Pagine

mercoledì 29 ottobre 2014

UDWFG: i magnifici 5 della Hollow Crew

Copertina di U.D.W.G. N.2. Illustrazione di Miguel Angel Martin.
Qualche giorno fa abbiamo parlato con Michele Nitri, fondatore di Hollow Press, di U.D.W.F.G., l'antologico underground a tema dark weird fantasy che con un solo numero alle spalle si è guadagnato l'attenzione della critica internazionale e il supporto convinto di lettori sparsi per il mondo (la rivista, seppure "made in Italy", è infatti in Inglese).
Il secondo numero di U.D.W.F.G. verrà presentato durante l'imminente Lucca Comics.
La Hollow Crew in versione toy!
Dopo Nitri è ora la volta di sentire la straordinaria Hollow Crew impegnata nella realizzazione di U.D.W.F.G. composta da autentici assi del fumetto underground: l’americano Mat Brinkman, lo spagnolo Miguel Angel Martin, il giapponese Tetsunori Tawaraya e gli italiani Ratigher e Paolo Massagli.

Le interviste sono state condotte via email nel periodo Agosto-Settembre.
Buona lettura e... "Prepare to lose your soul!"
Una tavola di Mat Brinkman.
Come sei stato coinvolto nel progetto?
Mat Brinkman: La storia stava fermentando da molti molti anni, Michele [Nitri, N.d.T.] si è fatto avanti e cercava esattamente quello che la storia offriva.
Miguel Ángel Martín: Michele mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto disegnare una storia “dark weird fantasy”. Michele sa che sono un fan di William Burroughs, come lo è anche lui. Ho capito quello che voleva. La mia idea di “weird fantasy” è Burroughs, non Lord Dunsany. Gli ho mostrato dei vecchi disegni e illustrazioni e gli sono piaciuti tantissimo e mi ha detto “vai avanti”. Non mi ero mai cimentato prima col “dark weird fantasy”. Grazie a lui mi sto divertendo un mondo a disegnare The Emanation Machine.
Tetsunori Tawaraya: Un giorno un mio amico mi ha detto che c'era un tizio in Italia che comprava online tutti i miei fumetti, da Tacoche, la più importante fumetteria dedicata ai fumetti underground e anche dall'editore indipendente Sweet Dreams Press.
Alla fine mi ha contattato direttamente e abbiamo parlato di un progetto a cui stava lavorando. Sì quella persona era Michele.
Ratigher: Conosco Michele, l'uomo dietro Hollow Press, da qualche anno. Viviamo a pochi chilometri di distanza e ci piacciono le stesse cose devianti, abbiamo anche molti interessi divergenti e questo rende le nostre chiacchiere frizzanti e accese. Lui pretende di insegnarmi a guidare usando il freno motore e io cerco di obbligarlo a leggere Shakespeare sottolineando con l'evidenziatore giallo. Nel progetto sono praticamente il suo braccio destro (diciamo almeno il pollice destro), mi occupo anche della grafica e dell'impaginazione della rivista e sono sempre l'ultimo a consegnare la storia; lo faccio solo per metterlo davanti alle difficoltà dell'editoria D.I.Y. È una specie di nonnismo dei fumetti.
Paolo Massagli: In quel periodo stavo auto-producendo il mio fumetto O.Z e Michele mi contattò perché era interessato al mio stile, mi parlò del suo progetto di editare una fanzine con autori molto famosi nel settore dell'underground e accettai subito.
Una tavola di Miguel Angel Martin.
Puoi raccontarci qualcosa sulla tua storia? Qual è stata la sua genesi e la scintilla alla base della sua ideazione? Qual è il tema cardine del tuo racconto?
Mat Brinkman:
Non posso dire nulla sulla mia storia: per quello c’è la storia stessa. Se c’è un tema nel racconto quello è… “Shit Happens".
Miguel Ángel Martín: La mia storia è improvvisata. Ho delle idee prima di iniziare a disegnare ma la storia è completamente improvvisata. Ora ho un’idea di base per il terzo episodio ma non so minimamente cosa succederà dopo. Non posso rivelare nulla perché non c’è nulla da rivelare. So solo come la storia finirà ma non so quanto sarà lunga. Penso che il tema principale sia la ricerca di qualcosa d’importante, un tema classico, come il Graal. Ma l’aspetto per me importante sono i personaggi e le situazioni.
Tetsunori Tawaraya: La mia storia è iniziata con delle immagini che si ricollegano al secondo episodio. Dopo aver letto il secondo numero si riuscirà a capire che cosa sta succedendo.
Fondamentalmente racconta le avventure di Mr. Rotten Donuts ma le cose diventeranno strambe e imprevedibili.
