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mercoledì 27 maggio 2020

Werther Dell'Edera e... Something is killing the children

Something is killing the children (Edizioni BD), Capitolo Uno.
A partire da oggi, 27 Maggio, è disponibile, in fumetteria e libreria, l'edizione italiana del primo volume di Something is killing the children (per Edizioni BD), serie scritta da James Tynion IV (già apprezzato sceneggiatore di Batman) per i disegni del nostro WERTHER DELL'EDERA, disegnatore da me amatissimo.
Il fumetto, edito in lingua inglese dall'americana Boom!Studios, arriva prontamente sui nostri scaffali dopo il grande successo di pubblico e critica che l'hanno portato a diventare una serie ongoing dopo l'iniziale lancio come mini-serie.

La sinossi della storia recita: "Nella cittadina di Archer’s Peak c’è qualcosa che rapisce i bambini. Pochi fanno ritorno, raccontando storie orribili a cui nessuno crede. Ma un giorno fa la sua comparsa Erica Slaughter, una donna enigmatica che dichiara di voler eliminare la minaccia mostruosa che si nasconde in città…" (QUI potete leggere gratuitamente il primo albo, messo a disposizione in pdf da Edizioni BD). Non fatevi sfuggire una copia!

A suo tempo, attirato dai preview del numero uno visti sui siti specializzati, oltre che dal nome di Dell'Edera coinvolto nel progetto, avevo prontamente prenotato la mia copia in originale e ne sono stato subito conquistato: confesso d'aspettare con una certa trepidazione ogni nuova uscita.

Per questo non potevo farmi sfuggire l'occasione di fare quattro chiacchiere, via chat, con WERTHER DELL'EDERA sulla serie, e non solo.
E quindi... buona lettura e... grazie, Werther, per la disponibilità e il tuo tempo!
Viva Erica Slaughter!
Something is killing the children sin dal titolo chiarisce il tema della storia. Come sei stato coinvolto nel progetto?
WERTHER DELL'EDERA: Sono stato contattato dall'editor Eric Harburn che mi ha proposto il progetto. Aveva visto Il Corvo: Memento Mori ed era rimasto impressionato dal lavoro; stava cercando uno stile simile per questo progetto e io ho accettato di buon grado perché sono stato subito catturato dalla storia e dai personaggi. Inoltre ero molto contento di lavorare con James Tynion IV, di cui stavo leggendo i lavori per la DC e mi stavano piacendo tantissimo.

Qual è stato l'aspetto più complesso da rendere dal punto di vista grafico?
Non lo so, è tutto difficile quando si lavora ed è tutto facile quando ci si diverte. Devo dire che il lavoro è tanto su questa serie, ma lo è anche il divertimento. Dallo studio iniziale ad ogni numero lavorato.
Mi riferivo alla violenza mostrata sulle pagine... in modo abbastanza esplicito. Si tratta pur sempre di un fumetto "mainstream"...
Il mainstream? Non me ne sono mai preoccupato troppo, nel bene e nel male.

In una intervista, lo sceneggiatore Tynion ha indicato, tra i suoi riferimenti per la serie e per il modo di fare horror, il mangaka Junji Ito e il suo Uzumaki. Quali sono stati i tuoi riferimenti, non soltanto grafici? Che cosa ti ha ispirato?
Direi che il minimo comune denominatore è il manga e il Paese del Sol Levante. Ne ho guardati e ne guardo tantissimi proprio alla ricerca di uno stile diverso. Ma c'è anche molto Toppi. Non mi sono preoccupato molto di cercare ispirazione per la gestione dell'horror, perché avevo già le idee abbastanza chiare al riguardo e fortunatamente siamo sulla stessa linea d'onda.

Nonostante una idea forte, mi pare che la serie si basi molto sui personaggi. In particolare la protagonista Erica Slaughter è particolarmente azzeccata: una donna che caccia e uccide mostri. Come è nata dalla tua matita?
Sì i personaggi sono molto importanti e James fa un lavoro splendido ogni volta che ne delinea uno. I suoi dialoghi sono spettacolari e passano tutte le informazioni che ti servono rimanendo sempre cool. È un piacere da leggere. Erica nella mia testa si è formata abbastanza velocemente partendo dalle suggestioni di James, poi ad un certo punto ha raggiunto la forma definitiva quando ho capito che volevo fare Sasuke, volevo i ninja Sarutobi!

