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lunedì 7 maggio 2012

ALAN MOORE (II parte): ancora Watchmen, La Lega e tutto il resto

Studi di Dave Gibbons per il personaggio di Rorschach
Seconda parte dell'intervista ad ALAN MOORE (condotta originariamente da Kurt Amacker per il sito Seraphemera.org. La prima parte della traduzione può essere letta qui), in cui lo scrittore di Northampton continua a parlare dell' "affaire Watchmen", dello stato dei comics, de La Lega e dei progetti prossimi venturi.
L'intervista è apparsa il 13 Marzo scorso sul sito Seraphemera.org, tradotta su questo blog con il permesso di tutte le persone coinvolte. L'intervista originale può essere letta qui.  

From an interview of Alan Moore by Kurt Amacker, published by Seraphemera.org

Vai alla I parte

KA: Come ho detto in precedenza, ho sensazioni diverse, fino a un certo punto, sulla scena contemporanea dei comics. Leggo ancora Wolverine e albi simili. Ma concordo, comunque, che non è mai uscito nulla che superasse Watchmen. Maus è un’opera eccellente, ma non dello stesso livello, così come Il ritorno del Cavaliere Oscuro. Si tratta di opere seminali che hanno aiutato l’industria ad elevarsi.
E concordo che si potrebbe passare la vita a leggere le grandi opere della Letteratura inglese senza mai finirle tutte. Finora i comics possono annoverare pochi titoli di quella qualità, e poi una lunga lista di lavori che sono una via di mezzo. Non farò un elenco dei fumetti che mi sono piaciuti nel corso degli anni. Non credo di avere la tua visione d’insieme. Comunque concordo con te sul fatto che stanno cercando di rendere Watchmen un fumetto ordinario come Spider-Man o Superman, che sono stati pensati per continuare indefinitamente come se fossero una soap opera supereroica.
Watchmen è una storia compiuta. Non ha bisogno né di prequel né di sequel, e se accadesse, diventerebbe parte di un più vasto insieme di qualità inferiore, cosa che succede a molti fumetti, quelli a cui l’industria ha dato un seguito, e i seguiti non erano neppure lontanamente dello stesso livello dei vertici qualitativi della serie.
AM: Considerata l’importanza che Watchmen ha avuto per innalzare la considerazione dell’industria dei comics agli occhi del pubblico generico, pensavo che sarebbe stato la sola cosa con cui non avrebbero pasticciato e non l’avrebbero trasformata in qualcosa di ordinario. Ma, come ho detto, non credo davvero che avessero altre opzioni: come tirar fuori una loro nuova idea, o incoraggiare i giovani talenti a proporre nuove idee originali. Questo è il mio parere, considerando la loro insistenza su scrittori e autori sotto contratto. E perlomeno fino a tempi abbastanza recenti, credo che i capi della società supervisionassero tutte le trame di tutti i libri. Per cui non c’era alcuna possibilità che succedesse qualcosa di radicalmente nuovo.

KA: Certamente no.
AM: Stante tutte le cose positive che Watchmen ha dato all’industria dei comics, credo che per le persone che l’hanno gestito, sia stato quasi una specie di patata bollente radioattiva. Credo che la sua gestione di Watchmen possa aver contribuito ai recenti cambiamenti nella carriera di Paul Levitz, ex-presidente della DC. Non credo finirà bene. Ma la gente non cambia idea. Dobbiamo solo lasciare che la natura faccia il suo corso.

