiatura di fumetti non può esistere a sé stante, mentre non è così per una serie di vignette disegnate benissimo ma senza trama. Da questo secondo caso infatti è nato il 90% del fumetto francese attuale e del fumetto d’autore degli anni ’80. Il disegnatore incapace può modificare le indicazioni dello sceneggiatore per valorizzare al meglio il proprio disegno, ma rendendo meno efficace la storia.

Io personalmente ho la voglia e l’esigenza di portare chi disegna nei luoghi dove ambientare le storie, raccontare la trama, procurare molta documentazione e, come nel caso di Carmine, andare a vederci qualche mostra insieme, mangiare, bere, andare al cinema, leggere fumetti, nottetempo andare a rompere i vetri delle scuole di fumetti, conoscere la sua famiglia, il luogo in cui vive, quello che vuole, perché lo vuole, cosa ha voluto, cosa vogliamo fare insieme. Posso sostenere tranquillamente che il disegnatore di una mia storia, quando arriva a mettere la matita sul foglio per la prima volta, mi conosce molto bene e già conosce ogni dettaglio di quello che sta per realizzare e, di conseguenza, quello a cui va incontro.

Questo non mi ha comunque evitato in passato di fare brutte esperienze e la troppa disponibilità è stata trasformata in occasione per approfittarsi e sfruttare il pollo, è questo infatti il primo pericolo a cui si va incontro instaurando questo tipo di relazione. Ma con le brutte esperienze sono diventato molto selettivo e ho imparato che non è importante la storia che si realizza, ma le persone con cui si lavora, parafrasando John Cassavetes.

Una curiosità, ho letto che hai realizzato una sceneggiatura per Martin Mystère, è vero? Di cosa parla? Come è stato lavorare per Bonelli?
Per Martin Mystère ho collaborato alla stesura di un soggetto e poi ho scritto una storia completamente mia, in uscita nel 2002. La differenza rispetto ai lavori che sto facendo ora è stata il fatto di doversi rapportare a dei personaggi con i loro caratteri e i loro schemi che devono essere rispettati completamente e il non avere una collaborazione diretta col disegnatore che io invece, vedi domanda precedente, amo portarmi a letto.

È stata un’esperienza fondamentale perché la rigidità degli schemi mi ha dato la disciplina del lavoro, la lunghezza del formato mi ha permesso di raccontare molti caratteri, situazioni e ambientazioni e ho lavorato su dei personaggi che popolavano il mio immaginario quando ero un po’ più ragazzo, cosa che capita di fare raramente.

Montego allarga i suoi orizzonti, inserendo tra le sue uscite più recenti due proposte veramente importanti: Luca Vannini con il suo Tu che m’hai preso il cuor e la ristampa riveduta e corretta in cartonato di Altai & Jonson delle superstar italiche Sclavi & Cavazzano. Dove vuole arrivare questa banda di pirati d’assalto? Quali saranno le prossime mosse? E mi auguro solo che le avventure di Giulio Maraviglia continuino per anni ;-)
Ti ringrazio, lo spero anch’io. Giulio Maraviglia proseguirà e nel terzo numero, in uscita a Novembre, si accenna già alla prossima miniserie, o meglio i numeri 4, 5 e 6, attualmente in realizzazione. Io e Carmine abbiamo in mente grandi cose e tutti i nostri sforzi sono rivolti a questo personaggio in cui crediamo sempre di più e le storie che abbiamo in serbo le troviamo sempre migliori delle precedenti.

Per quanto riguarda Montego, proseguirà il suo lavoro di unica casa editrice italiana di autori italiani a colori e senza i limiti creativi dei personaggi seriali. Sclavi, Cavazzano e Vannini si inseriscono perfettamente in questo progetto senza snaturarlo, ma portando i loro anni di esperienza che sono superiori a quelli degli autori che fino a oggi avevano lavorato per il Veliero. In particolare Vannini è tornato al lavoro e sta preparando cose davvero grandi. Mauro Uzzeo e Marco Marini, già all’opera su Velo di Maya, stanno ultimando un progetto che li ha coinvolti per due anni, mentre sempre dalla fervida mente di Uzzeo uscirà per Gennaio un volume con ai pennelli una nuova, sconvolgente scoperta di Montego che sicuramente farà parlare di sé e del perché in tutti questi anni nessuno gli abbia mai pubblicato un solo disegno. Carmine di Giandomenico sta lavorando anche a un progetto "solista" e più sotto c’è un magma di produzioni, ancora non ufficializzate, che si sta muovendo… un mare di tesori che aspettano solo di essere scoperti… chi vivrà vedrà!

