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mercoledì 4 settembre 2019

JOHN PAUL LEON: Maestro del bianco e nero

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Nel seguito potete leggere la traduzione di un'intervista a JOHN PAUL LEON, acclamato (e da me amatissimo) fumettista americano, maestro del bianco e nero, con collaborazioni con le principali case editrici USA (Marvel, DC, Dark Horse), disegnatore della memorabile serie Terra X.

L'intervista è inclusa nello splendido volume MASTER OF COMICS (pubblicato lo scorso Giugno da Insight Editions), scritto e curato dall'amico Joel Meadows, già ideatore ed editor-in-chief della rivista Tripwire.
Il volume, un must-have che può essere ordinato QUI, contiene, oltre a quella con Leon, interviste ad artisti del calibro di Travis Charest, Mike Kaluta, il nostro Milo Manara, Sean Phillips, Walter Simonson, Bill Sienkiewicz - e molti altri ancora - che raccontano la loro vita al tavolo da disegno e il loro approccio creativo. 

L'intervista a Leon è stata raccolta a New York nel 2017. 
Un grazie particolare a Joel per l'autorizzazione alla traduzione e pubblicazione di questa intervista e i più sentiti complimenti per lo splendido volume.

A voi tutti, buona lettura
Tutte le immagini nel seguito sono opera di John Paul Leon. 
Copertina per Batman: Creature of The Night n.2.
John Paul Leon: Come è la tua tipica giornata lavorativa?
Joel Meadows: Di norma mi sveglio verso le sette. Porto mia figlia a scuola e verso le nove sono in studio. Alcuni giorni un po’ prima, altri un po’ dopo. Faccio colazione, di solito di fronte al computer mentre guardo le email. Probabilmente inizio a disegnare tra le nove e trenta e le dieci. Lavoro un po’ di ore fino all’una. Poi pranzo e ricomincio a lavorare fino alle tre quando vado a riprendere mia figlia. Di solito ritorno in studio verso le otto, nove di sera per un paio d’orette, dipende dalle scadenze. A volte devo restare fino a tarda notte, fino alle due del mattino, ma col passare degli anni diventa sempre più difficile. Un tempo ero un vero nottambulo ma ora non riesco più a reggere quei ritmi.

Lavori in digitale oppure con strumenti tradizionali?
È tutto fisico, analogico. Disegno a mano, in modo tradizionale. L’unica cosa che faccio in digitale è un po’ di pulizia sull’immagine scansionata e, se sono io il colorista, la colorazione è realizzata al pc.
Naturalmente la consegna del lavoro è in digitale.

Usi il computer in qualche altra fase del tuo lavoro?
Una cosa che è cambiata negli anni è che, un tempo, la maggior parte della documentazione e dei riferimenti che mi servivano li ricavavo dai libri oppure andavo in biblioteca. Oggi quando mi servono delle immagini, trascorro sempre più tempo davanti al computer, nella mia postazione di disegno, a fare ricerche. E passo davanti allo schermo un mucchio di tempo, probabilmente più di quanto dovrei. Così posso semplicemente uscire di testa andando a caccia di reference. 
Tavola da Terra X n.7.
Il tuo studio, un garage riconvertito, si trova nella tua abitazione. Che cosa contiene? E quanto è stato importante lavorare a casa seppur lo studio sia fisicamente separato da essa?
Lo studio è parte della casa ma non è comunicante con essa. Ci sono alcuni originali incorniciati ma per il resto è un bel caos. Ci sono un mucchio di libri. Non sono per nulla un tipo da action figure. Non c’è abbastanza spazio sui muri per appendere poster o robe simili. È uno studio piuttosto piccolo e le pareti sono piene di librerie. È tutto stipato e tutte le tavole originali sono impilate oppure arrotolate. Era importante che lo studio fosse in qualche modo separato dalla casa. In questo modo posso avere un cambio di approccio mentale tra lo stare in casa e il lavorare nello studio.

Ti piace la vicinanza di tua figlia mentre lavori?
Ha dodici anni. D’estate mi piace perché rimane in studio con me tutto il giorno. A volte fa i compiti mentre io lavoro. La porta è sempre aperta.

Mentre disegni ascolti della musica?
Solitamente non ascolto musica quanto sto facendo dei layout, mi distrae. Sempre più spesso ascolto podcast oppure interviste. Quando inchiostro, dal momento che a quel punto gran parte del disegno dovrebbe essere a posto, posso ascoltare qualcosa, a volte no. Mi capita di ascoltare musica in cerca di ispirazione emotiva.

