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venerdì 24 luglio 2015

Gabriel Andrade: Crossed +100 di Alan Moore

GABRIEL ANDRADE è l'artista brasiliano che ha illustrato la miniserie (di sei numeri) Crossed + One Hundred, scritta da Alan Moore e pubblicata da Avatar Press a partire da Dicembre 2014.
Crossed +100 è lo spin-off ideato da Moore, ambientato cento anni nel futuro, della serie Crossed creata da Garth Ennis e pubblicata da Avatar a partire dal 2008.
In Crossed una pandemia ha trasformato gli esseri umani in psicotici assetati di sangue, privi di ogni freno inibitore e capaci di qualsiasi nefandezza. In Crossed +100, Moore sposta la narrazione cento anni dopo l'inizio della diffusione del virus mostrandoci a che punto l'Umanità sia giunta nella sua lotta per la sopravvivenza. Su Fumettologica potete leggere una prima recensione: qui.

Il volume che raccoglierà la run di Moore verrà pubblicato quest'autunno in Italia da Panini Comics che ha già dato alle stampe i precedenti libri dedicati a questa brutale ma intrigante saga apocalittica.

Nel seguito potete leggere un'intervista ad ANDRADE, artista dal segno classico ma vigoroso, scelta assolutamente azzeccata per il racconto scritto da Moore.
L'intervista è stata condotta e realizzata, in Portoghese, nel mese di Giugno da Flavio Pessanha e pubblicata a Luglio, in due parti, sulla pagina Facebook AlanMooreBR (I Parte e II Parte).
Tradotta in Inglese, dal Portoghese, da  Flavio Pessanha.
Traduzione dall'Inglese di smoky man

Buona lettura! E un grazie all'amico Flavio per la disponibilità e gentilezza.
Gabriel, potresti raccontarci come hai iniziato la tua carriera di illustratore e perché hai deciso di abbandonare Economia per l'Arte?
L’Arte, più precisamente Illustrazione e Musica, sono sempre stare una mia passione e tra le mie principali occupazioni. Ma durante l’adolescenza ho scoperto le Scienze Politiche e ne sono rimasto affascinato. Ma alla fine, comunque, non ho resistito a lungo al richiamo dell’Arte (ride): ho deciso di seguire Musica all’Università, perché non mi vedevo come un disegnatore e non pensavo ci fossero delle opportunità lavorative in quel campo. Quando poi ho avuto la possibilità di mostrare il mio portfolio non ci ho pensato due volte e mi sono impegnato con tutto me stesso. Non sapendo nulla della situazione del mercato sono stato aiutato dai miei amici Milena Azevedo (GHQ blog), Miguel Rude e Wendell Cavalcante (entrambi disegnatori e autori di fumetti): loro erano già nell’ambiente e mi hanno fatto da guide quando ho iniziato.

Hai lavorato per Dark Horse, Atlantic e ora collabori con Avatar Press. Come sei stato chiamato a lavorare per la Avatar? 
Verso la fine del 2009 avevo completato Die Hard per Boom!Studios e loro avevano bisogno di un disegnatore per Lady Death così ho pensato ad una illustrazione a piacere per un poster e l'ho realizzata. Subito dopo ho firmato il mio primo contratto con loro (ride).

Come sei stato scelto da Moore? Sei rimasto sorpreso?
Entrambi avevamo pubblicato sullo speciale di God is Dead della Avatar, sebbene su storie distinte. William [Christensen], il fondatore e responsabile editoriale della Avatar, mostrò il mio lavoro ad Alan e così decidemmo di lavorare a un nuova serie.

In una recente intervista, condotta da Pádraig O’Mealóid, Alan Moore ha detto che i tuoi disegni sono spettacolari e ti ha definito un “autentico diamante vecchia-scuola”: un grandissimo complimento. Quali sono le tue principali influenze e come hai imparato a disegnare?
La mia principale inspirazione non sono stati i fumetti, ma la realtà. Sin da bambino disegnavo tutto quello che vedevo e, poiché i miei genitori erano entrambi insegnati, a casa avevamo moltissimi libri scientifici, illustrati, e molte riviste e materiale educativo. Ho ricevuto il mio primo fumetto quando avevo già nove anni: un albo di Chico Bento [di  Mauricio de Sousa].
Anche se amavo i fumetti, non ho mai copiato i disegni e ho sempre preferito disegnare quello che vedevo. Ma una volta che ho iniziato a prendere l'Arte sul serio, ho cominciato a studiare la tecnica, e ho scoperto grandi maestri come Milo Manara, Moebius e Serpieri. Non mi è mai piaciuta l'estetica dei supereroi americani... forse potrei fare eccezione per John Buscema (Conan) oppure John Romita Sr (Spider-Man). Durante la mia infanzia, negli anni '90, non mi piacevano le cose che venivano pubblicate in quel periodo ma quando uscì Heavy Metal e misi le mani su alcuni fumetti horror brasiliani, così come su Tex, Ken Parker e Blueberry... Akira e i manga delle CLAMP, riscoprii nuovamente il Fumetto. Dal punto di vista estetico mi piacevano molto i manga. Il mio stile di disegno è sempre stato realistico e basato su fotografie o film. Ma è stato solo quando ho deciso di diventare un disegnatore professionista che queste influenze fumettistiche hanno iniziato a manifestarsi nel mio stile. Per cui di solito rispondo che il mio stile ha subito l'influenza, nell'ordine, di John Buscema, John Romita Sr, Garcia-Lopez, Jim Lee, Katsuhiro Otorno, Clamp, Milo Manara, Moebius, Alberto Gennari, Mike Deodato, Serpieri, Frank Cho e Adam Hughes.
Moore ha inoltre dichiarato che sei della stessa categoria dei disegnatori inglesi o filippini e che provieni dalla scuola del fumetto in bianco e nero. Sembra lasciar capire che ci sia la possibilità che Crossed + One Hundred possa venire pubblicato in una edizione in bianco e nero in futuro. Quanto ti piacerebbe?
Quante possibilità ci siano per una edizione simile non saprei ma mi piacerebbe moltissimo se accadesse. Ho pensato a realizzare le tavole in modo che siano godibili con o senza colori.

