Nel seguito potete leggere un reportage firmato dall'amico Andrea Pau che, in compagnia del "pard" e disegnatore Jean Claudio Vinci, ha partecipato alla 42esima edizione del Festival International de la Bande Dessinée d'Angoulême tenutasi dal 29 gennaio al 1 febbraio scorso.
Andrea Pau è autore della serie di romanzi Rugby Rebels, edita da Einaudi Ragazzi e illustrata da Vinci, giunta al sesto volume; sempre per i disegni di Vinci, ha sceneggiato il fumetto Radio Punx, disponibile su Verticalismi.
Un grazie ad Andrea per la disponibilità.
GIORNO#0 27-28/01/2015
Tutte le strade portano a Roma.
Almeno, quelle che da Cagliari portano ad Angoulême, a una delle più importanti Fiere europee di fumetto. I sardi, come me e il socio Jean, ci arrivano dopo un giorno di viaggio, molli e profumati come camembert. Ci arrivano dopo due aerei in ritardo, un treno ad alta velocità, alcuni autobus, un panino con porchetta davanti al lago Albano, un sonno che levati, un libro letto e uno iniziato.
Angoulême accoglie i sardi con un clima meno pungente di quello paventato dagli amici scafati. Il tempo permette di camminare, e i sardi camminano, per impossessarsi degli spazi.
Le strade della città, tra salite e discese, eruttano fumetto (no, scusate, volevo dire che eruttano bande dessinnée, ché i francesi ci tengono). Sui muri salutano Tin Tin e Lucky Luke. Sulle vetrine, fogli fotocopiati ricordano a tutti che anche Angoulême est Charlie Hebdo. I cartelli con il nome delle vie hanno forma di balloon. Nel centro storico, Rue Goscinny incrocia Rue Hergé. Dentro il palazzo del municipio, c'è una sala intitolata a Hugo Pratt.
Per dire.
Il giorno che precede l'apertura della fiera si respira attesa: padiglioni in costruzione; autori in incognito; librerie con i tavoli per le dedicaces già pronti; bettole dove puoi spendere stipendi interi in cognac superieur.
Per arrivare al mitico museo della Bande Dessinnée bisogna oltrepassare il fiume (e prostrarsi in adorazione mistica davanti alla statua di Corto Maltese).
La gente è cortese. A osservarli, vengono in mente pensieri terribilmente esterofili: tipo che gli angùlemesi hanno probabilmente capito che il pubblico della Fiera è una risorsa da blandire, non una seccatura da abbattere a occhiatacce, come succede ad alcune fiere in Italia.
Lo so, sono così provinciale che… faccio senso.
Ma forse è solo il delicato afrore del camembert.
GIORNO#1 29/01/2015
Nemmeno Sasha Grey ha subito tante perquisizioni approfondite quante ne ha dovuto subire quest'anno il pubblico della Fiera di Angoulême. Dalla strage di Charlie Hebdo sono passate solo tre settimane: si intuiscono rabbia smisurata e commozione diffusa. Si teme che il fanatismo omicida colpisca altri fumettisti, perciò l'ingresso dei padiglioni si oltrepassa solo dopo una piroetta al metal detector e una perquisizione delle borse stile Starsky e Hutch.
Il padiglione degli editori più tradizionali e potenti è un potpourri (siamo in Francia, no?) di sensazioni diverse. Successi da cinquecentomila copie a tomo e piccole perle (ancora) misconosciute; autori esordienti e personaggi leggendari; così tante novità da far esplodere le pupille. Glenat, Dargaud, Soleil, Dalcourt, Le Lombard, Casterman, Gallimard, Paquet sono raccolte a pochi metri l'una dall'altra, sfoggiano padiglioni sontuosi.
Il pubblico sciama tranquillo dalle dediche agli scaffali.
Si riesce perfino a parlare con gli editori (chimera per chi, come il sottoscritto, non è uso piegarsi a vanità moderne come prendere appuntamenti). Che poi, parlare... la lingua francese per chi scrive è come Alexandra Daddario: so che esiste, che è piacevole, ma non ho mai avuto il piacere.
Ci si esprime perciò in un melange di inglese, francese sardizzato, swahili e chi più ne ha. Tipo Salvatore del Nome della Rosa, ma con riferimenti meno colti.
La sera il ritrovo è Place des Halles, pochi metri dai padiglioni principali. I tavolini dei locali si riempiono di fumettisti, gli italiani fanno combriccola.
Davanti ai bicchieri di birra e di kir ognuno ha la sua Angoulême da raccontare, aneddoti gustosi da condividere, lavori da mostrare, speranze da esternare.
A volte, si riesce persino a non parlare di fumetti. Bei momenti.