KA: Molti hanno fatto notare che sei contrario che altre persone usino i tuoi personaggi tuttavia molti dei tuoi lavori si basano su…
AM: Su personaggi di altri. È vero. Sì, ne sono a conoscenza. Ora, quello che bisogna dire è che, in questo caso, si sta parlando di due o tre cose diverse. Con La Lega degli Straordinari Gentlemen si sta parlando di un fenomeno letterario che non ha nulla a che fare con i fumetti. Ci ritornerò tra un momento.
Parlando di fumetti, invece, quando entrai a lavorare per l’industria dei comics, mi furono affidati dei personaggi che la casa editrice possedeva, che erano alla frutta… personaggi così mal messi che le loro serie erano praticamente prossime alla chiusura.
Swamp Thing era stato creato, credo, da Len Wein (anche se, a posteriori, non era altro se non una copia del personaggio di The Heap della Hillman Comics con l’aggiunta di un po’ di prosa barocca nello stile di Rod Serling). Quando, su indicazione dello stesso Len Wein, subentrai come scrittore della serie, feci del mio meglio per renderlo un personaggio originale che non pagasse un debito enorme nei confronti dei precedenti mostri della palude. E quando finii di lavorare alla serie, ovviamente, sapevo che altri scrittori avrebbero continuato a scriverlo. Lo stesso dicasi per i personaggi che avevo creato, come John Constantine. Sapevo che quando avessi finito con quel personaggio sarebbe stato assorbito nel catalogo della DC e credo che abbia anche espresso la mia ammirazione. Credo che l’editor di Brian Azzarello avesse saputo che avevo apprezzato il lavoro che Azzarello e Richard Corben avevano fatto su Hellblazer e mi telefonò per chiedermi una citazione. Non so se l’abbiano mai usata, ma quella che gli diedi era piena di complimenti.
Tutto questo per dire che quei personaggi erano proprietà della casa editrice e ne ero consapevole. Ed ero consapevole che se anche avessi creato personaggi come John Constantine oppure li avessi semplicemente reinventati tanto da non riconoscere l’originale, come nel caso di Swamp Thing, sarebbero finiti dritti nel catalogo di proprietà della casa editrice. Non ho mai avuto da ridire a riguardo. Non credo sia necessariamente il modo più corretto di comportarsi, ma non mi sono mai lamentato in proposito.

Il fatto è che non era quello il genere di accordo di cui parlammo per Watchmen.

Ci fu detto che Watchmen sarebbe stato un titolo di cui saremmo stati i proprietari e di cui avremmo determinato il destino. Se non avessimo voluto che ci fossero più di dodici albi, non ci sarebbero stati altri albi oltre quei dodici. Pensavamo che controllassimo quei personaggi e ne fossimo i proprietari. Ora, c’è un’enorme differenza tra queste due situazioni.
Una pagina dalla sceneggiatura originale di Watchmen
Me la prendo forse continuamente contro quelle persone che lavorano su personaggi che ho creato o cose simili? Se lo facessero sotto quelle condizioni di cui ho parlato, no, non credo di farlo.

Riguardo la questione di quelle storie di Green Lantern che sono state basate su una mia short di 8 pagine che scrissi 20 anni fa [riferimento al crossover La notte più profonda, N.d.T.], il punto che volevo sottolineare in quell’occasione era l’inutilità, in generale, di operazioni di quel tipo. Non volevo dire che non avessero il diritto di realizzare delle mediocri storie di Green Lantern basate su qualcosa che avevo scritto… ovviamente ce l’avevano! Quello che stavo cercando di far notare era che si trattava di un progetto che mostrava la sterilità dei comics attuali e che non introducevano più nuove idee. Stavano solo sfruttando una storiella usa e getta che io e Kevin O’Neill avevamo realizzato un sacco di anni prima. E quello che volevo dire era che non pensavo che fosse un segnale di buona salute per l’industria. Non stavo dicendo che non dovevano farlo. Era solo una sorta di dimostrazione che l’industria, dal punto di vista creativo, è in completa bancarotta. E lo stesso è probabilmente vero per gran parte dell’industria dell’intrattenimento. Basta vedere la quantità di film hollywoodiani o di serie televisive che non sono altro che rifacimenti di opere che erano probabilmente meglio quando furono realizzate in un altro Paese, in un'altra lingua o in un'altra decade.

Sembra che al giorno d’oggi non ci sia nessuno in grado di tirar fuori delle idee davvero originali. Questo era l’aspetto che volevo sottolineare. Sì, sicuro, sono liberissimi di riciclare le mie vecchie idee ma non devono pensare che io non faccia commenti su come tutto questo li renda patetici.