Ratigher: La mia serie si chiama Five Mantles. La scintilla è la voglia di occuparmi di una storia di pura avventura e azione. Diversamente dai miei fumetti classici, con questa storia voglio occuparmi solo di stratagemmi di sceneggiatura che incollino il lettore. Vorrei che fosse letta da dodicenni che poi si coprono di stracci, si dipingono la faccia e vanno a costruire delle basi nella boscaglia vicino casa. Five Mantles è ambientato in un mondo esclusivamente fatto di dungeon, nel solco della tradizione dei giochi di ruolo, da tavolo, dei libri game. La primigenia ispirazione credo sia proprio il gioco: io per primo, con i personaggi, sto giocando. Non so cosa succederà loro, ho un'idea molto fumosa del proseguire dell'avventura, cerco colpi di scena che stupiscano per primo me. Il mondo dei cunicoli è di solito legato a doppio filo con l'immaginario fantasy, io invece mi prendo la libertà di inventare mostri e scelte estetiche anche lontane dal fantasy classico, sempre perché sto giocando e il pallone è mio e le regole le decido io. Ambientare tutto nei dungeon mi permette di sperimentare un'altra sensazione che ho sempre considerato regina tra quelle suscitabili dal racconto a fumetti: la claustrofobia.
Paolo Massagli: La mia storia o, per meglio dire, le mie storie "Hell" sono sempre diverse ad ogni albo, l'unica cosa che l'accomuna è il paesaggio e, come dice il titolo "Hell", sono tutte svolte in  un inferno più fantasy che horror con tematiche e personaggi diversi.
La storia è nata perché Michele mi disse che il mondo dove era svolta doveva diventare il protagonista e non i personaggi che l'animavano e spero di esserci riuscito.
Una tavola di Tetsunori Tawaraya.
Qual è la tua reazione nel vedere il tuo fumetto fianco a fianco con quello degli altri autori? Vedi una sorta di “dialogo” tra loro oppure si tratta piuttosto di “sfida artistica” tra di voi oppure… semplicemente è la natura intrinseca di un libro antologico?
Mat Brinkman: Penso che il dialogo farebbe deragliare le nostre storie e visioni.
Miguel Ángel Martín: Sono abituato a pubblicare le mie storie in riviste insieme ad altri autori. Per cui questo progetto non è una novità per me. La prima rivista in cui ho pubblicato si chiamava Zona 84 per l’editore spagnolo Toutain, una rivista dedicata alla fantascienza classica. La mia idea di fantascienza in stile Ballard non fu compresa al tempo. Sto parlando dei primi anni ’90.
Tetsunori Tawaraya: La mia prima storia è una sorta di "flashback" di Mr. Rotten Donuts per cui è difficile da comprendere ma le cose inizieranno ad andare al loro posto nel secondo episodio.
Ratigher: È troppo presto a mio avviso per "dialogare" tra di noi. Siamo partiti tutti con idee molto  diverse, ma con il passare dei numeri, di sicuro ci influenzeremo. Credo che manchi anche la "sfida artistica", non siamo partiti come gruppo coeso, e di solito vuoi sbaragliare i tuoi amici piuttosto che i tuoi colleghi. Ma anche in questo caso, la "sfida" arriverà, anzi, è già arrivata.
Io poi vivo con particolare emozione la presenza di Brinkman, sono un suo fan da molti anni e lo considero al pari di Chris Ware come innovatore del nostro medium. Credo sia uno di quei pochi miracolati dal genio del racconto a fumetti, sembra sia la sua lingua madre.
Tanti anni fa, io e Tuono Pettinato ci procurammo il suo numero di telefono di Providence e gli telefonammo per chiedergli una storia per una fanzine che poi non ha mai visto la luce. Non ci rispose lui, ma una coinquilina che ci diede la sua mail, una cosa tipo 0000xx000x0xtuyanhhangh00xx098@antisocial.com. Io e Tuono eravamo tanto felici avesse una email così simpatica.
Paolo Massagli: Sono molto contento che il mio lavoro sia affiancato a questi grandi autori, per me non è una sfida e nemmeno un dialogo, per me è un apprendimento delle tecniche sia grafiche che narrative degli altri artisti.
Una tavola di Ratigher.
Quali sono, in generale, le tue aspettative per UDWFG? 
Mat Brinkman: Onestamente nessuna. Tutti quelli coinvolti si sono tuffati ma non sono sicuri di quanto sia profondo il mare.
Miguel Ángel Martín: Sono molto motivato e carico per questa avventura. Non sono a conoscenza di altri progetti simili. Penso che Nitri, come editore, abbia creato qualcosa di davvero speciale. È un piacere per me condividere lo spazio della rivista con artisti così eccezionali e originali.
Tetsunori Tawaraya: UDWFG mi sta dando così tante opportunità di disegnare nuovi personaggi e gli altri quattro autori sono una grande fonte d’ispirazione. Tutti quelli coinvolti in questo progetto sembrano la mia nuova famiglia. Me la sto godendo.
Ratigher: Spero di costruire un'avventura coinvolgente e diventare amico degli altri autori, così quando ci incontreremo tutti insieme ci berremo delle caipiroska e faremo combattimenti con le spade.
Paolo Massagli: Le mie aspettative sono già appagate, come ho detto in precedenza sono orgoglioso di far parte di questo gruppo di grandi artisti dell'underground. Per il resto la parola va al lettore e spero che apprezzi il nostro lavoro.
Una tavola di Paolo Massagli.

