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venerdì 15 febbraio 2013

Mike Carey: fumetti per tutti! (e non solo)

The Unwritten Vol. 1, di Mike Carey e Peter Gross. Copertina di Yuko Shimizu.
Undicesimo appuntamento con le interviste ai protagonisti del Fumetto. 
Questa volta è il turno di... un altro sceneggiatore britannico capace di imporsi in questi anni per la forza delle sue storie (X-Men, Hellblazer, Lucifer, Fantastic Four e la "sua" serie Vertigo The Unwritten), tra mainstream e "autorialità": MIKE CAREY.

L'intervista è la traduzione di quella realizzata da Laura Sneddon e pubblicata il 23 Gennaio 2013 sul sito di New Statesman; tradotta in Italiano per smokyland con il permesso dell'autrice, a cui va il mio sentito ringraziamento. 
L'intervista originale, in Inglese, può essere letta qui

Mike Carey sarà tra gli ospiti dell'imminente London Super Comic Convention che si terrà a Londra il 23 e 24 Febbraio.
The Unwritten N. 29. Copertina di Yuko Shimizu.
Laura Sneddon: Recentemente abbiamo visto un graphic novel aggiudicarsi un prestigioso premio letterario, qui nel Regno Unito. Dotter of Her Father’s Eyes, di Mary e Bryan Talbot ha scatenato l’attenzione della stampa generalista (“i fumetti non solo solo per i bambini!”, etc…) [il libro dei coniugi Talbot, in parte resoconto della vita travagliata della figlia di James Joyce, Lucia, ha vinto il Costa Awards 2012 nella categoria “Biography”, N.d.T] 
Come scrittore, sia di romanzi che di fumetti, che cosa pensi del fatto che i graphic novel siano inseriti nelle nomination di premi letterari? E della reazione conseguente?
Mike Carey: Mi sembra una cosa del tutto naturale. Di certo non sono un sostenitore del modo in cui i fumetti sono stati, tradizionalmente, ghettizzati. Potrà essere una posizione polemica, ma indicherei gli Hugo Awards come un esempio della distorsione che può portare. Non dovrei lamentarmi, visto che sono stato nominato in un paio d’occasioni, ma la categoria dell’Hugo dedicata al settore non mi sembra abbia mai davvero rappresentato il livello di diversità e di maturità dei graphic novel nel modo in cui riescono a farlo le categorie dedicate ai romanzi e ai racconti brevi.

In un certo senso, tutti i premi si basano su distinzioni arbitrarie, ma è importante dove si tracciano le linee di demarcazione. È stato imbarazzante scoprire che facesse ancora notizia che le storie a fumetti potessero essere indirizzate ad un pubblico adulto.


Il gran numero di tuoi lavori a fumetti dimostra quanto tu sia stato uno scrittore prolifico e popolare – e continui ad esserlo – con una produzione particolarmente ricca sia per la Marvel che per la Vertigo.  Quest’ultima ha subito dei grandi cambiamenti negli ultimi mesi con l’abbandono di Karen Berger e la conclusione di Hellblazer. Ti sembra sia la conclusione di un’era o semplicemente l’inizio di un altro capitolo?
La fine di un’era, certamente, ma non la fine della Vertigo. L’addio di Karen è un evento davvero importante e non vorrei ridimensionarlo. Ha fondato l’etichetta, le ha dato un’identità e una missione ed è stata personalmente coinvolta in ogni aspetto del marchio, ogni giorno che ha lavorato per la DC Comics. Ma ha costruito bene e la Vertigo andrà avanti. È in ottime mani, con Shelley Bond nel ruolo di executive editor. Comunque, sono molto triste per la perdita di Hellblazer. John può vivere altre avventure nell’universo DC. Certo, può farlo. È lì che è nato. Ma è nella Vertigo che è cresciuto ed è lì che vive.

The Unwritten sta continuando ad uscire regolarmente, con vendite straordinarie e le raccolte che hanno un ottimo successo. Per chi non lo conosce, potresti raccontarci un po’ di che storia si tratta?
Un ragazzino è immortalato nei panni di un adorabile giovane mago nelle storie scritte da suo padre. Il personaggio fittizio, Tommy Taylor, porta lo stesso nome del vero ragazzino. Poi il ragazzo cresce e scopre di saper fare delle magie. Ed è costretto ad affrontare l’orribile conclusione che lui potrebbe essere quel personaggio fittizio, in qualche modo portato nel mondo reale, con tutti i suoi ricordi abilmente costruiti e tutto il suo passato una bugia.
C’è molto altro ancora… e la storia sta sviluppandosi via via che andiamo avanti. Ma è una storia sulle… storie. Sul motivo per cui le storie sono importanti per noi e l’effetto che hanno sul mondo. È un qualcosa che io e Peter Gross abbiamo inventato insieme ed entrambi abbiamo sviluppato delle opinioni piuttosto estreme sul fatto che la realtà meriti davvero d’essere chiamata come tale. Le storie sono il posto in cui viviamo, per la maggior parte del tempo. La realtà è un luogo che visitiamo di tanto in tanto. Ma paradossalmente, questo si spiega da sé nella serie, quando Tom Taylor inizia a far visita ai mondi in cui sono ambientate diverse opere di narrativa e ad interagire con i personaggi. Tom ha molto da scoprire su chi sia davvero e sul perché della propria esistenza.
 

