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giovedì 20 giugno 2013

Manuele Fior: un'intervista su... L'Intervista

Nuovo appuntamento con le interviste e altra chiacchierata, dopo Franco Brambilla (e l'incursione nel mondo dell'Illustrazione e della fantascienza), con un artista Italiano, un autore di Fumetti che in questi anni si è meritatamente imposto, grazie al suo talento cristallino e alla sua voce originale, all'attenzione del pubblico e della critica nazionale ed internazionale: MANUELE FIOR.

Da qualche settimana è uscito il suo nuovo lavoro, L'Intervista, presentato così dall'editore Coconino Press: "L'Intervista: un graphic novel racconta l'Italia del futuro prossimo.
Anno 2048: in un paese “dis-unificato” e stanco avanza un movimento di giovani in cerca di un nuovo modello di società. e nel cielo appaiono segnali alieni...
Il nuovo libro di Manuele Fior, l'autore di
Cinquemila chilometri al secondo, premiato con l'Oscar internazionale del fumetto ad Angouleme.
Un romanzo di fantascienza che non esplora le stelle, ma il passare del tempo, il conflitto/confronto tra vecchie e nuove generazioni, la nostra società che sta cambiando.
"

E proprio in occasione della pubblicazione de L'Intervista abbiamo contattato l'autore per parlare con lui di questo suo ultimo lavoro, delle scelte ed influenze alla base dell'opera e per avere qualche "rivelazione" su questa sua visione dell' "Italia di domani".
L'intervista è stata realizzata con la preziosa collaborazione dell'amica ed esperta di Fumetto Daniela Odri Mazza
Un grazie particolare a Manuele Fior per la disponibilità e la consueta gentilezza. E per i suoi splendidi fumetti.