Sì, so che ci sono delle persone che pensano che mi sia comportato in maniera davvero cattiva nei confronti della povera, indifesa industria dei comics Americani. È così ingiusto se ci pensi, no? Che un teppista a malapena istruito, proveniente dalle Midland inglesi, muova delle critiche a una gigantesca multinazionale. Sai, dovrei vergognarmi di me stesso.

Riguardo La Lega degli Straordinari Gentlemen, quello che sto facendo è una sorta di gioco letterario che va avanti da quando esistono i libri.
Intendo dire che probabilmente tutto iniziò dalla persona, chiunque fosse, che tirò fuori Giasone e gli Argonauti e pensò: “Non sarebbe grandioso se mettessimo insieme una specie di Justice League dell’antica Grecia? Se mettessimo insieme Ercole, Giasone e tutti quelli altri personaggi?”
In tempi più recenti ci sono stati autori come Edgar Allan Poe che scrisse Storia di Arthur Gordon Pym. Jules Verne pensò fosse splendido e ne scrisse un seguito. Anche Lovecraft apprezzò la storia e ne scrisse una conclusione ne Alle montagne della follia.
Non credo che nessuno di questi autori si sia fatto dei problemi perché erano degli ottimi scrittori che aggiungevano del loro a quelle storie. Non stavano sfruttando le opere originarie. Jules Verne intitolò il suo libro La sfinge dei ghiacci. Non lo intitolò Il ritorno di Arthur Gordon Pym.
Per cui quello che sto facendo è lavorare su questi personaggi, la maggior parte dei quali è nel pubblico dominio. E quando non lo sono, vengono citati solo di striscio, come se fosse un gioco di riferimenti culturali.
È una cosa un po’ diversa dal lanciare un fumetto intitolato Rorschach.
Non mi da fastidio che la gente faccia riferimento ai miei personaggi. E succede abbastanza spesso. Non mi importa, come ho detto, per personaggi come John Constantine, per il quale ormai non nutro alcun interesse. Ero consapevole che sarebbe stato gestito da altri sceneggiatori.

Ma non c’è paragone. Con La Lega degli Straordinari Gentlemen non sto facendo un adattamento di quei personaggi, li sto, senza mezzi termini, “rubando” in un modo che credo sia onorevole.
Credo che sia stato un surrealista francese a dire: “Quando rubo qualcosa, lascio il mio coltello.” Nessuno mi ha detto: “Ti piacerebbe fare una miniserie su Allan Quatermain?” Non c’era una casa editrice a chiedermelo, perché ero sotto contratto e dovevo rispondere: “Va bene”. Ho preso quel personaggio e l’ho usato ne La Lega quando, francamente, era stato quasi dimenticato da tutti tranne forse da una mezza dozzina di persone che facevano parte della Rider Haggard Society. Per come la vedo io, Kevin ed io, dovremmo essere nominati membri onorari! Quello che abbiamo fatto è stato prendere dei personaggi letterari, spesso poco noti, e visto che erano nel pubblico dominio abbiamo pensato che avremmo potuto usarli apportando, questo è quello che speravamo, delle nuove idee.

Non avevamo alcuna intenzione di riciclare quei personaggi. Credo che la nostra interpretazione li abbia inseriti in nuovi contesti, e sia stata probabilmente più fedele agli originali di qualsiasi adattamento ufficiale. Ci sono state persone che per decenni hanno probabilmente pensato che il Capitano Nemo avesse l’aspetto di James Mason. No, Nemo era un Principe indiano.
Copertina de L'Isola Misteriosa
KA: Esatto. Verne lo disse esplicitamente solo nel seguito, L’Isola Misteriosa.
AM: Sì. Per cui abbiamo lavorato nel rispetto dei materiali originali, a parte per qualche elemento di satira, che a volte viene fatta con disprezzo per le fonti. Ma tutto questo è un po’ diverso, e bisognerebbe pensarci, dall’infrangere dei copyright oppure degli obblighi morali.