Quali sono i passaggi che hai seguito lavorando a Crossed + One Hundred, partendo dalla sceneggiatura alle tavole finali?
I soliti: scorro le pagine di sceneggiatura per iniziare ad avere dei riferimenti visivi per i luoghi e dar forma, nella mia mente, al tipo di atmosfera di cui la storia necessita. Passo un paio di giorni così, cercando la documentazione migliore e le inquadrature più adatte in modo da buttar giù e schematizzare la composizione e la dinamica di ogni tavola. Dopo aver completato le matite, le mostro all'editor che a sua volta le fa vedere allo sceneggiatore. Dopo che i disegni sono stati approvati, li finalizzo e inchiostro.

Moore è conosciuto per scrivere le sue sceneggiature avendo in mente l'artista che le disegnerà in modo da tirar fuori il meglio da lui. Secondo te, che cosa si aspettava maggiormente da te? Ci sono stati dei casi in cui hai infranto qualche regola in modo da poter usare una tua idea?
Sì, le sceneggiature erano molto dettagliate ma mi davano anche libertà di creare i luoghi e l'aspetto dei personaggi e persino i loro colori. Anche se le sceneggiature erano molto precise e dettagliate su inquadrature e layout, in tutti gli albi ho fatto diverse variazioni sugli angoli, i primi piani, il design delle scene: tutto per il bene del racconto.
In Crossed, i tuoi disegni sono impressionanti: trasmettono una grande precisione nelle architetture unita a una eccezionale precisione nelle anatomie. Che cosa hai fatto per prepararti? Quanta documentazione?
La documentazione per il fumetto era molto specifica poiché gli ambienti sono versioni di città reali. Ma volevo che tutto sembrasse vivo e irregolare. Praticamente non ho mai usato la squadretta mentre disegnavo, penso d’averla usata solo per squadrare le vignette. Molti dei materiali e degli oggetti sono stati immaginati prendendo come punto di partenza cose reali riutilizzandole: da questo punto di vista le case, i veicoli, gli arredamenti sono stati tutti riadattati. Se si considera questo, non ho dovuto fare una gran fatica.

Qual è la differenza tra disegnare una storia di Alan Moore e quella di un altro autore, a parte la lunghezza della sceneggiatura?
Non ho notato grandi differenze rispetto a portare a termine il lavoro. Ma avere a disposizione una sceneggiatura così ben scritta e ricca di dettagli ti fa sentire immerso nell’universo in cui si svolge la storia, in un modo così perfetto, quasi spirituale. Mi sentivo come se la storia stesse davvero accadendo. Ero molto stimolato dal testo e davvero stremato per le scadenze. Ho amato tantissimo questo lavoro.

Sei stato il solo disegnatore della run di Moore e lui stesso ha ideato ognuna delle varie copertine della serie. Può parlarci di quest'aspetto?
Riguardo le copertine, mi veniva fornito un tema oppure una breve descrizione. Ma visto che trattavano eventi “storici” come quelli accaduti all'Umanità fino al momento della nostra storia, dovevo essere coerente con un processo di degradazione della società nel corso del tempo. La realizzazione e le idee per i singoli temi venivano lasciate alla mia creatività.
Pensi che questo fumetto realizzato con Moore possa segnare un momento di svolta per la tua carriera?
Da parte mia ho investito tantissimo, dal punto di vista artistico, in questa serie. La qualità, l'attenzione, il livello di dettaglio, l'uso di diverse tecniche... sono tutti aspetti in cui sono migliorato moltissimo. Su quali strade prenderà la mia carriera non lo so ancora, è presto per dirlo. L'ultimo numero di Crossed +100, il sesto, uscirà il mese prossimo [a Luglio per il mercato americano, N.d.T.]. Aspettiamo e vediamo che effetto farà.   

Gabriel, quali sono i tuoi prossimi progetti? Ci sono possibilità per una nuova collaborazione con Moore?
Sto scrivendo e sviluppando una mia storia. Forse sarà un graphic novel o una serie in tre parti, non sono certo. Sul collaborare di nuovo con Moore, non so se ci sono delle possibilità ma per me sarebbe un enorme piacere.
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Le interviste precedenti:

sabato 11 luglio 2015

UltraComics: SUNBLOCK di Andi Watson

Vista l'afa che caratterizza queste giornate d'estate, SUNBLOCK di ANDI WATSON mi pare un recupero azzeccato e in tema, direttamente dalla sezione UltraComics (ri-denominata successivamente UZ-Exclusives) di Ultrazine.

Il fumetto fu pubblicato originariamente nel 2002 su Artbomb.net (dove è ancora disponibile: qui) e, su autorizzazione dell'autore, presentato su Ultrazine lo stesso anno nella traduzione dell'amico Antonio Solinas (responsabile anche del lettering).

