Art by David Roach. |
In apertura di post potete ammirare il fenomenale ritratto dello Scrittore di Northampton realizzato dal portentoso artista inglese e straordinario esperto di Fumetto DAVID ROACH.
A seguire, come regalo per gli appassionati, invece riporto la traduzione di un botta e risposta tra un lettore e Moore, dalla pagina della posta di «Warrior» n.6, nell'ottobre 1982: Moore stava per compiere 29 anni. Un ringraziamento al solito Omar Martini per la supervisione e supporto.
Warrior Team,
ho appena comprato e letto «Warrior» n. 1 e mi devo congratulare con voi per un fumetto inglese di una tale qualità, al livello dei migliori pubblicati negli Stati Uniti. La varietà delle storie e il livello dei disegni erano eccezionali e l'intero numero è stato una "lettura" lunga e soddisfacente. Spero che «Warrior» prosegua e trovi il gradimento che merita.
Tuttavia, ho una seria rimostranza da farvi, relativa ai testi scritti da Alan Moore. Sono un cristiano e un fan dei fumetti e mi turba davvero il suo costante utilizzo del termine "Gesù" come imprecazione. A parte questo, le sue storie sono magnifiche. Vorrei semplicemente pregare Alan di tenere a mente i miei sentimenti (e sono sicuro che molti altri lettori troverebbero le sue storie più godibili senza questa costante blasfemia) e di ridurre o eliminare questi riferimenti.
Sono sicuro che «Warrior» diventerà un ottimo fumetto non soltanto per le storie e i disegni ma anche dal punto di vista del rispetto morale.
--- M.L. Evans, 9 Church Street, Rhondda, Mid. Glam.
Alan Moore risponde: «Il Comics Code Authority. Va bene. Ricordo che mentre crescevo trovavo curioso che i personaggi che popolavano le mie letture in quadricromia, dopo essere stati colpiti da un ultra-raggio, da un’esplosione teta o semplicemente dalla cara, vecchia raffica di proiettili sparati da una mitragliatrice, reagissero con nulla di più vivace di un "Grande Giove!" oppure con il mio preferito tra tutti, "Sockamagee!".
Paragonare queste esclamazioni con quelle meno controllate che avevo udito pronunciate dai miei scapigliati compagni di giochi mi fece capire perfettamente un paio di questioni. In primo luogo, qualsiasi cosa fosse un ultra-raggio non doveva fare molto male. Secondo, quegli splendidi personaggi in calzamaglia e mantello non erano per nulla come le persone reali di mia conoscenza e, terzo, come conseguenza, nulla di quello che dicevano o facevano aveva, alla fine, una grande importanza. Non erano stati pensati per essere come le persone reali. Erano solo sagome di carta.
Ora che, si presume, sono cresciuto e mi trovo nell'invidiabile posizione di essere pagato per qualcosa che probabilmente farei comunque come hobby, ho la possibilità di poter cambiare un po' le cose. Come sceneggiatore, voglio che i lettori abbiano a cuore i miei personaggi e le loro vicende. Credo che l'unico modo per farlo è utilizzare il mio misero talento per renderli quanto più reali possibile. Reali nel modo di pensare, reali nel modo di agire e reali nel modo di parlare. Se vengono feriti allora sentono dolore, sanguinano, hanno bisogno di tempo per guarire. Non digrignano i denti e dicono: “Va tutto bene, sergente, quel devastante proiettile perforante mi ha fatto solo un graffietto”. Se sono innamorati potranno, di tanto in tanto, aver bisogno di esprimere il loro amore fisicamente. Un uomo o una donna reali non esprimono i loro sentimenti cercando di scoprire l'identità segreta dei loro spasimanti. Se vengono colpiti da un ultra-raggio, o se questo si abbatte ai loro piedi, sono inclini a riassumere la situazione con esclamazioni più efficaci di “Per tutte le ossa rotte”.
I lettori di “Warrior” sono, a mio parere, adulti di tutte le età. Sin da quando incominciano ad andare a scuola, i bambini e le bambine iniziano via via a parlare in un linguaggio molto più colorito di qualsiasi cosa possa venire pubblicato sulle pagine di “Warrior”. Insinuare, mediante una rigida censura, che ci siano delle parole o dei concetti troppo adulti per le deboli menti dei ragazzi è offensivo e paternalistico. Non sarò complice di un simile atteggiamento e immagino che i miei colleghi di “Warrior” siano dello stesso avviso.
La questione se l'uso di parole come “Gesù” o “Cristo” sia consentita è un po' più complicata e necessita di una risposta seria. Penso che la mia posizione sia questa: per quanto rispetti il diritto di ciascuno di professare la propria fede, non è realistico, nelle mie storie, rappresentare un mondo che è popolato da cristiani e soltanto da cristiani. Di sicuro, conoscere come la gente parla non deve essere visto da te come un invito a parlare nello stesso modo. Di sicuro, non influenzerà la tua fede, in un modo o in un altro, sapere che ci sono persone che non la condividono, persone che utilizzano le parole “Gesù” e “Cristo” come semplici esclamazioni senza particolare riferimento all'ideologia che c'è dietro. Avrei pensato che in tutta la letteratura cristiana, Bibbia compresa, ci sono esempi di comportamento anti-cristiano ben più seri rispetto a quello di pronunciare il nome del Signore invano. Noto inoltre che non sollevi alcuna obiezione al gran numero di morti ammazzati in diverse storie di “Warrior” n. 1. Di sicuro anche questo è un comportamento anti-cristiano e tu, come Cristiano, ne sei turbato?
Come ho detto, rispetto pienamente i tuoi sentimenti e sono davvero lieto per il modo educato e civile in cui hai esposto le tue obiezioni. Sfortunatamente non vedo cosa posso fare per renderti più felice e al contempo restare fedele al mio intendimento come artista di descrivere la realtà così come la vedo. Forse altri lettori avranno delle opinioni in merito su questo tema che potranno aiutarci.»
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