KA: E nessuno dice che La Lega degli Straordinari Gentlemen è il sequel ufficiale di Dracula o di qualche altra opera.
AM: Naturalmente. La Lega non è un adattamento. Non ho fatto l’adattamento de L’uomo invisibile. Non sto prendendo le storie originali. In generale sono contrario agli adattamenti, anche se potrebbe essere un argomento non pertinente. In generale, anche se ci sono delle eccezioni, non credo funzioni quando si adatta una storia in un altro medium. In ogni caso, quello che abbiamo fatto con La Lega si inserisce in una tradizione letteraria. Qualche mese fa ho letto un saggio accademico davvero notevole, ho dimenticato il nome dell’autore, ma si intitolava The Afterlife of Character [inedito in Italia. L’autore è David A. Brewer. Il titolo potrebbe essere tradotto, con un gioco di parole, come Aldilà del Personaggio, N.d.T.]. Ed è evidente che è un testo accademico perché non hanno messo la “s” dopo “character”, in quel caso il titolo sarebbe sembrato meno… accademico! È un libro molto valido ed espone l’incredibile “vita dopo la morte” che molti personaggi hanno avuto. Ad esempio Gulliver da I viaggi di Gulliver: ci sono stati moltissimi libri sui figli di Gulliver, su altre avventure di Gulliver, libri ispirati o con personaggi molto simili a Gulliver. Lo stesso vale per Robinson Crusoe. Che ha generato anche cose come The Swiss Family Robinson. Ovviamente erano una famiglia svizzera ma è improbabile che il loro nome fosse Robinson. Quello era una citazione di Robinson Crusoe.

KA: Certo.
AM: È un qualcosa che va avanti da secoli. Inoltre, ed è abbastanza divertente, e si tratta di un’opera da cui non ho rubato nulla… ma l’altro giorno il mio amico scrittore Steve Aylett mi ha mandato un libro. Aveva letto Il pellegrinaggio in Oriente di Hermann Hesse, uno dei pochi romanzi di Hesse che non avevo letto durante il periodo hippie quando era praticamente obbligatorio leggere qualsiasi cosa Hesse avesse scritto. Ma non avevo mai letto prima Il pellegrinaggio in Oriente. Ed è un libro su un gruppo di personaggi leggendari della letteratura tra cui Tristam Shandy e il Gatto con gli stivali, che girano il mondo in cerca di avventure e sono conosciuti come La Lega. Penso che li inseriremo nel fumetto in qualche modo.
Non so spiegare il perché ma si tratta di una tradizione letteraria. Non ha nulla a che fare con i fumetti. È una tradizione legata al mondo dei romanzi e sono davvero felice di difenderla in quanto tale.

KA: Non pensi per nulla che i prequel possano, in modo analogo, considerarsi un’estensione da parte di altri scrittori che lavorano su mondi creati da te?
AM: Non è una questione di prendere le idee all’ingrosso. Abbiamo fatto La Lega degli Straordinari Gentlemen perché era una storia che volevamo raccontare. Pensavamo fosse una buona storia, che sarebbe stato interessante lavorare su un simile ed enorme mix di riferimenti colti e letterari. Non l’abbiamo fatta su richiesta di un editore.

KA: Chiaro, ho capito.
AM: Sì ho accettato di scrivere personaggi franchise. Ovviamente ho scritto Swamp Thing e molti altri, compresi Superman e Batman. Ma non li scrivo più. Sono tutti lavori fatti nei miei primi quattro o cinque anni nell’industria dei comics, e non avevo ancora riflettuto abbastanza. Ma c’erano delle cose che sapevo essere sbagliate e che non volevo fare. Ad esempio, se avessi saputo, quando sono entrato nel mondo del Fumetto, che il personaggio di Marvelman creato da Mick Anglo non era una proprietà dell’editore e che l’editore non era andato in bancarotta, come ci era stato detto - e che Marvelman non era nel limbo dell’esecutore fallimentare – non avrei mai lavorato su quel personaggio. Non avrei neppure mai sognato di lavorarci.