Le interviste precedenti:

lunedì 27 ottobre 2014

Gary Spencer Millidge: ritorno a Strangehaven!

La copertina firmata Gary Spencer Millidge per Meanwhile... N.1.
Dopo quasi un decennio d'assenza, e una vita editoriale "travagliata", ritorna STRANGEHAVEN, la serie culto scritta, disegnata e auto-prodotta dall'inglese GARY SPENCER MILLIDGE che sin da metà degli anni '90 ha saputo guadagnarsi l'attenzione della critica specializzata e di un ristretto ma fedele pubblico.
In Italia la serie (interrotta, in originale, col N. 18) è stata proposta da Black Velvet Editrice dal 2003 al 2006, giungendo col volume n. 6 all'episodio N. 12. Di quella serie - capace di mescolare sapientemente atmosfere che richiamavano Twin Peaks e Il prigioniero - sono stato il traduttore e il curatore, insieme all'amico Omar Martini.
Ebbene Strangehaven riappare nel 2014 sulle pagine dell'antologico Meanwhile... pubblicato da Soaring Penguin Press per essere lì serializzato con cadenza semestrale fino alla conclusione dell'intrigata e appassionante trama ideata da Gary Spencer Millidge (prevista per il 2016).
Per i più curiosi rimando all'entusiasta recensione, in Inglese, apparsa sul blog di Forbidden Planet International (qui).
Chissà che prima o poi anche i lettori Italiani non possano godere di questa piccola gemma del Fumetto mondiale.
Nell'attesa potete leggere, nel seguito. l'intervista a Gary Spencer Millidge che ho realizzato via email nel mese d'Ottobre 2014. Buona lettura!
La versione in Inglese dell'intervista può essere letta qui.

Per maggiori info su Gary Spencer Milldige visitate il suo blog.
Una sequenza di Strangehaven da Meanwhile... N.1.
Il primo numero dell'antologico Meanwhile... è uscito e, finalmente, contiene la prima nuova storia di Strangehaven dopo... nove anni d'assenza (il N. 18, l'ultimo albo della serie originale da te auto-prodotta uscì nel 2005)! Come ti sei sentito a tornare alla tua serie e ai suoi personaggi e a raccontare la tua storia? È stato difficile? Oppure è stato come incontrare dopo anni dei vecchi amici e raccontarsi quello che era successo nel frattempo di fronte a una birra?
Gary Spencer Milldige: La trama della storia è stata definita anni fa. Dopo aver completato il N. 12 della serie [nel 1999, N.d.T.], che chiude il secondo libro, ho deciso che Strangehaven sarebbe stata composta di quattro libri, anche se, al tempo, non l'ho annunciato pubblicamente. Per cui mi sono seduto e ho scritto la trama dei successivi due libri e, da allora, ho lavorato seguendo quella traccia. Ci sono state delle variazioni e degli aggiustamenti nel corso degli anni ma ho voluto rimanere fedele alla mia visione originale. Anche se non è stato pubblicato nessun nuovo numero di Strangehaven dal 2005 non ho mai smesso di occuparmene. Anche quando stavo lavorando ad altri progetti, mettevo insieme pezzi di informazione, raccoglievo e ordinavo la documentazione necessaria, sperimentavo nuove tecniche di disegno e via discorrendo.
Molti dei dialoghi erano già abbozzati ma li cambio ogni volta che li rileggo e sto sempre rivedendo i testi sino all'ultimo momento utile prima d'andare in tipografia, anche se ora dovrei dire prima di mandare i materiali all'editore. Direi che i personaggi sono stati una compagnia costante per cui non è stato come ritrovare dei vecchi amici. Ma so che per molti lettori quella è la sensazione, ed è una cosa gratificante.

Quello che è stato davvero difficile è stato ritornare a disegnare con regolarità ogni giorno. Io sono invecchiato di nove anni, anche se i miei personaggi non lo sono. I miei occhi, le mie giunture, le mie facoltà mentali si sono ridotte, ed è davvero dura ritornare a una tranquilla routine. Sono sicuro che diventerà più facile ma realizzare fumetti è un lavoro duro anche nelle migliori condizioni ed essere rimasto fermo per quasi un decennio non rende le cose più semplici.
Pagina di Strangehaven da Meanwhile... N.1.
Come ti sei sentito nello stringere tra le mani l’albo stampato? So anche che la nuova storia è a colori…
È sempre una delusione perché le aspettative sono sempre così alte. Riesco a immaginare come dovrebbe essere se tutto fosse perfetto ma la sola cosa che noterò saranno i difetti.
L’emozione di vedere i tuoi lavori stampati diminuisce rapidamente via via che pubblichi, e nonostante la lunga attesa, non ho provato alcuna eccitazione nel tenere tra le mani l’albo. La mia mente è sempre proiettata su come rendere migliore il prossimo numero.
Questa volta è un po’ diverso per me perché non ho controllo sulla fase di stampa ora che sono solo un autore e non mi auto-produco ma devo dire che la stampa di Meanwhile... N. 1 è davvero buona.
È un soddisfacente contributo per un’antologia. Personalmente sono deluso dalla resa dei colori nell’episodio di Strangehaven che in stampa risultano essere molto più scuri di quello che volevo e oscurano un po’ il disegno. Ma sospetto che sia colpa mia piuttosto che dell’editore o del tipografo. Per cui ci sono sempre lezioni da imparare e questo difetto potrà essere corretto in un’eventuale raccolta e, di certo, nei prossimi episodi. 