Andi Watson è un autore inglese conosciuto, anche in Italia, per fumetti "indie" come  Breakfast After Noon, Skeleton Key e Love Fights.
In qualità di sceneggiatore ha lavorato per le principali case editrici mainstream e tra i suoi lavori si segnalano una run di 2 anni sulla serie di Buffy per la Dark Horse Comics e una maxi-serie su Namor per la Marvel.
Negli ultimi anni si è dedicato alla serie di libri per ragazzi Gum Girl; nel 2015 è uscito il suo ultimo lavoro Princess Decomposia and Count Spatula.

Per maggiori informazioni su ANDI WATSON, visitate il suo sito: qui.

Buona lettura!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SUNBLOCK copyright © Andi Watson

lunedì 6 luglio 2015

Paolo Bacilieri e... la rabdomanticità trans-genere

Zeno Porno, alter ego di Paolo Bacilieri.
Pochi giorni fa si è conclusa a La Spezia, presso Spazio 32, l'interessante mostra "Fun" dedicata a PAOLO BACILIERI (tenutasi dal 20 maggio al 30 Giugno scorso), autore e disegnatore che seguo con grandissimo interesse e ammirazione sin dagli anni '80-'90 dello scorso millennio. 
Purtroppo non ho potuto presenziare all'evento ligure (ma è possibile ammirare alcune foto sulla pagina Facebook di Spazio 32: qui), ma ho generosamente ricevuto il catalogo (ringrazio Spazio 32 per l'invio) e l'idea della mostra è servita da stimolo per concretizzare (finalmente!) una "chiacchierata" con Bacilieri che desideravo fare da diverso tempo.

Per "i più distratti" ricordo che Paolo Bacilieri, autore con una carriera pluridecennale, è uno dei fumettisti più originali nel panorama italiano contemporaneo, apprezzato da pubblico e critica, collaboratore regolare della Sergio Bonelli Editore, per cui ha disegnato su testate e personaggi come Napoleone, Jan Dix, Dampyr e Dylan Dog. Tra i suoi lavori SBE più recenti segnalo Orfani: Ringo N. 8 e Il prezzo dell'onore per la collana Le Storie. Come autore completo i suoi ultimi graphic novel sono Sweet Salgari e Fun (per cui ha vinto il premio Micheluzzi 2015 nella categoria "Miglior disegnatore"), entrambi editi da Coconino Press.

Nel seguito potete leggere l'intervista condotta via email nel mese di Giugno e Luglio.
Un sentito ringraziamento a Paolo per la sua consueta gentilezza e disponibilità e... per gli ottimi fumetti prodotti in questi anni e... per quelli che realizzerà!
Buona lettura!

Pagina Wikipedia dedicata a Bacilieri: qui.
Il blog personale di Bacilieri: qui.
Il catalogo della mostra "Fun.
smoky man: Dopo Fun, arriverà More Fun. Originariamente era stato pensato per essere un libro unico ma ti è letteralmente esploso in mano, dopo lo spunto fornitoti da Bartezzaghi per una storia sui cruciverba e la tua decisione di “incastrare” questo argomento con altre storie realizzate in precedenza e con materiali creati per l’occasione. Che cosa puoi rivelarci su More Fun, a parte la presenza nota di George Perec?
Paolo Bacilieri: Tutto vero.
Mi piace scriverlo così: "more FUN".
Sarà sia per struttura che contenuti uguale a Fun: la parte storica riprenderà da dove si era interrotta, dall'arrivo cioè del cruciverba sul NY Times, per poi passare prima in Francia, negli anni 70 di Perec e poi finalmente in Italia, con il tuo conterraneo Cav. Ing. Comm. Conte di S. Andrea Giorgio Sisini che fonda La Settimana Enigmistica e con quello che chiamo "lo sconosciuto più famoso d'Italia", Piero Bartezzaghi.
Queste vicende verranno interrotte da quelle contemporanee milanesi di Pippo Quester e Zeno Porno (lo so, ho lasciato in sospeso un po' di cose) e da alcune storielle brevi, caratterizzate dal colore, ripescate, rivedute e corrette.
Quali difficoltà hai incontrato e superato nella realizzazione di Fun e More Fun? Oppure si è trattato più di una sorta di sfida appassionante, analoga al risolvere un cruciverba particolarmente complesso? Visto il titolo spero però che ti sia comunque… divertito! :D
Probabilmente più che alla soluzione, somiglia alla creazione di un cruciverba: invece che parole ho cercato e cerco di incastrare insieme storie e storielle; un po' quel che faccio sempre, però più esasperato. A volte ci stanno perfettamente altre volte le devo prendere a martellate...

More Fun uscirà a fine anno, vero?
Io ci credo e ci sto lavorando. Se non ce la dovessi fare si andrà comunque ai primi mesi del 2016.

Hai già nel “mirino” un altro progetto personale? So che sei al lavoro su uno degli speciali di Hollow Press, in proposito puoi svelarci qualcosa? Sono molto curioso al riguardo, considerando il livello di contagiosa “weirdness” della proposta editoriale di Michele Nitri.
Eh, sì, è un periodo così, vari progetti in cantiere a diversi stadi. Su quello HP non posso dire molto, se non che si tratta di un vecchio soggetto, risalente ad una dozzina di anni fa che aspettava nell'ombra l'occasione di essere ripreso e sviluppato.