In effetti, a ben vedere... c'è del Sasuke!
Inizialmente SIKTC doveva essere composta da un numero limitato di albi. Grazie al successo riscontrato è diventata ongoing e un piccolo cult. Come ti senti per l'accoglienza ricevuta?
Sono felicissimo! Ho avuto un buon presentimento fin da subito, ma il risultato ottenuto è andato ben oltre le mie aspettative.

Pensi di riuscire a tenere il "passo" come disegnatore "unico"?
Penso proprio di sì, mi diverto troppo!

Ho sempre pensato che i tuoi disegni siano perfetti in bianco e nero. Come è la tua "relazione" col colore? Su SIKTC mi pare che il colore funzioni molto bene, sia negli interni che in copertina...
I colori sono un male necessario... No, scherzo. Faccio sempre un po’ di fatica a immaginare i miei disegni a colori. Probabilmente perché non sono in grado di colorare, non l’ho mai fatto. Ad ogni modo, poi il risultato è sempre qualcosa di inaspettato per me. Fortuna mia un inaspettato positivo, perché mi sono sempre trovato a lavorare con ottimi coloristi!
Miquel [Muerto], sta facendo un ottimo lavoro su SIKTC. Grazie anche ai colori, quando lo sfogli, vedi immediatamente che ha un altro passo rispetto all’altra roba mainstream. È una differenza che colpisce subito, positivamente o meno.
Puoi dirci qualcosa sul progetto Dylan Dog e Batman? Come procede? Oltre il numero zero, intendo... Sono curioso di sapere il tipo di collaborazione con un altro disegnatore... in passato hai fatto qualcosa di analogo con Dell'Otto se non ricordo male...
Non molto, per motivi contrattuali. Posso solo dire che Roberto Recchioni si occupa della sceneggiatura, io delle matite, Gigi [Cavenago] del resto.

Severo ma giusto, direi! 
Oltre SIKTC e DD/Batman, cosa bolle nella pentola di Werther? Un sogno nel cassetto?
Al momento niente di ufficiale, anche se ho un paio di progetti che un giorno o l’altro mi piacerebbe vedere prendere forma: uno di robottoni, uno western.

Grazie ancora per il tuo tempo, Werther!

QUI potete leggere gratuitamente il primo albo, in Italiano!

lunedì 25 maggio 2020

recensioni in 4 parole [81]

Mutante taglia e affetta!
Buon cuor di vampiro.
PKD: vedere il futuro.
 I costi del sogno.
*********
Abbiamo detto 4 parole su:
Wolverine n.1
di Benjamin Percy (testi), Adam Kubert e Viktor Bogdanovic (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: spillato, 72 pagine, colore
Prezzo: € 6
Anno di pubblicazione: 2020
Per qualche parola in più: QUI (English)
 
di Mauro Boselli (soggetto e sceneggiatura), Majo (disegni), Matteo Vattani (colori)
Editore: SBE
Formato: brossurato, 110 pagine, colore
Prezzo: € 3,90
Anno di pubblicazione: 2020
Per qualche parola in più: QUI

Linus n.5 (Maggio 2020)
di AA.VV.
Editore: Baldini+Castoldi - La nave di Teseo
Formato: brossurato, 120 pagine, colore (numero dedicato a Philip K. Dick)
Prezzo: € 6
Anno di pubblicazione: 2020
Per qualche parola in più: QUI

X-Force n.1
di Benjamin Percy (testi) e Joshua Cassara (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: spillato, 48 pagine, colore
Prezzo: € 5
Anno di pubblicazione: 2020
Per qualche parola in più: QUI

lunedì 4 maggio 2020

Alan Moore: l'Immaginazione, il Linguaggio, la Politica

Moore sulla copertina di Les Inrockuptibles. Foto di Hamish Stephenson.
Nel seguito, la traduzione di alcuni estratti da un'intervista ad ALAN MOORE pubblicata nell'agosto 2017 sul settimanale francese Les Inrockuptibles.
Il pezzo, apparso in occasione dell'uscita in Francia di Jerusalem, è stato realizzato dalla critica letteraria Nelly Kaprièlian ed è corredato dalle splendide fotografie di Hamish Stephenson.