Metti mai della musica specifica per catturare l’atmosfera di una scena che stai disegnando?
Non funziona. Ci ho provato ma è un po’ troppo forzato. Ho cercato di aspettare per farmi ispirare ma no, non funziona per me. Così cerco di andarci piano e di... ingannarmi. Magari metto qualcosa che non c’entra nulla, qualcosa di inconsueto. Così riesco a concentrarmi sul disegno, a ritrovare un po' di ispirazione e poi magari posso anche mettere della musica più in tema.
Layout per The Winter Men.
Quando lavori su un progetto fai diverse versioni dei layout?
Dipende dalla fase in cui mi trovo nel disegnare. Di solito per le prime pagine realizzo dei layout abbastanza dettagliati e definiti. Credo sia il mio modo di entrare in sintonia con la storia. Nel proseguo i layout diventano più abbozzati e soggetti a variazioni. Ma a quel punto so già come stanno le cose e come la storia procederà. Per cui i layout tendono a diventare più approssimativi via via che disegno.
Per le copertine i layout sono dettagliati: voglio poter mostrare un’immagine che sia una buona indicazione di quello che sarà il disegno finale. 

Quanto sono definite le tue matite?
Quando sono in quella fase ci sono momenti in cui sento la necessità di definire il disegno nel dettaglio e non lasciare che venga finalizzato durante l'inchiostrazione per cui devo stringere i denti e farlo con le matite. Ma cerco di lasciare qualcosa per quando inchiostro, in modo da dare un po' di freschezza al disegno perché, alla fin fine, quello che il lettore vedrà sono le linee inchiostrate.  
Matite per The Winter Men.
Qual è il tuo approccio quando disegni una storia a fumetti?
Leggo la sceneggiatura un paio di volte e per ogni pagina cerco di decidere quale sia la vignetta più importante che di solito, sulla tavola finale, sarà quella più grande. Questo è un piccolo trucco che ho imparato da Walter [Simonson] anche se non è sempre vero. Dopo aver diviso la sceneggiatura in vignette, in modo da separarmi dallo script cartaceo e sapere che dialoghi ci saranno, inizio le ricerche per i vari riferimenti grafici. Mentre leggo sottolineo dei passaggi: "Ecco avrò bisogno di questo. Mi servirà un aeroporto o una veduta di una città per questa vignetta...", in modo da tenere traccia di quello che dovrò cercare; poi inizio le ricerche. Una volta trovato tutto quello che mi serve, ad esempio per la prima pagina, inizio a lavorarci.
Per cui creo delle cartelle sul mio computer per ogni progetto, una cartella per le reference con dentro tutti i materiali di cui ho bisogno per disegnare la storia. Ad esempio, quando ho lavorato su Batman Terminal la storia era ambientata in un aeroporto per cui avevo una cartella dedicata agli aeroporti, agli ambienti aeroportuali, passeggeri in aeroporto e bagagli. Che tipo di aereo dovevo disegnare? Un Airbus 380: una cartella tutta per lui e i suoi interni. Ho dovuto trovare fotografie anche per il portello d’accesso. Come si apriva? Ho dovuto guardare dei video su YouTube per capire come si aprono i portelloni degli aerei. Batman lo apre usando il Batarang. Come fa? Come ci riesce? Intendo l’azione fisica in sé… Quei portelli non hanno certo un pomello d’apertura! 

Quanto sei veloce come disegnatore?
Sono lento. Ma tutto dipende dalle scadenze. Penso di poter lavorare con diverse impostazioni di velocità ma di solito sono tutte piuttosto lente tranne per la modalità "emergenza" ossia quando devo fare qualcosa che deve essere pronto in un'ora (e questo non è mai un bene per la salute).
Di solito le fasi sono layout, matite e inchiostrazione; realisticamente impiego tre giorni a tavola, dal layout agli inchiostri. Per disegnare e inchiostrare un albo di venti pagine impiego circa otto settimane.