La mia posizione su quest’aspetto si è inasprita nel corso degli anni. E quando si dice “è quello che succede con i fumetti”, “è solo una tradizione… i personaggi vengono passati da un autore all’altro e funziona semplicemente così”… Perché funziona cosi? All’inizio, da dove sono saltati fuori questi personaggi? Sono saltati fuori dalla fronte di Zeus, già perfettamente formati? O c’è stato qualcuno che li ha creati? Un Jerry Robinson o un Bill Finger? Siegel e Schuster? Oppure un Martin Nodell o un Gardner Fox che sono stati derubati? E poi, naturalmente l’atteggiamento, che probabilmente ho condiviso anche io nel primo periodo in cui ho iniziato a lavorare per il mercato americano… l’atteggiamento oggi è che sono giocattoli in una scatola di giocattoli, no? Ti metti a giocare con uno dei tuoi giocattoli preferiti contenuti nella scatola di giocattoli della DC o della Marvel.
Io non voglio più farlo. Quei giocattoli sono stati strappati dalle dita di persone scomparse, da quelle delle loro famiglie e dei loro figli. È una cosa semplicemente sbagliata.

Tutti nell’industria dei fumetti sanno che è sbagliato e per qualche ragione, nessuno dice nulla.

Ai miei occhi mi sembra sia non avere spina dorsale. Mi sembra che tutti questi fumetti di supereroi siano delle compensazioni codarde. C’è un’industria che non è mai stata in grado di stare in piedi sulle proprie gambe e quando qualcuno ha cercato di far sentire la propria voce è stato licenziato, come è successo, durante gli anni ’60, a tutti i validi scrittori della DC come John Broome e Gardner Fox. Avevano accennato all’idea di unirsi insieme e, per il solo accennare ad una simile eventualità, furono licenziati. E come personale che sostituisce i lavoratori in sciopero, una generazione di fan fu introdotta, disegnatori e sceneggiatori, perché loro avrebbero pagato pur di scrivere Batman. Questo ha di fatto portato all’odierna condizione del mercato dei comics. Come ho detto, vale la pena starne alla larga.

KA: La realtà è che ci sono troppi soldi che girano intorno ai fumetti. Alla fine è questo. Se gli autori vengono pagati per giocare con i giocattoli, le case editrici fanno i soldi con il licencing e così via.
AM: Assolutamente. Non è altro che commercio. Voglio dire… quei personaggi furono creati per i ragazzini di dieci anni degli anni ’40. La sola ragione possibile per cui possano ancora interessare ai 40-50enni dei primi anni del 21esimo secolo è la nostalgia, nel senso originario del termine, ossia una malattia. Sono il sentore di un processo di crescita che si è arrestato. Sentore di persone incapaci di abbandonare quelle icone capaci di connetterli ad una fanciullezza perduta. Inoltre sospetto che alla base ci sia anche un senso di “coraggio delegato”. Battaglie o lotte che non hanno il coraggio di affrontare nelle loro vite che possono essere perfettamente riversate su questi personaggi immaginari, che sono sempre pronti a combattere l’ingiustizia e a schierarsi con gli oppressi. Loro si scagliano sempre contro i tiranni. Ma non farlo nel mondo reale, no, perché quelli sono solo fumetti di supereroi!
Se lo fai nel mondo reale allora le multinazionali potrebbero non gradire.
Mi ricordo un programma televisivo di Jonathan Ross su Steve Ditko in cui intervistava molti addetti ai lavori della scena Americana. Tra gli intervistati c’era un disegnatore che lavorava per la Marvel nel periodo di Ditko e dichiarò: “Ci sarebbero un sacco di storie che potrei raccontare sulla Marvel e su quello che hanno fatto ma ci sono ancora molte persone a cui voglio bene che lavorano nel mondo dei comics e potrebbero esserci delle ripercussioni per loro.” Non è un quadro molto positivo. Queste icone dovrebbero combattere per qualcosa. Nel caso di Superman si tratta di “verità, giustizia e lo stile di vita Americano”.
In tutto questo non c’è alcuna verità. Non c’è alcuna giustizia. E se questo è lo stile di vita Americano, allora non è lo stesso che molti degli Americani che conosco e apprezzo accetterebbero o apprezzerebbero. Questa comunque è la mia piccola riflessione sull’argomento.
Copertina di The League of Extraordinary Gentlemen - Century: 2009
Il terzo libro di The League of Extraordinary Gentlemen: Century uscirà tra un paio di mesi [a Giugno, N.d.T.]. È finito. Ed è in fase di stampa. Dovrebbe essere pronto tra un mese, sei settimane circa… Kevin e io ci siamo immediatamente lanciati a lavorare su un qualcosa di più limitato, un intermezzo tra storie di più ampio respiro. È un albo di 48 pagine, che ho finito di scrivere proprio oggi, e si intitola Nemo: Heart of Ice. È ambientato nel 1920. Credo ti piacerà. Racconta del viaggio all’Antartico della figlia del Capitano Nemo. Kevin è piuttosto eccitato all’idea. Sta iniziando a disegnarlo. Per cui speriamo che possa uscire entro l’anno, quando uscirà anche la raccolta di Century.