Per maggior informazioni e news sull'autore consiglio di visitare il suo sito personale: www.manuelefior.com.
Buona lettura!
Schizzi preparatori per L'Intervista.
Mi interessa sempre molto sapere quale è stato "il processo" creativo dietro la nascita di un'opera. Nel caso de L'Intervista, considerando il grande successo, di pubblico e critica, del tuo precedente lavoro Cinquemila chilometri al secondo, come è nata l'idea? Lo spunto?
Manuele Fior: Lo spunto è stato un fake sugli UFO che avevo visto su Youtube. Mi ha fatto prendere uno spavento tanto era fatto bene. Pur non credendo alle teorie del contatto e compagnia bella sono sempre affascinato dal tema, in un certo senso lo si può leggere in chiave di mitologia contemporanea, pensa infatti che pure Jung ci scrisse un saggio, sugli UFO intendo. Ci sono anche i racconti di mia mamma e mia nonna, che videro un oggetto luminoso nel cielo di Udine negli anni '60, ne parlò pure il giornale.
Poi c'era questo incidente d'auto che era successo ad un mio amico: me l'ero fatto raccontare nei particolari, mi aveva descritto il parabrezza che si schiantava, l'airbag esploso. Ho voluto cominciare così, combinando le due cose, mano a mano è arrivato il resto.
Hai sentito, in qualche modo, il “peso” di realizzare un nuovo libro dopo l'accoglienza riservata e il riscontro di pubblico e critica di Cinquemila chilometri al secondo? Ti sei sentito in qualche modo “pressato”?
No, L'Intervista è un libro molto diverso, graficamente e concettualmente perché è il mio primo fumetto che flirta col genere. Dopo Angoulême molti editori mi contattavano perché proseguissi con i colori e quando sentivano “fantascienza” alzavano il sopracciglio, ma io avevo già una quindicina di pagine in bianco e nero e il progetto mi appassionava. Cinquemila... ha ricevuto un riconoscimento enorme e per me rimarrà sempre un libro speciale, ma è anche un capitolo chiuso ormai.
Con ancora negli occhi i colori di Cinquemila chilometri, ho trovato inizialmente un po’ spiazzante il “bianco e nero” de L'Intervista. Però dopo poche pagine mi sono reso conto che era una soluzione azzeccata. Come sei arrivato a questa scelta? Immagino che, come per altri tuoi libri, in un certo qual modo siano le storie stesse a “scegliere” il modo, la forma in cui essere raccontate. In questo caso, trattandosi di una storia di fantascienza, il bianco e nero rimanda alle atmosfere di certi, gloriosi, film di genere del passato (anche se è strano, a ripensarci, raccontare il futuro con… il bianco e nero)… Che cosa puoi dirmi circa questa scelta stilistica?
Non posso dire molto, l'aspetto grafico è la decisione che arriva prima di tutto. Le immagini in testa erano in bianco e nero, bisognava trovare la maniera di tradurle con una tecnica efficace. Ho comprato un po' di materiali finché ho trovato quelli che andavano bene.
Un fotogramma da L'Eclisse di Antonioni.
Mi sembra ci siano anche dei rimandi cinematografici evidenti, delle suggestioni… mi è sembrato di cogliere qualcosa di Incontri ravvicinati del Terzo tipo, la sequenza dell’aggressione mi ha fatto venire in mente Arancia meccanica, così come il design delle macchine… ma mi è sembrato di ritrovare anche un po’ delle atmosfere di Fellini (il titolo poi rimanda ad un suo noto film), di Antonioni, Bertolucci, i ritmi della Nouvelle Vague… Ti sei ispirato a qualcuno di questi? Oppure quali sono state le “opere” che ti hanno, in qualche modo, “accompagnato” nella realizzazione de L'Intervista? Lo so che alla fine si tratta di un “gioco”… quello dei rimandi, a volte anche “fuorviante” e potenzialmente “fastidioso” per l’autore. È umana debolezza il tentativo di classificare il nuovo utilizzando come riferimento il “già visto”… Tra i fumetti, in qualche occasione, nel tuo strepitoso segno mi è “parso” di scorgere, d’intravedere un po’ di… De Luca
Michelangelo Antonioni è un punto fermo nella lista delle cose da vedere e rivedere. Per questo fumetto ho guardato con attenzione La Notte, L'Avventura e soprattutto L'Eclisse. Mi piacciono tantissime cose dei suoi film: le trame, i dialoghi, le sue donne, l'architettura, la composizione e la fotografia … E' un universo che mi corrisponde, quello dell'inazione, la lentezza contemplativa. Il suo sguardo sull'interiorità e al contempo la drammaturgia che prende derive cosmiche (penso all'Eclissi) sono un punto di partenza per le mie storie. De Luca non lo conosco molto, posso dirti che durante il lavoro a L'Intervista ho soprattutto guardato Tezuka, La Fenice in particolare. E poi ci sono le foto di Francesca Woodman e Cindy Sherman.
Francesca Woodman, Untitled, 1977-78
La storia è ambientata nel futuro, in Italia. È un legame affettivo che ti ha portato a scegliere come location la terra delle tue origini? Sai alla fine ci lasci anche un segno di speranza che questo paese ce l'avrà un futuro… Anche se, addirittura, ci vorrebbero gli alieni per migliorare un po’!
Ho pensato che ambientare la storia a Udine, la città meno fantascientifica che conosco, avrebbe da un lato sdrammatizzato e aggiunto ironia alla storia, dall'altro mi avrebbe permesso di lavorare con paesaggi urbani e naturali che conosco molto bene. L'Italia, da laboratorio costante dei più improbabili scenari politici si presta bene alla fantascienza, non fai in tempo ad inventare un'assurdità che la vedi quasi diventare realtà.
Durante la realizzazione del fumetto è caduto un governo, sono nati i Cinque Stelle, c'era stata quell'occupazione a Milano della torre Galfa, tutte cose che mi facevano cambiare percorso di volta in volta.
Un'opera di Anne-Lise Vernejoul.
Per lo meno, tecnicamente, è una storia di fantascienza. È un po’ un “kolossal” su carta, e infatti ci sono… gli effetti speciali! Puoi spiegarci cosa sono, come sono stati realizzati e il motivo per cui li hai inseriti nella storia?
Gli effetti speciali sono le apparizioni extraterrestri, ideate e realizzate da Anne-Lise Vernejoul. Immaginando il contatto non avevo voglia di rifarmi a forme già viste nel cinema, volevo inventare la mia propria iconografia aliena. Ammiro molto chi si è spinto oltre con la fantasia per immaginare il contatto extraterrestre, come Steven Spielberg che in Incontri ravvicinati del Terzo tipo ha avuto l'idea geniale di smaterializzare le navi extraterrestri, rappresentandole attraverso le lucine colorate. Anne-Lise li ha realizzati con materiali semplicissimi, fogli di carta ritagliati a triangolo, sovrapposti in più strati e fotografati con una luce che li attraversa. Il tutto è poi stato montato sul disegno. Meraviglioso.
Ho notato un uso ridotto all’essenziale delle onomatopee, solo quando sono davvero funzionali alla storia e in molte circostanze decidi di non inserire alcun “suono”. Mi è parso un accorgimento che potenzia la necessaria attenzione e tensione nella lettura… si chiede al lettore di stare immerso in quel mondo, di guardare le vignette, di impegnarsi a decifrare e spendere del tempo nella visione, di perdersi dentro l’opera di finzione, col privilegio di poter, magari, tornare sulla pagina per rileggere, di rivedere una sequenza… Quanto hai lavorato sullo storytelling, sul ritmo della storia? Ad esempio la sequenza di vignette nere, che poi in parte ritorna nel finale…
Cerco di usare le onomatopee con parsimonia, per diverso tempo il mio modello è stato Fuochi di Mattotti, nessuna onomatopea e i tuoni delle cannonate che si sentono ancora più forti. Come hai infatti sottolineato, è una questione di ritmo, è quello che fa sentire i suoni. Anche alla base della suspence c'è il ritmo, ingrediente che io trovo molto sottovalutato nel fumetto. Per me è essenziale, alla pari del disegno e forse ancora più importante della trama. Se prendi il primo Arzak, per esempio, più che la storia è il ritmo e il disegno che ti catturano: la sorpresa finale della donna mostro, senza la buona scansione, non direbbe niente.