I tuoi primi lavori pubblicati risalgono agli inizi degli anni ’90 del Secolo scorso. E via via negli anni - sei oltre i 20 anni di carriera - ti sei affermato e distinto per uno stile di disegno originale e per la tua capacità di lavorare sia nell’ambito del fumetto popolare, vedi la tua produzione in Bonelli, sia come autore completo con le tue graphic novel e le opere più personali (per quanto certe distinzioni in categorie siano opinabili). Per questo, in anni recenti, si parla spesso di te come un “punto di riferimento”. In una intervista di qualche tempo fa, credo di ricordare, tu abbia fatto il nome di Sergio Toppi, dicendo che dopo la sua scomparsa i fumettisti della tua generazione, in qualche modo, si siano sentiti o debbano sentirsi un po’ più “responsabilizzati”. Non so se sono riuscito a spiegarmi ma vorrei sapere come ti senti rispetto a questo discorso…
Sì, di sicuro ci si sente più soli, anche se preso dalle contingenze "lost in day to day", raramente ho il tempo di pensarci. Ma credo che questa mia generazione di autori italiani di fumetti, rappresenti una specie di collegamento, un ponte, un elastico tra questo dannato 21esimo secolo e quella grande ricchezza e specificità della seconda metà del '900 con la quale siamo cresciuti e (questo vale senz'altro per me) che ci ha formati. Ci ha reso quello che siamo.
Tavola tratta da Orfani: Ringo N. 8. Colori di Stefania Aquaro.
Bianco e nero oppure colore: quale prediligi e perché?
Non vorrei sembrare una specie di reazionario, in certi casi il colore è indispensabile. Provo anche una profonda invidia nei confronti di quei colleghi bravissimi che fanno cose straordinarie con acquerelli, tempere etc.
Rimango però un assoluto feticista del bianco e nero e mi ritengo fortunato visto che da anni faccio, per Bonelli ad esempio, storie in purissimo b&n.

Parlando di colore: come è stata la tua esperienza sul recente albo di Orfani, considerando sia la colorazione e il fatto d’aver diviso l’albo con un altro artista?
L'altro artista, Werther [Dell'Edera, N.d.R.], è davvero bravissimo, lo tenevo d'occhio da tempo, mi piace un sacco, pur essendo agli antipodi rispetto al mio modo di lavorare. Un autore di cui sentiremo ancora parlare molto, poco ma sicuro.
Direi che Roberto [Recchioni, N.d.R.] ci ha intelligentemente "cucito addosso" la sceneggiatura, perciò per me è risultato anche piuttosto facile lavorarci, sempre tenuto conto del discorso precedente.
Illustrazione per il portfolio Dylan Dog Monsters, progetto dell’associazione "La Nona Arte".
Hai frequentato diversi generi: horror, noir, fantascienza, western, autobiografia… c’è qualcosa che ti manca o pensi che la questione del “genere” sia superata e sia semplicemente un’etichetta semplificatrice e che quello che importa davvero è avere “una buona storia”?
Assolutamente. La storia è quello che conta, a prescindere dal genere. Al di là del discorso buona o cattiva dovrebbe avere qualcosa che parla a te, autore, disegnatore, personalmente. In qualche modo ti chiede di essere disegnata. Da te.
Questo per dire che la mia rabdomanticità trans-genere deriva più che altro da scelte istintive.

Architetture, città, ambienti: nelle tue opere c’è sempre una grande attenzione a questo aspetto, come se fossero dei “personaggi” a tutti gli effetti. Da cosa nasce questo tuo interesse e, ipotizzo, necessità artistica? Personalmente penso siano aspetti fondamentali, per quanto a volte “invisibili” o dati per scontato dal lettore, per dare corpo e consistenza ad una storia…
Confermo quanto dici, ma dove arrivi questo mio interesse per l'architettura non saprei. Sono cresciuto perlopiù in un minuscolo, incantevole borgo immerso nel verde Weneto (ciao Molina!), non so quando esattamente ma ad un certo punto mi sono innamorato del cemento armato!
Mi piace il '900, in particolare l'architettura del dopoguerra, qui a Milano ci sono cose bellissime, a cominciare ovviamente dalla Torre Velasca!
Tavola tratta da Sweet Salgari.
“Aò, il libro piace.” è l’anagramma - splendido, direi - del tuo nome e cognome trovato (creato?) da Stefano Bartezzaghi. Puoi indicarci tre libri, non solo a fumetti, che ti sono piaciuti di recente e perché?
Mica facile!
Leggere mi piace molto ed è sempre una cosa in divenire...vediamo:
Louis Riel di Chester Brown, mi mancava, l'ho trovato di recente allo Strand (la mia libreria preferita!). Una biografia a fumetti minimalista e monumentale.
Il gaucho insostenibile, raccolta di racconti bellissimi di Roberto Bolano, scrittore gigante.
Bartleby lo scrivano, Melville, da rileggere almeno una volta l'anno!
"Ah, humanity!"

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Le interviste precedenti:

mercoledì 1 luglio 2015

UltraSpeciale ANDREA PAZIENZA

Dal 2000 al 2006 il sito Ultrazine.org è restato online e, fatto più importante, è stato aggiornato con una qualche continuità, grazie al mio lavoro & al contributo inestimabile di diversi amici, addetti ai lavori ed appassionati di Fumetto (sentitamente li ringrazio tutti ma evito di fare un elenco perché di sicuro dimenticherei qualcuno).

In quel lontano e "pionieristico" periodo della Rete, il sito si meritò persino una menzione su Il Venerdì di Repubblica e di fatto chiuse le sue attività nel 2006 in occasione dell'uscita del volume Watchmen 20 anni dopo.
Dal 2006 fino ad oggi il sito è rimasto fermo: dai primi di Giugno 2015 tutti i contenuti sono stati rimossi anche se il dominio rimane ancora attivo.