Traduzione a cura di Giovanni Barbieri & smoky man. Ringrazio l'amico Giovanni Barbieri per la prontezza con cui ha risposto alla mia chiamata di soccorso e per il contributo essenziale. Grazie mille, Giovanni! :)
E... buona lettura a tutti!
Copertina dell'edizione francese di Jerusalem.
[...] Nelly Kaprièlian: Sei diventato famoso con Watchmen a metà degli anni '80. È stato per proteggerti che sei rimasto a Northampton?
Alan Moore: Quando ho iniziato ad attirare l'attenzione con i miei libri mi è stato chiesto: "Allora, ti trasferirai a Londra?" La domanda mi ha sorpreso. Dal momento che non avevo alcuna intenzione di farmi coinvolgere nella mondanità o in quel tipo di relazioni sociali, non vedevo motivo di lasciare Northampton. Quando sono diventato più famoso, mi hanno domandato: "Ti trasferirai in America?" Sì... perché rimanere a Northampton quando hai l'opportunità di sviluppare una dipendenza da cocaina a bordo piscina o quando puoi scrivere film per Hollywood? Questo purtroppo è il modo di pensare dei miei ex colleghi nell'industria del fumetto. Non appena il cinema si è interessato a noi, hanno messo da parte i fumetti per dedicarsi ai film.
Ho deciso di dedicarmi alla magia ed è stato un passo fondamentale. Certo, preoccupava i miei cari, ma non avevo scelta. La gente pensava che fosse pericoloso ma secondo me è l'opposto: ciò che è pericoloso non è fare magie. La magia è capire questo meraviglioso turbinio di significati, vivere la condizione umana e questo mi ha aiutato a riflettere.

[...] È vero che hai una grande immaginazione. Sai da dove viene?
Sì, perfettamente. È iniziato come compensazione. Ricordo, da bambino, di aver visto e desiderato dei pupazzetti di alcuni personaggi dei fumetti esposti nella vetrina di un negozio di giocattoli, ma i miei genitori non potevano permettersi di comprarmeli. Quindi, tornato a casa, presi i miei soldatini fingendo che fossero supereroi: uno era Medicine Man, viaggiava nel tempo e aveva poteri sciamanici; un altro l'avevo coperto con della plastica viola ed era il cattivo, e così via. Con un po' di immaginazione ho creato un mondo intero. Era il mio modo di allontanarmi dalla mia vita di tutti i giorni.
Se avessi avuto accesso a tutto, come succede ai bambini di oggi, sarei diventato il ricettacolo passivo delle idee degli altri piuttosto che il creatore delle mie. 

Una delle teorie di Jerusalem è che il libero arbitrio non esiste. Perché?
Anche se odiano questa idea, i fisici pensano che siamo in un universo predestinato. Tutto è già accaduto in questo solido blocco di tempo. Le nostre vite accadono solo una volta, ovviamente, ma le nostre esperienze ricorrono più volte. Quindi, se è così, significa che non abbiamo il libero arbitrio. Finché manteniamo l'illusione di scegliere le nostre parole e decidere in quale posacenere spegnere la sigaretta, allora tutto andrà bene, possiamo rimanere sani di mente. Ma se pensiamo che tutto ciò che facciamo, tutto in questa stanza, ogni particella, ogni secondo è scritto sin dai tempi del Big Bang... è pazzesco! Perché senza questa idea di libero arbitrio, le basi della religione e della morale crollerebbero. Se qualcuno fa una cosa atroce, lo odieremo, lo giudicheremo come se avesse agito secondo il suo libero arbitrio. Ma visto in modo diverso, probabilmente nessuno di noi può essere incolpato.
Nei prossimi vent'anni avremo "super-computer quantistici" che saranno in grado di inventare un intero universo fino all'ultima particella, con forme di vita simulate che non sapranno di esserlo. Se saremo in grado di farlo, possiamo quindi ipotizzare che probabilmente non si tratta neppure della prima volta. Potremmo già essere in una simulazione che simula l'invenzione di computer in grado di simulare un universo in grado di simulare un altro universo.
Non influisce sulla nostra situazione esistenziale, ma ciò significa che un libro (o un film) è già una buona metafora di ciò che queste nuove forme di vita saranno e di quello che è già la nostra vita.