Oltre a questo, sto lavorando a diverse altre cose. Sto lavorando a un pezzo musicale per il movimento Occupy che ha creato una propria etichetta per raccogliere fondi. Scriverò qualcosa per il progetto Occupy Comics che uscirà entro l’anno. Inizierò a lavorarci a breve. Sto ancora ultimando Jerusalem. Mancano ancora cinque capitoli. E c’è The Moon and Serpent Bumper Book of Magic e proprio domani mi vedrò con Steve Moore per lavorarci insieme.
Sono tutti progetti che stanno procedendo. Recentemente mi è stato chiesto di scrivere un pezzo su Anonymous e su Occupy per il sito della BBC [l’articolo può essere letto qui, N.d.T.]. Richieste analoghe mi vengono fatte abbastanza spesso. Sì, devo dire Kurt, che sto conducendo una vita piena e soddisfacente.

KA: Sai, avendo la speranza di lavorare nel mondo dei comics Americani, nonostante i timori, mi spiace per Before Watchmen perché credo sia una caduta di stile da parte della DC.
AM: Il problema non è il medium Fumetto. Il Fumetto non ha colpe. È colpa dell’industria del Fumetto. Hanno avuto molte possibilità. Nel periodo in cui Watchmen fu pubblicato avrebbero potuto pensare: “potrebbe esistere un’industria diversa, se non li freghiamo”. Amavo l’industria dei comics. Avrei potuto continuare a lavorare felicemente per loro. Da un certo punto di vista, sono contento che sia andata come è andata, perché altrimenti non avrei mai lavorato a La voce del fuoco o Jerusalem.
In un mondo ipotetico, avrei potuto continuare a lavorare felicemente per loro. Conosco un modo che avrebbe potuto sistemare la loro continuity. Avrei potuto risolvere tutti i loro problemi. Ma, come ho detto, sfortunatamente hanno deciso di allontanarmi. Ma l’hanno fatto con tutte le persone importanti, da un punto di vista creativo. Come Jack Kirby e tutti gli altri che hanno davvero creato qualcosa di originale, che sono stati fregati. Solo i dipendenti delle case editrici, che hanno creato cose non così originali, non sono stati fregati. Sono i Len Wein che se la sono sempre cavata perché hanno sempre fatto quello che l’azienda diceva loro di fare.

KA: Chiaro.
AM: Comunque è sempre un piacere parlare con te, Kurt.

KA: Piacere mio. Possiamo dire con sicurezza che quest’intervista sia la tua ultima parola su Before Watchmen?
AM: È probabile. Non c’è poi molto altro d’aggiungere. Lascerò semplicemente che la natura faccia il suo corso.