GIORNO#2 30/01/2015
Il caffè ad Angoulême lo fanno lungo come una stagione delle piogge. E ugualmente annacquato.
È lungo, ma molto meno annacquato, anche il padiglione Le Nouveau Monde, quello degli editori 'indipendenti'. Sono case editrici dalle dimensioni meno ciclopiche rispetto a quelle dei due padiglioni de Le Monde des Bulles, ma che offrono una visione fertile della scena fumettistica europea.
Un disparato ventaglio di formati (si va dal classico cartonato di cinquanta pagine a tomi brossurati di oltre trecento), tratti grafici (dal realistico puro alle varie declinazioni del grottesco), di influenze (racconti dall'impianto classico o fumetti minimali di derivazioni americana, giapponese, italiana...). Un vero fondale ricco di tesori semisommersi, quasi impossibile da dragare nelle poche ore lasciate dagli incontri con gli editori o i caffè (lunghi anche in senso orario) con gli amici. Il colpo d'occhio è spettacolare: umanità varia che guarda, che tocca, che compra. Ci sono scene che fanno bene al cuore, come quella del bimbetto in carrozzina che sfogliava un libro cartonato. Lo spalancava, lo toccava. Era il SUO libro: perché gli editori portano in libreria fumetti per tutti, anche per i ragazzi più piccoli. E in quantità industriale, anche.
A quanto ho letto in giro, negli ultimi 15 anni il fumetto in Francia ha mantenuto costante il numero totale dei suoi lettori grazie anche ai buoni risultati del fumetto per ragazzi. I libri pubblicati, invece, sono praticamente triplicati, e questo fatalmente riduce il numero delle copie vendute…
Ma lasciamo perdere le analisi macroeconomiche. Mi sono già rotto i coglioni io, figuriamoci voi!
L’importante è che quel post lattante, fra quindici anni, lascerà probabilmente da parte i cartonati per l’infanzia e leggerà roba più adulta.
Ma leggerà, santiddio. E leggerà fumetti.
GIORNO#3 31/01/2015
It's a long way to the top if you wanna rock and roll, cantavano gli Ac/Dc.
È una strada lunga e la gente è pure in coda, aggiungo io.
La mattina, ancora prima che i padiglioni aprano, una fila lunghissima di persone aspetta di entrare nello stand Jeunes talents, quello dei giovani talenti. Autori (esordienti o meno) fanno la fila al gelo per parlare con gli editor delle maggiori case editrici. Se va bene strapperanno un contratto, al peggio un contatto.
Molti nemmeno riusciranno a entrare.
Non essendo Jeune e tanto meno talent (rubo la battuta al bravo Luca Blengino), ho preferito visitare le mostre. Strepitose quelle dedicate a Calvin e Hobbes, Taniguchi e a Fabien Nury, coloratissima quella di Jack Kirby, commovente e ciclopica quella che il Musèe de la BD ha dedicato a Charlie Hebdo e agli autori morti il 7 gennaio.
Ma il sabato è proprio il giorno delle code. Code (infinite) per gli autori in dedica, code (lunghissime) per pagare gli albi (giuro, segue documentazione fotografica), code per trovare un ristorante libero.
Code durante la Marcia degli autori, che protestavano contro la riforma della previdenza della categoria. Il talentuoso illustratore Luca Erbetta ci raccontava come in Francia il sindacato dei fumettisti, lo SNAC BD, fosse un’entità con cui il governo e gli editori devono fare i conti. Il sindacato è nato grazie all’azione di autori di primo rilievo come Lewis Trondheim, che hanno speso la loro personalità anche a favore di autori meno importanti.
Come sarebbe andato a finire il caso Corriere della Sera se in Italia avessimo avuto un sindacato di questo genere? Domande oziose. Ma torniamo alla folla.
Che il sabato è ovunque, anche negli ambienti più “esclusivi” (mettiamolo tra virgolette, va').
Tipo il Mercure.
Quand'ero giovane e agile riuscivo quasi sempre a imbucarmi dietro le quinte dei concerti, dribblando con abilità la security per scambiare due parole con gli artisti.
Ora che mi sono espanso, per imbucarmi uso il pass da autore. Il Mercure di cui sopra è un albergo a due passi da Place des Halles, e la sera diventa una specie di Area Pro. Editor, autori, addetti ai lavori centrifugati in un tornado di risate, pacche sulle spalle, anchetuqua!, acosastailavorando?, eccetera.
Auteurs che parlano tra loro e gente che si è palesemente imbucata. Come chi scrive, del resto.
Dopo pochi minuti, pesce fuor d’acqua, sono tornato nel mio habitat naturale, la birreria.
Il fatto è che di sabato, ad Angoulême, tocca fare la fila anche per una bière.
L’ultima della Fiera, perché domani si parte presto. Si torna a casa… a la santé!