[…] Sei passato alla scrittura di romanzi perché scrivere fumetti è frustrante?
Non mi sono sentito frustrato. Se non avessi lavorato così a lungo per i fumetti, Jerusalem non sarebbe stato un romanzo così visivo. Quando lavoro, guardo al mezzo espressivo che uso in negativo, lavoro su ciò che non è mai stato fatto, su ciò che manca. Questo è quello che ho fatto con i fumetti e la magia: utilizzarli per le loro caratteristiche specifiche. Ecco perché mi sono sempre rifiutato di guardare i film di Watchmen e V for Vendetta.
Ho pensato a queste storie per il fumetto: i primi piani di Watchmen possono essere realizzati solo a fumetti. Sono impossibili da rendere in un film.
Oggi, penso che il mezzo espressivo migliore sia la prosa.
Usando unicamente il linguaggio puoi descrivere tutto, non solo quello che appare, ma anche cosa ti fa sentire. Uno scrittore può portare la tua mente ovunque. È come la realtà virtuale.

[...] È ancora possibile una controcultura?
Sì e ne abbiamo bisogno. La controcultura è un organo della cultura attraverso cui essa si rinnova. I governi credono ancora che la controcultura sia un problema e cercano ogni volta di sbarazzarsene, ma senza di essa la cultura morirà. Come puoi vedere, dagli anni '90 ripetiamo ciò che è stato fatto in passato. Come se fossimo terrorizzati dall'idea di abbracciare il futuro e il nuovo secolo, stiamo solo riciclando i franchise del XX secolo, nella musica pop, nel cinema, ecc. Questo è ciò che accade quando non c'è una controcultura. E quando c'è un vuoto culturale è qui che può apparire un tiranno, persino un mostro. 

Quale visione politica hai?
Penso che dovremmo avere un mondo senza leader politici, perché non penso che siano necessari né che siano d'aiuto, anzi il contrario.
Abbiamo solo bisogno di un'amministrazione competente, non è necessario che ci siano delle persone che ci dicano che cosa fare, perché la democrazia non è questo. Democrazia significa che sono le persone a governare. Credo nella democrazia diretta. Ma le persone dovrebbero essere ben informate, non solo leggendo i titoli di alcuni siti. Il problema è che oggi tutto è una “piattaforma”. E gli artisti sono visti solo come generatori di contenuti per queste piattaforme.

venerdì 1 maggio 2020

FROM HELL: UN'ARCHITETTURA TEMPORALE

A seguire un'interessante recensione ragionata (o mini-saggio, se volete) su FROM HELL, la monumentale opera di Moore & Campbell. L'articolo originale, firmato da Bala Menon, apparve a suo tempo sul sito Popimage (link non più disponibile) ed ora è leggibile QUI
Nel 2002 fu pubblicato, con l'autorizzazione dell'autore, su Ultrazine.org nella traduzione da me curata insieme a Michele Fioraso. 
Buona lettura!
FROM HELL: UN'ARCHITETTURA TEMPORALE
di Bala Menon 

Traduzione: Michele Fioraso & smoky man
   
Alan Moore, conosciuto da tempo come dei migliori scrittori di fumetti, realizza, insieme ad Eddie Campbell, questo racconto su Jack lo Squartatore.
In questo caso, Moore costruisce una narrazione che si dispiega nel tempo nel tentativo di dare la propria spiegazione degli omicidi dello Squartatore. Non un modello tridimensionale attraverso Whitechapel ma piuttosto un modello quadrimensionale attraverso il tempo, con gli effetti (e le cause) degli omicidi dello Squartatore che viaggiano attraverso i secoli, il piano di un singolo uomo di trascendere la propria mortalità, e contemporaneamente un atto di un culto personale e un tentativo di esaltare se stesso e finalmente vedere il volto di Dio.
Focalizzandosi, non sul punto di vista degli investigatori, ma su quello dello Squartatore, Moore analizza le informazioni disponibili, sceglie colui che crede sia l'assassino più probabile, e proietta le convinzioni e le motivazioni del sospetto da quello che è noto sulla sua vita. Il risultato è una storia terrificante e cupa, resa ancor più orrorifica dalla non-casualità, dall'inumanità dei delitti.