L'intento attuale è quello di riproporre qui, su questo blog, una selezione dei contenuti più interessanti apparsi su Ultrazine durante il suo settennato di vita online: un piccolo tentativo di "conservazione della memoria" nell'eterogeneo e mutevole mare digitale di questi tempi moderni.

Partiamo subito con l'UltraSpeciale dedicato ad ANDREA PAZIENZA, autore seminale e dirompente per il Fumetto Italiano ma non credo serva dilungarsi su questo.
Lo speciale, pensato come ongoing, andò avanti per (sole) sei puntate, apparse tra Aprile 2002 e Febbraio 2003, con i contributi, in ordine di apparizione, di: Davide Toffolo, Mauro Balloni, Daniela Amenta, Luca Genovese, Luca Enoch, Emanuele Di Giorgi, Claudio Parentela, Marcello Albano.
Buona visione.

E... grazie di tutto, Paz!
"Padri e figli", illustrazione di Davide Toffolo (Ultrazine, Aprile 2002).
L'INTRADUCIBILE PAZIENZA
di Davide Toffolo
[Articolo apparso sulla rivista Rumore n. 121, febbraio 2002. Pubblicato su Ultrazine nell'Aprile 2002 con l'autorizzazione dell'autore.]
   
PADRI E FIGLI
Chi ha ricevuto l'eredità del "meridionale più alto d'Italia" come lui stesso si definiva? No, non parlo dei diritti di pubblicazione, per quelli basta leggere le diciture in calce alle innumerevoli pubblicazioni postume. Parlo dell'eredità artistica. Che cos'è rimasto alle generazioni di autori successive a Paz del suo modo di pensare il fumetto?
Alcuni dei nuovi autori italiani sono suoi figli riconosciuti. Se Andrea è il padre naturale, Bologna è certo la madre. La fecondazione avvenne attorno alla metà degli anni '80 quando Pazienza ancora stava a Bologna e assieme a Igort e Daniele Brolli, i valvolinici, immaginò una "scuola di fumetto".
       
La chiamarono "Scuola di Fumetto Zio Feininger", prendendo il nome del pittore tedesco che all'inizio del '900, si dedicò ai fumetti con l'energia di un pioniere.
Un corso regionale, serale, che si svolgeva alle Aldine Valeriane, un Istituto Tecnico sul lato nord di Bologna (anche se ancora prima, la scuola aveva sede in Via del Cane, una traversa della famosa Via Clavature nel centro di Bologna). In quei corsi, oltre agli iconoclasti valvolinici Igort e Brolli si alternarono all'insegnamento gli autori più importanti della allora emergente generazione del fumetto italiano, per capirsi Mattotti, Jori e Carpinteri per i Valvolinici oltre a qualche maestro indiscusso: Muñoz, Sampajo, Scozzari e Magnus.
Sui banchi della scuola dello "Zio Feininger" possiamo ricordare Francesca Ghermandi e Massimo Semerano, Leila Marzocchi e successivamente una schiera di "provinciali" affascinati dal fumetto provenienti da tutta Italia e raccolti attorno alla città che, comunque, sarà per la presenza del DAMS, sarà per inclinazione genetica si è dimostrata la più accogliente e adatta a raccogliere un gruppo di promettenti disegnatori. Insomma quei banchi, descritti senza pietà in alcune pagine di POMPEO si trovarono giovanissimi, Stefano Ricci, Giuseppe Palumbo, Davide Catenacci, Otto Gabos, Gibertini, Menotti e, incosciente ma felice anche il sottoscritto Toffolo. Ci giravano attorno Enrico Fornaroli, Beppe Chia e servirono da nucleo aggregante in un periodo nel quale Frigidaire agonizzava in slogan come "Miriam maffai schifo" e quando la lucida demolizione Tamburiniana,  dissolta nella morte dello stesso Tamburini, risultava sempre più sbiadita e fuori tempo massimo. L'avventura umana di Andrea, lo portò presto lontano da Bologna l'attività didattica diretta si concluse con quella stagione, lasciò i suoi "figli" orfani di padre, in affidamento però ad una città, Bologna, capace di dare stimoli e occasioni praticamente a tutti.

L'eredità più grande lasciata da Andrea e dal "corpo docenti" di quella scuola è un'eredità di grande dignità. I concetti di fumetto come "linguaggio totale", e di autore di fumetti come "portatore di mondi". Concetti che sicuramente prima di lui altri avevano introdotto, ma come lui, in Italia nessuno.
Centrale in questo senso la sua volontà di autorappresentazione. Il dato autobiografico riaffiora nelle sue storie a fumetti, come nelle vignette, spietato e assoluto. Nessuno come i giovani autori del "dopo Frigidaire" hanno sentito questa eredità così viva, e così pesante come i succitati, anche se le forme del loro raccontare hanno preso strade lontane dal modo pazienziano di fare fumetti. Forse proprio a partire da questa esperienza le forme del fumetto, dalla metà degli anni '80 e per tutti i '90 si sono attorcigliate su se stesse, riducendo spazi e sovvertendo modi e regole della produzione del fumetto d'autore, diventando spesso autoreferenziali. Ma l'eredità era chiara. Se sei un autore ti devi assumere le tue responsabilità. Almeno con te stesso.
       