Così alla fine... “sta succedendo di nuovo”. Quale è il tuo piano? Per Strangehaven, ovviamente...
Sto cercando di non fare piani a lunga scadenza. Il mio accordo con l'editore è per dodici episodi bimestrali, approssimativamente di 13 o 14 pagine ciascuno, con un paio di eccezioni in cui ci sarà qualche pagina addizionale. Per cui, in teoria, dopo due anni, il libro quarto sarà completato e Strangehaven sarà concluso, per quanto la cosa possa suonare strana e improbabile.
Dopo, se tutto andrà bene, ci sarà una edizione in volume ma, considerati i miei precedenti, vediamo a che punto saremo tra diciotto mesi e che cosa succederà.
Una sequenza di Strangehaven da Meanwhile... N.1.
Di recente hai partecipato al Lakes International Comics Festival. È stata la prima apparizione pubblica per Meanwhile… e per il nuovo Strangehaven. Qual è stata la reazione del pubblico? E in generale, ti piace partecipare alle convention e interagire con i fan?
Ovviamente, chi non vorrebbe essere trattato come una superstar al giorno d’oggi? Adoro l’idea di andare a convention o festival quando mancano sei mesi all’evento, poi incomincio a pentirmi d’aver dato la mia disponibilità quando manca qualche settimana e inizio davvero a temere il viaggio, le spese, la perdita di giornate di lavoro e così via. Poi, una volta che sono sul posto, passo delle giornate meravigliose in compagnia di lettori che mi riempiono d’elogi, ritrovandomi con altri colleghi e facendomi nuovi amici e contatti. È un ciclo che si replica per ogni manifestazione.
È stata la mia prima volta al Lakes Festival e si tratta della manifestazione più simile a quelle europee che si tiene in Inghilterra, ma è ancora tipicamente inglese nella sua essenza. La differenza più grande rispetto agli altri eventi inglesi è che l’accesso era gratuito e solo specifici eventi e incontri erano a pagamento per cui c’era una salutare partecipazione di visitatori casuali. L’atmosfera era molto rilassata e amichevole, e la lista degli ospiti era eccezionale. Avere la possibilità di rivedere nuovamente autori come Scott McCloud e Jeff Smith è una rara sorpresa e incontrare Boulet e Wilfrid Lupano per la prima volta è stato un onore.
L’accoglienza per il ritorno di Strangehaven è stata fantastica. L’albo è andato esaurito allo stand, a parte una manciata di copie che la fumetteria Page 45 ci ha letteralmente strappato dalle mani.
Un lettore si è avvicinato al tavolo della Soaring Penguin chiedendomi quando Strangehaven sarebbe ritornato… ho potuto mostrargli il numero uno di Meanwhile… e dirgli “Eccolo. È tornato!”, visto che era all’oscuro della novità. È stato davvero un bel momento.
Pagina di Strangehaven da Meanwhile... N.1.
Che ne pensi dell’attuale scena fumettistica inglese? Penso ci sia molto movimento considerando nuovi editori di qualità come Nowbrow e SelfMadeHero, l’attenzione verso il Fumetto da parte di eventi importanti come l’Edinburgh International Book Festival e, ai miei occhi, l’apparente ottimo stato di salute di 2000 AD
Sono assolutamente d’accordo. In questo periodo vengono pubblicati molti splendidi fumetti non solo dagli editori che hai citato ma anche da moltissimi giovani autori che si auto-producono con piccole tirature. I computer e l’evoluzione delle tecnologie di stampa sono a portata di mano di una nuova generazione di talenti fumettistici e il risultato è la produzione di una gran quantità di fumetti, di generi e argomenti eterogenei, da parte di un numero maggiore, rispetto al passato, di giovani autori. 
Di questi tempi vado alle convention in treno e scelgo deliberatamente di portarmi solo uno zainetto a spalla in modo da non spendere troppi soldi altrimenti comprerei così tanti libri da riempire il bagagliaio della mia macchina. Farsi un giro per gli stand del Thought Bubble fa rimanere davvero a bocca aperta.