Opera immensamente erudita, presenta un motivo razionale per gli omicidi dello Squartatore. Non si tratta di un semplice omicida "taglia-e-squarta", che si lancia con furia cieca su ogni donna che attraversi la sua strada; piuttosto emerge un piano complesso indirizzato a specifici obiettivi per uno scopo preciso.
Campbell, anch'egli noto narratore (Bacchus, Alec), da vita all'esigente sceneggiatura di Moore, disegnando l'oscura immensità di Londra, dalle imponenti cattedrali che dominano la città, alla gente che sciama per le vie.
Questa è la storia dello Squartatore. Dai suoi primi passi come bambino, curioso d'imparare l'intimo funzionamento del cosmo, alla sua ascesa professionale fino a diventare Medico Reale; all'attacco di cuore che gli induce una visione, e il risveglio con la conoscenza del suo Maestro; alla sua ricerca finale per esaltare quel Signore. Niente a che vedere con il malefico macellaio di palchi e schermi, ma un uomo logico e intensamente credente, che porta avanti ciò che crede sia la sua auto-attribuita missione per Dio.

Ma è anche un racconto su Londra, il racconto della città di quel tempo e della sua gente. Dell'orrore che l'esistenza riserva per le persone che vi vivono; di innumerevoli crudeltà, semplici, dure, impensabili che ti schiaffeggiano con la loro imprevedibilità.

Nonostante gli importanti temi che tratteggiano lo scorrere della storia, non ci è mai consentito di dimenticare l'essenziale umanità dei miserabili attori sul palco.
Non esiste, in questo racconto, un personaggio che sia così depravato, così brutalizzato che Moore e Campbell non riescano comunque a farci toccare il cuore e vedere la piccola scintilla di umanità che ci consente di simpatizzare per lui e, di conseguenza, sentire l'orrore della sua storia.
LA GENTE (E L'ARCHITETTURA DI LONDRA)
I personaggi di Moore e Campbell sono persone vive e reali e riescono a rendere vivida nelle nostre teste la Londra del 1888.
Sir William Withey Gull è un fanatico, un uomo così perduto nella sua terribile visione da voler fare qualsiasi cosa sia necessaria per raggiungerla, senza curarsi di torcere le braccia dei colleghi, di sfruttare le paure dei suoi superiori, utilizzando la sua inamovibile volontà per farsi strada attraverso tutti gli ostacoli come un bulldozer. Un uomo rigoroso e educato a considerare il Dovere sopra tutto, la cui devozione al Dovere finirà per rapirlo nell'estasi.

Gull, unico tra tutti i personaggi, si eleva oltre le esigenze della terra in cui è radicato per cercare un piano spirituale più elevato. Mantiene un atteggiamento etereo, ingegnandosi per completare la sua auto-attribuita missione a dispetto della debolezza dei suoi mezzi umani. Invece, gli altri attori su questo palco sono fermissimamente radicati nella loro terra.

Moore si diverte parecchio nei parallelismi e nei doppi significati, che abbondano nella sua scrittura. In uno di questi, Gull è affiancato a Netley, un ignorante e sventato uomo della strada, una persona conscia di null'altro più del suo desiderio di andare avanti nella vita, un uomo molto "terreno", che cerca un sapere maggiore solo per ricavarne beneficio in questo mondo. La superficialità di Netley, la sua prona natura servile e l'allarmante stupidità lo rendono il perfetto strumento senza cervello per Gull.

Netley è un uomo piccolo, perfino troppo cosciente di questo, e cerca potere e avanzamento ma quando si rende conto della natura dell'immenso maelström nel quale si è cacciato, entra nel panico e collassa . Non è l'idea dell'assassinio che disturba Netley: la vita vale poco nella Londra del tempo. No, è la consapevolezza di essere stato completamente sopraffatto e avviluppato da un potere onnipresente che ora è parte inestricabile della sua vita quotidiana. È la sconcertante rivelazione di Gull secondo cui è sempre stato circondato da questa grande magia. Nel suo caso il risveglio produce terrore piuttosto che la grande illuminazione e la visione concesse a Gull (Capitolo 4, pagine 36-37).
 