In una delle “rubriche” del mio blog – “critica omeopatica”, come la definisco io, in cui in quattro parole definisco, con sprezzo del pericolo, quattro fumetti - ho recensito L'Intervista come “La fantascienza dei sentimenti”. Qualcun altro ha parlato di “Futuro interiore”. Mi pare che ci sia un equilibrio tra l’elemento straniante della fantascienza e la grande attenzione alla dinamica delle relazioni tra i personaggi, con l’aspetto del futuro e la tensione emotiva dei rapporti.
"Futuro interiore" è una bella definizione, cambi una lettera e diventa futuro "anteriore".
Schizzi preparatori per L'Intervista.
A ripensarci… “alieni e sentimenti”, in un fumetto Italiano recente… mi viene in mente Giacomo Monti e il suo Nessuno mi farà del male, uno degli episodi… con l’aliena che piomba nella vita di un uomo di provincia… ma nel caso di Monti, differenze di segno a parte, prevale uno sguardo disperato e un senso di straniamento, mentre il tuo approccio mi pare più leggero, più intimo, più aperto ad una trasformazione che possiede anche tangibili elementi di speranza…
Quando ti occupi di una cosa succede che poi ti sembra che tutti parlino di quella cosa. Allora non so se è una sensazione mia, ma mi sembra che la fantascienza stia tornando in voga. Chiaramente ci sono molte maniere di farla, Giacomo ha scelta una via grottesca ma anche molto disincantata, che ho apprezzato. Io non sono riuscito a evitare un taglio quasi misticheggiante, perché il tema del contatto è in fondo un tema mistico, sacro. La distanza che ci separa da un'intelligenza aliena è la stessa che attribuiamo al divino, in un certo senso, per cui ho immaginato il manifestarsi extraterrestre come un'apparizione sacra, una lux eterna che scende sul nostro pianeta.
Dora è un’altra figura di donna “forte” - pur nella sua giovane età - , autentica che compare nelle tue storie, con una “bellezza” anomala, effervescente e attraente perché illuminata dal contatto alieno. Come l’hai tratteggiata, ideata? Da quali osservazioni della vita è nata questa “nuova” donna? Che in parte riecheggia i figli dei fiori e le atmosfere new age anni ’60 e ’70…
Dora è nata da un furto a Leji Matsumoto, di cui ho sempre ammirato i profili lungiformi delle eroine come Queen Emeraldas e compagnia, d'altronde le disegna un po' tutte uguali. Era strano che una ragazza avesse questo naso quasi ridicolo che la rende, almeno ai miei occhi, bellissima. Volevo che esprimesse un canone di bellezza nuovo, del futuro. È l'unico personaggio che mi sento di aver veramente inventato, tant'è che vorrei farle fare qualcos'altro. Così alla fine quando mi chiederanno “ma che personaggio disegni” potrò finalmente rispondere – Dora.
Schizzi preparatori per L'Intervista.
Tornando al segno e ai personaggi, spesso disegni i corpi sensuali di protagonisti e protagoniste non più giovanissimi. È una questione di bellezza universale dell'umano, di non essere schiavi del modello del corpo giovane e perfetto... oppure è semplicemente capitato perché la narrazione lo richiedeva e non ti sei posto “tabù”?
Tabù in genere cerco di non averne, disegno corpi adulti perché mi piacciono quanto quelli giovani. Mi piacciono le irregolarità, quando disegnavo La Signorina Else mi piacevano i suoi fianchi larghi, le sue gambe non perfette. Mi sembra una cosa naturale, ma in effetti siamo così abituati a vedere nei fumetti o nei film corpi di atleti che disegnare una grossa pancia o un seno cadente in maniera non caricaturale sembra strano. 