Elenca gli ultimi tre validi fumetti che hai letto. E perché.
Ho una memoria davvero terribile, specialmente per le cose che ho letto, a meno che non mi si chieda di titoli specifici. Per cui mi dimenticherò un sacco di opere importanti. Inoltre sono  terribilmente indietro con le letture e, sebbene a volte non resista a leggere qualcosa che ho appena comprato, altri titoli sono vecchi di due anni, o forse di cinque. Per cui ecco la mia lista, un po' casuale.
Pachiderma di Frederik Peeters è probabilmente il miglior graphic novel che abbia letto da un sacco di tempo a questa parte. Beh lo sono tutti e tre questi titoli ma Pachiderma mi ha colpito per l'equilibrio della storia tra surrealismo, simbolismo e realtà. È una sorta di puzzle alla David Lynch ma con sufficienti indizi perché il lettore possa trovare la soluzione da solo. Uno storytelling geniale e disegni meravigliosi e particolari.
Devo citare insieme, come un'unica scelta, Le Bibendum céleste e Foligatto (scritti da Alexios Tjoyas), entrambi disegnati da Nicolas de Crecy perché non so decidere quale dei due sia migliore. I disegni di De Crecy sono così ricchi e le storie così dense che non riesco a leggerne più di qualche pagina per volta: è come abbuffarsi di cioccolatini di prima qualità. Amo entrambi questi fumetti e le prime quattro pagine di Foligatto mi hanno quasi fatto smettere di fare fumetti da quanto sono splendide. 
Il Quinto Beatle (di Vivek Tiwary e Andrew C Robinson) è stata un'altra ottima lettura e ha dei disegni meravigliosi. Ci sono uno o due anacronismi ed errori che danno davvero fastidioso ma, crescendo in una famiglia con dei fratelli più grandi, i Beatles sono stati parte della mia vita sin da piccolo. Il fumetto racconta un segmento relativamente sconosciuto della mitologia dei Beatles e rievoca splendidamente quel periodo.

Riguardo le serie regolari, se mi è permesso aggiungere tre altri titoli sotto una differente categoria, il ritorno di Stray Bullets di David Lapham è stato davvero spettacolare. Sembra che stavolta la narrazione sia più lineare con un minor numero di personaggi maggiormente caratterizzati, elementi che rendono gli albi un vero piacere da leggere.
Alex and Ada (Jonathan Luna e Sarah Vaughn) è un thriller fantascientifico davvero originale e dal ritmo misurato, con un gran cuore e una venatura erotica. È splendidamente minimalista, dal design di copertina fino alla scelta di colorazione.
E infine Mind MGMT di Matt Kindt. La velocità con la quale Kindt riesce a produrre questa serie è semplicemente incredibile, anche se apprezzare i suoi disegni è un “gusto acquisito”. Con una storia surreale e suggestiva, e ricca di intrecci, una volta che ti prende non c'è più scampo.

giovedì 23 ottobre 2014

UDWFG: nel Regno di Michele Nitri

Copertina di U.D.W.G. N.1. Illustrazione di Mat Brinkman.
Michele Nitri è il fondatore della casa editrice Hollow Press e l'ideatore dell'antologico U.D.W.F.G. (Under Dark Weird Fantasy Grounds) il cui primo numero è stato pubblicato a Marzo di quest'anno mentre il secondo verrà presentato durante l'imminente Lucca Comics.
U.D.W.F.G. è un semestrale (96 pagine, bianco e nero, formato A4, 700 copie numerate, 18 euro) dal respiro internazionale, realizzato non a caso in inglese, che ospita cinque serie che si sviluppano sulle traiettorie di un fantasy... molto dark, molto weird e molto underground.
Il volume presenta storie, spesso (quasi) mute, popolate di mostri e bizzarre creature, dove tutto può succedere e il lettore ha la sensazione di non poter staccare gli occhi dai mondi impossibili ideati dalla Hollow Crew ovverosia un dream team di artisti "indie": l’americano Mat Brinkman (Multiforce), autentico guru della scene indipendente, di ritorno al fumetto dopo una lunga assenza; lo spagnolo Miguel Angel Martin (Brian the Brain); il giapponese Tetsunori Tawaraya (Can you see the rainbow from there?) e gli italiani Ratigher (Trama) e Paolo Massagli (OZ).
Il progetto, all'insegna del D.I.Y, è stato finanziato da Nitri tramite l'acquisto delle tavole originali, in modo da garantire agli autori un compenso adeguato. Le tavole sono state poi proposte sul mercato dei collezionisti di originali, generando così un circuito virtuoso capace di sostenere la produzione.
U.D.W.F.G. si è in breve tempo guadagnato l'attenzione e il riscontro positivo dei lettori e della stampa specializzata, raccogliendo recensioni lusinghiere non solo in Italia ma anche a livello Internazionale.
Il popolare sito BleedingCool lo ha definito "Il prossimo Creepy o Eerie per una nuova generazione, straripante di talento e storie da incubo." mentre il prestigioso The Comics Journal ha scritto "I lettori che hanno apprezzato i libri di Monster di Paul Lyons gradiranno altrettanto anche questo volume ma U.D.W.F.G. è molto più riuscito sia nella confezione che nelle storie che propone."