The Unwritten è una fantastica “prima volta” per gli appassionati di letteratura che non hanno ancora esplorato il mondo dell’Arte sequenziale. Quali sono i principali riferimenti e richiami della serie?
Per iniziare, il riferimento più evidente è a tutti i vari libri e serie - e fumetti - che parlano di giovani maghi. Ci sono accenni a molti di loro, inclusi i più famosi e quelli meno noti. Sullo sfondo la serie ha un grande debito nei confronti dell’autobiografia di Christopher Milne, che era il Christopher Robin nei libri di Winnie the Pooh. Il dilemma di Tom all’inizio della nostra storia è praticamente lo stesso che ha dovuto affrontare Christopher Milne: era famoso grazie a qualcun altro, creato o ricreato nelle opere scritte dal padre e il mondo lo vedeva attraverso quella lente, ed era una cosa che odiava profondamente.
Proseguendo, tuttavia, The Unwritten è diventato la nostra “lettera d’amore” per le storie che hanno avuto un’influenza formativa su di noi. Ci sono molti riferimenti diretti e molti che sono più nascosti e sottili.  Facciamo delle cose piuttosto “oltraggiose”. Non potrò mai partecipare ad una convention dei Mumin, anche se amo i loro libri! 


Prima di dedicarti ai fumetti a tempo pieno eri un insegnante e, credo, un giornalista che si occupava di Fumetto, no? La crescente importanza di corsi sul Fumetto nelle università, e la presenza sulle liste scolastiche delle letture consigliate, era una cosa che si poteva prevedere anni fa?
In un certo senso succedeva già nel corso che tenevo. Non era un corso di letteratura, avevamo dovuto chiamarlo “corso sui media”, ma facevamo degli studi approfonditi sui fumetti come testi. È una cosa davvero buona vedere quel processo portato a nuovi livelli.

Gli X-Men di Mike Carey.
E rispetto alla critica e al lato giornalistico? Segui i pareri online sui tuoi lavori o quelli della critica specializzata?
Leggo le recensioni che mi riguardano, in uno stato mentale sulla difensiva, ansioso e irritabile. Probabilmente non è una cosa salutare ma lo faccio comunque. Quello che non faccio (dici, mai? QUASI mai) è farmi trascinare in discussioni online sui miei lavori. L’ultima volta che l’ho fatto è stato durante l’anno conclusivo della mia run degli X-Men. Avevo fatto diventare Rougue e Magneto amanti… mi sembrava una cosa naturale, e sono stato praticamente accusato di mostrare lo stupro e degli stupratori in una luce favorevole.
Non perché avessi fatto violentare Rogue da Magneto, una cosa che sarebbe stata completamente impensabile, ma perché alcuni lettori fanatici, che si erano schierati contro quella relazione, avevano deciso di vederci dei rimandi ad una singola vignetta di un numero di chissà quale albo degli X-Men di anni prima.
Magneto aveva costretto Rogue a toccare direttamente la pelle di Gambit scatenandone i poteri. Lei paragonava questo fatto ad uno stupro, in quanto era stata privata dalla propria volontà. Era comunque un’analogia davvero forzata: se essere involontariamente soggiogati dai poteri di Rogue è uno stupro, questo farebbe di lei una stupratrice seriale. Comunque ci fu questa mal interpretazione e si scatenò una discussione. E così partecipai a dei forum in cui venivano lanciate queste accuse. In alcuni, come quello di Comic Book Resources, fui accolto civilmente. In altri fui praticamente rapinato, riempito di botte e dato per morto. Non c’è modo di vincere contro un troll perché ha sempre più tempo di te da dedicare ad urlare di quanto tu possa fare per replicare e, nel farlo, si diverte molto di più.


In molti tuoi fumetti, da
Lucifer agli X-Men, hai dato davvero gran risalto ai personaggi femminili, un fatto che non riesce in altre serie. Hai notato la mancanza di (vestiti e forti) personaggi femminili negli altri fumetti e/o sono il tipo di personaggi verso i quali ti senti particolarmente portato?
Credo che la verità sia che scrivo quello che mi piacerebbe leggere, un atteggiamento che credo sia comune a molti altri scrittori. Mi piacciono i personaggi femminili forti, e spesso trovo davvero noiosa la figura del capo macho.