GIORNO#0 27-28/01/2015
Tutte le strade portano a Roma.
Almeno, quelle che da Cagliari portano ad Angoulême, a una delle più importanti Fiere europee di fumetto. I sardi, come me e il socio Jean, ci arrivano dopo un giorno di viaggio, molli e profumati come camembert. Ci arrivano dopo due aerei in ritardo, un treno ad alta velocità, alcuni autobus, un panino con porchetta davanti al lago Albano, un sonno che levati, un libro letto e uno iniziato.
Angoulême accoglie i sardi con un clima meno pungente di quello paventato dagli amici scafati. Il tempo permette di camminare, e i sardi camminano, per impossessarsi degli spazi.
Le strade della città, tra salite e discese, eruttano fumetto (no, scusate, volevo dire che eruttano bande dessinnée, ché i francesi ci tengono). Sui muri salutano Tin Tin e Lucky Luke. Sulle vetrine, fogli fotocopiati ricordano a tutti che anche Angoulême est Charlie Hebdo. I cartelli con il nome delle vie hanno forma di balloon. Nel centro storico, Rue Goscinny incrocia Rue Hergé. Dentro il palazzo del municipio, c'è una sala intitolata a Hugo Pratt.
Per dire.
Il giorno che precede l'apertura della fiera si respira attesa: padiglioni in costruzione; autori in incognito; librerie con i tavoli per le dedicaces già pronti; bettole dove puoi spendere stipendi interi in cognac superieur.
Per arrivare al mitico museo della Bande Dessinnée bisogna oltrepassare il fiume (e prostrarsi in adorazione mistica davanti alla statua di Corto Maltese).
La gente è cortese. A osservarli, vengono in mente pensieri terribilmente esterofili: tipo che gli angùlemesi hanno probabilmente capito che il pubblico della Fiera è una risorsa da blandire, non una seccatura da abbattere a occhiatacce, come succede ad alcune fiere in Italia.
Lo so, sono così provinciale che… faccio senso.
Ma forse è solo il delicato afrore del camembert.
L'ingresso dell'Hotel de Ville. |
La statua di Corto Maltese. |
Nemmeno Sasha Grey ha subito tante perquisizioni approfondite quante ne ha dovuto subire quest'anno il pubblico della Fiera di Angoulême. Dalla strage di Charlie Hebdo sono passate solo tre settimane: si intuiscono rabbia smisurata e commozione diffusa. Si teme che il fanatismo omicida colpisca altri fumettisti, perciò l'ingresso dei padiglioni si oltrepassa solo dopo una piroetta al metal detector e una perquisizione delle borse stile Starsky e Hutch.
Il padiglione degli editori più tradizionali e potenti è un potpourri (siamo in Francia, no?) di sensazioni diverse. Successi da cinquecentomila copie a tomo e piccole perle (ancora) misconosciute; autori esordienti e personaggi leggendari; così tante novità da far esplodere le pupille. Glenat, Dargaud, Soleil, Dalcourt, Le Lombard, Casterman, Gallimard, Paquet sono raccolte a pochi metri l'una dall'altra, sfoggiano padiglioni sontuosi.
Il pubblico sciama tranquillo dalle dediche agli scaffali.
Si riesce perfino a parlare con gli editori (chimera per chi, come il sottoscritto, non è uso piegarsi a vanità moderne come prendere appuntamenti). Che poi, parlare... la lingua francese per chi scrive è come Alexandra Daddario: so che esiste, che è piacevole, ma non ho mai avuto il piacere.
Ci si esprime perciò in un melange di inglese, francese sardizzato, swahili e chi più ne ha. Tipo Salvatore del Nome della Rosa, ma con riferimenti meno colti.
La sera il ritrovo è Place des Halles, pochi metri dai padiglioni principali. I tavolini dei locali si riempiono di fumettisti, gli italiani fanno combriccola.
Davanti ai bicchieri di birra e di kir ognuno ha la sua Angoulême da raccontare, aneddoti gustosi da condividere, lavori da mostrare, speranze da esternare.
A volte, si riesce persino a non parlare di fumetti. Bei momenti.
L'enorme lavagna con i pensieri per Charlie Hebdo al Museé de la BD. |
Una giovane mamma dà una notizia importante ai cessi del bar. |
Il caffè ad Angoulême lo fanno lungo come una stagione delle piogge. E ugualmente annacquato.
È lungo, ma molto meno annacquato, anche il padiglione Le Nouveau Monde, quello degli editori 'indipendenti'. Sono case editrici dalle dimensioni meno ciclopiche rispetto a quelle dei due padiglioni de Le Monde des Bulles, ma che offrono una visione fertile della scena fumettistica europea.