L'eredità di Paz non è arrivata solo attraverso la scuola, perché quello che pubblichi, quello che disegni, diventa di per sé una "scuola". Così oltre a produrre tonnellate di emuli ed epigoni, Pazienza ha suggestionato tanti ragazzi che sono diventati autori di rilievo grazie delle sue pubblicazioni. Tracce del suo insegnamento si leggono chiaramente dentro il segno di Frezzato, di Baccilieri e sicuramente di Gipi, per fare solo alcuni nomi in ordine sparso. Uscendo dall'Italia, andando per esempio in Grecia, ricordiamo in particolare un autore, che ha un'influenza pazienziana forte Leandro Kokkoris (lo si può trovare nella nuova rivista Black edita da Coconino Press).

PAZIENZA PROVINCIALE
Non si può dire che Paz abbia avuto particolare fortuna all'estero. Per i suoi detrattori, questo è un punto a suo sfavore, ma di questo non sono convinto e queste sono le mie spiegazioni. Un problema è quello del formato di stampa. Pazienza, surfista dell'editoria, spesso insultato dai suoi compagni di percorso per essere stato poco "militante" nelle scelte di campo, passò, cavalcando con la leggerezza di un surfista appunto, molte situazioni editoriali differenti: Linus, Frigidaire, molti quotidiani, per poi ritornare su Linus e muoversi poi in Corto Maltese e anche in Comic Art. Quasi tutte voci morte, oggi. Anzi direi tutte. Mitologico rimane il suo incontro con Hugo Pratt che, vuole la leggenda sia stato il primo a dire, in redazione di un Linus d'oro: "facciamolo provare il 'bocia', vediamo se ha cose da dire". Così nacque Penthotal.
E citando questo episodio non vorrei sembrare retorico e reazionario. Non voglio dire che allora fosse meglio di oggi, eppure in quel momento questo era possibile, oggi direi di no. Le riviste non ci sono più. Il fumetto più di altri media sembra mostrare la corda di un equilibrio impossibile fra mercato e fantasia e in questo gioco perverso si mostra perfetto a raccontare la decadenza che viviamo. Il fumetto è morto come il rock & roll, come il cinema, come la letteratura... ma forse per la sua dimensione produttiva, più personale e individualista degli altri linguaggi comunicativi, è più pronto a saltare le regole del mercato. Il Fumetto è l'unico media che prevede un investimento anche nullo per esser prodotto. Solo inchiostro e fantasia (almeno per i minicomics!).
Ma tornando al perché della difficoltà per un Paz da esportazione: i formati delle sue narrazioni non erano rigorosi e tagliati sul formato appunto "internazionale" come erano quelli di altri autori italiani: Manara, Serpieri, lo stesso Tamburini con Liberatore.
Le forme del raccontare di Andrea Pazienza si ritagliavano in piccoli spazi, anche della dimensione del frammento, dando un impressione di percorso più esistenziale che professionale. Anche i cambi di registro del suo segno, a volte realistico, a volte infantile e stilizzatissimo non rispettano ragioni editoriali, ma esclusivamente ragioni esistenziali che diventano poi narrative. Ricordo a casa di Silvano Mezzavilla a Treviso, l'organizzatore di Treviso Comics, una casa dove si  parlava di fumetti, attorno al 1983, l'invettiva di un piccolo grafico che imputava a Pazienza una "non professionalità" nell'uso, per esempio, del lettering.
Perché Pazienza non pensava alle difficoltà che poteva incontrare un editore straniero a sostituire il suo lettering e continuava a farlo correre senza regole nella pagina? Perché non separava i disegni dalle parole, come fanno i francesi, per rendere la vita più facile a chi doveva organizzare editorialmente il suo lavoro, o per una sua eventuale pubblicazione all'estero? Perché non voleva fare i conti con il mercato, o almeno con le redazioni?
Perché Paz, questo lo dico io, non ha mai pensato di parlare a nessuno diverso da se stesso. Tanto meno a un francese o un americano. La sua lingua era il "fumetto italiano". La sua pancia era la padrona del suo talento. "Mai pensare ai soldi durante il lavoro. O prima o dopo". Io, questa massima pazienziana, recitata con la solita enfasi del capiscione pugliese, ma con lo sberleffo ironico del talento che vive anche il dramma di una sensibilità enorme, con la leggerezza della farfalla, l'ho vissuta come testamento. Insomma, tralasciando il divario enorme che possiamo rilevare tra l'editoria a cavallo degli '80 e l'attuale panorama, Paz sembra avere dimostrato la leggerezza e la libertà di un vero "poeta". E la poesia è ritmo, segno, parola, lingua.
Cosa resta infine della poesia tradotta? Poco. Se il mondo dei formati ha vinto sul mondo della passione, che ci possiamo fare? Se il mondo oggi sembra assomigliare di più alla logica burattina di quel piccolo grafico di Treviso più che alle intuizioni di farfalla di Pazienza, possiamo solo prenderne atto e disperarci. Giusto il tempo di un'emozione da consumare e poi via, subito un'altra. [Davide Toffolo]


Illustrazione di Mauro Balloni (Ultrazine, Maggio 2002).
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PAZ, INEFFABILE AMORE
di Daniela Amenta
[Articolo originariamente apparso su TRIBÙ ASTRATTE - settimanale di interferenze culturali. Pubblicato su Ultrazine nel Maggio 2002 con il permesso dell'autore.]
   