Come qualsiasi altro mezzo espressivo, i fumetti hanno la loro “lista” di rappresentazioni sessiste della donna e delle relazioni tra uomo e donna. Ma ci sono anche alcune opere meravigliose che sono completamente all’opposto di simili sciatti sproloqui. Quello che è più preoccupante, in un certo senso, è il modo in cui le convenzioni grafiche sono cambiate. È ancora peggio perché nel fumetto americano mainstream sono ovunque e inevitabili. È quasi impossibile trovare delle donne disegnate in modo verosimile. Per la maggior parte hanno seni grandi come dirigibili, girovita che potresti circondare unendo un dito al pollice e gambe che sono tre volte più lunghe del loro busto. E come hai detto tu, non indossano alcun vestito. O meglio li indossano ma sono l’equivalente per i supereroi degli accessori bondage. Odio quella roba. E odio il fatto sia diventata una consuetudine, per cui se non chiarisci esattamente cosa vuoi, l’approccio bondage è quello che ricevi.

Lucifer N. 16. Copertina di Christopher Moeller.
Quest’anno Lucifer torna in stampa, immagino a grande richiesta, visto che è un “classico”. Si tratta di una serie a cui ripensi con soddisfazione? Sei rimasto in contatto con Neil Gaiman?
Sono molto, molto fiero di Lucifer. Averlo scritto è stato una cosa splendida per me. Ero e sono tuttora un grandissimo fan di Sandman, per cui aver avuto la possibilità di scrivere delle storie ambientate in quella continuity è stato come un sogno divenuto realtà. E mi sento d’aver fatto tutto quello che volevo fare: ho raccontato la storia che volevo raccontare e mi sono fermato quando avevo finito di farlo. Questo è uno degli aspetti meravigliosi di lavorare alla Vertigo. Se il team creativo dice “la storia finisce qui”, gli editor rispettano questa decisione e la supportano.

È passato parecchio tempo dall’ultima volta che ho parlato con Neil, ma ci siamo sempre trovati davvero bene ogni volta che ci siamo incontrati. È stato incredibilmente generoso con me, sia per la libertà creativa che mi ha concesso rispetto alle sue creazioni e nel supporto che mi ha dato. Nei primi tempi in cui lavoravo a Lucifer parlavamo molto, ma ero principalmente io che "buttavo giù" delle idee e lui mi dava il suo parere quando glielo chiedevo. Non ha mai messo dei limiti o si è mostrato possessivo sul tipo di viaggio in cui volevo coinvolgere i personaggi, un atteggiamento
davvero degno di nota dato il suo personale contributo in quell’universo narrativo.

Hai anche scritto una fantastica serie di romanzi, la saga di Felix Castor [pubblicata da Warner Books; inedita in Italia, N.d.T.]. Puoi raccontarci qualcosa? Il sesto libro credo uscirà nel corso di quest’anno…
In realtà sono indietro con la scadenza del libro. Ho invece scritto qualcos’altro, una storia che mi stava ossessionando. Per cui Castor N.6 uscirà ma ci vorrà un po’.

Con i romanzi di Castor, ho cercato di fare una versione moderna del detective privato da noir. Li vedo come dei romanzi di Raymond Chandler se Los Angeles fosse Londra e Marlowe un esorcista. Di sicuro Castor ha un po’ dello stesso DNA di Marlowe. È un uomo imperfetto ma per molti aspetti gradevole che cerca di fare la cosa giusta in un modo in cui fare la cosa giusta è più o meno impossibile. Si guadagna da vivere facendo esorcismi, ma sin dal primo romanzo inizia a nutrire dei dubbi su quello che sta facendo e incomincia a preferire i morti ai vivi. Non è facile fare l’esorcista con quel genere di scrupoli.

Tutto questo sullo sfondo di un mondo in cui i morti stanno incominciando a tornare in numero considerevole. Ci sono fantasmi, zombie, persino licantropi e altri mutaforma, così c’è grande richiesta di esorcisti e c’è molto da guadagnare se si sa come muoversi. Ma nei romanzi viene sviluppato uno specifico bestiario di creature soprannaturali. E c’è una spiegazione per l’esistenza di queste entità ed è sempre la stessa, ogni volta. Credo che sia questo che mi piace nello scrivere Castor, almeno una delle cose che mi piace: la coerenza interna. C’è un grande mistero che sta sullo sfondo di tutti questi misteri più piccoli, e la soluzione ha un senso. 