Un disparato ventaglio di formati (si va dal classico cartonato di cinquanta pagine a tomi brossurati di oltre trecento), tratti grafici (dal realistico puro alle varie declinazioni del grottesco), di influenze (racconti dall'impianto classico o fumetti minimali di derivazioni americana, giapponese, italiana...). Un vero fondale ricco di tesori semisommersi, quasi impossibile da dragare nelle poche ore lasciate dagli incontri con gli editori o i caffè (lunghi anche in senso orario) con gli amici. Il colpo d'occhio è spettacolare: umanità varia che guarda, che tocca, che compra. Ci sono scene che fanno bene al cuore, come quella del bimbetto in carrozzina che sfogliava un libro cartonato. Lo spalancava, lo toccava. Era il SUO libro: perché gli editori portano in libreria fumetti per tutti, anche per i ragazzi più piccoli. E in quantità industriale, anche.
A quanto ho letto in giro, negli ultimi 15 anni il fumetto in Francia ha mantenuto costante il numero totale dei suoi lettori grazie anche ai buoni risultati del fumetto per ragazzi. I libri pubblicati, invece, sono praticamente triplicati, e questo fatalmente riduce il numero delle copie vendute…
Ma lasciamo perdere le analisi macroeconomiche. Mi sono già rotto i coglioni io, figuriamoci voi!
L’importante è che quel post lattante, fra quindici anni, lascerà probabilmente da parte i cartonati per l’infanzia e leggerà roba più adulta.
Ma leggerà, santiddio. E leggerà fumetti.
Le file per gli acquisti. |
Le Nouveau Monde. |
It's a long way to the top if you wanna rock and roll, cantavano gli Ac/Dc.
È una strada lunga e la gente è pure in coda, aggiungo io.
La mattina, ancora prima che i padiglioni aprano, una fila lunghissima di persone aspetta di entrare nello stand Jeunes talents, quello dei giovani talenti. Autori (esordienti o meno) fanno la fila al gelo per parlare con gli editor delle maggiori case editrici. Se va bene strapperanno un contratto, al peggio un contatto.
Molti nemmeno riusciranno a entrare.
Non essendo Jeune e tanto meno talent (rubo la battuta al bravo Luca Blengino), ho preferito visitare le mostre. Strepitose quelle dedicate a Calvin e Hobbes, Taniguchi e a Fabien Nury, coloratissima quella di Jack Kirby, commovente e ciclopica quella che il Musèe de la BD ha dedicato a Charlie Hebdo e agli autori morti il 7 gennaio.
Ma il sabato è proprio il giorno delle code. Code (infinite) per gli autori in dedica, code (lunghissime) per pagare gli albi (giuro, segue documentazione fotografica), code per trovare un ristorante libero.
Code durante la Marcia degli autori, che protestavano contro la riforma della previdenza della categoria. Il talentuoso illustratore Luca Erbetta ci raccontava come in Francia il sindacato dei fumettisti, lo SNAC BD, fosse un’entità con cui il governo e gli editori devono fare i conti. Il sindacato è nato grazie all’azione di autori di primo rilievo come Lewis Trondheim, che hanno speso la loro personalità anche a favore di autori meno importanti.
Come sarebbe andato a finire il caso Corriere della Sera se in Italia avessimo avuto un sindacato di questo genere? Domande oziose. Ma torniamo alla folla.
Che il sabato è ovunque, anche negli ambienti più “esclusivi” (mettiamolo tra virgolette, va').
Tipo il Mercure.
Quand'ero giovane e agile riuscivo quasi sempre a imbucarmi dietro le quinte dei concerti, dribblando con abilità la security per scambiare due parole con gli artisti.
Ora che mi sono espanso, per imbucarmi uso il pass da autore. Il Mercure di cui sopra è un albergo a due passi da Place des Halles, e la sera diventa una specie di Area Pro. Editor, autori, addetti ai lavori centrifugati in un tornado di risate, pacche sulle spalle, anchetuqua!, acosastailavorando?, eccetera.
Auteurs che parlano tra loro e gente che si è palesemente imbucata. Come chi scrive, del resto.
Dopo pochi minuti, pesce fuor d’acqua, sono tornato nel mio habitat naturale, la birreria.
Il fatto è che di sabato, ad Angoulême, tocca fare la fila anche per una bière.
L’ultima della Fiera, perché domani si parte presto. Si torna a casa… a la santé!
Jeunes talents. |
La precarietà non è un mestiere nemmeno in Rue Hergé. |
Il Re in mostra. |
bellissimo reportage
RispondiEliminami hai fatto sentire ad angouleme
@Joachim
RispondiEliminaIl merito è di Andrea Pau! :)
Veramente un grande reportage :) MI è piaciuto moltissimo!
RispondiEliminaNicola Pesce