L'ispettore Abberline è un uomo gettato di nuovo nella brutale e decomposta parte di Londra che detesta; ma è costretto a tornarci, per necessità politica.
Notate la rappresentazione di Campbell della esplosiva frustrazione sul volto di Abberline, quando viene di nuovo trasferito a Whitechapel, il centro del suo disprezzo; comparate questa con il disgusto nella sua faccia quando capisce la vera partita che si gioca nei corridoi del potere che aveva ambito (Capitolo 13, pagine 8-11).
C'è più di una piccola parte di Abberline che si riconosce con gli abitanti di Whitechapel; è ancora uno del luogo, è stata la sua casa per quattordici anni, e la conosce meglio di quanto comprenda il nuovo regno del privilegio dove è stato trascinato.
Le prostitute, gli obbiettivi di Gull, sono le vittime perpetue, che cercano disperatamente di restare in vita in una Londra che rende difficoltosa perfino la vita di ogni giorno.
Guardate il Capitolo 5 dove Campbell mostra visivamente il contrasto tra le due Londra, quella del privilegio, di Gull, e l'infernale Londra dei poveri. Morbidi grigi alleggeriscono Gull nella sua routine quotidiana, mentre affilati neri spingono le donne da un sonno tranquillo al freddo di Londra.
Le vittime dello Squartatore non sono donne particolarmente amabili e non si può dire che conducano una vita felice. Osservate il disperato e completo terrore delle prostitute che affrontano la morte o, peggio, nelle mani della mala di Londra (Capitolo 3).
Ma Campbell non dimentica mai di ricordarci la loro umanità e il loro tempo: il sorrisino calmo e quieto di Mary Kelly (Capitolo 3, pagina 14), la spaventosa miseria di Annie Chapman (Capitolo 7, pagina 5); Kate Fellowes che si gode un piccolo momento di gioia nel bel mezzo del suo ingrato lavoro (Capitolo 9). È impossibile non sentire il loro tormento, la triste e struggente disperazione di una persona condannata all'Inferno non per colpa sua e adesso incapace perfino di concepire una qualunque via fuga.
La stessa Londra è un vero e proprio personaggio della storia, che avvolge e nasconde gli altri e li guida lungo il sentiero prescelto.
Nello straordinariamente potente Capitolo 4, per prima cosa vediamo il grande piano ideato da Gull e le forze circostanti che capitalizza per compiere la sua missione. Qui, vediamo la terribile rivelazione del suo obiettivo finale, reso ancora più terrificante dall'aria di completa soddisfazione sul suo volto.
Gli studi di Gull sulla Massoneria gli hanno rivelato l'enorme progetto sotteso alla costruzione di Londra; le minacciose costruzioni che non solo esaltano la Deità, ma anche strappano via l'umanità dal piccolo uomo e non gli consentono di elevarsi al livello divino ed anzi evidenziano la differenza tra i due, rendendo l'uomo dolorosamente consapevole di quanto possa essere davvero poca cosa. Ogni piccolo dettaglio, dal superbo al mondano, dalla schiacciante cupola di St. Paul ai semplici cavalli d'ottone montati su ogni carrozza di Londra, rende testimonianza della grandiosa magia incastonata nella città.

La città, un'immensa macchina oscura messa a punto da architetti occulti e massoni attraverso le epoche, ora è innescata e puntata, preparata da un'uccisione e diretta contro i nemici della sua Regina da un fanatico che vuole fare qualsiasi cosa per il suo Signore, e anche di più, se questo fosse il volere del suo Dio (in verità, servire il suo Signore è solo incidentalmente l'ambizione maggiore di Gull, la punta dell'iceberg: la Regina Vittoria non sospetta ciò che ha scatenato nel tentativo di proteggere la reputazione della famiglia reale).
Come Hawksmoor costruì la Londra colossale, allo stesso modo Gull ora costruisce la sua missione nelle strade sottostanti. Gli innocenti sono pedine sacrificabili nel disegno per innalzare gli Dei e così completare la missione di Gull sulla Terra.

Ingrandendo e amplificando l'oscurità di Londra….

PERCHÉ LONDRA È L'INFERNO…
Stranamente, il protagonista non sembra provocare la stessa pena e disperazione che invece causa l'ambiente stesso. Whitecapel, un incubo infernale per i suoi più poveri abitanti, provoca un senso di sofferenza di gran lunga maggiore di quanto faccia Gull. Qui Campbell rende più che giustizia alla sceneggiatura di Moore, producendo una visione da Girone infernale: gli spaventati abitanti che si derubano l'un l'altro, rassegnati al loro destino, perpetuamente bramosi di un'esistenza migliore ma senza nessuna reale speranza di ottenerne una, disperatamente appigliati a qualsiasi frammento di gioia che riescano ad estrarre dalle tenebre.
Questa Londra è un vero Inferno… e non ci sono personaggi felici qui… tutti soffrono, in un modo o nell'altro: un principe, tormentato e controllato dalla sua Imperiale madre, senza nessuna speranza di una qualche felicità; l'Imperatrice stessa, che teme la rivoluzione e vive una vita fredda e senza amore; una commessa, derubata della sua mente, una pedina lanciata su una scacchiera da forze oltre il suo controllo; le prostitute di Londra, maledette da una precoce vita di disperazione, con poche speranze di miglioramenti; l'Uomo Elefante, condannato all'Inferno nel suo stesso corpo, ma che sogna il Paradiso rivelatogli da Gull; infine Gull stesso, in fuga da un mortale Inferno per afferrare il Paradiso.