Questo tuo “graphic novel” è uscito, praticamente in contemporanea, in mezza Europa: Italia, Francia, Germania. Nel frattempo, in America, la Fantagraphics Books annuncia Cinquemila chilometri al secondo. Cosa significa per te essere un artista internazionale?
Eheh, non lo so, è una cosa strana. Quello di diventare un disegnatore di fumetti è sempre stato un sogno di bambino e ragazzo; in casa l'arte e il disegno non erano ben visti e la via per arrivarci è stata abbastanza tortuosa. Ora in realtà le cose sono andate meglio del previsto, ogni tanto mi fermo, ci penso, mi fa sorridere. Mi sarebbe bastato anche essere solo disegnatore, poi tutto - forse il fumetto stesso - ha preso un'altra piega.
Hai pubblicato per le più prestigiose case editrici, collaborato con le più interessanti riviste internazionali, hai ancora un "progetto nel cassetto", un sogno mai realizzato?
Sì, mi piacerebbe lavorare a un lungometraggio animato. In realtà vorrei metterne in piedi uno tutto mio, magari la trasposizione de L'Intervista. Conosco tante persone che lavorano nell'animazione, chissà che un giorno non ci riesca.

L'Intervista è anche un fumetto in un certo qual modo “aperto”, che si presta a riletture… a riscoperte. Penso sia un pregio. Mi pare un libro in cui l’aspetto del mistero, del non comprendere tutto, del lasciare in sospeso, non detto… sia una parte importante del gioco narrativo che hai realizzato…. Forse non sarebbe male se prima o poi potessimo tornare a dare una sbirciata al mondo del 2048…
Mi fa piacere se un libro rimane aperto ad altre letture. Il mio lavoro è quello alludere a una complessità inesplorata, se lo rileggi vuol dire che ci sono riuscito un pochino.
Tutte le immagini, se non diversamente indicato, sono © Manuele Fior.

Le interviste precedenti:

4 commenti:

  1. Bellissima intervista.
    Amo molto i lavori di Fior e trovo che le sue interviste diano sempre importanti spunti di riflessioni. E riservano gradite sorprese (Matsumoto l'avevo pensato, ma non osavo... e invece! ^_^).
    "L'Intervista" mi è piaciuto tantissimo e confermo il fatto che rileggendolo si presta a nuove intepretazioni (ed emozioni).
    Complimenti davvero!
    Orlando

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  2. @Orlando
    Grazie. Anche noi siamo molto soddisfatti dal risultato dell'intervista. Ovviamente un grazie va a Manuele per le sue risposte. Alla prossima! :)

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  3. che bella intervista e che persona incredibile !
    non vedo l'ora di leggere l'intervista.

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  4. @Susanna
    Grazie per la visita. E per il commento! E complimenti per i tuoi lavori. Torna a seguirci su queste fumose lande... :)

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