Che ne pensi del fumetto sul web, inteso sia come critica che come fumetti veri e propri? Io credo che sul web ci sia oggi un forte fermento che forse non porterà a nulla di "commerciabile" ma che mostra la straordinaria vitalità di un medium ancora inesplorato e di una passione tutt’altro che defunta…
Credo che il fumetto sul web sia composto unicamente dai veri appassionati, dallo zoccolo duro di questo medium, giornalisti e fruitori. Purtroppo questo numero di persone, pur essendo le più importanti dell’editoria, non è necessario a far sviluppare economicamente il mercato, né a livello economico quindi, ma neppure a livello pubblicitario. C’è giro economico solo quando un prodotto arriva a persone che non ne fanno comunemente uso, quindi i nuovi fruitori, vedi il caso "Dylan Dog" che nei primi anni ‘90 arrivò a simili tirature non perché tutti i lettori di fumetti lo comprarono, ma perché finì nelle mani di chi il fumetto non sapeva neanche cosa fosse e, questi, erano il maggior numero e questi, ahinòi, erano la moda. Credo che il web possa aiutare un po’ in ciò, far arrivare il fumetto sugli schermi di chi non lo conosce, ma comunque credo sempre sia un piccolo numero di persone.
La cosa più positiva è che il web sarà sempre libero e difficilmente, come invece per la carta stampata, un paio di editori riusciranno ad accaparrarsi i magazine di informazione e controllarli, perché tanti, perché svincolati dagli editori e perché, come dice Warren Ellis: "Sia io, sia la Microsoft possiamo avere un sito web, e non è che sia più difficile accedere all’uno o all’altro. Questo vuol dire, ah ah, che sono sullo stesso livello di quel papero bastardo. In rete si tratta di me contro lui, senza che nessuno dei due abbia dei grandi vantaggi nei confronti dell’altro". E questo è anche il motivo per cui la New Economy non esiste. Ma è un altro discorso.
Progetti futuri?
Oltre al già citato Giulio Maraviglia, io e Carmine stiamo preparando un romanzo a fumetti di cui penso/spero sentiremo parlare presto. Per quanto mi riguarda ho anche un altro paio di cose nel cassetto, ma non posso anticiparle finché le persone coinvolte non danno l’ok.

Immagina d’essere a capo di una grossa struttura editoriale e volessi rilanciare il fumetto, quale sarebbe la tua prima mossa?
Lancerei due serie mensili italiane nuove puntandole sui tre canali distributivi - edicola, libreria di fumetti e libreria generalista - quindi con un formato editoriale di conseguenza. Punterei fondamentalmente sulla formazione dello staff di autori che sarebbero quelli che io ritengo il futuro del fumetto in Italia e che dovrebbero percorrere strade artistiche differenti da quelle battute finora, soprattutto in edicola. Già alla partenza dei due progetti, focalizzerei tutti gli sforzi organizzativi per creare accordi di coproduzione con editori esteri che mirerebbero principalmente alla suddivisione mensile delle spese distributive e di stampa, andando una sola volta in tipografia per tre nazioni diverse con notevole abbattimento dei costi di realizzazione.

In conclusione: può un fumetto cambiarti la vita? A te quale fumetto l’ha fatto?
Nel mio caso sarebbe più giusto chiedere: "può una vita cambiarti il fumetto?" Nel senso che il giornalino di Alessandro Bilotta ogni tanto è stato influenzato dalla mia vita. Non so se ciò possa addirittura portare al cambiamento, bisognerebbe essere predisposti alla pazzia.

Ora domando scusa, ma mi devo congedare. Ho visto il segnale e devo andare nella caverna a cambiarmi.


[intervista pubblicata originariamente su Ultrazine.org nell'ottobre 2001]