The devil you know, primo romanzo della saga di Felix Castor.
Hai scritto per diversi mezzi espressivi: fumetti, romanzi, sceneggiature televisive, per i videogiochi. Oltre ad aver scritto adattamenti da un medium ad un altro. Quanto sei convinto che il medium è il messaggio?
Credo che ogni mezzo espressivo abbia la propria architettura, e devi comprenderla per utilizzarla. Quando ho iniziato a scrivere per il cinema, ho iniziato a farlo come se facessi fumetti ed ero un po’ scontento e stupito che i risultati fossero inutilizzabili.
Non è possibile copiare una storia da un medium ad un altro. Devi reinventarla nel nuovo medium, ed è molto più eccitante e stimolante.


The Unwritten è una serie creator-owned, ossia ne detieni i diritti, ma al contempo scrivi per molte testate controllate dall’editore. Di recente numerosi autori sono andati via da Marvel e DC per varie motivazioni etiche e il tema dei “diritti degli autori” è tornato di nuovo al centro dell’attenzione. Alcuni scrittori, come Grant Morrison e tu, sembrano invece felici di poter disimpegnarvi in entrambi i mondi, creando le vostre serie e giocando in quei “mitici universi”. È una visione corretta? E qual è la tua posizione circa i “diritti degli autori”?
Wow. È una domanda bella tosta. Posso "spezzarla" un pochino?

I “diritti degli autori”. Penso che sia una battaglia che non è mai vinta. Si adotta uno standard, poi arrivano nuovi media e l’industria si riorganizza ed è tutto da rifare. Alla fine degli anni ’80, poco prima che iniziassi a scrivere, ci fu una battaglia titanica condotta da autori come Alan Moore e ho potuto goderne i benefici. Ma comunque vada, ci sarà sempre del lavoro su commissione nel mondo del fumetto. Gli albi escono con cadenza mensile, per anni e anni, e i personaggi sopravvivono ai loro stessi creatori. Sono circospetto quando vedo dei contratti che sfruttano l’operato di un autore e a volte ho rifiutato dei lavori che mi hanno proposto perché nel contratto cedevo praticamente tutto e non c’era alcuna buona ragione per farlo. Ma quando le condizioni sono chiare e sei consapevole di quello che stai firmando, non ho alcun problema nel prestare la mia opera su commissione. È il prezzo che si paga per lavorare sui quei “mitici universi”, come dici tu. Ho scritto gli X-Men per sei anni e per la maggior parte del tempo mi è piaciuto da pazzi.

Copertina di The Steel Seraglio.
La London Super Comic Convention è relativamente nuova, avendo debuttato con grande successo l’anno scorso. Sarai presente quest’anno?
Sì, ci sarò. Sono abbastanza vecchio da ricordare quando c’era una solo convention in Inghilterra, e sono felice del fatto che ora ce ne sia una mezza dozzina. E ognuna di esse ha la sua particolare atmosfera. Così Bubble è informale, alla mano e intima. Kapow è sopra le righe, aggressiva ed eccitante. E
LSCC è una versione inglese di San Diego, significa che è un po’ come un circo a tre piste: un sacco di eventi, un sacco di spettacoli, grandi incontri e un’atmosfera da carnevale. 

Per concludere, cosa hai in serbo per il prossimo futuro? Ho sentito delle voci su un romanzo con protagonisti degli zombi e forse una serie supereroica per Boom Studios…
Sono delle voci incredibilmente accurate!
Sto lavorando con Boom! ad una serie che mi sta facendo divertire un sacco.
Sto inoltre scrivendo House of the Holy per la app di Madefire, con i disegni dell’incredibile Dave Kendall. 

Inoltre è vero che sto scrivendo una specie di… beh sì, di romanzo horror. Con zombie.. Più o meno. Ma è difficile da classificare, ed è completamente diverso da qualsiasi cosa abbia scritto finora. Sono molto eccitato all’idea.
E sto scrivendo un altro romanzo insieme a mia moglie e a nostra figlia Louise. Il primo è stato The Steel Seraglio pubblicato in USA da Chizine e di prossima uscita in UK per Gollancz. È stato il nostro omaggio a Le mille e una notte. Il secondo che userà la stessa struttura di storie brevi inserite in una cornice narrativa più generale, lo intitoleremo probabilmente Many Mansions. Ho anche scritto una sceneggiatura per un film, Dominion, che sembra stia per andare in produzione.
E ovviamente quest’anno sarà un anno importante per The Unwritten con l’imminente evento legato a Fables e qualcos’altro che annunceremo a breve.

Per cui direi che ci sono un mucchio di cose. La vita mi sembra così piena come voglio che sia!

Un sorridente Mike Carey!


L'intervista originale, in Inglese, può essere letta qui 
Grazie ancora a Laura Sneddon per la sua disponibilità. 

Le interviste precedenti:

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