Caro Paz, che anno era quando te ne sei andato? Il '98, l'88, il '78? Boh, buio profondo o desiderio di buio, che poi è lo stesso. Il giorno però me lo ricordo. Un giorno di giugno. Il 14 giugno. "Noto fumettista stroncato da collasso". Tre righe lette su un quotidiano mentre un treno in corsa fischiava verso il mare. E d'improvviso il viaggio trascolorava. Senso di nausea. Paura. Vuoto. Ti ho pianto come un fratello. Il fratello fantastico e maledetto che noi, le donnine sopravvissute alla non-rivoluzione del post femminismo, post punk, post comunismo e post macedonia mista, sognavamo a fianco. Fratello eh, mica amante.
       
Troppo fico il Paz, troppo bello per sposarsi ai nostri giubbotti alla Fonzie, troppo geniale il Paz per camminare in sincrono coi nostri zoccoli e le gonne a fiori. Troppo audace da sostenere. Te ne sei andato come una canzone degli Who, immortale oramai. Te ne sei andato tra gli accordi di Strummer Joe e lì esisti, resisti. Come quel pezzo di Fossati che amavi: "Per niente facili, uomini sempre poco allineati". Solo che più ti cerco, meno ti trovo. E adesso, in questo millennio, mi sfuggono i tuoi Natta, i tuoi Pertini, i tuoi Craxi. Non ti capirebbero oggi Andrenza. Abbisognano di altro, io stessa abbisogno di nuovi tratti, altre passioni. Ora gli eroi hanno profili tecnologici, volti cellulari, arti digitali, visi tirati dalle frequentazioni in rete. Che ne sai Spaz? Che vuoi saperne: il Papa seppellirà Zanardi e tutti i cattivi del globo in una maestosa cerimonia, il Pci non esiste più e vien da pensare che non sia mai esistito se non come allucinazione collettiva e perfino la Lazio ha vinto uno scudetto. Qui gira tutto in fretta.

Anche la roba ha nomi di cocktail. Solo il prezzo resta invariato. Così come il costo del dolore. Ma non ti capirebbero Paz. Non capirebbero Pluto, le "vighnette", il "prima pagare poi disegno", quell'ansia di massacrarci e poi far pace con noi stessi. Gioventù bruciacchiata che "aveva 20 anni nel '77 e ora ne ha 18" e non cresce, non dimentica, conta i lutti e ti racconta come un nonno. Ma io più ti cerco e meno ti trovo in quest'epoca di Aids e giubilei, di Sms e cronaca mondana. Mi sfuggi super Apaz che ci facevi morir dal ridere con la Prolisseide ("ovvero tutte le persone famose che ho conosciuto") e piangere di sconforto con Pompeo. Nel frattempo ho conosciuto tua moglie, Marina. Bella come te, un po' meno sfolgorante. C'è l'idea di una Fondazione Pazienza. Storia vagamente tristanzuola. Chi ne usufruirebbe?

Già mi vedo, li vedo. La fila di reduci a pagare il biglietto in quel di Montalcino pur di sentirsi "forever young", a fare a gara a chi ricorda di più le battute, le matite, le citazioni. Caro Paz, ora appartieni a tutti, anche a coloro che non c'erano. Fa male. Fanno male le ristampe inutili, certe pubblicazioni all'odor di squalo, la suddivisione in parti eque del caro estinto. Fa male sentirsi tesserati di un movimento che non esiste più, analizzati come bestiole da stabulario, giudicati solo per la sequela di cazzate che abbiamo inanellato. Quelli di oggi, gagliardi e palestrati, non ti capirebbero.
       
Non ci capiscono. Al fornaio mi danno del lei e mi chiedono se il tatuaggio sul braccio è opera dell'estetista. Cose d'Apaz, Andrea. Qui gira tutto in fretta. Non ti trovo ma mi manchi. Mi mancano le "sturiellet", i bestioni da cavalcare, le strisce acide in acido, le tristezze velenose, le fini irreversibili, irreversibili, irreversibili. 
Mi manchi, mi manco. Forse era amore.

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SFOGO
Un omaggio a Pazienza
di Luca Genovese
[Pubblicato su Ultrazine a Giugno 2002 con l'autorizzazione dell'autore.]

Un personaggio dei fumetti è reale.
Certo è sulla carta, è mutabile, e il più delle volte parla per conto dell'autore.
Ma trasmette emozioni, prima al disegnatore che l'ha creato, poi anche a chi lo legge, e quelle non sono fasulle.
       
Quindi bisogna rispettarlo, un personaggio... e il primo a mancare a questa buona regola di solito è proprio il suo autore. Solo che di rado si permette di chiedere che ne pensa il suo "figliuolo".
Una delle storie di Pazienza che più mi ha coinvolto è stata "La prima delle tre". Una scena in particolare: la scazzottata tra l'autore e Zanardi, il suo personaggio.
       
Perché mi sono immedesimato sia nell'uno che nell'altro.
Tutta quella rabbia con cui si battevano, il tutto nato da una cazzata, però sviluppato con una foga liberatoria, per poi offrirsi una sigaretta, e condividere un'avventura. Secondo me gli ci voleva proprio, a tutti e due, un bello sfogo.
 
 
 
 
 
 
"Sfogo" di Luca Genovese (Ultrazine, Giugno 2002).
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PAZ
di Luca Enoch
[Pubblicato su Ultrazine a Luglio 2002 con l'autorizzazione dell'autore.]