Nel seguito potete leggere un'intervista a Michele Nitri, che ringrazio, condotta via email durante il mese d'Agosto 2014.
Puoi raccontarci la genesi di questo progetto, sia dal punto di vista editoriale che creativo?
Michele Nitri: Dal punto di vista creativo, è stato principalmente un mix di due cose. La lettura di uno dei più bei libri dark fantasy di sempre, Zothique di Clark Ashton Smith, che mi fece ricredere del mio pregiudizio nei confronti delle raccolte, dimostrandomi che dei racconti messi insieme in modo coeso possono avere più potenza narrativa del classico romanzo. In particolare mi affascinò lo “status” dell’insieme, rispetto alla trama in sé che quasi sempre è ciò che ci tiene incollati alle pagine. E la rilettura del Multiforce di Mat Brinkman, che mi ha fatto scervellare su come poterlo racchiudere in un determinato genere, giungendo all’underdarkweirdfantasygrounds (un dark fantasy che esce fuori da ogni schema per sfociare nel weird, il tutto in uno “spirito” molto underground).
Dal punto di vista editoriale potrei parlarne per pagine e pagine. Ma la principale domanda a cui provavo a rispondere era: “esiste un metodo per retribuire in modo onesto gli artisti coinvolti rivolgendosi alla nicchia?”
Sembra di sì, o almeno per il momento funziona… basta acquistare tutte le tavole originali per sostenere le paghe e divertirsi a sperimentare con i ricavi delle copie vendute. Cioè, da collezionista mi venne in mente di sfruttare una delle nuove e SANE manie ultimamente in costante sviluppo: il collezionismo delle tavole originali.
Una tavola di Miguel Angel Martin.
Perché la scelta di un sotto-genere così di “nicchia” e specifico?
Perché come tutti sono un po’ egoista. Nessuno pubblicava o quasi i fumetti che avrei voluto leggere. E poi perché è un genere inesplorato: non ha senso essere la brutta copia di vecchie glorie.

Come sei giunto ai cinque autori coinvolti nel progetto? Quale selezione hai fatto, se c’è stata una selezione prima di arrivare ai “magnifici 5” di U.D.W.F.G.?
Mat Brinkman per me è il precursore, l’avrei coinvolto ad ogni costo, anche solo come copertinista. Gli altri dovevano rientrare nei seguenti requisiti: appartenere al mio Olimpo personale per inventiva e qualità; essere persone serie e oneste quali sono; e soprattutto non avere familiarità con il genere… troppo spesso l’eccessivo studio di una materia ingabbia la creatività.
Una tavola di Mat Brinkman.
Come sei riuscito a convincerli? Penso ad esempio all’eclatante caso di Mat Brinkman che di fatto torna al Fumetto dopo anni d’assenza e il suo seminale contributo alla “cosiddetta scena di Providence”…
A questa domanda possono rispondere solo loro. Ma credo si sia trattato di un insieme di cose. L’originalità creativa ed editoriale del progetto, la mia serietà dimostrata nel tempo e la tenacia nell’investire in un progetto completamente indipendente, che non abbia bisogno di leccate di culo e finti guadagni.
Una tavola di Tetsunori Tawaraya.
Qual è stata l’interazione tra te, come editore e ideatore del progetto, e gli autori? Quale input hai dato tu e quale gli autori, se ve n’è stato uno? Voglio dire, hai presentato loro un’idea definita di progetto oppure le loro “reazioni” e il loro interesse a partecipare hanno in qualche modo influito sul risultato finale?
Diciamo che c’è stato un input, ma molto generico. Ho richiesto solo di rimanere in un tema fantastico, oscuro e insolito. Chiedendogli di concentrarsi sul mondo che si apprestavano a creare e non sui personaggi, volevo che questi ultimi guadagnassero spessore di riflesso al mondo in cui vivevano. E la risposta degli artisti non ha assolutamente deluso le mie aspettative.

Sei giovanissimo, ma mi sembra tu abbia già le idee abbastanza chiare e di sicuro la “temerarietà” per proporre un progetto simile con un respiro internazionale (non a caso il volume è in Inglese)… so che sei stato un collezionista di tavole originali, immagino lo sia ancora… essere un collector ti è stato d’aiuto per creare U.D.W.F.G.?
Sì! Tantissimo! Per idee, per contatti, per dinamiche di mercato, mi ha aiutato in tutto. Come tutte le cose d’altronde. Non smetterò mai di ripetere che il più grande aiuto lo sto ricevendo dalla vita intensa che cerco di condurre: con una mentalità aperta si può ben capire come ogni piccola esperienza possa essere trasposta in altri interessi.
Una tavola di Ratigher.
Per Ottobre, in concomitanza con Lucca Comis, è in arrivo il Vol. 2. Puoi fare un primo bilancio? Inoltre, qual è la pianificazione, in termini di uscite, del progetto? Prevedi una conclusione? Magari, qualche new entry in termini di autori, anche se immagino sia troppo presto per parlarne…
Il bilancio è che in soli 4-5 mesi ho raggiunto abbondantemente i fondi per finanziare il secondo numero.
Per quanto riguarda la conclusione è variabile, dipende da come proseguirà l’iniziativa e dalla creatività degli autori. Il mio traguardo minimo è la pubblicazione di almeno 5 numeri, poi chissà… grazie a me, grazie agli autori e grazie soprattutto a voi che sosterrete il progetto, potremmo andare avanti all’infinito, l’importante è avere sempre buone idee da mettere su carta.
Invece sulle new entry non c’è alcuna possibilità. Se si dovesse presentare qualche proposta allettante da parte di autori interessanti, pubblicherò dei volumetti autoconclusivi in stile “U.D.W.F.G. Presents…”
Una tavola di Paolo Massagli.
Qual è la prospettiva per il 2015? Pensi, ad esempio, di raccogliere le singole storie in volumi specifici, magari includendo making-of e altro?
Di sicuro per i prossimi 2 anni mi dedicherò solo ed esclusivamente a questo progetto, per questioni logistiche. Poi il mio sogno nel cassetto è aprire una piccola casa editrice underground rivolta ad un pubblico internazionale.
Le singole storie verranno raccolte in TP solo una volta concluse, in edizioni superlimitate e da collezione. Ma per il momento non ci penso troppo, credo e spero se ne riparlerà tra anni.