Un ringraziamento speciale agli amici N3B e Antonio Solinas per l'aiuto.

9 commenti:

  1. Grazie Smocky per la possibilità data di leggere quest'intervista.

    sp

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  2. @sTUDIOpAZZIA
    Grazie a te per il commento. Ci si sente meno soli così! LOL!

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  3. i miei omaggi... Excelsior! (come direbbe qualcuno dell'industria dei comics che ora non ricordo ;-)...)

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  4. Grazie di cuore per la possibilità che mi dai di leggere le interviste a Moore.
    La mia stima e il mio affetto per lui e per te sono equamente ripartite :-)
    Orlando

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  5. Complimenti Smocky. Gran lavorone di traduzione. Gran bella intervista. Sembra mettere la parola fine a tante chiacchiere fatte su Moore negli ultimi anni.

    Grazie ;)

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  6. grazie smoky per questa traduzione, chissà quanta gente l'ha letta e non ha fatto sentire la sua presenza.

    Comunque mi viene una profonda tristezza quando leggo le interviste di Alan Moore, mi sembra la classica storia del gigante buono che viene ucciso da piccoli ometti avidi e crudeli, e il mondo piange.
    Proprio in questi giorni mi sto leggendo le ultime storie di Swamp Thing e mi sono accorto di come siano veramente "oltre", di come sviluppi i personaggi e di come giochi con il medium fumetto, utilizzando meccanismi propri solo di questo linguaggio. Sapere che uno come lui non riesca a trovare posto nell'industria dei comics mi fa, scusate il francesismo, incazzare coma na bestia. La qualità nel fumetto, a questo punto, è destinata a sparire, almeno nel mainstream... ma che senso ha fare fumetti di qualità se a malapena vengono letti da 5 persone, compresi la nonna e il cane dell'autore, e se andranno a finire nel dimenticatoio??

    io spero vivamente nella forza democratica del web, nella nascita in futuro di case editrici che si fondino tutte su questa potenza e che diano vita a un Illuminismo del fumetto. Autori, più o meno felici, tranquilli economicamente che possano esprimere le proprie idee, buone o cattive che siano e che facciano tacere tutti quei Tizio, Caio e Sempronio che ridono e sputano sul fumetto.

    Purtroppo come dice Moore, ci sono molti addetti ai lavori a cui neanche interessa cambiare le cose, o comunque pensando non ci siano vie di scampo, mollano e piegano la testa di fronte agli editori.

    Se questo è il momento degli indignati, allora bisogna ristabilire cosa significhi questa parola

    Flavio

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  7. @illustAutori, Fumetti di Carta, Luigi
    Grazie a voi! Ma cmq non dimentichiamoci che il merito maggiore va ad intervistato e intervistatore: Moore e Kurt Amacker! :)
    Cmq grazie per le belle parole!!!

    @Flavio
    Grazie per il commento. Nell'intervista Moore spiega molte cose, senza nascondere un giustificato senso di rabbia. Non bisogna dimenticare che lui è stato protagonista degli eventi e quindi... Sì, molto si deve ancora fare. Pensa che molte persone faticano a memorizzare i nomi degli autori di fumetti e a confondere chi fa che cosa: Stan Lee diventa un disegnatore, Miller un regista, etcc... :)
    Beh, grazie ancora della visita...

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  8. Grazie per il tuo lavoro di traduzione, (e un grazie anche all'intervistatore).
    Bellissimo il paragrafo, verso la fine della seconda parte, sul «coraggio delegato». In questa intervista Moore ha avuto il buon gusto, diciamo così, di non nominare il ruolo del fan in questa continua riproposizione di situazioni narrative e personaggi ormai ammuffiti. Credo che se l'Industria prolifera è anche grazie alle schiere di fan (uso questo termine come categoria) in adorante attesa dell'ennesimo retroscena-sequel-prequel del suo personaggio preferito.
    Blog aggiunto tra i miei preferiti
    alla prossima

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  9. @Cucuzza
    Grazie a te per la visita, la lettura e il commento! :)

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