Da dove comincio? Comincio dalla fine. Comincio da Astarte.
Astarte, terribile molosso da guerra africano, che visita nel sogno uno spaurito Paz per narrargli le sue gesta belliche in terra italica, al seguito della potente armata cartaginese, guidata da un segaligno e ardente Annibale, suo signore e padrone.
Con questa storia fenomenale il vecchio Paz tornava più in forma che mai, dopo un periodo oscuro, disordinato, un po' svogliato, in cui sembrava aver perso interesse nel disegno - ma non nel raccontare storie.
Con il primo capitolo di Astarte, ecco di nuovo il vecchio Paz, a deliziarci con una storia sorprendente e un personaggio assolutamente inedito. Pensate, Astarte ci porta nientedimenoche nella tenda del grande Annibale Barca, dove il generale africano si confida con lui, anticipandogli strategie e tattiche militari della campagna italiana. Quali segreti ci rivelerà? Che retroscena sconosciuti? Annibale che perde un occhio valicando gli Appennini. Che sconfigge a Canne, con la "tattica dell'avvolgimento", un esercito doppio del suo. Che attende invano i rinforzi da Cartagine. Che viene richiamato in patria ed è sconfitto da un altro grande generale, Scipione l'Africano. E di fianco a lui, il fedele e micidiale Astarte, testimone dei momenti più intimi del condottiero.

Che acquolina! Che dico? Che feroce appetito!!! Che storia ci aspetta? Che epilogo? Quando le vicende del cane e dell'uomo si separeranno? Annibale si darà la morte col veleno, profugo in oriente, braccato dai Romani. E Astarte? Fino a quando lo seguirà? Il vecchio Paz, dopo averci tenuto a stecchetto per un po', ci prepara ora una tavola imbandita con piatti a sorpresa, celati da sfavillanti coperchi che lasciano passare irresistibili aromi. E poi?
Niente, ci saluta. Prende e se ne va. Impegni improrogabili. Ordini dall'alto. Non prendetevela.
E noi, lì, col tovagliolo al collo, un'espressione da veri pirla, a sperare in una boutade: "Scusate, ho scherzato. Allora... dov'ero rimasto?"

Gea, il personaggio che scrivo e disegno per Bonelli, studia al Liceo PAZ.
Questo basta per dare un'idea del debito che ho nei confronti di questo geniale artista.
      
Ma non gli perdonerò mai di avermi privato dell'epilogo di Astarte. [Luca Enoch]
"Zanardi e il kendo", illustrazione di Luca Enoch.
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OMAGGIO AD ANDREA PAZIENZA
di Emanuele Di Giorgi
[Pubblicato su Ultrazine a Luglio 2002 con l'autorizzazione dell'autore.]

Quando ho preso in mano un suo fumetto per la prima volta Andrea Pazienza non c'era già più. Purtroppo all'inizio non è stato facile avvicinarsi alle sue storie complice la mia giovane età, all'epoca avevo 15 anni, e il volume che tra i tanti scelsi fu Zuttango, raccolta di sue vignette apparse sulle riviste Zut e Tango. Il tema era la satira politica e abituato alle mille avventure di Mister No e agli incubi di Dylan Dog trovai molto ostica la lettura del libro, così per circa un anno seppellii nella mia mente Andrea Pazienza.
Tuttavia la mia curiosità era tanta e nel frattempo avevo cominciato a conoscere alcuni maestri del fumetto tra tutti Bilal e Moebius.
Tali letture e i consigli di amici e riviste specializzate, in particolar modo Fumo di China, mi spinsero a riprovare ad accostarmi ad Andrea Pazienza.
Fu la volta del Libro Rosso del Male e di Perché Pippo sembra uno sballato, da lì in poi cominciai a divorare qualsiasi cosa fosse targato Pazienza fino a perdere la pazienza quando non riuscivo a trovare i suoi volumi.
Perché ha appassionato me e altre migliaia di lettori Andrea Pazienza è presto detto: il suo modo di raccontare era fresco, innovativo e sempre in bilico tra fiction e realtà.

Le avventure di Zanardi, Colasanti e Petra sono reali ma allo stesso tempo surreali, crude e umoristiche, ciniche, provate a leggere Cenerentola 87, pubblicata su Comic Art.
Riassumere in poche parole l'opera di Pazienza è impossibile, ma una cosa si può sostenere senza nessuna possibilità di essere controbattuti: era cangevole e mai banale nelle forme espressive, sia artistiche che comportamentali. 
"Pazienza & Parentela in love", illustrazioni di Claudio Parentela (Ultrazine, Luglio 2002)
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UN RICORDO PAZ
di Marcello Albano
[Pubblicato su Ultrazine nel Febbraio 2003 con l'autorizzazione dell'autore.]
  
Quando ho conosciuto Andrea era l'83.
I tempi di Via Clavature e del DAMS occupato erano finiti da un pezzo, più o meno con la strage della stazione. Aveva un'Alfa 33 e andava a palla.
Abbiamo disegnato assieme un pezzo del "Pasto Nudo"; i miei bacelloni erano venuti particolarmente bene, così lui ha fatto, nella pagina dopo, un mostro particolareggiatissimo, che però sembrava Paperino in acido... credo che ci sia ancora qualche tavola che non ho perduto...
      
La scena del disegno è (più o meno) realistica. Era l'84 o giù di lì, Paz abitava vicino all'ospedale maggiore, cosa che provocava battute sul suo stato di salute. Una sera era particolarmente infoiato e spariva in bagno in continuazione. La battuta (e la risposta) sono vere.
      
"Yet, in this perfect place, somethin's missed..."
Illustrazione di Marcello Albano (Ultrazine, Luglio 2003).