Inoltre, che altro bolle in pentola per Hollow Press?
Tanto U.D.W.F.G., qualche “special guest” (se ne avrò occasione) e mi piacerebbe pubblicare una serie epica di ampio respiro…
Il logo di Hollow Press.
Le interviste precedenti:

venerdì 17 ottobre 2014

Che fine ha fatto Aron Wiesenfeld?

Da diverso tempo pensavo di scrivere qualcosa su Aron Wiesenfeld, un disegnatore di fumetti che ricordavo dagli anni '90 per il suo segno "interessante" apprezzato su una manciata di albi, soprattutto Image. Nel 1997 Wiesenfeld, classe 1972, si era aggiudicato una candidatura all'Eisner nella categoria Best Penciller/Inker insieme all'inchiostratore Richard Bennett per il loro lavoro su Deathblow and Wolverine (Wildstorm/Image/Marvel), poi a partire dai primi anni del nuovo millennio le sue tracce nel mondo dei comics si riducono, praticamente, a una manciata di copertine per Y: The Last Man.
Che fine aveva fatto Aron Wiesenfeld?
Ebbene, si era dato alla... Pittura, all'Arte "seria" mica ai giornalini a fumetti (ehi, lo dico in senso scherzoso, chiarisco che qui sul Web son tutti pronti, agili e scattanti per la polemica!) e i suoi dipinti sono stati esposti in gallerie di tutto il mondo - New York, Los Angeles, San Francisco, Seattle, Toronto, Oslo, Aspen, Amsterdam e Rome - e apparsi su pubblicazioni come American Art Collector, Juxtapoz, Drawing Magazine, Hi-Fructose, Sibila, Wall Street International e The Huffington Post.
Opere, quelle di Wiesenfeld, contraddistinte da un segno e una pennellata elegante, dalla presenza femminile, all'insegna di rappresentazioni sospese tra sogno e realtà, con un tocco disturbante. 
Nel seguito potete apprezzarne una selezione.

Pochi mesi fa, inoltre, è stato pubblicato un volume, The Well che raccoglie una retrospettiva dei lavori di Wiesenfeld realizzati in questi ultimi 15 anni.
Magari prima o poi Wiesenfeld tornerà al Fumetto, se non "sequential art", non mi dispiacerebbe vederlo, quanto meno, alle copertine di qualche serie Vertigo. Chissà... dopotutto i legami tra Fumetto e Fine Art sono molto più forti e tangibili di quel che si pensa.

Il sito di Aron Wiesenfeld: qui.
 
 
 
 
 
 
 
In occasione della mostra presso Arcadia Contemporary a New York, conclusa qualche giorno fa (dal 18 Settembre al 3 Ottobre), dell'ultima sua serie di dipinti intitolata Solstice, Wiesenfeld ha dichiarato in un'intervista a Hi-Fructose.com: "La vita è così fragile e la morte è sempre imminente. Questo fa parte anche del significato del titolo della serie, Solstizio: c'è la morte ma poi c'è anche la rinascita, in un ciclo continuo. Credo che sia confortante pensare alla morte in questo modo, piuttosto che solo come una fine."

Tutte le opere sopra © Aron Wiesenfeld.

venerdì 10 ottobre 2014

Alan Moore e la sua influenza sui comics

Foto di José Villarrubia.
Nel seguito la traduzione di un estratto da un'intervista condotta da Alan David Doane nel 2004. 
L'intervista completa è disponibile qui, in Inglese.