Il massimo avvicinamento al Paradiso che questi personaggi riescono ad ottenere avviene attraverso le interazioni con Gull; le sue casuali parole che presentato la visione di un mondo migliore a John Merrick; i pochi momenti di gioia infantile che intravediamo nel viso di Polly Nichols, una ragazza privata della sua infanzia, sono quelli a lei concessi da Gull, poco prima che ucciderla: un contatto finale col luminoso Paradiso di Gull un attimo prima di abbandonare l'Inferno che la sua vita era diventata.

"Siamo tutti per strada, ma alcuni di noi guardano le stelle" dice Oscar Wilde.
Nel libro di Moore, l'unica persona che sta guardando le stelle è Gull. Tutti gli altri sono così persi nel dolore dei vicoli di Whitechapel da non riuscire a vedere oltre: nessuna speranza è rimasta. Un'occasionale sogno di fuga è tutto ciò che è rimasto loro, seguito dall'inevitabile e rapida botta di realtà e dal ritorno alle loro vite prive di speranza.
Soltanto Gull vede la gloria del suo incarico che permea tutto il mondo.

FINALE
Un altro dei giochi di specchi tipici di Moore si trova nel capitolo 14 dove Gull allo stesso tempo piomba negli abissi della pazzia e si eleva verso la meta definitiva, completamente al di là dei comuni mortali.
Questo è il trionfo finale di Gull, fuggire dalle circostanze terrene in un intento più imponente e importante che lo avviluppa; perfino oltre le tre dimensioni, in una quarta più ampia e finalmente faccia a faccia con Dio. Il potere di questa ascensione si estende per increspature attraverso il tempo, appena la forza della fede di Gull e l'intensità delle sue credenze, tocca altri nella sua veglia. Il completamento di questo grandioso conseguimento simultaneamente lo scaglia tra le altitudini della sua meta finale e negli abissi della follia.
Viene avvolto dall'estasi e rapidamente perde contatto con la sua vita terrena. Come usa le strutture costruitegli intorno nel tempo, così ora crea la sua propria struttura occulta, che si estende attraverso il tempo e diffonde i suoi rivoli lungo gli anni.
La forza di questa creazione influenza altre menti attraverso gli anni, riflessi e imitatori, ombre dello Squartatore originale, menti simpatetiche che seguono la strada tracciata da Gull. Il grande progetto sorge in cerchi sempre più stretti (prima un secolo, poi 50 anni, poi 25 e di così via), muovendosi attraverso il tempo verso una convergenza. E l'ascensione di Gull si completa, la sua mente raggiunge l'eternità e alla fine abbandona il suo corpo terreno.
Moore combina un'abile miscela di ricerca e finzione, non resiste al richiamo di includere alcuni personaggi contemporanei (la presenza di Crowley a Londra, la nascita di Hitler) per sostenere il suo racconto attraverso il tempo. Il dettagliato glossario della sua ricerca e le annotazioni delle sue letture per scrivere quest'opera danno un ulteriore profondità al processo creativo retrostante.
Nell'appendice finale, Moore segnala il lavoro svolto dai primi esperti di Jack lo Squartatore e osserva gli effetti di ciascuno su tutti gli altri (incluso il proprio lavoro).
È consapevole dell'immensa forza della leggenda che è stata costruita sullo Squartatore, della linea estremamente limacciosa tratteggiata tra mito e realtà (che spesso si confondono) e del proprio personale contributo a queste leggende (ulteriore fango per le acque).

From Hell è senza dubbio uno dei migliori lavori fumettistici di sempre e merita un posto nella biblioteca di ogni lettore. L'opera nella sua ricchezza di dettagli ricompensa ogni nuova lettura con ulteriori approfondimenti del racconto.