Parlaci del processo creativo per realizzare una copertina.
Di solito impiego una settimana. Per una illustrazione di copertina, più informazioni mi danno sulla storia e meglio è. Non mi piace molto realizzare una cover quando l’unica indicazione è “fai qualcosa di iconico!” Lo trovo molto difficile. Per questo cerco di avere la sceneggiatura della storia e se non è possibile richiedo di sapere quanto più possibile sull’albo in questione perché voglio realizzare un’illustrazione che sia legata a quello che accade nel fumetto.
Riguardo la realizzazione effettiva il procedimento è sempre il solito. Una volta che sono a conoscenza di quale sia la storia, posso iniziare con le reference. Potrebbe essere un “collage” di diversi elementi? Di solito esploro diverse opzioni. Una potrebbe essere un “collage”, l’altra una illustrazione ispirata direttamente da una scena della storia oppure qualcosa meno immediato come una soluzione maggiormente grafica e poi si deciderà.
Copertina per Sheriff of Babylon n.3.
Di solito quante revisioni per una copertina?  
Le revisioni di solito avvengono nella fase di bozzetto. E questo è il motivo per cui voglio fare dei bozzetti il più possibile dettagliati in modo che sia chiaro quale sarà il risultato finale ed evitare che, una volta finito debba, debba cambiare qualcosa. Ogni tanto sistemo modifico un po’ i colori ma di solito non si tratta di interventi rilevanti. Mi piace realizzare cover. Mi fa sentire un vero illustratore.

Che strumenti utilizzi per disegnare? Usi molti pennarelli, vero? 
Non uso molto i marker, come si potrebbe pensare. Usavo molti pennini numero 107. Non li uso più tanto anche se a volte li utilizzo ancora. Ho iniziato invece a usare delle stilografiche: sono una sorta d’incrocio tra un marker e un pennino e non c’è bisogno di immergerle nell’inchiostro per cui si guadagna in velocità. L’inchiostro è molto buono. Uso anche pennelli Winsor & Newton serie 7, un sacco di bianchetto e marker. Utilizzo anche dei pennarelli Micron. Più o meno sono questi gli strumenti che uso per disegnare.

Ti capita spesso di ridisegnare qualcosa in una tavola?
Torno spesso sul disegno cercando di fare le cose nel modo giusto, in questo senso “ridisegno” ma non cambio l’impostazione di una tavola una volta stabilita. A volte può capitare che decida di aggiungere una vignetta. Ma una volta che una tavola è impostata difficilmente la modifico, rimane praticamente così come l’ho concepita. 
Tavola da Detective Comics n.35 (Terminal: Part One).
Apporti delle modifiche agli inchiostri?
Si tratta per lo più di ripulire la tavola. I miei originali sono così stratificati di inchiostro e bianchetto che quando li scansiono devo ripulirli un po’ del bianco in eccesso, sono sempre un po’ sporchi.

Quali artisti ti hanno influenzato? 
Sono cresciuto negli anni ’80 per cui disegnatori come Walt [Simonson] e Bill Sienkiewicz mi hanno fortemente influenzato. Loro hanno davvero alzato l’asticella. Leggevo comics mainstream, non ero un tipo da fumetto underground. Ma poi sono andato alla SVA [la School of Visual Arts di New York], ho studiato illustrazione e ho conosciuto un sacco di illustratori degli anni ’50… artisti come Bernie Fuchs, Robert Fawcett, Austin Briggs e Noel Sickles mi hanno influenzato tantissimo.

I tuoi lavori mostrano una grande padronanza del bianco e nero.
Ho scoperto Alex Toth quando ho iniziato a lavorare a Static per cui non lo conoscevo fino a quando non sono diventato un professionista: da quel momento è cambiato tutto per me.

È anche evidente l’influenza delle strisce pubblicate sui giornali nella prima metà del secolo scorso…
I disegnatori delle strisce avventurose di quel periodo, come Alex Raymond, erano capaci di creare interessanti composizioni semplicemente ritraendo personaggi ben vestiti che parlavano tra loro… un qualcosa che mi ha sempre affascinato. 
Coperina per Superman Unchained n.2.
Sei un classico disegnatore in bianco e nero ma crei anche immagini a colori. Che tipo di sfida, come artista, rappresenta per te il colore?
Il colore non è una cosa che mi riesce naturale. Ho preso pian piano confidenza via via che realizzavo delle copertine. Sostanzialmente la sfida è quella di migliorare un’immagine in bianco e nero utilizzando il colore, non è necessariamente un miglioramento ma un qualcosa che funziona a sé. Sono sempre soddisfatto dal bianco e nero e penso che funzioni perfettamente come disegno finito. Per cui il colore non dovrebbe essere decorativo rispetto al bianco e nero ma dovrebbe avere una propria forza come entità distinta. È questa la sfida più grande.

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