Sei considerato da molti una figura chiave nella storia dei comics e mi chiedo se ci puoi parlare un po’ di come consideri la tua carriera dal punto di vista dell’impatto e degli intrecci con l’industria del fumetto da quando ci lavori.
Alan Moore: Beh, la mia intenzione originale era semplicemente quella di riuscire più o meno a tirare avanti come una sottospecie di disegnatore underground.
Nel giro di un paio d’anni ho capito che non sarei mai riuscito a disegnare abbastanza bene da esserne personalmente soddisfatto o abbastanza in fretta per portare avanti una carriera come disegnatore. A questo punto ho deciso di provare a scrivere perché ho pensato che forse ero più bravo in quello rispetto a disegnare le immagini che alla fine accompagnavano il testo. Così mi sono lanciato nella carriera di sceneggiatore di fumetti e, fin dall'inizio, mi sono dato un paio di semplici regole.. Ho deciso che non avrei scritto storie per cui non provassi un interesse personale. Ho pensato che questo sarebbe stata una linea di demarcazione utile per impedirmi di scivolare in una scrittura preconfezionata, un pericolo sempre in agguato in un settore in cui le scadenze sono pressanti e frenetiche. Così ho sviluppato una sorta di metodo da applicare... anche su materiale promettente, per poi trasformarlo in qualcosa di divertente, qualcosa di intrigante o intellettualmente stimolante, attraverso l’uso del linguaggio o dello storytelling... doveva esserci qualche elemento della storia che mi fornisse la motivazione sufficiente per fare un buon lavoro.

E semplicemente seguendo queste regole mi sono trovato, abbastanza rapidamente, piuttosto richiesto qui in UK per poi essere, altrettanto rapidamente, selezionato dalla DC Comics per scrivere Swamp Thing e ho semplicemente continuato a fare la stessa cosa che avevo fatto fino a quel momento, ossia rendere interessante dal mio punto di vista qualsiasi cosa mi avessero dato da scrivere, perché la mia sensazione è che se io non sono interessato al lavoro, allora non posso pensare che possa esserlo il lettore. È una cosa che sembra ovvia: l’entusiasmo dello scrittore si trasmette al lettore. Penso che i lettori sappiano se si tratta di un lavoro scritto senza gioia perché è un qualcosa che diventa evidente.

Quindi, per rendere le cose interessanti per me, ho capito che dovevo spingermi oltre col mio approccio. Mi aspettavo che così facendo avrei incontrato più resistenze di quelle avute all’inizio ma ho scoperto che i lettori stavano rispondendo ed è stato incoraggiante. Così ho continuato a spingermi sempre oltre e ho avuto un grande sostegno da parte di Karen Berger e, al tempo, dalle altre persone della DC: sembrava che apprezzassero il fatto che i dati di vendita della serie crescevano mese dopo mese e questo pareva una indicazione che stessimo sulla strada giusta. Così, sono stato incoraggiato a spingermi lontano quanto volessi e questo è, per fortuna, il tipo di situazione di cui ho goduto da allora nel fare fumetti. Penso che le persone si fidino di me e sanno che probabilmente finirò col fare qualcosa che è, per lo meno, interessante… potrebbe essere un po’ stramba o inquietante o qualcosa del genere, ma probabilmente sarà interessante. E, se vengo semplicemente lasciato libero, probabilmente non mi spingerei fino a fare delle cose estreme facendo scappare tutti raggiungendo comunque un buon risultato finale.

Riguardo il mio impatto sul mondo dei comics, davvero non saprei che dire. A volte, nei miei giorni più bui, mi sembra che gran parte della mia influenza sia stata negativa, che forse le persone che hanno letto il mio Swamp Thing oppure Watchmen o molti dei fumetti che ho fatto negli anni '80… abbiano preso da quei lavori non la voglia di sperimentare o di ampliare i limiti del Fumetto. Sembra piuttosto che abbiano preso la violenza, un certo tipo di posa intellettuale ... un paio di altri elementi, e questo mi sembra abbia condannato il mondo dei comics a un sacco di cupi e deprimenti fumetti post-Watchmen. Forse quello che dico è troppo negativo, come ho detto, dipende dai giorni, dipende dallo stato d'animo del momento e oggi mi hai beccato in un giornata no per cui forse sono un po’ pessimista.

Voglio dire, mi piacerebbe pensare che se ho dimostrato qualcosa, è che i fumetti sono una forma d’espressione dalle possibilità quasi inesauribili, e che ci sono stati ... ci sono grandi fumetti ancora da scrivere. Ci sono fumetti da realizzare che non sono mai stati fatti, storie che la gente forse non ha nemmeno sognato di provare a creare. E, se ho avuto una qualche influenza positiva nei comics, mi auguro che sia in tal senso: che tutto è possibile se l’approccio alle storie è quello giusto. Si possono fare cose straordinarie con una miscela di parole e immagini. È solo una questione d'essere abbastanza diligenti e ricettivi e di lavorare duro, affinando il proprio talento fino a raggiungere il livello sufficiente per fare quello che si desidera.
Se ho lasciato una qualche eredità positiva vorrei fosse questa ma non so… ci sono giorni, come ho detto, in cui penso che la mia eredità è più probabile che consista in un sacco di psicopatici privi di senso dell’umorismo, ringhianti e sarcastici… ma succede solo nelle giornate no, non farci caso.


L'intervista completa è disponibile qui, in Inglese.