sabato 28 ottobre 2017

Moore 1989: eroi, cattivi e... la celebrità

Mentre, di questi tempi, impazzano dubbi progetti in qualche modo "connessi" a Watchmen, nel seguito potete leggere la traduzione di un breve estratto da un'intervista ad Alan Moore apparsa nel lontano Ottobre 1989 sul n. 1 della fanzine Off Centre, un progetto interno della London College of Communication. Intervista condotta da Stephen Poulacheris.

Fino a che punto pensi che il Fumetto promuova il mito dell’ “individuo magnanimo” proponendo, come fa, un gran numero di personaggi estremamente nobili, degni di fiducia, e pertanto compassionevoli, personaggi che è piuttosto raro trovare nel mondo reale? Pensi sia una cosa positiva o negativa?
Alan Moore: Penso che praticamente tutti i media “popolari” contemporanei promuovano quel tipo di mitologia a cui fai riferimento, dai prevedibili eroismi dei poliziotti televisivi alle eroiche pose di una canzone di Bruce Springsteen. D’altra parte è vero che il fumetto, essendo tradizionalmente concepito per un pubblico di adolescenti, si lascia andare a eccessi in tal senso.
Il problema, dal mio punto di vista, è che l'idea di eroe è un concetto inavvicinabile, così come lo è quello di “cattivo”. Con inavvicinabile, mi riferisco al fatto che per definizione l'eroe è una persona migliore di quella che potremmo mai essere, così come per definizione il “cattivo” incarna una moralità così infima che mai potremmo eguagliare. Si tratta di un concetto doppiamente pericoloso: da un lato significa che le persone si valuteranno sempre usando come inutile parametro i loro idoli non reali e così facendo non riusciranno a riconoscere o misurare la propria forza e valore. Ognuno di noi ha la capacità d'essere il proprio eroe ma quando l'idea d'eroe è riverita come una perfetta icona d'oro senza debolezze fisiche o morali allora la maggior parte delle persone, comprensibilmente, lascia perdere.
Dall'altra parte, e forse in modo ancor più pericoloso, ci spinge a pensare ai “cattivi” come qualcosa di completamente alieno e distante da noi. I nazisti, ad esempio, vengono considerati come dei demoni infernali oppure creature assetate di sangue provenienti da un altro pianeta, per lo meno dal punto di vista morale. Sono dei “cattivi” e pertanto non hanno niente a che vedere con le persone ordinarie. La verità invece è che i nazisti erano persone del tutto ordinarie che hanno massacrato e umiliato milioni di persone altrettanto ordinarie per nessun’altra ragione se non perché così fu detto loro. Dal loro eroe.
No, non mi piace l'idea degli eroi e dei “cattivi”. Non penso sia autentica e credo che sia più spesso un concetto pericoloso e dannoso di quanto sia fonte d'ispirazione o un'idea utile... ed è questo il motivo per cui io ho scritto Watchmen mentre Frank Miller, che ha una percezione differente delle cose, ha scritto il Dark Knight. Anche con Watchmen, comunque, il tentativo di evitare gli eroi deve essere considerato, in parte, un fallimento. Ho fatto del mio meglio per rendere Rorschach un personaggio che suscitasse più repulsione e pena che ammirazione ma non ha funzionato: la maggior parte dei lettori maschi si è davvero fortemente immedesimata con Rorschach semplicemente perché è un bastardo, un duro che incute paura e che nessuno può importunare, con una visione monomaniacale e univoca del mondo. Questo è stato il mio errore e probabilmente deriva dal non aver capito che creare un personaggio solitario, mezzo pazzo e odioso per la maggior parti dei lettori apparirà semplicemente come un eroe romantico, stante la consolidata mentalità del sottogenere supereroistico in cui Hulk, Wolverine e il Punitore sono visti come dei personaggi affascinanti. In futuro, non mi occuperò neppure lontanamente di qualcosa che possa essere scambiato per un eroe o per un “cattivo”. D'ora in poi mi occuperò semplicemente di... persone.

[…]

Vedi ancora di buon occhio la recente accettazione dei comics o segretamente ti auguri che i tuoi adorati fumetti vengano sottratti dalle mani unte della masse?
Voglio che i fumetti siano per tutti, non solo per una élite, per cui, no, quest'aspetto non mi disturba. La sola cosa che mi da fastidio su quest'improvvisa accettazione dei fumetti è il modo in cui tutti i segnali lascino intendere che diventeremo una versione più letteraria dell'industria della musica pop, con tutte le stronzate, il culto dell'immagine e l'hype che comporta. Sebbene debba prendermi un po' della colpa per aver provocato questa situazione, personalmente non voglio più avere nulla a che fare con questi aspetti fasulli e superflui da pop star. Per cui non concedo interviste ai“fan magazine”. E giuro di non apparire nuovamente su The Tube o Get Fresh
Tutto quello che voglio è creare delle buone storie. Non voglio diventare una celebrità. Innanzitutto perché le persone famose spendono troppo tempo a fare interviste quando dovrebbero trascorrerlo a farsi la doccia, lavarsi i denti e a scegliere nella loro vasta collezione di bellissime ed esotiche scarpe e calzini quali paia indossare per questa sera. 
Qualche anno dopo il 1989... la passione per le scarpe "esotiche" continua!

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